SPERIMENTAZIONE:  CONFRONTO FRA L’INDAGINE GILDA E L’INDAGINE MINISTERIALE

 

 

Intendiamo, con questa scheda, mettere a confronto i risultati delle indagini sulla sperimentazione condotte rispettivamente dalla Gilda e dal Ministero (vedi Sito Gilda: www.gildains.it). Il confronto non seguirà un tracciato minuzioso, ma sarà incentrato sui punti più salienti comuni alle due indagini.

Chiariamo preventivamente alcune differenze di non scarso rilievo.

Mentre l’indagine Gilda indica, in premessa, le modalità con cui è stata impostata (interviste a ispettori, dirigenti, responsabili di progetti, tutors, docenti), l’indagine sperimentale non ci dà alcuna informazione relativa alla sua impostazione (come e da chi sono state ricavate le informazioni). Si limita semplicemente a dire che tutto il lavoro è stato curato dall’Osservatorio Nazionale. Inoltre, mentre l’indagine Gilda opera un confronto fra la scuola pubblica statale e la scuola pubblica paritaria, l’indagine ministeriale ignora questo aspetto, come pure quello degli attori veri delle  innovazioni introdotte con la Riforma.

Ma veniamo ai  punti significativi.

 

  1. Il tutor – docente che ha la responsabilità del processo educativo e che deve mantenere rapporti costanti con i genitori

 

L’indagine ministeriale non dedica un paragrafo speciale al tutor, ma ne parla all’interno di un paragrafo titolato “Equipe pedagogica”. La terminologia è significativa in quanto la scelta sembra dettata dalla volontà di ricondurre la figura del tutor all’interno di un gruppo di lavoro. Quasi a sedare  preventivamente gli animi, nel timore di reazioni.

Quali sono state le reazioni dei docenti di fronte a questa figura? Su questo punto le risposte che ci vengono date dalle due indagini  sono grosso modo equivalenti, se si prescinde dal fatto che il documento ministeriale assume talora colorazioni politiche (il docente tutor è stato rifiutato in Emilia Romagna, laddove i docenti “temono la gerarchizzazione all’interno della equipe pedagogica”).

Nel complesso si rileva comunque, in entrambe le indagini, che le reazioni sono state diverse: in alcuni casi non sembrano esserci state reazioni negative, in altri  si è opposto a questa figura un netto rifiuto. L’indagine ministeriale precisa però che “in tutte le realtà scolastiche… le famiglie hanno gradito la figura di riferimento… tutor e la visibilità della sua funzione”.

L’indagine ministeriale si esaurisce, su questo punto, con le considerazioni già citate. Salvo riconoscere, en passant, “l’onerosità e la complessità” dei compiti, sui quali si è invece soffermata la Gilda, mettendo in luce che “l’impegno orario (del tutor, n.d.r.) è maggiore nelle scuole statali che nelle scuole paritarie”. Un altro elemento di fondamentale importanza sul quale l’indagine ministeriale glissa è la funzione che il tutor  può assumere ed ha assunto. PD distingue due modelli: “il docente tutor che sovrintende ai laboratori, per verificare anche le modalità didattiche dei colleghi e, se del caso, per intervenire a indicare anche mutamenti di metodo; e il docente tutor che programma con i colleghi, ma non partecipa alle attività di laboratorio o che partecipa solo in parte, ma che non ha alcuna possibilità di  indirizzo sulla didattica dei colleghi”. Risulta dall’indagine che alcune scuole paritarie hanno adottato il primo modello, altre il secondo. Le scuole statali tutte hanno invece adottato il secondo modello, che chiameremo per praticità non “direttivo”.

 

  1. Il portfolio – documento che raccoglie la documentazione significativa ed essenziale del percorso formativo dell’alunno e registra le osservazioni dei docenti e delle famiglie sull’apprendimento

 

Il paragrafo dell’indagine ministeriale relativo al  “portfolio delle competenze individuali”, a parte il rilievo sul fatto che le famiglie hanno “autonomamente” redatto la loro parte, hanno  cioè svolto, per così dire,  il compito a cui erano chiamate (come, non viene detto) ha  una valenza prettamente didattica. Si insiste infatti sull’ appeal  di questa “opera corale, multiprospettica, intersoggetiva” che diviene “occasione di formazione per i vari soggetti”. PD, dopo aver chiarito che, in mancanza di un modello ufficiale, le varie scuole hanno proceduto come meglio hanno creduto, riporta non solo commenti e perplessità sullo strumento (la dimensione voluminosa, l’impegno orario che richiede, il fatto che impedisce il “diritto alla dimenticanza – delle prove negative, ecc., il difficile problema della scelta di ciò che va inserito), ma soprattutto la diversità del ruolo dei genitori nella scuola paritaria e pubblica che si rileva partendo proprio dal ruolo che essi assumono in relazione al portaolio.

Dall’inchiesta  si rileva che mentre nelle scuole paritarie  i genitori sono per così interrogati sulle aspettative che hanno per il proprio figlio, nelle scuole statali si chiede di controllare il progresso nell’acquisizione delle competenze. “Fra le due modalità, rileva Renza Bertuzzi, passa un infinito di differenza: la prima modalità realizza quasi un’azione di tutoraggio nei confronti della famiglia, che viene aiutata a comprendere le proprie aspettative nei confronti del figlio (e magari modificarle in rapporto alla realtà dei fatti che, si suppone, è data dal rendimento scolastico che la scuola rileva); la seconda invece attua una verifica dell’attività didattica”. Costituisce cioè un controllo delle famiglie sul lavoro dei docenti.

Mentre le scuole paritarie si sentono, si auto-rappresentano e si presentano come scuole con un loro progetto educativo (che i genitori possono accettare o meno al momento dell’iscrizione) e difendono la loro autonomia dai genitori, le scuole statali si pongono al servizio delle famiglie. Non a caso queste ultime partecipano alla stesura del POF e “contribuiscono a costruire il progetto educativo” (sul significato e sulle conseguenze di questa impostazione rimando al mio articolo Sperimentazione, inchieste ed altro  pubblicato nel Sito Gilda – Centro Studi).

 

  1. L’individualizzazione dell’insegnamento –  la strutturazione dell’intero itinerario scolastico di ciascun alunno conformemente alle esigenze e alle capacità individuali

 

Relativamente all’individualizzazione, l’indagine ministeriale, che non mette in alcun modo in dubbio la sua validità e praticabilità, segnala che nel corso del primo anno sperimentale sono stati attuati due diversi percorsi. Nel primo le strategie programmatorie prevedono approcci identici per tutti i soggetti, salvo poi proporre attività di recupero e di rinforzo individualizzate nei casi “difficili”; nel secondo l’individualizzazione è stata intesa come predisposizione – a monte – di condizioni diverse e diversificate.  PD, dopo aver rilevato invece una differenza fra scuole paritarie e statali ed aver segnalato che nelle scuole paritarie l’individualizzazione è stata applicata solo al momento del recupero, mentre nelle scuole statali è stata realizzata nella sua accezione più ampia, ci riporta non poche perplessità e osservazioni.

Prima di tutto la difficoltà di attuazione di in insegnamento individualizzato all’interno di classi numerose e piene di problemi, in secondo luogo la difficoltà di formulare dei curricoli con i genitori. Infine – e soprattutto – il timore “che si creino degli individualismi e non delle individualità, cioè ragazzini del tutto attenti al loro io e del tutto distratti rispetto alle dinamiche della convivenza e delle relazioni”. 

 

Serafina Gnech

Centro Studi Gilda