Il docente nella società dell'Istruzione.
di Gaetano Bonaccorso
L’odierna scuola di massa ha ben pochi aspetti in comune con l’organizzazione scolastica e con la figura del docente del passato
Faccio solo un esempio: Socrate.
Troppo lontano quel modello, vissuto in una società nella quale c’erano gli schiavi e la donna era considerata poco più di un oggetto.
Anche Socrate fu, a modo suo, un docente “dimezzato”, per l’incomprensione e l’odio nei suoi confronti della società democratica del tempo, legata a schemi di consenso culturali e politici molto rigidi.
L’intervento statale delle autorità imperiali romane ( da Vespasiano in poi) con l’apertura di scuole pubbliche e il finanziamento diretto, contribuirono a dare nuovo prestigio agli operatori dell’istruzione.
Tuttavia, con la fine della libertà di espressione, le scuole diventarono lo spazio di una cultura retorica distante dalla vita.
Prima della legge Casati che rappresenta il primo progetto formativo della scuola popolare nell’Italia liberale, le riforme illuminate dei principi del 700, in funzione prevalentemente anti-gesuitica, naufragarono a causa della mancanza di maestri, dei timidi investimenti statali, delle misere condizioni della popolazione e dei gracili fondamenti teoretici della scuola e della didattica e per l’assoluta carenza di una corretta visione di educazione del popolo come educazione del cittadino.
La scuola , a causa dell’endemica miseria , fu vista proprio dal popolo come un elemento di disturbo e le riforme andarono avanti senza la partecipazione delle stesse classe popolari , anzi, spesso, contro la loro volontà.
L’involuzione napoleonica e il prevalere della restaurazione , dopo l’illusione illuministica, resero più grave tale situazione.
La legge Casati riconobbe il principio della gratuità e dell’obbligatorietà dell’istruzione elementare ma lasciò ai comuni i problemi connessi all’assunzione ed alla paga dei maestri , così basse da costringerli all’integrazione con attività extrascolastiche.
La legge mirava a eliminare il grave stato di in -cultura di base ereditato dal sovrano piemontese soprattutto nelle regioni meridionali.
Prevalse , in questa scuola post- unitaria della destra storica , l’immagine dell’insegnante missionario e la sinistra , andando al potere, contribuì ad accrescerla , spostando l’asse di tale vocazione dalle doti della pazienza, del decoro e dell’obbedienza verso la demagogia della religione dell’avvenire.
In quegli anni la condizione generale del maestro rimase quella di un lavoratore dall’incerta professionalità, soggetto alle prescrizioni dei programmi anche per l’incapacità di migliorare le prestazioni professionali e l’impossibilità di una formazioni e un aggiornamento seri. Le sue finalità, all’interno della funzione, furono etiche e non educative.
Il libro Cuore di De Amicis(1886) , recepisce pienamente l’interesse delle classi borghesi per l’educazione popolare per un fine di educazione morale e politica, ed è dominato da un tono patetico –sentimentale incentrato sui valori borghesi dello studio, del lavoro, del merito, del rispetto della gerarchia, della dignità , del patriottismo.
Il maestro ci fece entrare in una stanza. Eran quattro pareti bianche: in un canto un letto a cavalletti con una coperta a quadretti bianchi e turchini, in un altro un tavolino con una piccola libreria; quattro seggiole e una vecchia carta geografica inchiodata a una parete-. Ora- disse- vivo di qualche centinaio di lire di pensione. La mia sola occupazione, vede, è di sfogliare i miei vecchi libri di scuola - lì ci sono i miei ricordi, tutto il mio passato... Intanto mio padre guardava quei muri nudi, quel povero letto, un pezzo di pane e un'ampollina d'olio ch'eran sulla finestra, e pareva che volesse dire: - Povero maestro, dopo sessant'anni di lavoro, è questo tutto il tuo premio. - In ogni modo, lei ha fatto tanto bene! Ha impiegato la vita così nobilmente!
Un maestro di questo tipo dell’area urbana guadagnava, a quell’epoca 1.200 lire annue, una maestra di grado rurale 333, 33 annue. Tutti erano in balia dell’amministrazione comunale per lo stipendio e il mantenimento del posto.
Tale trafila diventò spesso un calvario per le giovani maestre.Esse erano oggetto di pregiudizi e di concupiscenza, come testimonia il caso della maestra Donati che nel 1886 si suicidò oppressa dall’ingiusta accusa di avere ottenuto il posto sottomettendosi alle voglie del sindaco.
L’aumento di asili e di insegnanti fu dovuto all’azione della Chiesa che assumeva suore- insegnanti all’insegna dell’assistenza e della carità, e fino agli anni 20 ben il 66% delle insegnanti era sprovvisto del titolo specifico.
L’analfabetismo era ancora così dilagante (74%) che già nel 1866 sarà additato come il principale responsabile della disfatta di Custoza (V’è nel seno della nazione stessa- scriveva Villari ne il Politecnico- un nemico più potente dell’Austria ed è la nostra colossale ignoranza, sono le moltitudini analfabete, i burocrati impossibili, i generali incapaci, l’operaio inesperto, l’agricoltore patriarcale e la retorica che ci rode le ossa.Non è il quadrilatero di Mantova e Verona che ha potuto arrestare il cammino: ma è il quadrilatero di 17 milioni di analfabeti e 5 milioni di arcadi.)
In quegli anni pochissimi professori entrarono a scuola per concorso, ed erano solerti esecutori delle disposizioni dell’amministrazione centrale che guidava e sorvegliava con presidi ed ispettori.
Il ministro Correnti si rese conto che una delle più gravi insolvenze era l’insufficienza quantitativa degli insegnanti secondari dovuta al modestissimo stipendio.
Per reperire i fondi il ministro eliminò i Direttori dei piccoli Ginnasi isolati e i direttori spirituali, vecchie figure di ecclesiastici che lo Stato italiano aveva ereditato dagli ordinamenti piemontesi.
L’insorgere violento dell’opposizione cattolica mise in rilievo che Correnti, novello Coriolano, aveva chiesto i voti della sinistra per fare passare la leggina , che fu ritirata .
Correnti si dimise e dichiarò di essere lieto di essere il primo ministro della P.I. italiana” cui fosse concesso di morire per proprio conto”.
Ma Quintino Sella, il ministro taccagno per eccezione, nel 1872 stabilì un aumento del 10% degli stipendi fissati nel 60, un modestissimo aumento che poteva essere coperto dal risparmio delle candele del consiglio superiore della P.I., al quale Sella avrebbe vietato le adunanze dopo l’ora del tramonto.
I laureati aspiranti all’insegnamento erano così pochi che la necessità e l’opportunità politica spingevano a mantenere o accogliere in cattedra coloro che non avevano altri titoli che l’anzianità di servizio o meriti civili o militari o semplicemente delle potenti protezioni.
Dal momento che neppure questi riempivano tutti i vuoti, si istituì la legittimazione degli insegnanti reclutati nei modi più diversi e quasi sempre senza titoli.
Addirittura furono rispolverati i vecchi brevetti pre - unitari che autorizzavano all’insegnamento secondario con un esame del tutto formale, o, semplicemente, con la presentazione di un diploma qualsiasi, anche il più modesto, o di un attestato di capacità didattica.
I reclutamenti extra- legem, determinarono vere e proprie situazioni di “ lavoro nero”, che obbligavano i professori di ogni ordine di scuola a stipendi miserabili e li esponevano a continui ricatti per poter continuare a fruire della loro condizione di insegnanti “ abusivi” o “ semi -abusivi”.
Tagliato fuori da qualunque collaborazione con altri colleghi, isolato nella sua libertà di incompetenza, abbandonato alla sua miseria, sorvegliato nella sua condotta dai presidi e ispettori , definito occhio, voce e braccio del padrone, il suo identikit è quello di un mediocre servitore dello stato con scarsa autonomia, qualche illusione di libertà, ammalato di retorica e soprattutto mal pagato .
La situazione migliorò con i primi del 900 perché la migliore situazione economica dell’Italia giolittiana permise la disponibilità della piccola borghesia per le professioni liberali, specie per l’insegnamento e si allontanò il tempo in cui si mettevano sulla cattedra i falliti delle professioni liberali e i preti sottomessi.
La pratica politica del partito socialista favorì l’associazionismo della categoria degli insegnanti provenienti dalla piccola e media borghesia oltre che dal proletariato. Viene fondata nel 1902 la Federazione Nazionale insegnanti scuola media sotto la direzione di Giuseppe Kirner.
Ma la compattezza del movimento dei professori era assai precaria e per i suoi dirigenti si apprestavano tempi difficili.
Dice il Salvemini :“ La classe professorale conserva ancora, molto più dei colleghi elementari, le caratteristiche della borghesia depressa ed individualistica. Troppo diffuso è il tipo del professore chiuso e ristretto nell’ambito dei suoi libri…che nella sua apatia sembra quasi vivere estraneo alla nuova vita del suo paese, timoroso sempre di dispiacere ai superiori e pronto a secondarne i capricci senza muovere lamento, se non in segreto e con amici fidati. Il pudore della propria condizione, la riluttanza a contaminare il presunto prestigio con “ indecorosi piagnistei” economici, fanno il resto per rendere problematica una coscienza di categoria. I professori formano e formeranno sempre un’originalissima genia di intellettuali anarchici, facili a protestare, tardi a deliberare, gelosi della propria autonomia”.
Il vittimismo oratorio tipico dell’azione sindacale del primi del secolo è manifesto in questa dichiarazione del Piazzi(La scuola media e le classi dirigenti):” Quella degli insegnanti è la classe più avvilita, la peggio considerata che sia nel nostro paese. Niun prestigio di classe, come avviene nella magistratura e come avviene nell’esercito”.
Soltanto nel 1906 , grazi agli sforzi della Federazione si giunse all’approvazione in Parlamento dello stato giuridico degli insegnanti che prevedeva i concorsi a cattedra e la presenza di due insegnanti nella Giunta superiore della P.I., nuove tabelle di stipendio per i vari gradi di ruoli, un freno alle scadenti abilitazioni.
Ma l’applicazione fu lenta e la consapevolezza diffusa dalla Federazione tra gli insegnanti condusse ad una forte e pubblica critica nei confronti del Ministro Bianchi il quale diceva: “ Straordinariamente aumentati di numero, i professori sono arrivati al punto di discutere l’opera dei loro superiori” .
La discussione e le polemiche sulle risorse economiche per i concorsi e le forme di realizzazione ne ritardarono l’effettuazione sine die.
Il fascismo inseguì , almeno per un ventennio, un’idea di scuola che concorresse alla formazione del fascista perfetto.
Mussolini definì la riforma Gentile del 23 la più fascista delle riforme, ma essa era una riforma di un intellettuale liberale di destra che traeva le sue origini proprio dalla legge Casati, con una base teoretica e filosofica , invece che , come era successo al Casati, per preoccupazioni politiche.
Infatti Gentile credeva che la scuola fosse soprattutto uno sforzo intellettuale e servisse alla classe dirigente , che doveva dare sempre il meglio di sé, della sua energia morale ed intellettuale per guidare le masse e tutto il paese e quindi era quel ceto che doveva poter frequentare al meglio la scuola migliore.Questo meglio era rappresentato dal corso ginnasio –liceo.
Ebbene , il fascismo, non solo per la scarsa propensione teoretica della sua classe dirigente, ma proprio per le sue stesse finalità di coinvolgimento emotivo delle masse e di mantenimento del potere a prescindere da qualsiasi merito, non comprese una simile costruzione meritocratica.
Per questo motivo essa subì ritocchi come la facilitazione degli esami di Stato per favorire l’aristocrazia fascista che aveva meriti più di braccio che di testa e si accentuò l’autoritarismo di insegnanti, direttori e presidi non per ragioni culturali ma di disciplina, poliziesche e governative.
Nonostante le roboanti dichiarazioni e intenzioni della Carta Bottai, l’organizzazione e il metodo di insegnamento per la scuola materna rimase saldamente in mano alla Chiesa,continuò ad essere considerata “ custodia ricreativa” per i bambini delle classi socio- culturalmente più svantaggiate con un’attitudine a coltivare nelle insegnanti le doti innate in ogni donna
Codignola, sulla scia di Gentile, affermava nel 1927, nel campo della scuola elementare :” L’individualità del bambino non deve essere rispettata ma spezzata, perché in lui si possa attuare la vera umanità e possa diventare personalità”.
L’insegnamento della dottrina cristiana secondo la forma ricevuta dalla religione cattolica fu posto dalla riforma” a fondamento e coronamento dell’istruzione primaria in tutti i suoi gradi” fino a giungere con il Concordato ad un vero e proprio confessionalismo che si concretizzava nel diritto accordato dal ministro Belluzzo all’autorità ecclesiastica di vigilare sull’insegnamento elementare per mezzo dei sacerdoti delegati dall’ordinario francescano.
Col 1930 avvenne un calo drastico dello stipendio del 12 % cosicché lo stipendio medio annuo si aggirava sulle 8.000 lire.
Diminuiì la retribuzione e aumentò la fuga dei maestri con la crescita della femminilizzazione dell’insegnamento elementare, ciò che il fascismo non desiderava.( non hanno e non avranno mai né quella originalità di pensiero, né quella ferrea vigoria spirituale, che sono le forze superiori, intellettuali e morali dell’umanità e devono essere i cardini della scuola formativa dello spirito superiore del paese).
La scuola secondaria fu sottoposta a una pesante “ cosmesi fascista” sulla base di due principi: canalizzare i giovani proletari verso il mondo del lavoro manuale e il latino e il greco per i giovani delle classi borghesi. Nella sua generalità l’insegnante era un impiegato del partito nazionale fascista dal modico stipendio di 700 lire al mese.Il suo identikit : ariano, iscritto al partito, entusiasta di contribuire a formare i giovani alla coscienza imperiale e , soprattutto, sottomesso.
Il tentativo repubblicano di azzerare la parentesi fascista non sortì alcun effetto nel campo della scuola dell’infanzia e il ministro Gonella nel 1950 si dichiarò del tutto contrario alla scuola materna statale e nel progetto di legge del 1951 ribadì la concezione custodialistica e familistica della scuola dell’infanzia e quindi il monopolio dei privati.
I 17 fascicoli conclusivi della mega-commissione da lui nominata per ogni ordine di scuola si ridusse ad un’ennesima denunzia dei mali della scuola, ad una elencazione delle sue urgenti necessità e ad una riconferma delle direttive tradizionali.
La stima degli esperti prevedeva centinaia di migliaia di insegnanti in più per i successivi vent’anni.
La risposta burocratica del governo e sindacale fu ugualmente sterile: da un lato il provvedimento di stacco dei corsi abilitanti dai concorsi per l’afflusso di neo- professori e per rendere più spedite le assunzioni, dall’altro una richiesta di benefici solo salariali e di carriera che risultavano impraticabili per il bilancio pubblico.
I successi ottenuti con la legge 831( carriera dei professori di ruolo, la condizione migliorata dei non di ruolo, l’immissione in ruolo dei settedecimisti e di alcuni semplici abilitati), salvarono per il momento la situazione e vi furono sostanziali miglioramenti economici grazie alle lotte dell’estate del 62.
Nel 1968 uscirono gli Orientamenti per la scuola materna statale che mantennero il tradizionale e secolare modello pedagogico sottolineando il ruolo primario della famiglia nell’educazione prescolare e continuando a foraggiare con interventi congrui la scuola materna non statale.
Nonostante la crescita quantitativa di studenti ed insegnanti tra il 1968 e il 1980-81, il bilancio di stanziamento di fondi pro capite nel 1980 fu appena il doppio di quello stanziato nel 1968 e il capitolo per le unità scolastiche fu addirittura dimezzato
.Delle 192 scuole magistrali esistenti nel 1974-1975 solo 17 erano statali talché 6.194 delle 13.789 insegnanti che si abilitarono provenivano da corsi e corsetti disparati, quasi sempre abborracciati e frettolosi o da addirittura da nessun corso.
Già nel 1991 gli Orientamenti si rivolsero al 78, 76 % della popolazione in età tra i 3 i 5 anni.
Essi sostenevano che l’ulteriore sviluppo di questa scuola si profilava come generalizzazione di un servizio educativo di elevata qualità , impegnato a diffondersi senza squilibri e disuguaglianze sul territorio nazionale.
Il mancato riconoscimento di tali esigenze sia da parte della riforma Berlinguer che nella riforma Moratti, dimostra la sostanziale continuità della linea Casati-Gentile-Gonella.
Nel campo della scuola elementare i programmi del 1955 non rappresentarono che una continuazione con il passato e si dice che la scuola primaria ha, per dettato esplicito della legge, come suo fondamento e coronamento l’insegnamento della dottrina cristiana secondo la forma ricevuta dalla tradizione cattolica.
Nonostante i “ ruoli aperti” e le promozioni per anzianità senza demerito, rimane irrisolto il problema della formazione.
L’espansione massiccia della scolarizzazione consentì al Piano per il decennio 1959-1969 presentato dall’onorevole Moro, un tentativo di un’ampia e finanziata programmazione.
Ma mancava l’aggancio con la ristrutturazione di tutto il sistema scolastico , prevalse la politica del rattoppo, si mantenne la preoccupazione di non penalizzare la scuola privata e i contrasti dei socialisti fecero scivolare il piano fino alla legge del 62.
In realtà i programmi del 55 vengono mantenuti fino all’85 senza novità sostanziali che non siano quelle introdotte da altri provvedimenti normativi riguardanti i portatori di handicap e il tempo pieno (1972).
L’inserimento dei portatori di handicap trasformò la scuola elementare in quanto la fine dell’unicità dell’insegnamento apriva le porte a nuove professionalità e sollecitazione sperimentali ribadite nei programmi dell’85 e nella riforma degli ordinamenti della legge n.148/1990 sia per la consapevolezza pedagogica dell’alunno protagonista con le sue potenzialità rielaboratici sia per il nuovo modello organizzativo a modulo didattico.
La scuola media unica, gratuita ed obbligatoria, costituita con la legge del 31-12-1962 rappresentò una svolta decisiva in senso democratico del nostro sistema scolastico.
In realtà da allora , nonostante l’allargamento delle basi del reclutamento e della riduzione della selezione sociale, ,gli insegnanti, come dimostrò un’inchiesta del 66, si mostrarono violentemente contrari al carattere non selettivo della scuola media, cioè all’innovazione più profonda della riforma, dimostrando , in qualche modo, che riforme settoriali senza una ristrutturazione globale del sistema formativo , non erano in grado di scrostare minimamente l’eredità della riforma-
Gli insegnanti , impreparati ai compiti loro assegnati, risentiti di essere stati declassati professionalmente, intruppati in un congegno pedagogico di materie pari, sono giunti fino ai giorni nostri a forme depressive di insoddisfazioni e ad un inaridimento del cuore e della mente che è inaccettabile nella nostra professione e certamente irreversibile nonostante qualunque eventuale riconoscimento economico.
Infine la scuola secondaria, rimasta immune da qualsiasi vero tentativo di ristrutturazioni, è sempre più inefficiente con i suoi 21 tipi fondamentali , comprendenti più di un centinaio di indirizzi specializzati.
L’insegnante della scuola media superiore vive in un sistema fragile sia dal punto di vista della domanda del mercato sia dal punto di vista educativo, in una scuola discriminante senza essere selettiva di apprendimenti di specifiche abilità, faticosa senza essere impegnativa dal punto di vista intellettuale, trasmissiva di conoscenze frantumate e ridotte a spurio enciclopedismo.
La perdita d’identità dell’insegnante ha la sua causa principale in questo procedere per abbrivo residuo, cioè con un movimento di inerzia proprio di un natante, dopo che è cessata l’azione del motore.
Con l’esperienza acquisita, ciascuno di noi può anche insegnare a vista, essendo in grado di galleggiare con autorevolezza e con distacco , in mezzo ad un mare colmo di relitti, di detriti, di catrame.
Dunque il docente dimezzato è certamente il risultato di un lungo processo storico e non la conseguenza dell’azione nefasta di questo o di quel governo.
Rispetto ai modelli del passato, tuttavia, per certi aspetti, la libertà personale all’interno dell’istituzione, la consapevolezza sindacale, la libertà di critica e di manifestazione dello sdegno, la difesa dei diritti, il trattamento economico, la libertà di insegnamento, nella preparazione alla professione, nella metodologia il docente è più che raddoppiato .
Identico al passato rimane invece il disinteresse e il non coinvolgimento dell’azione dello Stato nel risolvere una volta e per tutte molti tra i problemi della scuola.
In ciascuno di noi, nelle nostre risorse professionali, nel nostro codice deontologico, nella nostra interiorità inattaccabile dai compromessi con la scuola azienda e la scuola mercato, abita il segreto di sentirci sempre e soltanto interi.