M A T E M A T I C A

 

 

Lucio Russo

 

§1) NATURA E FINALITA’ DELLA DISCIPLINA

 

I possibili obiettivi dello studio della matematica nella scuola di base e secondaria possono essere sintetizzati nei punti seguenti:

 

(1)            dotare tutti i futuri cittadini, indipendentemente dalle loro scelte di studio e di lavoro, di alcuni strumenti matematici necessari nella vita quotidiana;

 

(2)            contribuire alla formazione intellettuale sviluppando le capacità logiche e argomentative;

 

(3)            fornire conoscenze intermedie necessarie per lo studio di altre discipline nella scuola secondaria, per gli eventuali studi universitari e per la formazione professionale;

 

(4)            fornire strumenti tecnici direttamente utilizzabili nel lavoro;

 

(5)            contribuire alla formazione culturale generale, grazie anche alle relazioni tra il pensiero matematico e gli altri ambiti della cultura.

 

 

§1.1) L’organizzazione “tradizionale” della didattica della matematica

 

Nella scuola “tradizionale” (cioè, per fissare le idee, nella scuola italiana della prima metà del Novecento) il primo obiettivo poteva sostanzialmente considerarsi già raggiunto nella scuola elementare, dalla quale i ragazzi uscivano sapendo “far di conto”, sapendo cioè contare, eseguire le quattro operazioni aritmetiche fondamentali e risolvere elementari problemi di aritmetica e geometria. Tali problemi includevano ad esempio, insieme a problemi più complessi, i problemi allora detti “del tre semplice”, che oggi, in base ai risultati di recenti inchieste, sembrano essere troppo difficili per la maggioranza dei nostri diplomandi.

Nella scuola secondaria la funzione formativa era svolta soprattutto dalla geometria euclidea, che costituiva l’ossatura dell’insegnamento matematico liceale. Nelle scuole di tipo tecnico (ad eccezione dell’istituto tecnico fisico-matematico abolito dalla riforma Gentile, che forniva una solida formazione scientifica di base) l’insegnamento consisteva invece soprattutto nella formazione di competenze specifiche, consistenti il pìù delle volte nella capacità di usare particolari algoritmi, ad esempio di matematica finanziaria o di geometria sferica rispettivamente negli istituti tecnici commerciali o negli istituti nautici. Nei programmi di alcuni indirizzi degli istituti tecnici industriali erano inseriti strumenti matematici anche notevolmente complessi, ma con una base teorica molto esile. Agli studenti che erano preparati a svolgere lavori tecnici non era considerato necessario spiegare compiutamente perché determinati algoritmi funzionavano, ma soprattutto come andavano usati nella pratica professionale.

Il quinto obiettivo era trascurato in tutti gli indirizzi, ma lo studio della geometria euclidea forniva agli studenti dei licei i presupposti per impadronirsi di una serie di altri strumenti culturali, ad esempio rendendo accessibili le riflessioni della tradizione filosofica occidentale sul metodo dimostrativo e la natura delle verità scientifiche. Si trattava di un effetto secondario, spesso inavvertito, dello studio della geometria classica.

 

 

§1.2) Motivi di crisi della didattica tradizionale

 

Nel corso della seconda metà del XX secolo la didattica tradizionale è entrata in crisi per una serie di motivi. Limitandoci ai fattori che hanno interessato in modo particolare l’insegnamento della matematica, vanno sottolineati i seguenti:

 

(a) la complessità crescente delle strutture in cui ciascuno di noi è inserito e la diffusione pervasiva dell’elaborazione di dati numerici rende oggi indispensabile a chiunque non voglia ricadere in una forma di analfabetismo una serie di strumenti matematici (come l’uso di grafici di funzioni o di elementari concetti statistici) una volta riservati all’insegnamento superiore.

 

(b) la diffusione dei calcolatori digitali ha reso obsoleti molti degli insegnamenti matematici tradizionali di tipo tecnico, vanificando in larga misura l’obiettivo dell’insegnamento matematico indicato al punto (4). La soluzione dei problemi matematici  una volta affrontati, ad esempio dai ragionieri o dai geometri, con l’aiuto di formulari e tabelle è stata automatizzata ed è divenuto inutile l’apprendimento mnemonico di formule inserite nel software commerciale che sarà usato nell’attività lavorativa.

 

(c) Prima dell’introduzione dei calcolatori digitali si cercava di risolvere i problemi mediante un numero finito di operazioni aritmetiche e determinazioni di valori di funzioni tabulate. Quando ciò era possibile la soluzione era considerata “esplicita” o “esatta” (anche se, naturalmente, i valori delle funzioni tabulate poteva essere conosciuto solo approssimativamente). Altrimenti si ricorreva a metodi di approssimazione e la soluzione era detta “approssimata”. Oggi la differenza tra i due casi tende a sparire, poiché l’uso delle tavole è scomparso e i calcolatori digitali quasi sempre usano nei due casi gli stessi metodi numerici. Gli algoritmi utili solo nel caso di particolari problemi “risolubili esplicitamente” (tra i quali sono compresi, ad esempio, i metodi che erano insegnati nei licei per risolvere particolari equazioni algebriche o trigonometriche) hanno così perso gran parte del loro significato. 

 

(d) Mentre la prima diffusione dei calcolatori digitali aveva fatto ritenere che occorresse trasformare tutto il personale tecnico intermedio in programmatori, successivamente e rapidamente la produzione di software si è concentrata in aziende specifiche, trasformando l’altro personale, anche tecnico, in utilizzatori passivi di software commerciale. A molti appare quindi inutile anche l’apprendere a scuola un linguaggio di programmazione.

 

(e) la didattica matematica tradizionale aveva finito spesso con il perdere il contatto con la realtà. Mentre nella scuola elementare un momento essenziale dello studio della matematica consisteva nella soluzione di “problemi”, che, anche se spesso rischiavano di essere artificiosi, erano tuttavia sempre formulati in termini concreti, nella scuola media e soprattutto nelle scuole superiori i problemi venivano abbandonati a favore di “esercizi” puramente interni alla teoria. Molti degli studenti finivano con l’odiare la matematica anche perché non riuscivano a vedere  alcun rapporto tra il mondo reale e molte delle attività svolte in un tipico corso di matematica (come calcolare il valore di complesse espressioni algebriche, dividere tra loro polinomi, risolvere equazioni algebriche o trigonometriche, imparare l’uso di una tavola dei logaritmi). Anche nella scuola media la matematica aveva poche applicazioni alle altre scienze, e per lo più si trattava di “finte” applicazioni: invece cioè di sviluppare  gli strumenti matematici utili per risolvere problemi scientifici interessanti, nello studio delle scienze si ritagliavano pochi esempi utili ad illustrare gli argomenti di matematica inclusi nel programma.

 

(f) Lo sviluppo della matematica ha allontanato sempre più non solo i temi della ricerca ma anche gli elementi di base del linguaggio in cui tali temi sono formulati dai contenuti tradizionali dell’insegnamento secondario, e in particolare dalla geometria sintetica.

 

(g) Alcuni dei risultati scientifici degli ultimi due secoli sono, o appaiono nelle opere dei divulgatori, di carattere “negativo”. Essi sembrano cioè sanzionare il fallimento o quanto meno i limiti della ragione nel costruire descrizioni coerenti della realtà. Ad esempio le geometrie non euclidee, che costituiscono strumenti essenziali per la costruzione di importanti teorie scientifiche, svolgono una funzione di carattere “negativo” verso i molti che sono indotti a limitarne il significato ad una delegittimazione dell’unica geometria di cui sanno veramente qualcosa: quella euclidea. Anche il formidabile sviluppo dei metodi matematici probabilistici rischia di avere spesso come ricaduta nell’immaginario collettivo quella di privilegiare l’incerto e vago sul chiaro e definito.

 

Nell’Italia di oggi i motivi precedenti di crisi sono aggravati dalla estraneità e diffidenza di buona parte degli intellettuali verso la matematica e la scienza in generale e dalla crisi delle iscrizioni ai corsi di laurea scientifici (che riguarda tutto il mondo occidentale). Il crollo delle immatricolazioni ai corsi di laurea in matematica non solo rischia di privare, tra qualche tempo, la scuola italiana di nuove leve di docenti, ma anche di innescare una corsa al ribasso tra i corsi di laurea in matematica.

 

 

§1.3) Alcune opzioni possibili

 

I problemi appena accennati hanno generato due tendenze didattiche opposte. Una prima tendenza è sorta dal desiderio di introdurre nell’insegnamento secondario almeno qualche elemento della matematica sviluppata nel secolo appena concluso. L’unica possibilità di dominare concettualmente una disciplina sviluppatasi enormemente è apparsa quella di usare un procedimento di crescente astrazione, spostando l’attenzione verso strutture sempre più generali. Questa tendenza, nata in Francia e tipica del movimento bourbakista, ha influenzato pesantemente prima la didattica matematica francese e poi, con qualche decennio di ritardo e in forma fortunatamente attenuata, quella italiana. L’idea di basare l’insegnamento matematico elementare sulla teoria degli insiemi è uno dei prodotti più noti (e, tutto sommato, più innocui) di questa tendenza. Altre forme più insidiose si annidano nella didattica della geometria basata sui gruppi di trasformazioni e nelle ricorrenti proposte di sostituire la formazione logica con l’apprendimento mnemonico di regole di logica formale. Il riconosciuto fallimento dei sottoprodotti didattici della tendenza bourbakista ne ha tuttavia fortemente indebolito l’influenza a vantaggio della tendenza apparentemente opposta (particolarmente forte nella didattica anglosassone), consistente nell’eliminare i procedimenti di astrazione propri della matematica, concentrando l’insegnamento su singoli risultati immediatamente utilizzabili nella vita di ogni giorno[1]. La prima occasione di introdurre questa seconda tendenza in Italia fu offerta dai corsi detti “delle centocinquanta ore” progettati per i lavoratori che intendevano conseguire rapidamente la licenza media. In quell’occasione si pensò di insegnare la “matematica della busta paga”, la “matematica della bolletta della luce” e così via. Dopo molti anni tendenze analoghe sono tornate di moda, rafforzate dalla generale tendenza a penalizzare gli insegnamenti non immediatamente utili, dall’esempio americano (patria dei corsi di “matematica per il consumatore”) e dall’invadenza della didattica modulare.

 

 

§1.4) Considerazioni alla base di questa proposta

 

1.       La giusta esigenza di fornire strumenti immediatamente utilizzabili nella vita di ogni giorno non deve essere disgiunta dagli obiettivi formativi, che nel caso della matematica comprendono non solo lo sviluppo delle capacità logiche, ma anche l’acquisizione di strumenti concettuali utili non solo al supermercato o nel rapporto con la propria banca, ma anche per la comprensione razionale della realtà (naturale, sociale e culturale).

2.       Va respinta l’illusione di poter insegnare direttamente le “strutture ultime” della matematica. Il processo di astrazione, che in matematica è essenziale, va mostrato all’opera partendo da problemi concreti e non assunto a monte delle scelte didattiche. La scelta opposta non è solo infelice didatticamente ma è anche basata su fondamenti epistemologici superati sin dal fallimento del programma hilbertiano di autofondazione della matematica.

3.       Respingendo le astrazioni non sufficientemente motivate, vanno ricostruiti i legami tra le strutture matematiche e i fenomeni da esse modellati, senza però rinunciare alla struttura logica della matematica e senza limitarsi ai soli problemi di immediato interesse pratico.

4.       Senza illudersi di insegnare la storia della matematica nelle scuole secondarie, in molti casi è utile attingere alla storia della scienza per migliorare l’efficacia didattica dell’insegnamento. Questo punto è strettamente legato al precedente, in quanto l’apparente astrattezza di alcuni capitoli della matematica deriva spesso dall’oblio in cui sono cadute le originarie motivazioni applicative della teoria insegnata. Alcuni essenziali nodi metodologici della storia della scienza potrebbero d’altra parte trovare il loro posto nei corsi di storia della filosofia. Ad esempio la nascita del metodo dimostrativo è un momento importante dello sviluppo del pensiero greco, spesso sottovalutato nei manuali scolastici.

5.       Il punto precedente rinvia al grave problema della preparazione culturale dei docenti. Il corso di laurea in matematica, in particolare, ha preparato spesso laureati che conoscevano quasi esclusivamente sviluppi formali interni della disciplina, ignorandone la storia e le applicazioni. Allo stesso tempo sarebbe importante migliorare la preparazione scientifica dei docenti di filosofia.

6.      Le scelte didattiche vanno effettuate alla luce degli sviluppi  anche recenti della scienza, ma occorre assolutamente evitare di tentare di inseguire l’attualità scientifica, imboccando una strada che non può che portare alla sostituzione della didattica seria con una divulgazione superficiale.

7.       Il ruolo svolto per molti secoli dalla geometria razionale (ossia dalla geometria euclidea sintetica basata sul metodo dimostrativo) è ancora insostituibile. Le caratteristiche dell’antica geometria che la rendono particolarmente efficace didatticamente sono la trasparenza del rapporto tra oggetti concreti ed enti teorici, l’uso di assunzioni esplicitamente individuate, lo stretto rapporto tra l’intuizione visiva e l’uso raffinato del linguaggio proprio del metodo dimostrativo. Bisogna cercare di esportare queste caratteristiche nella didattica secondaria dei settori più recenti della matematica (che, in mancanza di una tradizione consolidata, oscilla spesso tra tendenze metodologiche opposte[2]). Si tratta però di un impegnativo obiettivo culturale il cui raggiungimento (certamente non facile) non può certo essere considerato scontato. Abolire la geometria razionale nel frattempo potrebbe creare danni gravissimi.

8.       La diffusione dei calcolatori digitali deve mutare l’insegnamento matematico in diversi modi: spostando le energie dall’apprendimento meccanico di particolari algoritmi oggi eseguibili automaticamente verso obiettivi più formativi, dando più spazio alla matematica del discreto e ai procedimenti iterativi, usando le occasioni offerte dai corsi paralleli di informatica (sia usando gli strumenti da essi forniti per esplorare “fenomenologia matematica” e risolvere problemi sia come fonti di riflessione teorica). Bisogna però evitare di togliere spazio alla matematica a vantaggio di corsi per l’apprendimento dell’uso di pacchetti di software commerciale. Quest’ultimo obiettivo è oggi sopravvalutato dagli anziani con problemi verso le nuove tecnologie, ma può essere raggiunto dalle nuove generazioni in tempi molto ridotti. Andrebbe inoltre incoraggiata la produzione, anche a scopo didattico, di software snello, stabile, duttile e con sorgenti accessibili[3]: un’esigenza che si sta diffondendo in tutto il mondo sviluppato, ma che sembra ancora poco avvertita dagli “informatizzatori” della nostra scuola.

 

 

 

§2) COLLOCAZIONE DELLA DISCIPLINA NELLE AREE E NEGLI INDIRIZZI

 

Nel caso della matematica sembra utile prevedere quattro possibili livelli di insegnamento nella scuola secondaria, in quanto tra il livello minimo e quello massimo possono inserirsi due diverse opzioni a disposizione rispettivamente di chi, non prevedendo di intraprendere studi universitari di tipo scientifico, né di dedicarsi ad attività che richiedono particolari competenze matematiche, è tuttavia interessato ad approfondire alcuni aspetti culturali della disciplina e di chi è invece prevalentemente interessato a sviluppi tecnici utilizzabili nell’attività lavorativa o in studi universitari di carattere tecnico-scientifico.

 

Corrispondenze tra aree e livelli:

 

Area artistico-musicale: livello A (o diverso se previsto nell’istituto)

Area tecnico-tecnologica: livello C o D, a seconda del curricolo scelto

Area classico-scientifica: livello B o C o D, a seconda del curricolo scelto

 

 

§3) OBIETTIVI E CONTENUTI

 

 

La matematica nella scuola di base

 

L’insegnamento della matematica nella scuola di base persegue essenzialmente i primi due degli obiettivi elencati inizialmente. Per raggiungerli occorre evitare allo stesso tempo i pericoli dell’eccessiva astrattezza e quelli della rinuncia alla formazione del pensiero astratto.

E’ essenziale educare il ragazzo all’uso di un linguaggio privo di ambiguità, facendogli scoprire l’importanza delle definizioni rigorose, mostrandogli la possibilità di generalizzare procedimenti individuati in casi particolari,  abituandolo gradualmente a costruire implicazioni logiche, a provare o disprovare congetture.

Va evitata l’idea di dedurre da strutture astratte e generalissime casi via via più concreti, ad esempio introducendo le “funzioni” come un tipo particolare di “relazioni” (come suggeriscono le indicazioni ministeriali). Solo a chi usa già molte funzioni si può insegnare utilmente il concetto astratto di “funzione” e solo a chi, oltre alle funzioni, conosce anche relazioni di altro tipo si può dare utilmente la definizione generalissima di “relazione”.

Nella scuola di base la matematica va appresa in stretta relazione con problemi concreti, tratti sia dalla vita quotidiana, sia, negli anni dell’attuale scuola media, da altre discipline. Ad esempio il concetto di volume può essere introdotto come invariante nei problemi di travaso di liquidi, mentre la tradizionale distinzione tra misure di volume e misure di capacità era riuscita ad eliminare dalla geometria scolastica le sole misure di volume usate normalmente dai ragazzi fuori dalla scuola. Tra le discipline scientifiche che sin dalla scuola di base dovrebbero essere studiate in modo quantitativo, fornendo una serie di stimoli e di problemi allo studio della matematica, vi sono l’ottica geometrica, l’astronomia osservativa, la geografia e la meccanica (che, rinunciando alla dinamica, a questo livello troppo difficile, potrebbe includere, ad esempio, lo studio di ingranaggi). Vanno inoltre introdotti elementi di statistica (senza dovere necessariamente entrare nel campo della teoria della probabilità; è preferibile introdurre il concetto di probabilità quando si è già abituati ad operare con frequenze). Un’altra importante fonte di applicazioni è fornita dai corsi di informatica. Il calcolo letterale, in particolare, può essere utilmente introdotto in forma non astratta imparando l’uso di un foglio elettronico o, preferibilmente, di un linguaggio di programmazione più duttile. Altro materiale sul quale esercitare la riflessione logica e matematica può essere fornito da molti giochi. Se i ragazzi hanno avuto occasione di imparare e praticare giochi con aspetti logico-matematici (ad esempio come attività scolastica extra-curricolare) l’identificazione certa di strategie vincenti[4] può fornire un primo approccio al metodo dimostrativo, tanto più interessante in quanto è effettuato in un contesto che è allo stesso tempo “concreto” ma, come tutte le attività ludiche, disinteressato.

 

 

 

La matematica nella scuola secondaria

 

Livello A (minimo)

 

Gli obiettivi essenziali di questo livello sono l’acquisizione della capacità di usare semplici strumenti di rappresentazione e elaborazione di dati quantitativi e lo sviluppo delle facoltà logiche.

L’insegnamento a questo livello, come nella scuola di base, dovrebbe avere come momento essenziale la soluzione di “problemi” formulati in termini concreti.

Un possibile elenco di argomenti è il seguente:

richiami di aritmetica e algebra elementare,

elementi di calcolo combinatorio,

elementi di geometria sintetica,

elementi di geometria analitica,

elementi di statistica,

semplici problemi di ricerca operativa,

semplici problemi risolubili con metodi iterativi,

studio di successioni e funzioni che rappresentano classi rilevanti di fenomeni.

 

Il livello A si distingue dagli altri in quanto non prevede l’uso sistematico del metodo dimostrativo né l’acquisizione di strumenti tecnici elaborati. I numeri reali sono introdotti su base puramente intuitiva. Lo studio dei grafici di successioni permette di introdurre funzioni come quella esponenziale limitandosi al caso discreto, senza dover definire le potenze ad esponente reale. Gli studenti dell’area artistico-musicale (ai quali è soprattutto destinato questo livello) dovrebbero completare il programma con argomenti caratteristici del particolare indirizzo. Gli studenti interessati alle arti figurative potrebbero studiare applicazioni della geometria all’ottica geometrica e alla teoria della prospettiva, mentre agli studenti dell’indirizzo musicale potrebbero essere forniti gli strumenti matematici necessari per uno studio elementare dell’acustica.

 

 

Livello B

 

Il livello B prevede l’uso sistematico del metodo dimostrativo.

Un possibile elenco di argomenti è il seguente:

 

Geometria euclidea piana.

Elementi di calcolo combinatorio.

Dimostrazioni per induzione completa.

Elementi di statistica e probabilità.

Incommensurabilità. Teoria euclidea delle proporzioni e introduzione dei numeri reali come rapporti tra grandezze omogenee[5]. Successioni e limiti. Esempi di problemi risolubili con metodi iterativi convergenti.

Operazioni elementari tra numeri reali (potenze, logaritmi)

Elementi di geometria analitica del piano.

Funzioni  goniometriche ed esponenziali.

Elementi di geometria dello spazio (sintetica e analitica).

Elementi di geometria sferica (intrinseca).

Equazioni alle differenze finite: problemi ai valori iniziali.

Cenni di analisi: concetti di derivata, integrale, equazione differenziale, problema ai valori iniziali. Questo argomento, a differenza dei precedenti, è introdotto senza dimostrare teoremi né introdurre algoritmi di calcolo, ma enunciando poche definizioni e risultati sulla base dell’analogia con i corrispondenti casi discreti e l’analisi di pochi esempi specifici nel continuo.

Esempi di possibili approfondimenti:

-         Elementi di teoria dell’informazione (se non svolti in un corso di informatica), calcolo dell’informazione in vari casi concreti; discussione dei rapporti tra l’ “informazione” della teoria e l’informazione del linguaggio ordinario.

-         Introduzione alla geometria in spazi euclidei con più di tre dimensioni

- Introduzione alle geometrie non euclidee (la possibilità di un’introduzione concettuale seria è resa possibile dal precedente studio della geometria sferica intrinseca[6]).

-         Teoria della prospettiva. Un accenno alle possibili alternative alla prospettiva lineare centrale può partire dal saggio di Panofsky. Si può poi accennare all’introduzione della geometria proiettiva.[7]

-  Introduzione alla teoria dei giochi.

- Introduzione al caos deterministico: studio teorico di almeno un sistema caotico e numerico di qualche altro; cenni sulla storia delle riflessioni sui rapporti tra caso e determinismo.

 

La base di questo livello può essere considerata l’attuale programma del liceo classico. Il tempo necessario per l’introduzione degli argomenti nuovi può essere ricavato in parte aumentando il tempo settimanale riservato alla matematica e in parte eliminando molti argomenti attualmente insegnati. Vanno in particolare ridotti i tempi destinati all’algebra (eliminando argomenti come particolari equazioni algebriche risolubili o scomposizioni in fattori di polinomi[8]), e alla trigonometria (che può essere ridotta a poco più dell’introduzione delle funzioni fondamentali e di esempi del loro uso). La geometria analitica non va sviluppata come nell’attuale liceo scientifico (dove ci si diverte, ad esempio, a intersecare fasci di coniche), ma è ridotta essenzialmente a fornire basi teoriche solide allo studio dei grafici di funzioni. Essa va esplicitamente fondata sulla geometria sintetica, introducendo un riferimento cartesiano nel piano euclideo ed evitando di presentare il “piano cartesiano” come un’alternativa indipendente[9].

 

 

Livello C

 

Il livello C si distingue dal precedente perché rinuncia all’uso sistematico del metodo dimostrativo e il concetto di numero reale vi viene introdotto solo a livello intuitivo. In compenso gli elementi di analisi (o meglio di calculus) vengono sviluppati in modo più sistematico. Inoltre gli studenti dell’area tecnologica completano il programma con moduli e approfondimenti caratteristici di ciascun indirizzo. Tali argomenti non consistono in particolari procedure che si pensa siano direttamente utili nel futuro lavoro. L’attenzione sarà piuttosto rivolta alla comprensione dei modelli matematici di base usati per descrivere le fenomenologie di interesse di ciascun indirizzo (che rappresentano un livello di conoscenza relativamente più stabile).

 

 

Livello D

 

Il livello D è il più alto e comprende sia gli argomenti del livello B sia quelli del livello C.

 



[1] In realtà si tratta di due tendenze convergenti, in quanto entrambe eliminano il procedimento di astrazione dalla didattica della matematica: l’una limitandosi al concreto e l’altra riversando nella didattica solo i prodotti dell’astrazione già compiuta.

[2] Ad esempio gli elementi di statistica e calcolo delle probabilità sono presentati nei manuali per la scuola secondaria con un metodo che può variare dalla prescrizione di “protocolli” da eseguire, privi di qualsiasi giustificazione, ad un’esposizione astratta e puramente deduttiva basata sugli assiomi di Kolmogorov.

[3] L’accessibilità delle sorgenti, che è sempre auspicabile, è essenziale nel caso di software didattico per la matematica usato per studiare gli algoritmi matematici eseguiti dal programma.

[4] Non mi riferisco solo ai giochi che ammettono strategie vincenti nella posizione iniziale (il cui interesse si esaurisce rapidamente), ma anche a giochi che possono ridursi in situazioni in cui una strategia vincente esiste (come nel caso di molti finali di scacchi).

[5] Eliminare le “grandezze” dall’insegnamento matematico, dimenticando che i numeri reali sono rapporti tra grandezze omogenee, è uno dei procedimenti attraverso i quali la matematica viene avulsa dalle sue applicazioni concrete. Una delle conseguenze dell’uso di questo approccio astratto nell’insegnamento universitario è la scarsa abitudine dei laureati in matematica a tener conto degli aspetti dimensionali (spesso essenziali) delle formule che usano.

[6] La geometria della superficie sferica è interessante non solo perché il confronto tra i suoi postulati e quelli della geometria piana è illuminante sulla funzione dei postulati e la possibilità di costruire geometrie non euclidee, ma  anche perché può fornire il primo esempio di una teoria dipendente da un parametro (il raggio della sfera) che in un limite opportuno (al divergere del raggio) si riduce ad una teoria più semplice già studiata precedentemente (la geometria piana).

[7] Quella che le rette parallele si incontrano all’infinito è un tipico esempio di affermazione che genera in molti la convinzione dell’incomprensibilità della matematica. Riconoscere l’origine di questa affermazione nel “punto di fuga” della pittura (il punto del quadro in cui realmente si incontrano le rette che rappresentano rette parallele) fornisce un esempio di come la conoscenza storica permetta di ricucire i legami tra matematica e applicazioni.

[8] In ambedue i casi valgono le considerazioni svolte al punto (c) di p.2. Naturalmente la teoria della divisibilità dei polinomi ha anche un interesse intrinseco, ma si tratta di un argomento che può essere ignorato dal futuro avvocato, politico o filosofo con meno danni, ad esempio, di quelli prodotti dall’ignoranza della natura dei fenomeni esponenziali.

[9] Questa seconda possibilità è da rifiutare anche perché, fondando il concetto di piano su quello, molto più astratto e complesso, dell’insieme di tutte le coppie ordinate di numeri reali, costringe la maggioranza degli studenti della scuola secondaria, che non studia veramente la teoria dei numeri reali, a fondare la geometria piana su una base che sa di non conoscere.