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Numero 4 - Settembre 2018
Numero 4 Settembre 2018

Lettere alla redazione


24 Agosto 2018 | di Redazione

Lettere alla redazione Pubblichiamo il  contributo interessante di un lettore, Fabrizio Brunetti,  che risponde garbatamente ad un articolo di Roberto Casati,  “Parole matematiche”, apparso nel numero di marzo 2018 di questo giornale.
 
Buongiorno Spett.le Redazione,


ho letto l'articolo del Prof. Roberto Casati sulle "Parole matematiche" nella Vs rivista Professione Docente di Marzo 2018. Ho ripreso ad insegnare quest'anno dopo un'interruzione di 20 anni.
Ho trovato una situazione disastrosa,  sia come disciplina sia come conoscenze di base, anche forse perché insegnavo, in ruolo, Topografia e fotogrammetria nelle classi terze, quarte e quinte dell'ITSG "G.B. Aleotti" di Ferrara e adesso insegno "disegno" nelle classi prime e seconde (sempre superiori).

Cercare di semplificare le cose certamente è positivo ma, secondo me, solo se la semplificazione non compromette il rigore.
Mi spiego meglio. Nell'articolo succitato si afferma, ad esempio, che il termine "radice quadrata" non è d'aiuto perché non ha un contenuto intuitivo e si propone la questione come "Calcolare il lato del quadrato di area nove (unità)".
A parte la confusione che, sempre secondo me, si genera ponendo il problema in quel modo faccio notare, ma mi posso sbagliare, che ci sono due imprecisioni: la prima è che un'area è una misura con dimensioni pari ad una lunghezza al quadrato (quindi secondo me si dovrebbe porre il problema magari come "calcolare la misura del lato del quadrato ....."); la seconda è che si perde la seconda soluzione dato che una radice quadrata (di un numero reale positivo) ammette due soluzioni una positiva ed una negativa. E questo a parte i quadrati perfetti, gli arrotondamenti ecc.

E con la radice cubica come la mettiamo? Calcoliamo la misura del lato di un cubo? Ma una radice cubica di un numero reale negativo è calcolabile: come lo giustifichiamo un volume negativo?

Sarò all'antica ma credo sia migliore la vecchia definizione di radice quadrata che, come mi hanno insegnato alle elementari, è: la radice quadrata di un numero (radicando) è un altro numero che, elevato al quadrato (o moltiplicato per se stesso), dà come risultato il radicando. Idem per le radici con altri indici (che potrebbero anche non essere interi ma lasciamo perdere).
Tangente, seno e coseno hanno precise definizioni da secoli. Su alcuni libri ho trovato "chicche" del tipo: "prendiamo una circonferenza di raggio unitario con centro nell'origine degli assi; tracciamo la congiungente l'origine con un punto sulla circonferenza;  il seno dell'angolo tra l'asse X e la linea coincide con la Y ed il coseno con la X del punto". A parte la mancanza di sinteticità per me è una bestialità dato che si confonde una lunghezza con la sua misura e che le succitate funzioni trigonometriche sono definite compiutamente per un triangolo rettangolo. Poi che la tangente trigonometrica coincida con una pendenza non sono assolutamente d'accordo perché una pendenza implica il coinvolgimento di un percorso orizzontale e di un dislivello. Sembrerebbe quindi che la tangente di un angolo sia definibile solo in quelle condizioni cosa assolutamente non vera dato che, per definizione, la tangente di un angolo in un triangolo è data dal rapporto tra il cateto opposto ed il cateto adiacente (e non c'è nemmeno bisogno di aggiungere "rettangolo" dato che si parla di cateti).


Non ho assolutamente capito la questione seno="piede", coseno="schiena" e funzione="ombra". Mi sembra che più che semplificare si cerchi di complicare una questione cristallina in partenza.

Altra questione '.. come fare con "addizione" e "sottrazione"...'. Non ho capito l'esempio proposto "Anna ha perso tre biglie. Ora ne ha cinque. Quante biglie aveva all'inizio?".
Che il termine "perso" suggerisca una sottrazione non c'entra nulla, secondo me, con il problema che va chiaramente risolto con un'addizione. Il problema non è nei termini ma, semmai, nell'incapacità, o nella capacità, di ragionare e risolvere di chi legge.

Le definizioni di luogo di punti (circonferenza, cerchio, apotema ecc.) le ho imparate in modo rigoroso alle elementari (ho 60 anni) e quando sento i miei studenti affermare che con un compasso si tracciano cerchi mi sento in dovere di correggerli. Come del resto mi stupisco del fatto che mi chiedano qual é la squadra a 30° e 60° e quale quella a 45°. Ho come l'impressione che gli studenti "moderni" più che cercare di capire tendano a copiare pedestremente quanto proposto alla lavagna senza nemmeno chiedersi se quello che vedono è corretto (l'ho verificato molte volte tendendo loro delle "trappole"). In più noto una notevole pigrizia; la maggior parte delle domande che mi pongono sarebbero evitabili con semplicissimo ragionamenti ma, chiaramente, si fa meno fatica a fare una domanda banale che a ragionare un po' per risolvere da soli il problema.

Sono quindi del parere che a scuola, a partire dalle elementari, se l'intento è quello di formare in modo dignitoso gli studenti, si debba tornare un bel po' indietro con i metodi di insegnamento e che non serva a nulla sostituire termini precisi con altri che, tra l'altro, non potrebbero essere utilizzati per altre definizioni o dimostrazioni. Ad esempio  sin(alfa+beta) dovrebbe diventare piede(alfa vince beta)?

Spero di non avere annoiato.

Cordiali saluti.

Fabrizio Brunetti

 
 
 


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Numero 4 - Settembre 2018
Direttore Responsabile: FRANCO ROSSO
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Vicecaporedattore: Gianluigi Dotti.
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Hanno collaborato a questo numero:
Giovanni Carosotti, Roberto Casati, Vito Carlo Castellana, Alberto Dainese, Michela Gallina, Antonio Gasperi, Marco Morini, Giorgio Quaggiotto, Adolfo Scotto di Luzio, Fabrizio Tonello, Paola Tongiorgi, Ester Trevisan