L’
obbligo non potrà essere adempiuto in un percorso puramente
professionalizzante. Per ridurre la dispersione- come indica l’ Unione
europea- verranno sostenuti e finanziati progetti e percorsi volti a questo
obiettivo. A regime, la
realizzazione di percorsi e progetti volti a rendere effettiva
l’obbligatorietà potrà prevedere anche soggetti formativi non scolastici.
Signora Vice Ministro, istruzione obbligatoria impartita per almeno 10 anni.
In questi giorni, si stanno completando le iscrizioni, ma l’impressione
generale e le voci che arrivano dalle scuole sembrano dare l’idea di poca
chiarezza. Dove si assolverà l’obbligo: nell’Istruzione o anche nella
Formazione? E chi deciderà in merito, le Regioni o le scuole autonome?
Il c. 623
della legge finanziaria 2007 innalza l’obbligo di istruzione a 16 anni e
stabilisce che il suo adempimento dovrà consentire l’acquisizione dei saperi
e delle competenze previsti per i primi 2 anni della scuola secondaria
superiore. Si esclude quindi che l’obbligo possa
essere adempiuto in un percorso puramente professionalizzante, in quanto
deve portare al conseguimento di determinati livelli di saperi e di
competenze.
Il
biennio obbligatorio è il primo segmento della scuola superiore;
non è l’espansione della scuola media, che continua a terminare con un esame
di stato.
Il biennio
non è terminale, in quanto la legge prevede il conseguimento di un diploma o
una maturità quinquennale o almeno di una qualifica professionale triennale.
I primi due anni sono di obbligo d’istruzione; dai 16 anni fino ai 18 c’è
l’obbligo formativo, che può essere adempiuto nella scuola, nella formazione
professionale e nell’apprendistato.
Dato
l’attuale elevato livello di bocciature e di abbandoni scolastici nei primi
due anni della scuola superiore, la finanziaria
prevede e sostiene “progetti e percorsi” volti a ridurre la dispersione e
l’abbandono scolastico. Rammento che l’Unione Europea indica agli stati
membri il livello massimo del 10% di dispersione scolastica, obiettivo da
raggiungere entro il 2010. Attualmente il dato italiano, pur positivamente
in calo, si colloca intorno al 22%.
I progetti e
percorsi possono essere realizzati nelle varie regioni sulla base di accordi
tra MPI e singola regione; accordi che innoveranno, nel modificato
quadro normativo della finanziaria, quelli sottoscritti in via sperimentale
tra Regioni e governo, in attuazione della legge Moratti. Le strutture
formative che, con le scuole, concorreranno alla realizzazione di questi
percorsi e progetti, dovranno essere incluse in un elenco nazionale, in cui
saranno inserite sulla base di criteri definiti dal Ministro Pubblica della
Istruzione sentite le Regioni. In questo elenco verranno ricompresi
soggetti della formazione professionale, associazioni, fondazioni a valenza
educativa dotate di requisiti strutturali, di dotazioni tecnologiche e
laboratoriali, di spazi, di personale docente e educativo, tali da
configurarle a pieno titolo come strutture educative, data la delicatezza
del compito educativo (riferito a ragazzi da 14 a 16 anni) a cui
concorreranno.
La
doppia possibilità suscita diverse polemiche. Qualcuno afferma che questo
governo sta dimostrando scarsa fiducia nella Scuola, se coinvolge anche la
Formazione in un processo che dovrebbe essere una sfida storica e non una
scorciatoia.
Per
l’anno scolastico 2007/08, rimarrà in vigore l’offerta di corsi d’istruzione
e formazione professionale, erogata dalle Regioni, sulla base della
sopracitata intesa sperimentale. Tali corsi permarranno in una fase
transitoria, fino alla messa a regime del sistema dell’obbligo d’istruzione.
Per
quest’anno la circolare delle iscrizioni indica la possibilità di
iscriversi a questi corsi secondo le modalità indicate dalle Regioni,
laddove è prevista un’offerta da parte delle stesse.
A regime,
la realizzazione di percorsi e progetti volti a rendere effettiva
l’obbligatorietà del primo biennio della scuola superiori potrà vedere
l’apporto di soggetti formativi, non scolastici, secondo modalità definite
dagli accordi regionali e differenziate sulla base delle opportunità e delle
esigenze espresse dal territorio.
Nessuna
sfiducia quindi, ma piena consapevolezza della complessità di un percorso e
di un obiettivo alto e arduo da raggiungere, quello del “non uno di meno”.
Credo,
infine, che la nostra primaria attenzione debba essere rivolta a come dovrà
cambiare il biennio, quali innovazioni didattiche e curricolari dovranno
essere realizzate.
Daremo
alcune linee guida a livello ministeriale e valorizzeremo le esperienze già
avviate e che si avvieranno tra scuole, reti di scuole e con l’apporto degli
enti locali e dell’associazionismo.