Francesco Pitocco
Fabrizio Polacco
§1) NATURA E FINALITA’ DELLA DISCIPLINA
Francesco Pitocco
§1.1) Situazione attuale
E’ opinione universalmente accolta che, nel corso del Novecento, il passaggio dalla storia “evenemenziale” alla storia “globale” (o, altrimenti detto, dalla storia intesa come racconto di eventi essenzialmente politici, alla storia intesa come spiegazione-comprensione di processi sociali “totali”) ha provocato una profonda “rivoluzione” nell’orizzonte della ricerca storiografica e della concezione complessiva della storia. La storia si è definita “scienza del cambiamento” e “scienza dei contesti”, bisognosa di tutte le scienze umane e sociali, aperta all’utilizzazione di qualsiasi tecnica di analisi (non escluse quelle provenienti dalle scienze naturali) capace di fornire spiegazioni dei fenomeni analizzati.
In modo particolare quella rivoluzione ha sconvolto la concezione del “tempo storico”, destrutturando la rigidità e unidirezionalità della cronologia, ponendo in campo una pluralità di durate che ha messo da parte, definitivamente, antichi (ma sempre risorgenti) finalismi e determinismi storici (o storicistici). E tuttavia di quella “rivoluzione”, dell’enorme massa di “conoscenze” prodotta, ben poco è passato nella cultura scolastica italiana. E’ venuto così meno, progressivamente, quel rapporto tra insegnamento scolastico e ricerca storica che è garanzia fondamentale della “insegnabilità” della disciplina e della formazione degli insegnanti (del resto l’Università è stata sempre meno coinvolta persino nei corsi di “aggiornamento”, sempre più affidati, in modo tutto particolare dal ministro Berlinguer, ad “associazioni professionali”, “istituti di ricerca” esterni all’università, ecc.).
Non è il caso qui di tentare l’analisi del complesso di ragioni che hanno determinato questa situazione. Tre di esse però vanno almeno enunciate:
1) gli insegnanti di storia sono, in maggioranza, non laureati in storia. Non possiedono dunque, generalmente, quella conoscenza scientifica della materia che è indispensabile per insegnarla in modo non acritico, non puramente passivo, non ideologico. A questo vuoto formativo, connesso alle strutture tradizionali universitarie, si sta cercando di porre rimedio, attraverso l’istituzione di Scuole di specializzazione per l’insegnamento superiore. Ma il rimedio sembra essere peggiore del male: in queste scuole domina, in modo soffocante, un didatticismo formalistico, “tuttologo”, totalmente inconsapevole dei probleni epistemologici e pratici della ricerca storica, e dunque delle vere potenzialità formative della disciplina. Resta comunque l’esigenza di garantire una stretta relazione tra insegnamento della storia e ricerca scientifica corrente, l’unica, in via di principio, capace di offrire strumenti di risposta alle domande storiche e formative che nascono dal presente;
2) la cultura politica italiana (ma non solo italiana) ha sempre assegnato all’insegnamento della storia una finalità ideologica. In modo esplicito e formale alla storia, e ad essa soltanto, è riservata la “trasmissione dei valori” alle nuove generazioni. Così si sente l’esigenza di riformare l’insegnamento della storia ad ogni mutar di clima politico, piuttosto che ad ogni mutar di “paradigma” storiografico, come si usa dire. Di qua il costante riemergere, come è avvenuto negli ultimi anni, di curiosi privilegi assegnati alla storia contemporanea, intesa come “magistra vitae” di particolare efficacia (e meglio ancora come campo di polemica politica retrospettiva). Allo straripare, nella vita individuale e collettiva attuale, della “società”, della “tecnologia”, della “globalizzazione”, si risponde privilegiando il segmento storiografico che più si è mostrato refrattario ad assorbire le innovazioni metodologiche della ricerca. Storia squisitamente “politica” e “nazionale”, nel suo complesso, la storia contemporanea sembra essere, generalmente, epistemologicamente inadeguata a pensare le emergenze epocali dei nostri giorni. Emergenze, non si dimentichi, che sono alla radice della drammatica “crisi” attuale della politica e delle identità nazionali. Non a caso negli ultimi decenni il “principe” non sceglie più i suoi consiglieri tra gli storici, e l’analisi (?) giornalistica degli eventi contemporanei ha perduto ogni dimensione storica, sostituendosi all’analisi storica;
3) la rapidità delle trasformazioni in corso nella società globalizzata, modernizzante, tutta tesa al futuro e all’innovazione, sembra rendere “inutile” e “dannoso” lo studio del passato. Tesi, come noto, alquanto vetusta, e tutt’altro che “moderna”. Ma tant’è! quando non si tiene conto della struttura complessa della temporalità storica si scambia la cronologia per il tempo storico (cioè: l’ordine convenzionale di misura con la cosa da misurare). Si perde la coscienza della specificità del passato, e, di conseguenza, della specificità del presente: si rischia a ogni pie’ sospinto di scambiare il vecchio per il nuovo, di sentire come modernizzante anche l’eventuale ritorno a forme sociali tipiche dell’“ancien régime”, o della protoindustializzazione…
Si tratta di un errore grave di tecnica intellettuale, il quale produce un’altra curiosa svista: si ritiene che il “contemporaneo” sia più importante dell’“antico” perché più vicino. Ma è lecito pensare che la maggior vicinanza sia sufficiente a rendere, “per noi”, la Svizzera più importante degli Stati Uniti d’America, o, che sia sufficiente a rendere la luna più importante del sole?
§1.2) Perché insegnare la
storia?
1) Le società occidentali (almeno a partire dalla società giudaica della Bibbia) hanno sempre riconosciuto alla storia una specifica funzione sociale, ancorché variabile secondo gli orizzonti, e mutevole secondo i tempi. E’, questa ormai una nozione, quasi una constatazione, inscritta nel nostro “senso comune”. Ma diversamente da quanto crede il senso comune, la storia non serve a conservare vivo il ricordo del passato. E’, questa, una concezione volgare, istintiva, ancorché estremamente diffusa e dominante in questi anni di fine-inizio millennio.
Secondo questa opinione la storia avrebbe una funzione da “cane da guardia”, servirebbe a impedire il ritorno degli “orrori” del passato recente. Di orrori nella storia umana ce ne saranno forse sempre, ma certamente quelli futuri non ripeteranno quelli del passato. Ciò che è già accaduto non accadrà più: è l’unico “insegnamento” che si possa ricavare dalla storia.
Al contrario, la conoscenza critica del passato (questo, infatti, è il significato di “memoria storica”) serve a “liberarci” dal passato. Se è vero che l’uomo (“sub specie” individuale o collettiva che sia) pensa, sente e opera in base alle sue esperienze, dunque al suo passato, è anche vero che senza un particolare lavoro intellettuale quel passato domina il presente, lo trattiene a sé, tende a perpetuarsi in esso. Ma allora è anche vero che la libertà di pensare, sentire e operare dell’uomo dipende dalla sua capacità di liberarsi da quel passato, dalla sua capacità di trasformare i condizionamenti automatici delle esperienze passate in scelte libere fondate sull’esperienza.
Questa libertà, ricca ed “esperta”, può solo derivare dalla conoscenza storica, da una conoscenza critica e razionale, capace di sterilizzare o vitalizzare le esperienze del passato sulla base di scelte consapevoli. Di qua nasce il faber fortunae suae. Senza quella conoscenza si dà solo ripetitività e passività: il presente rischia di essere eternizzato, sacralizzato. L’esistente risulta intangibile, indiscutibile: al più può esser fatto oggetto di un pragmatismo cieco, senza orizzonte progettuale. L’apertura al futuro di una società, e la sua capacità di autogoverno, dipende dalla ricchezza della sua coscienza storica.
2) Sul piano dello sviluppo psicologico e cognitivo degli individui in età scolare, la storia può contribuire a costruire i quadri mentali indispensabili a un controllo consapevole della propria collocazione nel mondo esterno (famiglia, ambiente, società, ecc.), relativizzando la propria esperienza nella comparazione conspevole con il passato, con l’ “altro”. Si tratta di un processo intellettuale lungo e complesso, fondato su un reticolo di strumenti mentali che si sviluppa in rapporto alla costruzione delle “temporalità storiche” e delle “relazioni contestuali” in cui sono inseriti i “fatti” storici e, dunque, la nostra stessa vita.
Indispensabile è dunque l’attenzione al “tempo storico”, concepito in primo luogo non come tempo omogeneo e convenzionale (cioè non come cronologia, sistema astratto di misurazione del tempo, diverso da cultura a cultura, e che richiede una maturità intellettuale assai alta, diversamente da quanto si crede di solito!), ma come tempo concreto, diversificato da fenomeno a fenomeno, incarnato nel fare umano, prodotto dal fare umano. Tempo dunque come durata, impresso nei processi sociali specifici, lunghi o brevi che siano, e solo capace di descrivere, dare senso alle continuità e alle rotture della storia; solo capace di giusitificare il perdurare di elementi “antichi”, propri di sistemi sociali e culturali d’altri tempi, pur entro la “contemporaneità” più attuale.
Senza questa dialettica delle durate la storia diventa una serie insignificante di appunti su un calendario. Solo attraverso la costruzione delle durate la cronologia assume a pieno titolo il suo ruolo di classificazione astratta, capace di dare ordine alla conoscenza dei fatti storici, di definirne le relazioni temporali di fondo. La storia è “scienza del cambiamento”, non di un’inesistente evoluzione ininterrotta e unidirezionale, di un presunto “sviluppo”, o “progresso” che dir si voglia.
3) A questo tessuto temporale complesso e stratificato va ricondotta la costruzione della struttura dei contesti. Non esiste in storia, e nella vita in generale, alcun fatto o esperienza che possano dirsi isolati, che non siano alimentati dalla relazione e dalla collocazione in un “contesto”. Ogni “fatto” economico, politico, culturale, vive in una relazione contestuale specifica che lo alimenta e che, “storicamente”, lo spiega. Del resto nella storia non è mai possibile separe l’homo oeconomicus, dall’homo religiosus, politicus, ecc. Non diversamente: la comprensione della vita attuale, della nostra stessa vita, è dipendente dalla ricostruzione dei contesti in cui si svolge, che la condizionano e ne definiscono al tempo stesso l’orizzonte delle potenzialità. Un fatto storico è sempre un fatto storico “totale”, da studiarsi a “part entière”, facendo ricorso senza pregiudizi a tutte quelle discipline “settoriali” che possano risultare utili, nella loro sinergia, a evidenziarne la struttra contestuale. La storia e “scienza di contesti”, non di fatti, avvenimenti o individui isolati.
§1.3) Come distribuire la materia d’insegnamento?
Quanto precede rende assolutamente inaccettabile qualsiasi proposta di una storia fuori dal tessuto temporale, cronologico, organizzata per blocchi o nuclei o linee di sviluppo che dir si voglia. Una qualsiasi di queste scelte rende la storia “non storia”, perché la strappa al suo proprio, al “tempo”: l’uomo, la società, o comunque si preferisca definire l’oggetto dello studio storico, possono essere e sono studiati anche da altre discipline (scienze umane, scienze sociali…), ma solo la storia studia quegli oggetti “nel tempo”. Lungi dall’ “approfondire” alcunché, quella modalità di organizzare e insegnare la materia storica svilisce i problemi storici a materiale indifferenziato e “storicamente” inerte, incapace di alimentare la costruzione di specifiche conoscenze disciplinari. Potrà servire ad accumulare nozioni, spezzoni di “saperi” (pessima moda!), non conoscenza storica. Simili selezioni tematiche rischieranno sempre, inevitabilmente, di essere arbitrarie, ideologiche, finalizzate a legittimare “visioni del mondo” precostituite, a dogmatismi, non a costruire atteggiamenti critici, o a stimolare curiosità conoscitive.
Appare dunque incongrua la proposta di limitare alla prima fase dell’esperienza scolastica lo studio cronologico (cioè della struttura della temporalità storica più “astratta” e difficile da dominare, a meno che non la si voglia ridurre a mero strumento mnestico, a un insieme di puntine fissate sul muro) per riservare alla seconda, più matura, gli “approfondimenti” tematici. La tessitura cronologica non può mai essere abbandonata se si vuole insegnare storia e non una paccottiglia qualsiasi di “dati”.
La partizione della materia storica quale è stata scelta dalla tradizione scolastica italiana non soffre oggi concorrenza possibile: una qualsiasi comparazione ravvicinata con i programmi di scuola di altri paesi risulta a vantaggio della nostra partizione, certamente più vicina alla periodizzazione condivisa, grosso modo, dalla ricerca scientifica. Ad essa bisogna restare quanto più fedeli possibile, pur adattandola al letto di procuste di questa o quella riforma dei cicli (problema “pratico”, che non deve alterare la struttura conoscitiva delle discipline insegnate…a meno che non si voglia distruggere proprio questa struttura conoscitiva e ridurre la storia a strumento di mera propaganda “di regime”, quale che esso sia …).
Se “per legge” (o per decreto!) si deve conservare la storia del “Novecento” (ma quando mai la partizione per secoli ha avuto una qualche valenza scientifica? Cos’è mai successo quel 1 gennaio del ‘900 per conferirgli una qualsiasi capacità periodizzante? Si facesse almeno cominciare il “Novecento” con la fine della Grande guerra…!) si dovrà scegliere di ridimensionare la “quantità” distribuita nei diversi anni. Quantità resa per altro ipertrofica dai manuali, dalle esigenze della concorrenza di mercato degli editori, non dai programmi. Bisognerà allentare le maglie della tessitura cronologica, rinunciando a una periodizzazione per “avvenimenti”, necessariamente densa e indiscriminata, a favore di una periodizzazione per fenomeni sociali, più selettiva e adatta a periodizzare ampiamente per “durate”, per vasti quadri cronologici.
In linea generale riserverei alle elementari il compito di costruire una corretta percezione delle differenze temporali, e dunque della specificità del tempo presente in cui i bambini si trovano a vivere. A maglie cronologiche amplissime si dovrebbero abituare i bambini a comparare l’organizzazione attuale della vita, della loro vita, con l’organizzazione del passato, attraverso esemplificazioni (sempre collocate in tempi definiti) tratte dalla storia della famiglia, del lavoro, del potere, delle credenze religiose, ecc. Si potrebbe essere soddisfatti se alla fine delle elementari un bambino avesse compreso la differenza che passa tra una società industriale e una società di caccia e raccolta…
Uno studio cronologico più fine dovrebbe essere avviato subito dopo, recuperando grosso modo la periodizzazione attuale, redistribuendo la materia secondo la nuova organizzazione e secondo gli indirizzi.
§2) OBIETTIVI
E CONTENUTI
Fabrizio
Polacco
Premessa
La scuola attuale, divisa in tre cicli, studia l’intera vicenda dell’umanità tre volte, con diversi gradi di approfondimento rapportati alle età degli alunni. Ma la scuola futura prevede solo due cicli: un settennio di base, per gli alunni dai 6/7 ai 12/13 anni, e un quinquennio superiore, per gli alunni dai 13/14 ai 17/18 anni. E’ dunque logico e coerente che si prevedano due percorsi cronologici quinquennali dei programmi di storia : un primo a partire dal terzo anno della scuola di base, di livello più elementare. Un secondo per la scuola superiore, di livello più approfondito.
La presenza di un
obbligo scolastico fino a 15 anni, che implica il passaggio immediato alla
formazione professionale di una percentuale minoritaria della popolazione
giovanile, non può comportare un’artificiosa ed innaturale conclusione per
tutti dello studio cronologico della storia alla fine del biennio superiore, come
pure ha proposto la commissione ministeriale, la quale vorrebbe appunto un unico percorso cronologico dagli 11 ai 15
anni (tra il 5° della scuola di base ed il 2° della scuola superiore).
Tale impostazione a cavallo di due cicli (e, cosa non meno grave, di due fasi della crescita e dello sviluppo intellettuale ben differenziate), comporterebbe:
· la creazione di due “spezzoni” residui (i primi quattro anni della scuola di base e gli ultimi tre delle superiori) che non è facile riempire, come dimostrano le ambigue ed inconsistenti proposte presentate ( “lessico di base” e “educazione allo svolgersi del tempo” per gli alunni più piccoli, “percorsi tematici” e “temi specifici”, per i più grandi), le quali sacrificano i fondamentali criteri delle “temporalità storiche” e delle “relazioni contestuali” evidenziati nel §1;
· la fine, nel quinquennio superiore, di qualunque parallelismo tra studio cronologico della letteratura italiana, delle letterature straniere, della filosofia e dell’arte, da un lato, e inquadramento storico generale dall’altro;
·
l’esclusione dell’altrettanto indispensabile approccio
parallelo e contemporaneo, per chi sceglie l’area classico-scientifica, tra
storia del mondo antico e studio delle lingue classiche.
Anche le esigenze di coloro che lasciano gli studi a 15 anni vanno però ovviamente considerate, prevedendo un’opzione alternativa di “Educazione storico-civica (Otto/Novecento)” - compresa nel curriculum di “1° livello” - per le aree e i curricoli in cui non appare scontata la prosecuzione degli studi, fatta sempre salva la possibilità per gli alunni di cambiare idea strada facendo (con l’ausilio di percorsi integrativi effettuati dalle stesse scuole). Tale opzione alternativa, che non deve certo essere affidata all’arbitrio del momento, ma inserita in un coerente curricolo all’interno di un’area specifica, rientra del resto nel sistema generale dei “livelli” prescelto per la nostra “architettura scolastica”.
SCUOLA DI BASE
Capacità di lettura e comprensione di semplici testi espositivi e narrativi in lingua italiana, che diventeranno via via più complessi e rapportati alle crescenti abilità degli alunni.
OBIETTIVI
1. Capacità di distinguere in modo sempre più consapevole la storia da altre forme di narrazione e di memoria delle vicende passate, attraverso la conoscenza elementare dei suoi metodi principali di indagine e delle più importanti discipline ad essa collegate (archeologia, demografia, epigrafia, ecc.) .
2. Possesso di un quadro generale della storia dell’umanità, con la capacità di collocare gli eventi, i mutamenti e le figure fondamentali del passato sullo sfondo della loro epoca e del loro contesto generale nonché nelle loro appropriate coordinate geografiche.
3. Percezione delle fondamentali affinità e differenze tra la nostra civiltà e quelle passate, tra la civiltà europea e quelle extra-europee.
4. Graduale acquisizione di consapevolezza dell’importanza dello studio della storia nel processo di acquisizione di uno spirito critico indispensabile all’esercizio dei diritti e dei doveri del cittadino nella società contemporanea.
5. Conoscenza elementare delle principali istituzioni politiche italiane ed europee.
1. A partire dal terzo della scuola di base, cioè dagli otto/nove anni di età, gli alunni cominceranno, sotto la guida di un docente che unisca in sé almeno l’insegnamento delle discipline letterarie, storiche e geografiche, ad affrontare un percorso storico quinquennale, non solo “evemenemenziale”, ma di vera e propria “storia della civiltà”. Di essa dovrà far parte, in misura non inferiore alla storia politica, la storia materiale, religiosa, culturale, letteraria, artistica, dei popoli del passato.
2. Contemporaneamente, si avvierà un procedimento parallelo di distinzione tra la “storia” intesa come disciplina scientifica fondata su documenti e testimonianze, e “storia” intesa come memoria collettiva fatta di tradizione mitica, folklorica, epica, leggendaria, religiosa.
3. Per questo, il percorso di studi non dovrà prevedere soltanto una narrazione lineare, manualistica, in senso tradizionale, ma dovrà accompagnarla con letture, possibilmente e gradualmente di prima mano, anche di semplici testi contemporanei all’epoca trattata. Non è pensabile, ad. es. capire il mondo greco senza una lettura almeno sommaria delle epopee omeriche, né, d’altra parte, capire che cos’è la storia, o l’archeologia, senza un resoconto adattato all’età degli allievi di quella “leggenda moderna” che è la riscoperta di Troia da parte di H. Schliemann.
1° ANNO: Dalla Preistoria alla fine dell’indipendenza greca.
2° ANNO: Dall’Italia pre-romana e dalla fondazione di Roma alla tarda antichità. Bisanzio, L’Islam e la rinascita carolingia.
3° ANNO:
L’Europa medievale e le grandi civiltà extra-europee fino all’età delle grandi scoperte geografiche.
4° ANNO: L’Europa moderna fino all’età napoleonica e alla Restaurazione.
5° ANNO: L’età contemporanea dalla Restaurazione in poi.
SCUOLA
SUPERIORE
Lo studio della storia nelle tre aree superiori contemplate dal nostro progetto prevede tre livelli.
Area Area Area
Classico-scientifica Artistico-musicale tecnico-tecnologica
Biennio |
Livello 3 |
Livello 2 o 3 |
Livello 1 o 2 o 3 |
Triennio |
Livello 3 |
Livello 2 o 3 |
Livello 2 o 3 |
1. Possesso di capacità linguistiche adeguate alla fruizione ed alla rielaborazione personale e meditata di testi mediamente complessi di narrazione storiografica, via via adeguati ai diversi livelli di apprendimento degli alunni.
2. Raggiungimento degli obiettivi fissati per la storia nella scuola di base.
1. Conoscenza salda e ordinata delle varie fasi dello sviluppo della storia umana dalle origini agli ultimi decenni del Novecento, attraverso l’analisi dei caratteri, degli aspetti, dei protagonisti e degli eventi di rilievo di ciascuna di esse.
2. Capacità di stabilire le dovute relazioni tra gli aspetti sociali, economici, politici, culturali, materiali ed intellettuali di ciascuna età, istituendo i corretti collegamenti tra eventi storico-politici e i concomitanti sviluppi letterari, artistici, scientifici, tecnici, filosofici e religiosi.
3. Consapevolezza della differenza sempre esistente tra i fenomeni storici e la loro lettura ed interpretazione storiografica, attraverso la messa a fuoco delle principali metodologie di indagine nonché dei più importanti approcci analitici ed ermeneutici, e attraverso la lettura diretta di ampi brani dei più importanti contributi storiografici, senza trascurare quelli contemporanei alle epoche di volta in volta studiate (ad es. Tucidide per l’età greca, Tacito per Roma, Guicciardini per il Rinascimento, Tocqueville per il Sette/Ottocento, ecc.).
4. Saper sviluppare e presentare una autonoma rielaborazione, orale e scritta, di aspetti sempre più complessi ed approfonditi degli eventi storici, dimostrando una adeguata padronanza semantica e un corretto uso del linguaggio tipico della disciplina.
5. Saper individuare i legami di continuità e le discontinuità tra la nostra epoca e le epoche passate nei diversi ambiti dell’agire umano e della vita collettiva, nell’inevitabile alternarsi dei valori, dei giudizi, dei punti di vista che differiscono a seconda degli uomini, delle civiltà, dei tempi, delle aree geografiche.
INDICAZIONI METODOLOGICHE
SCANSIONE
Dai vecchi programmi che effettivamente lasciavano poco spazio alla storia contemporanea, dell’ultimo secolo in particolare, si è passati, in seguito al D.M. 682 del 4/11/96, al difetto opposto di un eccessivo appiattimento sulla contemporaneità e ad una conseguente ingiustificata compressione dello studio delle epoche precedenti, in particolare quelle più antiche. La scansione che segue vuole dimostrare che è invece possibile contemperare l’esigenza di includere il Novecento nei piani di studio dei licei senza venir meno alla necessità di una adeguata ricognizione a livello superiore anche del passato più lontano.
E’ bene sottolineare che tale scansione, frutto di considerazioni derivanti dall’esperienza quotidiana e diretta dei docenti della disciplina[1], ha finalità esclusivamente pratiche e didattiche, e non vuole quindi entrare nel merito di questioni storiografiche né proporre una nuova periodizzazione cronologica con pretese di carattere scientifico; le scelte effettuate prendono lo spunto da quelli che vengono considerati, dalla quasi totalità dei manuali scolastici, precedenti e attuali, dei concreti punti di svolta nella trattazione didattica degli argomenti.
La scansione ha comunque valore essenzialmente indicativo, non prescrittivo. Ciò non solo perché ogni periodizzazione è di per sé convenzionale, approssimativa, e derivante dalla scelta di privilegiare determinati aspetti della civiltà umana, ma anche perché pare opportuno lasciare ai docenti, nella loro autonomia didattica, un margine di libertà nel distribuire la materia in modo conforme alle esigenze della classe e a quelle della propria programmazione individuale e/o d’istituto.
In qualche misura più vincolanti, ma per motivi esclusivamente pratici, ci sembrano perciò soltanto due degli snodi temporali proposti: quello individuato tra biennio e triennio del ciclo superiore (Carlo Magno), perché coincide con un probabile cambiamento di insegnante; e quello individuato per la fine del penultimo anno, (il 1870), perché consente di lasciare adeguato spazio alla trattazione dell’ultima parte del programma, che è ovviamente oggetto privilegiato d’esame.
SCANSIONE SINTETICA
1°anno: dalla Preistoria fino alla fine delle guerre puniche e dell’indipendenza greca (146 a.C)
2°anno: dal 146 a.C. a Carlo Magno;
3°anno: da Carlo Magno fino all’età della Riforma e Controriforma;
4°anno: dall’età della Riforma e Controriforma al 1870;
5°anno: dal 1870 in poi.
SCANSIONE DETTAGLIATA
1° ANNO: Le origini della Terra. La nascita dell’uomo e la preistoria. Le grandi civiltà fluviali e mediterranee. La civiltà greca fino all’ellenismo e all’affermazione della supremazia romana nel Mediterraneo.
2° ANNO: Le popolazioni dell’Italia pre-romana e gli Etruschi. Lo stato e la civiltà di Roma fino alla caduta dell’Impero d’Occidente. Il Cristianesimo. La tarda antichità, Bisanzio e l’Islam. La rinascita carolingia.
3° ANNO: L’Europa medievale, il conflitto tra papato e impero, la civiltà comunale e le Signorie. Le grandi civiltà extra-europee. L’età delle grandi scoperte geografiche. Riforma e Controriforma.
4° ANNO: L’Europa moderna. Le grandi rivoluzioni borghesi, la nascita della scienza e la rivoluzione industriale. La fine dell’ancien régime e l’età napoleonica. La Restaurazione. La supremazia europea e l’Europa della grandi potenze. Il Risorgimento e l’unità d’Italia.
5° ANNO La seconda rivoluzione industriale e l’età degli imperialismi. Il “secolo breve”: dalle due guerre mondiali alla fine della “guerra fredda”. La decolonizzazione e i nuovi rapporti tra le diverse aree del globo.
LIVELLO
2
Nei percorsi quinquennali previsti per le aree tecnico-tecnologica e artistico-musicale, si prevede, oltre al livello 3, comune anche all’area classico-scientifica, l’opzione per un livello 2, che si configura come un approccio meno approfondito, benché egualmente sistematico, allo studio cronologico della disciplina. Non muta dunque la scansione complessiva del percorso sui vari anni, ma, presumibilmente, è minore il numero di ore dedicato in ciascun anno al suo studio.
E’ evidentemente anzitutto il docente a dovere effettuare scelte o selezioni che prediligano quei contenuti che più si adattano al tipo di curricolo in cui è inserita la classe, ma anche alle disponibilità complessive di tempo didattico: ci sarà quindi un’attenzione maggiore agli snodi fondamentali che segnano ciascuna epoca, alle tematiche più rilevanti anche rispetto alle discipline che caratterizzano ciascuna area e ciascun curricolo. Non solo per affinità, ma anche per contrasto.
Occorre infatti evitare di costruire una storia prevalentemente “tecnologica” per l’area tecnico-tecnologica, o una “storia della musica e delle arti” per i curricoli propri dell’area artistico-musicale. La storia deve costituire infatti un patrimonio comune a tutti i cittadini italiani, qualunque sia la loro professione o vocazione, ed anzi, proprio nelle aree in cui non si studia, ad es., la filosofia, spazi appositi benché limitati di riflessione e di conoscenza sul pensiero che contraddistingue ciascuna epoca dovranno essere individuati proprio attraverso il percorso disciplinare storico, nonché attraverso quello storico-letterario. Non è escluso, ad es., che proprio nell’area tecnico-tecnologica si seguano percorsi tematici di tipo artistico o musicale, sempre però rapportati ad un saldo impianto diacronico di riferimento, proprio perché gli alunni che frequentano quest’area non avranno, magari, altre occasioni scolastiche di confronto con la cultura artistico-musicale italiana e europea
LIVELLO
1
Educazione
storico-civica (Otto/Novecento)
Ad ampliamento ed integrazione dello studio dell’età contemporanea previsto per l’ultimo tratto della scuola di base, si propone, in via opzionale, a coloro che vogliano indirizzarsi verso il canale dell’apprendistato o della formazione professionale dopo l’assolvimento dell’obbligo scolastico a 15 anni, un percorso strutturato e ad autosufficiente di due anni, vale a dire per il biennio del ciclo superiore, definito come “Livello 1”.
Tale opzione non è però prevista come vincolante, in quanto le singole scuole potrebbero attivare, nel corso del biennio, corsi integrativi per chi volesse reinserirsi, in qualunque momento, nel livello 2. All’uopo potrebbero utilizzarsi anche i percorsi previsti per il livello 1 del greco (lessico ed elementi di civiltà greca) ed eventualmente per il latino (lessico ed elementi di civiltà latina).
Tali percorsi di civiltà greca e latina, previsti espressamente proprio nell’area tecnico-tecnologica, consentono altresì di non privare neppure gli alunni intenzionati a lasciare l’istruzione scolastica al termine dell’obbligo di quegli elementi fondamentali di conoscenza delle radici della nostra civiltà che tutti dovrebbero in qualche misura acquisire.
E’ evidente che la studio più approfondito degli ultimi due secoli condotto principalmente sotto l’aspetto politico, economico, sociale ed istituzionale, permetterebbe all’alunno di acquisire in forma sistematica quelle conoscenze che paiono indispensabili alla consapevole partecipazione del cittadino alla vita complessa della comunità civile.
1. Gli stessi previsti per il livello 3.
2. In particolare, conoscenza di base delle vicende storiche dalla Rivoluzione Francese in poi così come impostata nella scuola di base.
1. Completamento ed approfondimento dello studio degli ultimi due secoli effettuato nella scuola di base sotto l’aspetto delle trasformazioni e degli sviluppi sociali, politici, economici ed istituzionali avvenuti nel nostro paese e in Europa.
2. Conoscenza del funzionamento dei principali meccanismi politici, istituzionali ed economici che regolano la vita del nostro paese e delle istituzioni europee.
3. Conoscenza della Costituzione italiana, delle Carte dei Diritti internazionali, e dei diritti e doveri del cittadino.
4. Consapevolezza del senso e del valore della cittadinanza, dei diritti e dei doveri fondamentali, civili e politici, del ruolo dell’individuo nella società, delle libertà di pensiero, di parola, di religione.
Partire da tematiche e problemi attuali per giungere ad individuarne le coordinate istituzionali, storiche, normative così come si sono definite e strutturate nell’età contemporanea, è un sistema sempre valido per coinvolgere l’interesse delle giovani generazioni. E’ però da tenere presente che questo approccio metodologico, per non correre il rischio dell’approssimazione e della dispersività, va sempre inserito in un saldo inquadramento storico e cronologico: uno spunto di partenza, insomma, che però può utilmente collegarsi anche ad una fruizione guidata dei contenuti della carta stampata quotidiana e periodica, o di ricerche, repertori, documentari multimediali.
[1] Tale proposta di scansione corrisponde nella sostanza a quella elaborata dal PRISMA (Progetto per la Rivalutazione dell’Insegnamento e dello Studio del Mondo Antico) nel 1998 in risposta al decreto di modifica dei programmi varato dall’allora ministro Luigi Berlinguer, e che fu sottoscritta da oltre 3000 docenti liceali ed universitari di tutta Italia. Essa è ora tra l’altro concretamente applicata in varie scuole superiori che hanno autonomamente deciso di farla propria, sostituendola al decreto che pure resta formalmente in vigore.
Si riportano qui di seguito, per maggiore chiarezza,
i prospetti comparativi delle varie scansioni:
Programmi precedenti il D.M. : 1°anno: l’Oriente e
la Grecia fino all’Ellenismo;
682 del
4/11/96 2°anno:
Roma e la civiltà romana;
3°anno: dal Medio
Evo alle scoperte geografiche;
4°anno: l’Età Moderna
fino al Congresso di Vienna;
5°anno: dal
Congresso di Vienna in poi.
Programmi previsti dal D.M.: 1°anno: dalla
Preistoria ai primi due secoli dell’Impero Romano;
682 del 4/11/96 2°anno: dall’età dei Severi alla metà del XIV
secolo;
3°anno: dalla crisi
socio-economica del XIV secolo alla metà del XVII;
4°anno: dalla metà
del XVII sec. alla fine dell’Ottocento;
5°anno : il Novecento.
Proposta PRISMA: 1°anno: dalla Preistoria fino alla fine delle guerre
puniche e del 1998
dell’indipendenza greca (146 a.C);
2°anno: dal 146 a.C.
a Carlo Magno;
3°anno: da Carlo
Magno fino alla pace di Cateau-Cambrésis (1559);
4°anno: dalla pace di Cateau-Cambrésis al 1870;
5°anno: dal 1870 in
poi.