Facendo particolare riferimento
alla scuola, in che cosa consistono principalmente i cambiamenti attuati dalla
riforma del titolo V della Costituzione (legge 3/2001)?
Prima di questa riforma, fatta
salva una disciplina ad hoc riguardante le regioni a statuto speciale e
le province autonome, “lo Stato era titolare di potestà legislativa primaria
tendenzialmente illimitata su qualsiasi materia, le Regioni erano titolari di potestà
legislativa concorrente (o ripartita) su specifiche “materie”… e potestà
legislativa integrativa o attuativa, intesa quale potere, conferito mediante
apposita legge ordinaria, di emanare nelle altre “materie” non elencate norme
di “attuazione” o di “integrazione” delle leggi statali. L’assetto delle
competenze legislative fra Stato e Regioni, quindi, vedeva il primato della
legislazione statale…”
Per quello che riguardava la
scuola, la Regione aveva “il potere di emanare leggi nella sola materia
denominata istruzione artigiana e professionale e assistenza scolastica”.
…La legge 3/2001 ha totalmente
invertito l’assetto previgente, perlomeno quanto al riparto della competenza
legislativa tra Stato e Regioni.
“Lo Stato, ai sensi del
secondo comma dell’art. 117, ha mantenuto competenza esclusiva
sulle materie tassativamente indicate (tra cui “… norme generali
dell’istruzione”);
le Regioni, ai sensi del terzo
e quarto comma dell’art. 117:
-
hanno ricevuto competenza
primaria tendenzialmente illimitata su tutte le materie non
riservate allo Stato (es.: istruzione e formazione professionale);
-
hanno ricevuto competenza concorrente
in alcune materie (es.: istruzione) per le quali lo Stato può dettare
unicamente “norme generali” o “principi fondamentali”.
Immagino si tratti di una divisione
rigida…
Niente affatto. “Tramite apposita
intesa e con legge ordinaria singole Regioni possono assumere “…ulteriori forme
e condizioni particolari di autonomia” (art. 116 Cost.). “La strada verso un
regionalismo “differenziato” per territorio in materia scolastica, quindi, non
è solo aspirazione presente nel disegno di legge 1187 sulla cosiddetta “devolution”,
per buona parte, corrisponde ad un desiderio elaborato, voluto e tracciato
proprio dal legislatore statale, nel momento in cui ha formulato e varato la
legge costituzionale n° 3/2001 ed il nuovo articolo 116 Cost. La stipula di
protocolli di intesa territoriale (es. Lombardia, Piemonte, Lazio, Molise,
Puglia, Trento), allora, deve essere considerata naturale conseguenza delle
prescrizioni statali riformatrici già varate, scontandosi in partenza il fatto
che alcune regioni, previo susseguente passaggio con apposita legge ordinaria a
maggioranza qualificata, possano acquistare “ulteriori forme e condizioni
particolari di autonomia”anche nella materia istruzione”.
Potrebbe precisare quali
innovazioni introducono nella scuola i cambiamenti istituzionali di cui lei ha
parlato?
Certo. Sinteticamente abbiamo:
-
“Il ribaltamento del cosiddetto
principio di residualità
Le regioni hanno potestà di
emanare leggi su qualsiasi materia (residuale) che non sia espressamente
riservata allo Stato. Ciò significa che qualsiasi questione diversa da “norme
generali sull’istruzione” può essere oggetto di legislazione
regionale;
-
l’intestazione di più ampia
potestà
regolamentare
La potestà di emanare regolamenti
spetta allo Stato solo nelle materie di legislazione statale “esclusiva”,
mentre spetta alle regioni “in ogni altra materia”.
Le regioni, oltre ad esercitare
potestà regolamentare su tutte le materie non riservate allo Stato, possono
emanare regolamenti, su delega dello Stato, anche per materie di competenza
statale (es. Regolamenti attuativi di “… norme generali sull’istruzione”;
-
la cosiddetta
costituzionalizzazione della “autonomia scolastica”
L’art. 117, comma 3, nel nuovo
testo richiama espressamente l’autonomia delle istituzioni scolastiche, lì dove
attribuisce alle regioni competenza legislativa concorrente (cioè mista o
ripartita fra Stato e Regioni) nella materia “istruzione” ed impone, quale
limite al legislatore regionale, il rispetto di tale autonomia.”
C’è poi
-
la previsione di un regionalismo
differenziato (di cui si è parlato nel punto precedente, n.d.r.).
In alcuni ambiti (tra cui le “…
norme generali sull’istruzione” le singole regioni, previa intesa con lo
Stato e, successivamente, mediante legge ordinaria approvata dalle Camere a
maggioranza assoluta, possono vedersi attribuite
“ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia”.
Fino a questo momento abbiamo
parlato di competenze, ma dovremmo parlare anche di limiti o meglio di vincoli.
Quali sono i vincoli in cui Stato e Regioni incorrono nell’esercizio delle loro
competenze?
“La competenza statale
esclusiva (valevole solo per le “norme generali” sull’istruzione) deve
rispettare
-
competenze e poteri già
spettanti alle regioni;
-
i “principi di autonomia”
delle istituzioni scolastiche
La competenza regionale esclusiva
(valevole soltanto per l’istruzione e la formazione professionale) deve
rispettare
·
competenze e poteri dello Stato;
·
i “principi di autonomia” delle istituzioni scolastiche;
·
le norme statali sui cd. “livelli essenziali delle prestazioni”
La competenza regionale
concorrente (valevole per l’istruzione in genere) deve rispettare:
-
le “norme generali
sull’istruzione”;
-
i “principi fondamentali
riservati alla legislazione dello Stato”;
-
le norme statali sui cd. “livelli
essenziali delle prestazioni”;
-
i “principi di autonomia”
delle istituzioni scolastiche.
Ci sono, a suo avviso, delle
problematiche collegate a questa riforma? Ed eventualmente quali?
Le problematiche non sono poche.
Ci sono, prima di tutto, “le difficoltà provocate da un’intersezione di competenze,
che addirittura sfocia – per singoli territori regionali e nel caso dell’art.
116 – in una possibile gestione normativa doppia, statale e regionale,
su identica materia (es.: istruzione).
Altre difficoltà sono di natura
“lessicale”. “D’ora in avanti, ad esempio, si dovrà stabilire la differenza tra
“norme generali e principi fondamentali” (entrambi recati o desumibili
dalle leggi statali, con esclusione solo di quelli inclusi in atti
regolamentari) oppure il significato giuridico da attribuire all’espressione “determinazione
dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e
sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale” (va
notato che il rispetto dei principi fondamentali e dei livelli essenziali delle
prestazioni è tassativo per ogni regione sia che essa operi in regime di
legislazione esclusiva o di legislazione concorrente. Negli ambiti in cui ha
legislazione concorrente la Regione deve rispettare anche le norme generali
sull’istruzione, negli ambiti in cui ha legislazione esclusiva essa fissa
invece norme proprie, n.d.r.).
In che cosa identificherebbe –
ben inteso sempre facendo riferimento al titolo V - lo snodo cruciale per il
futuro assetto del sistema di istruzione e di formazione del nostro paese?
Senz’altro nella “enucleazione
definitoria dei “vincoli” che i legislatori regionali devono osservare
nell’esercizio delle loro competenze”.
E il rischio o i rischi?
“Il rischio non è soltanto
“statico” (avere il legislatore dettato, in un momento storico e forse per
compromessi raggiunti in ambito politico, norme poco chiare sul riparto delle
competenze tra Stato e regioni) quanto piuttosto “dinamico”, perché il nuovo
testo costituzionale apre spazi per future, costanti e striscianti
sovrapposizioni nell’esercizio di competenze legislative.
La mescolanza tra materie in
senso stretto, materie trasversali, norme generali, principi fondamentali,
livelli essenziali e quant’altro –nozioni tutte da utilizzare e declinare in
tema di distribuzione delle competenze tra le diverse autonomie istituzionali
(Stato o Regioni) – può ulteriormente condensare, quanto ai rapporti tra
normazione statale e regionale, una sorta di “alchimia regolatrice” quale
connotazione intrinseca all’ordinamento giuridico.
La miscela, se non adeguatamente
e previamente mediata e filtrata dalla politica, diverrà distillabile – come
sembra già dimostrare la primissima fase applicativa – solo attraverso un alto
tasso di conflittualità giudiziale innanzi la Corte costituzionale, quale
rimedio notoriamente defatigante e oneroso per tutti”.
a cura di Se. G.
*L’intervento è stato tenuto in
occasione del Seminario di San benedetto del Tronto “Enti locali e Scuola”
(5-6-7 dicembre 2002). Il testo, edito da Tecnodid per “Notizie della Scuola”,
è stato distribuito ai partecipanti.
Sergio Auriemma collabora sistematicamente con la Casa Editrice
Tecnodid. |