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Numero 2 - Febbraio 2012
Numero 2 Febbraio 2012

A che serve? Brevi riflessioni sul progetto "Valorizza"

Secondo certe analisi, il progetto 'Valorizza' per premiare i docenti migliori funziona e andrebbe esteso a tutti gli istituti italiani


20 Gennaio 2012 | di Francesco Lovascio

A che serve? Brevi riflessioni sul progetto "Valorizza" Lo scorso 7 Dicembre, a Roma, è stato presentato il rapporto di ricerca sulla prima fase di sperimentazione del sistema di valutazione degli insegnanti, denominato ''progetto Valorizza'', condotta in 33 scuole di ogni ordine e grado per circa quattro mesi e conclusasi nello scorso Giugno.
Lo studio di validazione del progetto è stato affidato dal Ministero agli esperti delle due Fondazioni TreeLLLe e Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo. Secondo il rapporto finale da loro predisposto, i risultati della sperimentazione sono stati incoraggianti: quindi si consiglia di estenderla, con piccoli correttivi, a un maggior numero di istituti, prima di applicare il sistema in tutte le scuole italiane.
Ricordiamo che il progetto ''Valorizza'' è stato messo a punto da un gruppo di esperti di nomina ministeriale allo scopo di individuare e premiare i docenti che, nell'ambito della loro scuola, godono di un condiviso ''apprezzamento professionale'', cioè di una eccellente reputazione.
L'impostazione ''reputazionale'' è in effetti il tratto originale che distingue l'approccio italiano alla valutazione rispetto ai sistemi più collaudati già in uso in altri paesi avanzati.
''Valorizza'' propone un modello valutativo olistico e intersoggettivo, che fonda la stima della reputazione sulla coincidenza statisticamente significativa di giudizi di valore espressi da diversi punti di vista (dirigente, due insegnanti eletti dal collegio, genitori, alunni); un modello, inoltre, ''contestuale'', nel senso che l' ''eccellenza'' individuata è relativa ai differenti contesti scolastici in cui la valutazione viene effettuata.
Queste caratteristiche peculiari sono state presentate come elementi qualificanti il modello e suoi specifici punti di forza.
Chi scrive, invece, ritiene che alcune delle caratteristiche sopra elencate costituiscano gravi punti deboli e che tutto l'impianto del sistema dovrebbe essere ripensato.
Ammettiamo pure che il metodo e gli strumenti utilizzati siano validi e diano risultati attendibili: che la grande maggioranza dei docenti individuati come ''eccellenti'' lo sia davvero. I problemi che qui si vogliono evidenziare sono altri.
Per comprenderne la natura e la portata, occorre preliminarmente porsi due domande.
La prima è: a che serve valutare la performance del personale docente?
Assumiamo che tale valutazione debba avere come finalità il bene dell'organizzazione- scuola. Se così non fosse, essa risulterebbe inutile o, nel peggiore dei casi, addirittura dannosa.
Assumiamo che il bene di un'organizzazione sia l'incremento della sua capacità di aggiungere i suoi obiettivi (efficacia). L' obiettivo della scuola, ovviamente, è dare a tutti i giovani la migliore istruzione ed educazione possibile. Garantire loro, cioè, un apprendimento di qualità.
Molti studi internazionali collegano la qualità dell'apprendimento principalmente alla qualità dell'insegnamento ricevuto. Se prendiamo per buono questo rapporto causale occorre, dunque, far in modo che la qualità generale dell'insegnamento sia la più alta possibile: che tutti gli insegnanti perseguano livelli di eccellenza nel loro lavoro e che il maggior numero possibile di essi li raggiunga.
Quindi, una valutazione dell'insegnamento che sia utile al bene della scuola dovrebbe servire allo sviluppo professionale dei docenti; dovrebbe servire a costruire e diffondere l'eccellenza nell'insegnamento. In buona sostanza, dovrebbe avere scopo formativo, non premiale.
La seconda domanda è: la valutazione dell'insegnamento sperimentata con il progetto ''Valorizza'' risponde a questo requisito?
Detto in altri termini. Un sistema di valutazione globale, che non prevede osservazioni dirette condotte sulla base di un frame work professionale condiviso; che è operato da valutatori non selezionati in base alla competenza, ma scelti per elezione e privi di preparazione specifica; che, per ammissione degli stessi esperti che l'hanno progettato, non ha tra le sue funzioni quelle di restituire un feed-back articolato ai docenti valutati e quindi non può aiutarli a crescere professionalmente; che non è inserito in un programma serio di investimenti per la formazione permanente e lo sviluppo professionale dei docenti; un sistema di valutazione così concepito, insomma, può servire ad elevare la qualità generale dell'insegnamento?
Alla luce delle brevi considerazioni svolte fin qui, la risposta non può che essere negativa. Il sistema ''Valorizza'' non serve ad elevare il livello generale di qualità dell'insegnamento; non serve a portare all'eccellenza il maggior numero possibile di docenti. Serve solo ad individuare e a premiare quelli che già sono (o si presume che siano) eccellenti: con l'ulteriore, grave limitazione che essi non potranno superare, in ogni caso, il 20% dei valutati, perchè l'eccellenza, in quanto tale, è rara per definizione...
Per quali ragioni, allora, il modello ''Valorizza'' viene raccomandato con tanta convinzione e si consiglia di continuare a sperimentarlo, sia pur con qualche correttivo?
Proveremo di seguito a discuterne tre, che ci sembrano le più plausibili.
Prima ragione: gli esperti ritengono che la possibilità di essere proclamati ''insegnanti dell'anno'' e ricevere una somma in denaro possa innescare positivi meccanismi di emulazione. I non premiati sarebbero motivati ad impegnarsi di più per migliorare e divenire a loro volta in futuro vincitori del premio, che, tra l'altro, non è permanente nè molto consistente (una, forse in futuro due mensilità aggiuntive). Perchè il denaro non è la principale motivazione dei docenti...
Seconda ragione: gli esperti considerano necessario e improcrastinabile premiare quell'elite di insegnanti eccellenti che permette alla scuola italiana di funzionare (malgrado tutto). Ciò nella convinzione che l'applicazione del criterio meritocratico, secondo il quale, a parità di funzioni, i più bravi devono guadagnare più degli altri, consenta di ''valorizzare'' l'insegnamento, rendendolo socialmente più considerato e professionalmente più attraente.
Terza ragione: il sistema ''Valorizza'' ha costi bassissimi e un minimo livello di complessità: è semplice e poco costoso, come specificamente richiesto del Ministero.
Chi scrive nutre seri dubbi sul fatto che far competere i docenti per ottenere premi, tra l'altro modesti, possa motivare la categoria. Forse motiverà i vincitori (il 20%), ma quale sarà l'effetto sui perdenti (il restante 80%)? Ai quali, tra l'altro, non verrà neppure spiegato perchè non sono considerati eccellenti e cosa potrebbero fare per diventarlo.
Più in generale, la stessa idea che la competizione possa migliorare la qualità dell'insegnamento appare poco convincente. Nella scuola (e non solo nella scuola) le logiche win/lose non sono produttive. Se si desidera diffondere l'eccellenza tra i docenti, li si dovrebbe incentivare a collaborare, non a competere.
In relazione alla seconda ragione, rimandiamo i lettori all'articolo di Alfie Khon ''La follia del salario per merito'', pubblicato in traduzione integrale sul sito del Centro Studi Gilda, (e, riassunto, nel numero di novembre 2011 di ''Professione docente'') che sintetizza efficacemente le principali obiezioni al ''merit pay'', comunque configurato.
Aggiungiamo soltanto che l'elargire a pochi docenti modeste gratifiche economiche riducendo contemporaneamente in misura incisiva le retribuzioni di tutti non ci sembra il modo più efficace per ''valorizzare'' l'insegnamento e restituirgli prestigio e attrattiva.
La terza ragione appare la più concreta e cogente. Il sistema di valutazione reputazionale ''costa niente'' ed è di semplice e rapida implementazione. Insomma, fa quello che l'UE e l'OCSE ci chiedono di fare, con minimo sforzo e risorse limitate. Questo è il suo vero punto di forza, di fronte al quale qualsiasi altra considerazione diventa irrilevante.
Quindi la sperimentazione, accompagnata da un adeguato battage pubblicitario e da opportune pressioni sui dirigenti scolastici e sui collegi docenti, sarà portata avanti ancora per un po', finchè la maggioranza del personale si sarà abituata all'idea. Il prossimo report sarà senza dubbio ancor più positivo del precedente. Poi, in tempi relativamente rapidi, il sistema ''reputazionale'' andrà a regime: e, con gran soddisfazione
degli economisti, the italian way alla valutazione degli insegnanti diverrà finalmente realtà. Se poi tutto questo serva o no al bene della scuola, o se serva effettivamente a qualcosa, oltre che a distribuire ''premi'', sarà un problema che non si porrà più nessuno.
Ammesso che qualcuno se lo sia mai posto in precedenza.


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