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Vittorio Vandelli, Questa scuola non è un'azienda! I racconti del Prof. Bingo, Pendragon
 

 

Bingo ancora alla ricerca di senso

Ben vengano dunque i Bingo, instancabili nel non abbassare  lo sguardo e nel continuare a raccontare la vita nelle nostre scuole.

Magda Szabò, scrittrice ungherese di notevole interesse, dichiarava, in un’ intervista apparsa nell’ Almanacco dei Libri di “ Repubblica” del 30 dicembre, di non essere lei a scegliere le sue storie,  essendo loro che bussano alla sua porta. Più o meno ciò che Pirandello, tanto per citare il più famoso autore che i personaggi hanno caparbiamente cercato,  ha sempre sostenuto.

Anche il professor Bingo appartiene- secondo ciò che il suo autore ci dice- alla categoria di personaggi insistenti e  invadenti che  non  danno respiro agli autori, fino a quando questi non si decidono a dargli voce  ( e verbo).  E così, per la terza volta consecutiva, Vittorio Vandelli, “ pressato come un attaccante di  razza” ha dovuto cedere, acconsentendo ancora  “a raccontare  la sua avventura” . Ma chi è il professor Bingo  e cosa ha da raccontare? Chi abbia letto i gustosi e amari  racconti precedenti, di cui Bingo è stato protagonista, sa bene quale sia  la materia del suo narrare.

La scuola (la minuscola è d’ obbligo, ovviamente) del nuovo che avanza, delle magnifiche sorti e progressive, cioè la scuola-azienda.  Dopo due romanzi, il discorso- ahinoi- non è finito. Non può finire. Perché purtroppo non finiscono ancora (?) l’humus, il contesto, lo sfondo entro cui il professor Bingo è obbligatoriamente collocato, come docente che osserva e patisce  il rovinoso nuovo.

Se molti potrebbero dire, alla Flaubert, che Bingo è tutti noi,  altri purtroppo hanno abbandonato la critica corrosiva che Bingo continua  ad esercitare accuratamente. Così, nelle scuole, il processo di normalizzazione ( e forse di  autosalvaguardia)  ha rallentato -se non eliminato-  molto pensiero critico  e tutto sembra  scorrere in un’ apparente normalità che rasenta il sonno ( eterno).

Ben vengano dunque i Bingo, instancabili nel non abbassare  lo sguardo e nel continuare a raccontare la vita nelle nostre scuole. Quella vita che il lettore estraneo definirebbe  espressionista o grottesca., ma che  il lettore docente sa  essere tragicamente realistica.

Come la  “ tenzone per la supremazia commerciale con la scuola che si affaccia dall’ altra parte della piazza del nostro polo scolastico”, pag. 13; o come le parole del Dirigente ( ex preside) “ Ora anche voi dovete contribuire alla creazione e quindi alla gestione manageriale del nostro Istituto, da ora in competizione con tutti gli altri in modo permanente, nell’ ottica dell’ autonomia, autonomia che significa autogoverno e autogestione, connubio con le forze produttive del paese che finalmente ci guideranno nelle nostre scelte dall’ alto della loro esperienza nel campo del business…( pag. 82);o come il principio che “agli studenti -clienti devi dare una istruzione-servizio basata su un ventaglio di possibilità tra cui il cliente può scegliere, come quando entri in un grande magazzino perché vuoi farti un corredo spendendo poco. Guardi le offerte dei vari capi, scegli quelli che ti soddisfano, paghi.” (pag. 87).

Bingo dunque è ancora necessario alla scuola e ai docenti. Ci auguriamo tuttavia  che, con il tempo, un po’ di pirandelliano umorismo soccorra il suo sguardo, attenuando lo sberleffo acuminato verso i colleghi ( preferibilmente le colleghe), che poca umana pietas rivela. Non tanto in nome di un  edulcorato buonismo, quanto per non dare l’ impressione- errata, sicuramente- che il professor Bingo  soffra di quella sindrome, tanto diffusa tra i docenti, secondo la quale “ se tutti fossero come me, la scuola sarebbe salva…”.

Renza Bertuzzi