home chi siamo redazione newsletter links contattaci  

 
 
 

 

 Atto d’indirizzo e management del ministro
 

 

In molti punti questo atto di indirizzo esprime obiettivi di alto respiro con opportuni e ripetuti richiami alla nostra Carta costituzionale. Ma l’analisi di questo documento forse andrebbe condotta, tenendo conto non tanto di ciò che vi si dice, ma di ciò che si tace.

 

 
 

E’ stato emanato, l’8 settembre 2009, a firma del ministro Gelmini, l’atto di indirizzo rivolto alla scuola dell’infanzia, primaria e alla secondaria di primo grado.

Si tratta di un documento a tutto tondo che affronta la panoramica di queste scuole, con indicazioni e disposizioni.

In premessa, l’autonomia delle istituzioni scolastiche, considerata un quadro di riferimento irrinunciabile.

“L’autonomia scolastica è ormai una realtà da tempo consolidata” -anche perché inserita in Costituzione- strumento prolifico, dotato di grande progettualità che mira al miglioramento dell’offerta formativa.

Essa, offrendo ampi spazi di libertà, sia dal punto di vista pedagogico che organizzativo, permette il superamento di vincoli in molte materie e rende possibile “un ulteriore potenziamento delle opportunità di  istruzione e formazione”.

In questo sfondo, si colloca l’armonizzazione tra le Indicazioni nazionali di cui agli allegati A, B e C del decreto legislativo 19 febbraio 2004, n. 59 e le Indicazioni per il curricolo di cui al decreto 31 luglio 2007. Queste ultime sono state sperimentate nel biennio 2007/2008 e 2008/2009 e hanno costituito un punto di riferimento per la progettazione dei piani dell’offerta formativa.

Il nuovo Regolamento dell'assetto ordinamentale organizzativo e didattico della scuola dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione stabilisce ora “che -per un periodo non superiore ai prossimi tre anni scolastici- continuino ad applicarsi le Indicazioni suddette, in attesa che si proceda alla loro compiuta armonizzazione. Che cosa si intenda con un termine così aggraziato, lo si intuisce dal fatto che questo processo è stato previsto dal ”Piano programmatico elaborato dal Ministero dell’Istruzione, dell’università e della Ricerca di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze”. Dunque, una armonizzazione prevalentemente economica che, tradotta senza eufemismi, significa interventi sui contenuti, essenzialmente per risparmiare. Intanto, però, verranno ascoltate “sia le esperienza degli istituti comprensivi, sia l’azione di ricerca sui temi della continuità e del curricolo verticale, -il mondo della scuola “militante” nelle sue diverse articolazioni.”

L’atto di indirizzo prosegue poi con una serie di dichiarazioni di intenti di alto profilo.

Come l’affermazione che “una buona scuola per i bambini e i ragazzi dai 3 ai 14 anni è una priorità per il futuro delle giovani generazioni e per l’avvenire del Paese”, per cui occorre porre al centro l’alunno, formare i cittadini di oggi e di domani, operare per una scuola dell’inclusione. O che la scuola “deve essere in grado di svolgere la propria funzione educativa e offrire ai propri alunni, in rapporto alla loro età, sia i valori universalmente condivisi e previsti dalla nostra Costituzione, sia -oltre le necessarie conoscenze, abilità e competenze- gli strumenti adatti a leggere, affrontare e modificare la realtà.” E gli alunni “devono dare prova di impegno e di tenacia, a considerare e a vedere riconosciuto il merito.”

L’emergenza educativa lancia alla scuola la sfida della riaffermazione dei valori “del senso civico, della responsabilità individuale e collettiva, del bene comune”, perché “la nostra Costituzione indica principi e regole di comportamento da tenere a riferimento come risposta sia a un quadro valoriale talvolta incerto e confuso, segnato da una molteplicità di modelli e schemi di comportamento agiti nella vita quotidiana o veicolati dai massmedia spesso contraddittori e diseducativi.

La conoscenza della nostra Carta costituzionale, l’adesione ai suoi principi e ai suoi valori di libertà, di giustizia, di uguaglianza, di rispetto della dignità della persona, di solidarietà, di pari opportunità, di democrazia costituiscono il punto di partenza, fin dalla scuola dell’infanzia, per sviluppare la coscienza civica, per imparare a convivere in armonia con le tante diversità presenti nella nostra società e per interpretare criticamente un mondo globalizzato, tecnologicamente avanzato e soggetto a continui cambiamenti, in cui spesso si mortifica la dignità della persona e in cui l’avere prevale sull’essere.

L’acquisizione già nel primo ciclo delle conoscenze e delle competenze relative all’insegnamento di “Cittadinanza e Costituzione” risponde a queste prioritarie esigenze, anche collocandole in una prospettiva storica.”

A questo si aggiungono gli impegni sia per le persone con disabilità  che per gli stranieri.

Il percorso degli studenti sarà educativo e formativo continuo, ma scandito da tappe e traguardi importanti come: creare e mantenere il necessario livello di motivazione allo studio, o stabilire un raccordo tra le indicazioni i livelli di valutazione, grazie a verifiche sistematiche, che tengano conto delle analisi valutative dell’Invalsi. E poi, usare la valutazione come strumento pedagogico-didattico, perché la scuola dell’autonomia si pone come obiettivi prioritari la formazione e la preparazione degli alunni, quindi  deve impegnarsi a rendere trasparenti, credibili, e coerenti le proprie valutazioni.

I contenuti di questo percorso dovranno essere ripensati con l’obiettivo di mirare a quei misteriosi “nuclei fondanti” delle discipline che sembrano indicare soprattutto vistosi interventi sulla quantità di ciò che si deve sapere in nome di un’utopica qualità tutta da dimostrare.

Ecco quindi che, con l’auspicio della piena responsabilità di scelta pedagogica, ogni scuola potrà definire un proprio curriculo che “risponda alle diversità delle situazioni e delle esigenze” e che partendo da predisciplinare, attraverso il  trandisciplinare e l’interdisciplinare, “miri a far scoprire la bellezza di ogni disciplina e conduca ai nuclei fondanti.”

La scuola dell’ infanzia che rappresenta “un luogo di educativo intenzionale importante” si organizzerà secondo diversi modelli: 25, 40, 50 ore settimanali e potrà prevedere, in collaborazione con Regioni ed Enti locali, le sezioni primavera rivolte ai bambini, dai 24 ai 36 mesi. Essa avrà come modelli e punti di riferimento diversi esempi gloriosi, come la scuola Montessori o le scuole dell’infanzia comunali di Reggio Emilia.

Il primo ciclo di Istruzione deve garantire il raggiungimento di traguardi essenziali soprattutto in quelle aree disciplinari che si sono rivelate deboli nelle rilevazioni  internazionali e dell’Invalsi.

Quindi si rendono necessarie buone preparazioni in Italiano, Matematica, Lingua Inglese e in Scienze, integrate da conoscenze in ambito storico, geografico, e sostenute da una formazione artistico-musicale e corporea, il tutto nello spirito di una formazione integrale.

La Scuola primaria deve mantenere e sviluppare la propria tradizione e deve promuovere la persona nella sua completezza, (dimensioni cognitiva, emotiva, sociale, artistico-espressiva, corporea), affinando le competenze necessarie alla convivenza sociale, nonché la cultura della promozione del “successo formativo” e il raggiungimento per tutti dei traguardi definiti.

Alla fine del quinquennio, gli alunni dovranno raggiungere un coerente livello delle competenze in Italiano, Matematica, Inglese, Scienze.

Le specifiche modalità organizzative (24, 27, 30 e 40 ore) confluiscono tutte in un progetto pedagogico ma il modello del docente unico/prevalente - di cui al D.L. n. 137/2008, convertito nella legge n. 169/2008 - viene indicato come modello da privilegiare nell’ambito delle possibili articolazioni del tempo scuola “tenuto conto delle richieste delle famiglie e nel rispetto dell’autonomia scolastica. Ogni scuola, dunque, nell’ambito dell’organico assegnato, sarà autonoma nello strutturare orari e assetti organizzativo-didattici. “Dall’anno scolastico 2009-2010 le classi successive alla prima continueranno a funzionare, fino a conclusione del loro percorso, secondo i modelli orario in atto nell’anno scolastico 2008-2009 (incluso quello a tempo pieno).

L’insegnante unico/prevalente è figura di riferimento che assume un ruolo di coordinamento della relazione educativa nei riguardi del singolo alunno e della classe, mentre non si prevede alcuna riduzione Oraria (40 ore) per il tempo pieno, considerato una risorsa educativa e didattica.

 

La Scuola secondaria di I Grado che non è più scuola terminale costituisce uno snodo decisivo, che presenta alcune criticità, relative all’impatto problematico nel passaggio alla scuola secondaria; alla perdita di incisività legata al tentativo di assicurare un livello di formazione esaustivo, con insegnamenti enciclopedici e onnicomprensivi; alla significativa dispersione.

Per questi motivi è necessario ridefinire le priorità: costruendo un curriculo sui “reali bisogni formativi degli adolescenti di oggi, sulle loro modalità di apprendimento, sul loro rapporto con gli adulti, ecc”.

L’organizzazione prevede sia il tempo ordinario di 30 ore settimanali, sia il tempo prolungato che varia da 36 a 40 ore settimanali, “tutti contenitori di esperienze significative in relazione alle discipline previste. All’interno di questi due tempi, agli allievi occorre garantire che “imparino ad imparare”.

Infine, questo arco temporale di otto anni è fondamentale per la crescita umana, sociale, culturale e civile degli alunni. di istruzione, afferma il ministro Gelmini, che pone a termine di questo documento un ulteriore richiamo alla Costituzione .

In questo senso il primo ciclo di istruzione -come peraltro ci insegna la storia della scuola (elementare prima e media unica dopo- contribuisce a rispondere al dettato costituzionale di “rimuovere gli ostacoli […] che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione […] all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

 

Quel che l’ atto di indirizzo non dice

 

In molti punti questo atto di indirizzo esprime obiettivi di alto respiro con opportuni e ripetuti richiami alla nostra Carta costituzionale; in altri cela, con l’usato linguaggio della politica, obiettivi non dichiarati; in altri ancora descrive sibillini obiettivi politico-pedagogici molto trasversali, comuni anche alla visione politico-culturale del Centro sinistra (i nuclei fondanti; l’imparare ad imparare; la cultura del successo formativo, la necessità che tutti raggiungano gli obiettivi prefissati) che sembrano descrivere la solita Scuola in cui tenere basso l’orizzonte.

Ma l’analisi di questo documento forse andrebbe condotta, tenendo conto non tanto di ciò che vi si dice, ma di ciò che si tace.

Ovvero, non si dice delle decisioni di riassetto, accantonamento o licenziamento che si sono moltiplicate, nella Scuola, per cui coloro che hanno conservato il posto di lavoro vengono sottoposti a oneri sempre più impegnativi.

Le scadenze si ravvicinano. Le valutazioni si moltiplicano. Le analisi dei risultati si intensificano. Consegnati alla creatività e alla inventiva dell’autonomia, i docenti -implicitamente si sostiene- devono saper creare le condizioni del loro successo. Prendendo atto delle competenze di cui dispongono, devono essere polivalenti e flessibili. Mostrando di avere fiducia in loro stessi, devono essere in grado di superare ogni difficoltà. Al tempo stesso, però, gli obiettivi da raggiungere restano fissati dagli Istituti internazionali, e i margini di manovra di cui si dispone a scuola sono sempre più ristretti. A forza di pretendere che i docenti siano «autonomi» e «responsabili» senza dar loro i mezzi per diventarlo realmente, il risultato più efficace che si ottiene è quello di colpevolizzarli.

Insomma, in una Scuola sempre più povera di risorse materiali ed umane, se non si raggiunge il successo, la responsabilità è di chi non è stato abbastanza creativo o flessibile.

Si tratta del nuovo management industriale che è entrato prepotentemente anche nella Pubblica Amministrazione, grazie ad una politica ministeriale aggressiva e spesso offensiva.

Lungi da noi l’idea di difendere le situazioni grigie dell’insegnamento o di tacere responsabilità esistenti soprattutto in merito al debole insegnamento e approfondimento dei valori costituzionali nella Scuola.

Ma davvero, si pensa che la Scuola, da sola, possa impartire quei principi costituzionali, in grado di fronteggiare quegli altri “modelli di comportamento agiti nella vita quotidiana o veicolati dai mass media spesso contradditori e diseducativi”? L’impresa è fuori da ogni possibilità: o la Costituzione è modello di comportamento sentito e praticato da tutti e in primo luogo da chi rappresenta i cittadini o l’indicazione potrebbe apparire perfino un po’ sconveniente.

 
 
27.10.2009