Decreto attuativo della riforma: analisi e commento.
Serafina Gnech e Renza Bertuzzi
Il 12 settembre 2003 è stato approvato dal Consiglio dei Ministri lo Schema di decreto legislativo relativo alla scuola dell’infanzia e al “primo ciclo” di istruzione, che comprende la scuola primaria ( ex scuola elementare) e la scuola secondaria di 1° grado (ex scuola media).
Il testo - Definizione delle norme generali relative alla scuola dell’infanzia e al primo ciclo dell’istruzione, ai sensi della legge 28 marzo 2003, n° 53 - passerà all’esame delle Commissioni cultura di Camera e Senato e poi alla conferenza unificata. Successivamente, se non ci saranno intoppi, potrà avere la firma definitiva del Governo.
Il decreto riprende, come è ovvio, i contenuti della legge 53 scendendo nello specifico didattico e organizzativo.
Scuola dell’infanzia
Iscrizioni: a.s. 2003-2004 – bambini che compiono i tre anni di età entro il 28 febbraio 2004;
a.s. 2004-2005, 2005-2006 – possibili ulteriori anticipazioni con decreto MIUR
(vedi Capo V del decreto: Norme finali e transitorie)
Orario settimanale: da 25 a 51 ore
Gli articoli 1 e 2 del decreto riprendono l’art. 2. comma e) della legge 53.
L’art. 2, comma e) della legge 53 faceva cenno, nella parte finale alla “introduzione di nuove professionalità e modalità organizzative”. Ora, mentre il decreto sviluppa la parte relativa alle “modalità organizzative”, non fa invece alcun cenno a “nuove professionalità”. Viene dunque lasciata cadere la possibilità di introdurre nella scuola dell’infanzia delle figure di “assistenti” in grado di coadiuvare il lavoro delle maestre, in particolare nel primo periodo.
Per quanto riguarda la generalizzazione dell’offerta formativa prevista dalla legge e ripresa all’art. 1 del decreto si rimanda a specifico successivo decreto.
All’art. 3 il decreto:
- fissa l’orario delle attività educative: da 875 a 1.700 ore (deciso nel progetto educativo della scuola che tiene conto delle “richieste delle famiglie”); l’orario settimanale varia dunque fra le 25 e le 51 ore circa* a scelta delle famiglie;
- stabilisce che i docenti curino “la personalizzazione delle attività educative, attraverso la relazione con la famiglia”;
- impone alla scuola l’obbligo di curare la “documentazione relativa al processo educativo… con la collaborazione delle famiglie”;
- chiede di avviare opportune forme di coordinamento didattico orizzontale (con i servizi all’infanzia) e verticale (con la scuola primaria).
Struttura del primo ciclo di istruzione
L’articolo 4 del decreto riprende l’art. 2, comma f) della legge 53, ribadendo la struttura del primo ciclo: scuola primaria: 1+2+2; scuola secondaria di primo grado: 1+2.
Il passaggio dalla scuola primaria a quella secondaria avviene a seguito di “valutazione positiva al termine del secondo periodo didattico biennale; il passaggio dal primo al secondo ciclo di istruzione, che comprende il sistema dei licei e il sistema dell’istruzione e della formazione professionale, avviene previo superamento di un “Esame di Stato”.
La scuola primaria (ex scuola elementare)
Iscrizioni: a.s. 2003-2004 – bambini che compiono i sei anni di età entro il 28 febbraio 2004
Anni successivi – possibili ulteriori anticipazioni con decreto MIUR
Avvio : a.s. 2003-2004 - classi prima e seconda
a.s. 2004-2005 – classi terza, quarta e quinta
(vedi Capo V del decreto: Norme finali e transitorie)
Orario settimanale: 30 ore (27 + 3)
L’articolo 5 del decreto riprende l’art. 2, comma f) della legge 53 con alcune modifiche: a) viene fatto specifico riferimento alla alfabetizzazione informatica (assente in questo punto nella legge delega) e all’alfabetizzazione nella “lingua inglese” mentre nella legge si parlava di una “lingua dell’Unione europea”.
All’articolo 7 il decreto:
- fissa l’orario: 891 ore di “lezione” e 99 ore di “attività e insegnamenti” (queste ore, “la cui scelta è facoltativa e opzionale per gli allievi” vengono organizzate dalle singole scuole o dalle scuole in rete “tenendo conto delle prevalenti richieste delle famiglie”); al pacchetto 891+99 va aggiunto il tempo mensa; su base settimanale si hanno 27 ore prefissate e 3 liberamente scelte;
- stabilisce che i piani di studio siano personalizzati:
- impone la “documentazione del percorso formativo compiuto dall’allievo”;
- introduce la figura del tutor: docente che per i primi 3 anni lavora con lo stesso gruppo di allievi per almeno 18 ore settimanali. Il tutor è un docente “in possesso di specifica formazione che, in costante rapporto con le famiglie e con il territorio, svolge funzioni di orientamento in ordine alla scelta delle attività di cui al comma 2 (le 99 ore, n.d.r.), di tutorato degli allievi, di coordinamento delle attività educative e didattiche, di cura delle relazioni con le famiglie e di cura della documentazione del percorso formativo compiuto dall’allievo con l’apporto degli altri docenti”;
- decide che venga costituito l”organico di istituto”:
- introduce, per la copertura delle 99 ore, la possibilità di stipulare dei contratti di “prestazione d’opera con esperti” in possesso di titoli riconosciuti dal MIUR e dal Ministero per la funzione pubblica qualora sia richiesta una “specifica professionalità non riconducibile al profilo professionale dei docenti della scuola primaria”.
All’art. 8 il decreto:
- riprendendo l’art. 3, comma a) della legge 53 parla di “valutazione degli apprendimenti e del comportamento” e di “certificazione delle competenze”. Periodica ed annuale, la valutazione è affidata ai “docenti responsabili delle attività educative e didattiche previste dai piani di studio personalizzati”;
- ammette (cosa non prevista nel testo di legge) la possibilità della ripetenza anche all’interno del periodo didattico, ma “solo in casi eccezionali e comprovati da specifica motivazione”;
- allo scopo di assicurare la continuità didattica stabilisce che i docenti non possano lasciare la sede di titolarità se il periodo didattico non è concluso (la “congrua permanenza” di cui si parlava nel testo di legge trova una definizione temporale);
- stabilisce che possano essere ammessi alle classi seconda, terza, quarta e quinta – con esami di idoneità – solo gli alunni che abbiano maturato entro il 30 aprile un’età non inferiore a quella richiesta per la classe di accesso.
Scuola secondaria di primo grado (ex scuola media)
Avvio: a.s. 2004-2005 – classe prima
a.s. 2005-2006 – classe seconda
a.s. – 2006-2007 – classe terza
(vedi Capo V del decreto: Norme finali e transitorie)
Orario settimanale: 33 ore (27 + 6)
L’articolo 9 del decreto riprende testualmente (fatto salvo il riferimento all’esame di Stato del quale si parla nel successivo art. 11) l’art. 2, comma f) della legge 53.
All’art. 10 il decreto:
- fissa l’orario: 891 di “lezione” e 198 ore di “attività e insegnamenti” (queste ore la cui scelta è “facoltativa e opzionale per gli allievi” vengono organizzate dalle singole scuole o dalle scuole in rete “tenendo conto delle prevalenti richieste della famiglie”); al pacchetto 891+198 va aggiunto il tempo mensa; settimanalmente le ore prefissate sono, in questo caso, 27, mentre le ore liberamente scelte sono 6*;
- stabilisce che i piani di studio siano personalizzati;
- impone la “documentazione del percorso formativo dell’allievo”;
- introduce la figura del tutor: senza fare alcun riferimento all’impegno orario (il tutor insegna 18 ore e poi svolge i compiti previsti?), precisando che il tutor è un “docente in possesso di specifica formazione che, in costante rapporto con le famiglie e con il territorio, svolge funzioni di orientamento nella scelta delle attività di cui al comma 2, di tutorato degli alunni, di coordinamento delle attività educative e didattiche, di cura delle relazioni con le famiglie e di cura della documentazione del percorso formativo compiuto dall’allievo con l’apporto degli altri docenti”;
- decide che venga costituito l’organico di istituto;
- introduce, per la copertura delle 198 ore, la possibilità di stipulare dei contratti di “prestazione d’opera con esperti” in possesso di titoli riconosciuti dal MIUR e dal Ministero per la funzione pubblica qualora sia richiesta una “specifica professionalità non riconducibile al profilo professionale dei docenti della scuola primaria”.
All’art. 11 il decreto:
- stabilisce che, “ai fini della validità dell’anno” sia richiesta la frequenza di almeno tre quarti dell’orario annuale personalizzato”; sono previste deroghe “motivate”;
- parla di valutazione incentrata sul “raggiungimento di tutti gli obiettivi formativi” e sul “comportamento””. Periodica ed annuale, la valutazione è affidata ai “docenti responsabili delle attività educative e didattiche previste dai piani di studio personalizzati
- ammette (cosa non prevista nel testo di legge) la possibilità della ripetenza anche all’interno del periodo didattico, ma “solo in casi motivati” (nella scuola primaria i casi non devono esser solo motivati ma anche “eccezionali”);
- allo scopo di assicurare la continuità didattica stabilisce che i docenti non possano lasciare la sede di titolarità se il periodo didattico non è concluso (la “congrua permanenza” di cui si parlava nel testo di legge trova una definizione temporale);
- stabilisce che possano essere ammessi alle classi seconda e terza i privatisti che compiano, entro il 30 aprile dell’anno di riferimento l’undicesimo e il dodicesimo anno di età e che siano in possesso dell’ammissione al primo anno della scuola secondaria; stabilisce inoltre che possano essere ammessi all’esame di stato i privatisti che compiano, entro il 30 aprile, il tredicesimo anno di età e che siano in possesso dell’ammissione al primo anno; sono inoltre ammessi i candidati che nell’anno in corso compiano i 23 anni di età.
L’assetto pedagogico, didattico e organizzativo viene individuato nei seguenti allegati:
Allegato A: Indicazioni nazionali per i piani personalizzati delle attività educative nelle scuole dell’infanzia;
Allegato B: Indicazioni nazionali per i piani di studio personalizzati nella scuola primaria:
Allegato C: Indicazioni nazionali per i piani di studio personalizzati nella scuola secondaria di 1° grado;
Allegato D: Profilo educativo, culturale e professionale dello studente alla fine del 1° ciclo di istruzione.
LE RISORSE NEL DECRETO (come da Legge 53/2003, articolo 15 del decreto: Norma finanziaria):
- anno 2003 – 12.731 migliaia di euro
- anno 2004 – 45.829 migliaia di euro
- anno 2005 e successivi 66.198 migliaia di euro
Un primo commento
Capita sovente che leggi nuove, che modificano realtà consolidate, non rendano immediatamente gli
sfondi umani culturali e politici che si sostituiscono a quelli noti.
In genere occorrono tempo e verifica diretta per poter comprendere quali e quanti cambiamenti subentrano a modificare, nel profondo, certe situazioni.
Anche la legge 53 e il Decreto legislativo appena approvato dal Consiglio dei ministri potrebbero ricadere sotto questa condizione.
Invece, in questo caso, le cose sono diverse. Legge e decreto sono già stati applicati nella sperimentazione, avviata lo scorso anno , in virtù della Circolare 100 del 18 Settembre 2002.
Questo ha permesso – a chi ha inteso di andare a verificare - la concretezza di alcuni elementi che
nella legge restano ( volutamente ?) in ombra.
Perché, infatti, le grande novità di questa legge non sta tanto e non solo nella diminuzione del servizio reso ai cittadini, quanto nella radicale, latente trasformazione della concezione di scuola pubblica.
L’ inchiesta che il nostro giornale “ Professione docente” ha condotto in molte scuole di 9 regioni italiane ( crf. www.gildaprofessionedocente.it, allegato al numero di Settembre 2003) ha rivelato alcune allarmanti conseguenze.
Gli allegati alla legge, le slides ministeriali hanno tratteggiato (e imposto) alcune caratteristiche che disegnano una nuova fisionomia di Scuola dello Stato.
L’azione della famiglia dentro la Scuola, che parteciperà a compilare il Portfolio, dopo aver deciso, insieme con i docenti, il percorso personalizzato per i propri figli: questi elementi modificano radicalmente l’ idea di scuola pubblica.
Infatti, limitata inevitabilmente la libertà di insegnamento, che è la prima condizione della Scuola pubblica, si assiste al predominio dell’ individuo e delle famiglie sullo Stato.
Per questo la Scuola dello Stato laica - cioè imparziale, neutrale, obiettiva - arretra (o dovrebbe farlo) di fronte ai valori della famiglie, rinunciando così a realizzare il processo di evoluzione culturale verso quell’integrazione che rappresenta il primo obiettivo dello Stato.
Secondo questi principi, la Scuola statale deve accogliere i valori delle famiglie, mentre la scuola paritaria propone i propri valori. Permette tutto questo la Legge 62/2000, riconoscendo perciò una vera libertà solo a queste scuole.
La scuola è stata sempre lo spazio privilegiato della democrazia, perché è stata educazione alla libertà, luogo di confronto di valori.
Ora rischia di diventare res nullius, luogo aperto a tutte le influenze, a cui viene negata un’identità,‘ necessaria per integrare.
E che dire del sospetto di incostituzionalità che l’ azione della famiglia dentro la Scuola determina? Non dovrebbe, la Scuola, rispettare l’ art. 3 della Costituzione per cui “ …tutti i cittadini hanno pari dignità sociale (per cui ) è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale?” Come si concilia tutto questo con l’ attribuire alle famiglie (quali?) la corresponsabilità del processo didattico?
Le domande sono tante. La risposta è unica. E inquietante.
Alcune osservazioni
La riduzione del nucleo culturale – la formalizzazione dei “servizi” all’utenza. La scissione dell’orario della scuola primaria e secondaria di 1° grado in due pacchetti, di cui uno destinato alle lezioni ed un altro destinato alle attività e agli insegnamenti richiesti dalle famiglie, formalizza per legge la trasformazione della scuola da luogo di formazione culturale a macro ente erogatore di servizi. Questa linea di tendenza, avviata dalle passate legislature (anche se ora formalmente contrastata dai sindacati tradizionali) è sempre stata avversata dalla Gilda. Essa provoca sia un netto calo della qualità della scuola e della preparazione degli studenti che una riduzione dello spessore professionale del docente, con tutto ciò che comporta sul piano sociale e retributivo. Essa segna inoltre il declino della funzione etico-politica della scuola.
La scomparsa dei meccanismi selettivi. La strutturazione della nuova scuola in due cicli (ciclo primario che si conclude alla fine dell’attuale terza media e ciclo secondario che si conclude alla fine della scuola superiore) permette di ridurre a due gli esami, nel rispetto della costituzione vigente. La volontà di abolire quasi tutti i meccanismi selettivi, evidente anche laddove si chiedono motivazioni per l’eventuale ripetenza all’interno di un periodo didattico (per la scuola primaria si parla inoltre di eccezionalità della decisione) rafforza il concetto del servizio ad personam e provoca, come abbiamo già potuto constatare con l’abolizione degli esami di riparazione e la riduzione dell’Esame di Stato conclusivo a puro rituale, un abbassamento della preparazione media degli studenti. Il concetto di responsabilità, valore tradizionalmente trasmesso dalla scuola, viene a cadere. Singolare e oltremodo dannosa sul piano educativo, ma perfettamente in linea con quanto sopra esposto, la possibilità di frequentare – nella scuola secondaria di 1° grado - solo i tre quarti dell’orario annuale personalizzato.
La scuola del dialogo a due. Tutto l’impianto è costruito su di un unico copione, che si riproporrà anche alla scuola superiore: il copione del dialogo a due, docente tutor e famiglia e/o studente. Nella scelta della personalizzazione dei percorsi (auspicabile, possibile???) ogni alunno “fa” la propria storia. Il problema non è costituito dalla presenza di un docente tutor, ma dal connubio docente-tutor-personalizzazione, che rischia di trasformare la scuola in servizio privato in cui operano vari precettori al servizio della famiglia. Come evidenziato prima, risulta difficile pensare che un’istituzione pubblica, luogo di formazione dell’uomo e del cittadino, possa essere strutturata in questo modo.
La generale tendenza all’aumento del carico di lavoro dei docenti. Riscontrabile sia per la figura del tutor (nella scuola primaria viene ridotto a 18 ore l’orario di insegnamento, ma gli impegni che si aggiungono sono molti ed onerosi; nella scuola secondaria non si fa alcuna menzione ad una eventuale riduzione dell’orario frontale per il tutor) che per tutto il corpo docente. Il tempo professionale individuale non viene preso in considerazione come risorsa atta ad attuare miglioramenti qualitativi, mentre si enfatizzano gli impegni progettuali (a livello di istituto e per ogni allievo – percorsi personalizzati) e gli aspetti della professione che maggiormente la accomunano alle helping professions. Sui due fronti si accumulano gli impegni burocratici, derivanti anche dall’ossessione valutativa e certificativa.
La scelta della docenza “flessibile”. Una parte dei docenti della scuola – i cosiddetti esperti -potranno essere instabili, assunti sulla base di contratti di prestazione d’opera che, di volta in volta, specificano le prestazioni richieste e la loro durata. Essi opererebbero al di fuori dello stato giuridico docente, per concorrere alla realizzazione del progetto didattico e formativo della scuola. La ratio di questa impostazione è perfettamente coerente con l’autonomia scolastica quale si viene realizzando nel nostro paese e per molti versi relativamente irreversibile in tempi brevi. Ne vanno perciò colte appieno le conseguenze – anche gravi – che si potrebbero avere. Dettata, come nella realtà è, dall’imperativo della produttività, questa ratio tende a divenire totalizzante portando, da un lato, ad una contrazione sempre più accentuata del nucleo culturale centrale, dall’altro alla precarizzazione legalizzata di buona parte di coloro che operano nella scuola.
Le assunzioni decentrate. L’allargamento delle possibilità per il dirigente di assumere con contratti a termine segue, come dicevamo, una logica di decentramento ben precisa ma non ancora delineata nei suoi sbocchi. Se risulta acquisito, nel caso in cui il decreto compia il suo iter senza subire sostanziali modifiche, che parte di coloro che lavoreranno nella scuola saranno assunti dal dirigente, rimane indeterminato il datore di lavoro degli altri docenti. Il dirigente, la scuola, la regione o il CSA? L’assunzione da parte del dirigente senza procedura concorsuale o l’assunzione da parte dell’istituto con concorso configgono, ci dice Carlo Marzuoli (Istruzione e servizio pubblico , Il Mulino), con il valore costituzionalmente protetto della libertà di insegnamento. Nel primo caso si avrebbe “l’assolutizzazione del rischio che ogni istituto assuma docenti affini rispetto a chi in quel momento rappresenta la tendenza prevalente” ed in questo modo l’istituto scolastico rinnegherebbe la sua funzione “che è innanzitutto quella di assicurare in concreto la libertà di insegnamento”; nel secondo caso si incorrerebbe nello stesso pericolo – anche se in modo meno diretto – e verrebbe inoltre fortemente inficiata la stabilità del rapporto. A detta dello studioso, non presenterebbe alcun pericolo, sul piano sempre di una disciplina che garantisca la libertà della funzione docente, l’assunzione da parte della regione.
Va segnalata, anche per dar modo ai docenti di operare delle scelte associative e sindacali pienamente coscienti, che sta prendendo corpo, nell’area dei sindacati tradizionali, la proposta di un’assunzione effettuata dai CSA. Di primo acchito appetibile (o perlomeno più appetibile rispetto allo spettro dell’assunzione diretta da parte del dirigente) essa va vista nei suoi risvolti reali. Non solo appare perlomeno ambigua la proposta di una assunzione operata da centri amministrativi fortemente colonizzati, ma nessuno di noi può ignorare che in Inghilterra i docenti sono formalmente assunti dalle LEAs (Local Education Authority: autorità scolastica locale, che funziona anche come centro di servizi per le scuole), ma di fatto dai dirigenti scolastici. Con un meccanismo, ovviamente, di tipo puramente mercantile!.
NOTA A MARGINE SULLE RISORSE NELLA FINANZIARIA
“Il piano finanziario a sostegno della legge n° 53/2003…, approvato dal Consiglio dei ministri … prevede 8,320 miliardi di euro per il periodo 2004-08, ma non prevede cifre per i vari anni finanziari presi in considerazione. Per il primo anno, la manovra ha così stanziato 90 milioni di euro, pari al 2,2% dell’intera somma da trovare nel quinquennio, che saranno destinati prevalentemente per le tecnologie multimediali, la lotta alla dispersione, l’istruzione tecnica superiore e l’educazione degli adulti” (“Italia Oggi”, Azienda scuola, 7 ottobre 2003).
* Si è ipotizzato un anno scolastico articolato su 33,3 settimane.