Obbligo nelle scuole e nelle
strutture formative accreditate dal ministero. Istruzione tecnico-
professionale e formazione professionale devono continuare a dialogare,
considerando che qualifiche, diplomi professionali e Poli sono ambiti
disciplinati dalle Regioni. Questo raccordo dovrà impedire conflitti di
competenze che nuocerebbero ai fruitori dei percorsi professionalizzanti.
1) Assessore Manzini, istruzione
obbligatoria impartita per almeno 10 anni. In questi giorni, si stanno
completando le iscrizioni, ma l’impressione generale e le voci che arrivano
dalle scuole sembrano dare l’idea di poca chiarezza. L’ obbligo si
assolverà: nell’Istruzione o anche nella Formazione? E chi deciderà in
merito, le Regioni o le scuole autonome?
Le modifiche introdotte di recente dal Governo si
pongono all’interno del comune obiettivo della costruzione di un sistema
dell’istruzione e formazione in grado di ridurre le disuguaglianze e
innalzare la soglia del successo formativo. A fronte delle novità, dovremo
aggiornare gli strumenti normativi regionali in nostro possesso, ma già il
capo III della Legge regionale 12 del 2003 contiene gli elementi di
indirizzo utili a conseguire l’obiettivo di elevamento della qualità nel
sistema che, nella nostra Regione, per la tradizione e la pratica sviluppata
in questi anni, va inteso come sistema della formazione nella sua accezione
più ampia e completa.
Ciò che si delinea da quanto proposto a livello nazionale, è una offerta di
istruzione tecnico-professionale unitaria e quinquennale.
Compito della Regione sarà promuovere modalità e dispositivi che consentano
al sistema dell’istruzione tecnico-professionale e al sistema della
istruzione e della formazione professionale di continuare a dialogare,
utilizzando le risorse e le esperienze di tutti i soggetti che fino ad oggi
hanno contribuito ad agevolare le persone nel raggiungimento di conoscenze e
competenze spendibili per un ruolo attivo nella società.
Occorre ripensare la flessibilità alla luce delle recenti normative, in
particolare negli ambiti disciplinati dalla Regione, che sono la costruzione
della qualifica triennale, del diploma professionale e dei poli formativi.
Per quanto riguarda l’obbligo di istruzione, sulla base di quanto disposto
dal comma 622 della Finanziaria, deve essere consentita ai ragazzi
l’acquisizione delle competenze previste dai curricula relativi ai primi due
anni degli istituti secondari superiori nelle scuole e nelle strutture
formative accreditate dal Ministero.
E’ su queste premesse che le Regioni potranno esercitare pienamente le
proprie competenze, coinvolgendo e valorizzando tutte le risorse, le buone
prassi e le professionalità che rappresentano una ricchezza del nostro
territorio.
2) Cosa sta predisponendo la Regione Emilia Romagna, rispetto
a questo grande obiettivo?
La Regione Emilia-Romagna, nell’ambito dell’azione congiunta delle
Regioni per l’attuazione del titolo V della Costituzione con particolare
riferimento al tema della competenza concorrente in materia di istruzione,
intende costruire un sistema di offerta formativa per i ragazzi e le ragazze
dai 14 ai 18 anni che ampli le opportunità di formazione per tutti, assicuri
la coerenza – all’interno del secondo ciclo - fra il sistema dell’istruzione
secondaria superiore ed il sistema dell’istruzione e della formazione
professionale, garantendo la fluidità dei passaggi da un sistema all’altro,
scelte consapevoli, opportunità di sviluppo dei saperi e delle competenze,
per giovani e adulti.
3) Riordino dell’ Istruzione tecnico-professionale : è vero che è già al
lavoro una commissione che dovrà studiare i nuovi Poli?
La Regione ha già avviato propri approfondimenti sul tema dei poli e
ritiene di potere predisporre entro l’anno la propria proposta che terrà
conto della valenza innovativa che viene loro attribuita, riorganizzando in
un’ottica di stabilità e sviluppo verticale ed orizzontale, l’offerta di
percorsi di istruzione e formazione tecnico superiore, presente in questa
Regione da nove anni.
4) Istruzione professionale e Formazione professionale: il DDL del governo
delibera di accordarle. Ma la seconda appartiene alla legislazione esclusiva
delle Regioni. Non c’è il rischio di un conflitto di competenze tra i due
percorsi professionalizzanti?
La previsione di raccordare le due offerte sta in primo luogo nella
volontà di non creare conflitti di competenza che nuocerebbero solo ai
fruitori dell’offerta professionalizzante. In secondo luogo, per quanto
riguarda gli istituti professionali, mancano ancora le indicazioni
curriculari nazionali, e per il momento sappiamo solo che non attribuiranno
più la qualifica al terzo anno, riconoscendo pienamente che la competenza
per il rilascio di qualifiche e diplomi professionali è delle Regioni.