IL “ BUCO NERO”  DELLA LEGGE  9/99 (elevazione a 15 anni dell’obbligo scolastico)

 

di Serafina Gnech 

 

La legge 9/99, che innalzava dai 14 ai 15 anni l’obbligo d’istruzione per tutti, è stata abrogata. Questa legge era, come ben sappiamo, una specie di norma ponte che doveva valere fino all’approvazione della legge 30/2000 (riforma Berlinguer), che spostava l’obbligo scolastico alla fine del primo biennio delle superiori, che terminava per l’appunto a 15 anni (7 di scuola primaria e 2 di biennio secondario). In una situazione in cui una legge viene abrogata, per l’appunto la legge 9/99, una legge - la 53/03 -  manca di decreti attuativi,  ed una terza - la legge 144/99 – parla di obbligo formativo dai 15 ai 18 anni, l’anno di età dai 14 ai 15 si configura come un periodo di potenziale “vacanza”, per effetto, appunto, di una (forse non voluta) lacuna legislativa.

Di qui la decisione di colmare il gap assunta  il 20 giugno dalla Conferenza Unificata (Stato, Regioni, Autonomie locali) realizzando dal prossimo anno scolastico percorsi sperimentali di istruzione e formazione professionale che coinvolgano sia le scuole che gli enti di formazione professionale con “forme di interazione e/o di integrazione fra i soggetti operanti nei due sistemi” (vedi Azienda scuola, in Italia Oggi del 24 giugno 2003: Schema di accordo quadro per la realizzazione dall’anno scolastico 2003/04 di un’offerta formativa sperimentale di istruzione e formazione nelle more dell’emanazione dei decreti legislativi di cui alla legge 28 marzo 2003, n° 53).

Sulla base di questo “schema di accordo”, 10 regioni (Abruzzo, Basilicata, Campania, Lazio, Liguria, Molise, Puglia, Sardegna, Toscana, Umbria) hanno articolato delle proposte che recano ora  la firma del MIUR e del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali.  Questi accordi si sommano ad accordi precedenti, come quello della Regione Veneto,  che  si è già avviata,  nell’anno scolastico 2002-03, lungo questo percorso in applicazione del Protocollo d’intesa MIUR-MPLS-REGIONE VENETO sottoscritto il 3 ottobre 2002.

Come rileva  Lega Ambiente (Legaambiente Scuola News) dell’agosto 2003 il panorama nazionale che si delinea a seguito di questi accordi è estremamente variegato. “Ci sono regioni che sottoscrivono accordi per percorsi sperimentali con un primo anno a carattere orientativo, volto a consolidare ed innalzare il livello delle competenze di base per passare negli anni successivi alle aree professionalizzanti, altre orientate a percorsi formativi gestiti dalle istituzioni scolastiche in collaborazione con gli Enti di Formazione professionale accreditati, altre ancora che attribuiscono un ruolo di primo piano agli organismi formativi regionali lasciando sullo sfondo e nel vago il ruolo delle istituzioni scolastiche, privilegiando attività addestrative-professionalizzanti. C’è chi ha accettato la sfida di ricercare percorsi integrati per garantire una formazione di base comune a tutti gli alunni e chi ha messo in campo “prove tecniche di devoluzione”, facendo valere le competenze attribuite dal Titolo V della Costituzione”. Dieci regioni, dieci percorsi diversi dunque. E sullo sfondo una nuova legge regionale: la legge Bastico dell’Emilia Romagna (dal nome dell’Assessore all’Istruzione che l’ha promossa) approvata dal  Consiglio regionale lo scorso 25 giugno  con 30 voti della sola maggioranza e l’uscita dall’aula della Casa delle Libertà (che, dopo il citato accordo fra lo Stato e le Regioni l’ha giudicata inutile). La legge Bastico, peraltro impugnata dal Consiglio dei Ministri per “eccesso di competenze” (1)  si fonda sul concetto  della integrazione fra i sistemi e, riprendendo sostanzialmente il modello berligueriano, struttura un biennio integrato – dopo la fine della scuola media – a forte valenza orientativa.

 

“Nel contesto dell’integrazione fra istruzione e formazione professionale, il progetto di legge colloca la proposta innovativa, che si basa però su esperienze già diffuse nel territorio nazionale, di un biennio integrato che può essere scelto dai ragazzi al termine della scuola media, al momento in cui, in base alla legge delega che ha abrogato la legge 9/99, si conclude la fase dell’obbligo scolastico. Ritenendo il momento di questa scelta assolutamente precoce, in quanto impone una decisione rispetto a percorsi formativi fortemente differenziati (i licei da un lato e la formazione professionale dall’altro) la Giunta regionale, pur non potendo intervenire sull’obbligo scolastico, in quanto parte dell’ordinamento nazionale dell’istruzione, intende offrire opportunità formative integrate a tutti i ragazzi, anche a quelli che potrebbero scegliere subito dopo la scuola media la formazione professionale, che consentano loro di consolidare le conoscenze di base, indispensabili per proseguire qualsiasi percorso formativo e professionale, nonché di rafforzare, rinviandola, la capacità di scelta.

Tale offerta integrata, di durata biennale, a forte valenza orientativa, è attuata sulla base di un accordo tra le istituzioni scolastiche autonome e gli organismi di formazione accreditati, stipulato ai sensi del regolamento nazionale sull’autonomia (DPR 275/99)… negli istituti superiori che aderiranno alla proposta, vi sarà un’offerta formativa, ovvero un corso integrato, nel quale si sperimenteranno modalità innovative… Il progetto di legge indica che la Regione e le Province finanziano in via prioritaria i percorsi di formazione professionale iniziale che si realizzano attraverso il biennio integrato e in continuità con lo stesso. La Regione inoltre definisce, anche in modo differenziato, le età di accesso alla formazione professionale iniziale in relazione ai diversi profili formativi e alle corrispondenti figure professionali”. 

Anomalo, nel panorama nazionale, il caso della provincia autonoma di Trento che ha invece stipulato – ancora in vigenza della legge 9/99  - un’intesa con il MIUR, approvando successivamente una legge – Legge prov. 3/2001 -   che consentiva di assolvere l’obbligo scolastico nel canale della formazione professionale, rispettando così di fatto la distinzione fra i due sistemi successivamente introdotta dalla riforma. 

1.       Vengono messi sotto accusa: la generalizzazione della scuola per l’infanzia, l’assegno di studio per gli insegnanti che scelgono l’anno sabbatico per l’aggiornamento professionale, i principi fissati per l’alternanza scuola-lavoro, la regolamentazione dei crediti formativi per favorire il passaggio dal percorso d’istruzione a quello di istruzione-formazione, i criteri per la riorganizzazione della legge scolastica. 

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Al di là delle considerazioni teoriche, che non intendiamo fare in questa sede,  nell’intera vicenda si rileva – almeno fino a questo momento – un totale distacco dalla concretezza operativa e la mancanza di ogni riferimento all’esperienza reale già di fatto effettuata – nel campo dell’integrazione – da tutte le scuole italiane, chiamate – dopo l’approvazione della legge 9/99 a costruire dei percorsi – sia pure annuali  - a carattere integrato.

 

Per cercare di” penetrare la concretezza” abbiamo avuto un colloquio con Radames Migotto, Dirigente scolastico dell’ITIS PLANCK di Treviso.

L’intervento che qui pubblichiamo è relativo all’esperienza di integrazione, con riferimento a quanto è stato fatto nell’istituto, ed alla eventuale realizzazione dei percorsi integrati triennali, previsti dal Protocollo Veneto già citato.

 

 

COLLOQIO CON IL DOTTOR   RADAMES MIGOTTO

 

Dottore, può farci una panoramica sull’esperienza dell’integrazione e sulle sue prospettive?

 

 

Bene… dobbiamo partire dal fatto che l’istruzione è diventata, nel  corso degli anni, un ammortizzatore sociale, mentre la formazione è stata fagocitata dal mondo della politica. Le ragioni sono ovvie. La formazione è stata abbondantemente finanziata dal Fondo Sociale Europeo: basti pensare che l’ultima tranche  per il Veneto è stata di 800 milioni di euro!

L’innalzamento a 15 anni dell’obbligo di istruzione (legge 9/99) ha creato questa situazione:

  1. le scuole hanno perso il contributo delle tasse degli allievi;
  2. è iniziato un processo di difficile integrazione fra due mondi, quello dell’istruzione e quello della formazione, che in Italia sono del tutto separati (come se potesse esserci formazione senza istruzione!);
  3. nel mondo della formazione, dove si procedeva con criteri di formazione programmata modulare, era difficile realizzare il percorso di istruzione ed il problema diventava enorme quando gli allievi erano portatori di handicap, in quanto le responsabilità dei due enti – scuola e agenzia di formazione – non erano definite.

Di fatto i corsi hanno avuto successo solo laddove l’agenzia di formazione aveva una struttura didattica analoga a quella delle scuola pubblica statale, con insegnanti propri anche per le materie culturali di base.

Vorrei chiarire una cosa a proposito di tutto questo.

Berlinguer è stato “bruciato” - dai fratelli, fra l’altro -  perché aveva iniziato con i FIS (Formazione integrata superiore) a cucire il mondo della formazione e del lavoro con l’istruzione, tant’è vero che alla sua “caduta” il progetto del terzo asse FIS è stato immediatamente cancellato. Il progetto disturbava a tutti i livelli di qualsiasi colore, le operazioni fatte con il Fondo Sociale Europeo.

Operazioni sulle quali molto ci sarebbe da dire.

Tre anni fa, se non vado errato, sono stati distribuiti a 1500 imprese del Veneto 45 milioni di euro per l’attivazione di corsi interni.  Bene… l’accesso al contributo era determinato dal numero di protocollo e dal consenso sindacale! Non c’è stata alcuna valutazione del merito. Devo dire che ci sono state, a seguito, delle denunce…

Mi pare evidente – e qui fanno luce, come dicevamo, le “esperienze” politiche oltre a quelle didattiche - che risulta necessario riordinare il tutto.

Lo stesso decentramento gestionale alle Regioni (che peraltro condivido, poiché ritengo ora inapplicabile l’ottocentesco sistema centralistico) ci richiede però una legge quadro molto forte, una legge, cioè che indichi i termini operativi del decentramento stesso. Altrimenti ogni regione opera le proprie scelte sulla base della gestione del consenso.  Mi pare positiva e stimolante l’esperienza di Trento, che ha – fra l’altro -  mano libera nell’ambito amministrativo e ha potuto di conseguenza ridisegnare il quadro orario degli insegnanti ed il relativo stipendio.

Tornando alla sperimentazione dell’integrazione, la precedente esperienza è stata, come dicevamo, positiva sono nelle situazioni in cui c’erano alcune pre-condizioni. La realizzazione dei percorsi integrati triennali previsti nel Protocollo Veneto, per la quale non ci siamo peraltro ancora attivati, avverrà dunque con estrema oculatezza. Verificando cioè la qualità dell’ente professionale con il quale intendiamo operare.  Per Treviso, pensiamo - ad esempio - all’Istituto Turazza che ci offre ampie garanzie di esperienza e di serietà.

Solo così, lei capisce, possiamo fare dei passi avanti  nella riqualificazione del sistema, possiamo cercare di dare più istruzione-formazione a tutti. Aprendo anche le braccia a tutti coloro che, completato il percorso triennale, vorranno rientrare nel sistema dell’istruzione. Nella nostra scuola, magari.

 

 

 

Ringraziamo il Dottor Migotto per la sua disponibilità e per gli spunti di riflessione che ci ha offerto.