Il presente lavoro ha lo scopo di fornire un
quadro informativo d’insieme, per quanto possibile esauriente, pur nelle
attuali incertezze rispetto all’attuazione della Legge delega n° 53 del 28
marzo 2003 (53/2003 Riforma Moratti), sulla Sperimentazione dell’offerta di
Istruzione e Formazione Professionale (I.F.P.), che ha iniziato il
proprio iter nell’a.s. 2002/03 in Lombardia.
E’ importante mettere
subito in evidenza come gli elementi caratterizzanti la Sperimentazione si
ritrovino nella proposta di Legge regionale sul sistema I.F.P., che
l’assessore all’Istruzione della Lombardia, Alberto Guglielmo, ha
anticipato, nel maggio del 2004, in un’intervista al Corriere della Sera[2],
che non è ancora stata formalizzata in un testo definitivo.
E’ inoltre evidente come il modello lombardo
I.F.P. sia assolutamente il linea con le indicazioni contenute nel Decreto
per la riforma della secondaria del 14 ottobre 2005.
Una doverosa precisazione per i lettori: non
è intenzione di chi scrive formulare giudizi né politici né professionali
sul materiale informativo preso in esame, agli organi istituzionali
dell’Associazione spetta di diritto tale compito, che spero sia facilitato
dalle informazioni raccolte e presentate in questa comunicazione[3].
La situazione attuale
La Legge 53/2003, all’art.
2 lettere d e g, dispone che la scuola secondaria si articoli su due
percorsi (doppio canale): quello dell’Istruzione liceale (otto indirizzi
quinquennali con Esame di stato finale e accesso all’Università o alla
Formazione tecnica superiore) e quello dell’Istruzione e Formazione
Professionale (con possibilità di uscita dopo il triennio, il quadriennio,
il quinquennio e accesso alla Formazione tecnica superiore o quinto anno
integrativo per Esame di stato e accesso all’Università).
In questa cornice sono
state recepite le disposizioni contenute nella Legge Costituzionale n° 3 del
2001 -modifica al titolo V della Costituzione. Federalismo- (3/2001),
riservando allo Stato il compito di emanare le norme di carattere generale e
assegnando alle Regioni la facoltà di legiferare in materia di Istruzione e
Formazione.
La Legge delega 53/2003
dava 24 mesi di tempo al Governo per emanare i Decreti attuativi che devono
articolare il quadro generale dei due percorsi (Licei e I.F.P.), ma a causa
delle difficoltà di ordine politico interne alla maggioranza di governo, di
problemi strutturali, come la collocazione degli Istituti tecnici,
frequentati da circa il 60% della popolazione scolastica italiana tra i 14 e
i 19 anni, delle proteste degli insegnanti, di cui la Gilda si è fatta
interprete, e dei rilievi mossi dalle Associazioni imprenditoriali, per
quanto riguarda la scuola secondaria è stata approvata una proroga e solo il
14 ottobre 2005 il decreto attuativo della Riforma della secondaria è stato
approvato dal Consiglio dei ministri.
Pur mancando i decreti
attuativi il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
(MIUR) di concerto con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
(MPLS), sulla base delle disposizioni della Legge Costituzionale 3/2001, ha
stipulato una serie di Protocolli d’intesa con le regioni per la
Sperimentazione dell’offerta formativa relativa all’I.F.P. ai quali dovranno
fare seguito Accordi e Intese territoriali tra le Regioni e gli Uffici
scolastici Regionali (U.S.R.) competenti.
Un quadro completo dei
Protocolli, Accordi e Intese non è ancora disponibile, ma dalle informazioni
raccolte si può rilevare come le Regioni si stiano organizzando con modalità
diverse, anche in modo significativo: si va dall’Emilia Romagna, che ha già
da tempo una propria legge sulla scuola (nel tentativo di correggere, dal
punto di vista della maggioranza regionale, la 53/2003), a Regioni che hanno
affidato i fondi per l’I.F.P. agli Istituti professionali statali per
procedere alla Sperimentazione, per finire con Regioni che avrebbero
coinvolto le Associazioni industriali locali.
La Lombardia, nella quale
è storicamente presente una forte e competitiva struttura di Formazione
regionale, che gode di una discreta credibilità sul territorio[4],
ha avviato già nell’a.s. 2002-2003 un Progetto di Sperimentazione dell’I.F.P.
al quale si affianca un Progetto sperimentale in collaborazione con l’USR
detto delle “Scuole Politecniche Territoriali”.
Sono questi due Progetti,
e l’iter che hanno seguito per diventare operativi, assieme alle prime
indicazioni sulla proposta di Legge regionale predisposta dal competente
assessorato, che costituiscono l’oggetto della ricerca.
La Sperimentazione I.F.P. in Lombardia
La Lombardia ha avviato
d’intesa con il MIUR, nell’a.s. 2002/03, la Sperimentazione del canale dell’I.F.P.
nelle strutture regionali e in quelle private disponibili al fine di
ricavare le indicazioni necessarie alla predisposizione di una legge
regionale in materia[5].
Con il Protocollo del
25.09.2003, all’art. 1, la Sperimentazione viene allargata agli Istituti
statali. Le parti si impegnano infatti a “promuovere e realizzare azioni
volte allo sviluppo di un’offerta formativa di istruzione e formazione
professionale che valorizzi ed integri positivamente le specificità dei
sistemi regionali di istruzione e formazione professionale favorendone la
connessione con il sistema dell’istruzione ed il sistema regionale dei
servizi per il lavoro”[6].
Negli articoli del
protocollo vengono fornite le indicazioni specifiche sui modelli
sperimentali: si tratterà di percorsi triennali, finalizzati al
conseguimento di un titolo (qualifica), di “formazione professionale ed
eventuali successivi percorsi, collocati in un organico processo di sviluppo
della Formazione professionale superiore” da realizzarsi sia in “strutture
formative accreditate della regione” sia in “Istituti Tecnici e
professionali individuati sulla base di criteri stabiliti d’intesa tra la
regione Lombardia e l’Ufficio scolastico regionale”[7],
e della realizzazione, in modo integrato tra “strutture formative
accreditate dalla regione” e Istituti tecnici e professionali, di “LARSA
(Laboratori di recupero e sviluppo degli apprendimenti atti a consentire i
passaggi verticali e orizzontali attraverso i percorsi attivati)” e di
“azioni di orientamento, di personalizzazione dei percorsi di sostegno agli
allievi disabili”[8].
La Regione, attraverso un
organismo tecnico: la “Consulta Regionale Standard”, definisce il modello ed
implementa “il repertorio regionale delle competenze e qualifiche
professionali”, il “sistema regionale di valutazione e certificazione delle
competenze e dei titoli” e dà vita ad un Centro risorse con il compito di
“ordinare e consolidare la dotazione di indicazioni e strumenti
metodologici, didattici ed organizzativi a sostegno delle attività di
progettazione e la realizzazione di percorsi formativi congruenti con il
sistema regionale di certificazione e riconoscimento dei crediti formativi”[9].
Il sistema degli “standard
formativi”[10]
dei percorsi I.F.P. deve garantire “la trasferibilità, in ambito nazionale e
comunitario, dei titoli e delle qualifiche rilasciate dagli istituti di
istruzione e formazione professionali”; predisporre “un sistema di
certificazione delle competenze” spendibili sia in scuola che all’esterno
(“esperienze lavorative e/o autoformazione”), consentire la
“capitalizzazione delle competenze acquisite” (logica dei crediti),
“promuovere e favorire flessibilità, modularizzazione e personalizzazione
dei percorsi formativi”, “favorire la comparabilità dei diversi percorsi” al
fine di consentire i passaggi tra i sistemi[11].
Per la realizzazione degli
interventi previsti dal Protocollo la Regione stipulerà un Accordo-Intesa
con l’USR[12]
nel quale “potranno essere individuati le modalità e i criteri per
l’utilizzazione, nel quadro delle norme contrattuali vigenti e nel rispetto
dell’autonomia delle istituzioni scolastiche e delle strutture formative,
dei docenti compresi nelle dotazioni organiche del personale della scuola e
delle strutture formative, senza ulteriori oneri a carico delle Regioni e
degli enti locali,” per realizzare LARSA e sostegno ai disabili[13].
Viene infine istituito un
Comitato “per la promozione e il coordinamento” degli interventi indicati
nell’Accordo-Intesa “ove sono rappresentate le diverse componenti
istituzionali e le parti sociali, oltre ad una rappresentanza delle
strutture scolastiche e formative coinvolte[14].
Nel successivo accordo tra
la Regione e l’USR del 10.12.2003, nel quale vengono confermate le
indicazioni del Protocollo, si precisa che i “percorsi dovranno essere
rispondenti alle indicazioni ed agli obiettivi (standard) definiti dalla
Regione Lombardia” e si aggiunge che “fatta salva la rispondenza a tali
indicazioni, sarà garantita l’autonomia didattica e metodologica dei singoli
istituti e centri”[15].
La Regione e l’USR
predisporranno “congiuntamente” la Direttiva che consente di “individuare e,
se necessario, selezionare, gli istituti partecipanti alla sperimentazione”.
Per questo la Direttiva dovrà indicare: “i vincoli e le indicazioni per la
progettazione dei percorsi; i tempi per la presentazione delle domande di
adesione; i criteri di valutazione e selezione che saranno applicati da una
Commissione congiunta Regione-USR; le modalità di erogazione dei
finanziamenti”[16].
La realizzazione delle
sperimentazioni “si avvarrà degli organici d’Istituto negli anni scolastici
interessati, definiti in base alle disposizioni vigenti” mentre per la
progettazione/valutazione dei percorsi ci sono delle risorse aggiuntive coi
fondi della legge 440/97[17].
La Regione e l’USR
“promuoveranno la realizzazione di LARSA” e “di azioni di orientamento,
personalizzazione dei percorsi e di sostegno agli allievi disabili” che
verranno attuati “dai docenti compresi nelle dotazioni organiche del
personale degli istituti, con finanziamenti della Legge 440/97, senza
ulteriori oneri a carico delle Regioni e degli Enti locali”[18].
La “Consulta regionale
standard” viene incaricata di elaborare le “Indicazioni regionali per i
Piani di studio personalizzati e degli obiettivi Specifici di
apprendimento”, di predisporre il “sistema regionale di valutazione e
certificazione delle competenze e dei titoli”, organizzare il Centro
risorse, elaborare “modalità e strumenti per la gestione del portfolio,
della valutazione-validazione dei crediti e dei Larsa”. I tavoli tecnici per
progettare e organizzare questi interventi “saranno articolati per famiglie
professionali/filiere (meccanico, elettrico-elettronico, …) e per tematiche
specifiche (alternanza, portfolio, LARSA, …) e saranno composti anche da
esperti individuati dall’USR regionale tra gli Istituti che ne faranno
richiesta”[19].
Facendo seguito a questi
accordi la Regione e l’USR hanno emanato la Direttiva sulle sperimentazioni
del 21 gennaio 2004, prot. 696[20]
con la quale hanno invitato gli Istituti professionali e Tecnici ad aderire
alla prima fase della Sperimentazione (Progettazione). L’adesione degli
Istituti professionali e tecnici, che è previsto possa essere decisa in
autonomia dal Dirigente scolastico, a questa prima fase non implica
automaticamente la partecipazione alla fase operativa della Sperimentazione.
Al contrario la mancata partecipazione alla fase progettuale preclude la
possibilità di aderire alla fase operativa della Sperimentazione.
Numerosi Istituti
professionali e tecnici lombardi hanno raccolto l’invito e impegnato i
propri docenti in circa sessanta gruppi di lavoro, nei quali, coordinati dai
Dirigenti scolastici degli Istituti capofila, hanno progettato corsi di
I.F.P. specifici con percorsi triennali.
I progetti licenziati dai
gruppi di lavoro, il cui termine era inizialmente fissato per il 15 aprile
2004, ma è stato poi spostato al mese successivo, sono stati consegnanti
alla Regione per la validazione affidata ad un Comitato regionale(Comitato
paritetico, in futuro Consulta regionale standard).
Una volta validati i
progetti sono stati messi a disposizione delle scuole che intendono aderire
alla fase operativa della Sperimentazione. Per partecipare alla selezione è
necessario che la richiesta degli Istituti sia accompagnata dalla delibera
del Collegio dei docenti.
Per poter valutare
compiutamente i risultati dei Progetti validati bisognerà attendere di
conoscere nel dettaglio il percorso triennale effettuato nei corsi attivati.
La proposta di legge sull’I.F.P. della regione
Lombardia”
L’assessore regionale
all’Istruzione della Lombardia, Alberto Guglielmo, in un’intervista al
Corriere della Sera Lombardia del 3 maggio 2004[21],
ha anticipato le linee guida e i principali contenuti della proposta di
Legge regionale in materia di I.F.P., che presenterà al Consiglio regionale
per l’approvazione.
Secondo l’assessore il
Sistema educativo regionale lombardo, che, a giudizio di che scrive,
presenta numerose concordanze con il Progetto delle Scuole Politecniche
Territoriali e con i progetti sperimentali, si uniformerà alle indicazioni
della Legge 3/2001 e della legge 53/2003 e porterà al superamento della
storica “divisione tra istruzione magistrale, tecnica, professionale (di
competenza dello Stato) e la formazione professionale (regionale)”,
disegnando un percorso parallelo tra il sistema dei Licei e quello della
I.F.P.
Il nuovo Sistema I.F.P.
lombardo contemplerà un periodo di studi che potrà durare tra i tre e i nove
anni, terminando con il conseguimento di un diploma di Alta formazione
tecnica e con corsi professionali effettuati in Scuole universitarie
professionali (saranno diplomi analoghi a quelli universitari, ma non
accademici).
Il sistema sarà articolato
su 4 livelli formativi parificati in uscita agli standard europei (ECTS)
secondo la specifica:
-
I livello,
“qualifica di istruzione e formazione professionale” (uscita dopo i primi 3
anni, corrisponde al II livello europeo ECTS);
-
II livello,
“Diploma di istruzione e formazione professionale” (4 anni, corrisponde al
III livello europeo);
-
III livello,
“Diploma di istruzione e formazione professionale superiore” (5-7 anni,
corrisponde al IV livello europeo);
-
IV livello,
“Diploma di alta formazione professionale” (9 anni, corrisponde al V livello
europeo).
-
“Dopo quattro anni
di studi sarà possibile sostenere l’esame di maturità, utile anche per
entrare all’università (o all’alta formazione artistica, musicale,
coreutica), purché si frequenti un corso annuale integrativo. I titoli
potranno essere conseguiti anche attraverso percorsi di apprendistato”.
Un ruolo importante viene
assegnato ai LARSA “Laboratori di recupero e sostegno degli apprendimenti”,
che devono concretamente permettere agli alunni di passare da un sistema
all’altro in ogni momento; lo scopo è quello di consentire allo studente che
seguisse un corso professionale per artigiani, attraverso un percorso
personalizzato, di passare in un qualsiasi liceo.
Obiettivo del nuovo
Sistema educativo lombardo è, per l’assessore, quello di superare la
situazione attuale di concorrenza tra Formazione regionale e Istituti
professionali statali, infatti non il nuovo sistema non è stato predisposto
per “portare via i ragazzi al canale dell’istruzione, ma [per] impedire che
si allontanino dal percorso scolastico cui non vogliamo fare concorrenza”.
Rispetto alla collocazione
dei tecnici l’assessore quando afferma che “i tecnici diventeranno
laboratori di eccellenza che continueranno a rilasciare diplomi validi per
l’Università” sembra includerli nel canale I.F.P., non specificando in che
modo però potranno rilasciare diplomi validi per l’università, infatti la
legge 53/2003 non prevede questa possibilità se non con l’anno integrativo e
l’Esame di Stato.
Per ora sono giunti a
conclusione i primi 35 progetti sperimentali avviati dalla Regione nei
propri centri nell’a.s. 2002/03 sulla base dell’intesa tra il Presidente
Formigoni e il Ministro Moratti, che hanno coinvolto 537 allievi, i quali
hanno sostenuto l’esame finale del triennio nel giugno del 2005. In assenza
di altri dati e commenti riportiamo le informazioni che l’assessore
regionale Alberto Guglielmo ha fornito nel comunicato dell’8 giugno 2005
pubblicato sul sito della Regione Lombardia. Egli riferisce “Siamo stati i
primi in Italia ad avviare questa sperimentazione che ha dato una risposta
ai desideri e ai bisogni di tanti giovani e delle loro famiglie. Abbiamo
infatti ampliato l’offerta formativa e contrastato il fenomeno
dell’insuccesso e dell’abbandono. E questo proprio grazie alla profonda
integrazione tra istruzione, formazione ed andamento del mercato del
lavoro.”
Il comunicato riporta
altri dati sulla Sperimentazione dell’offerta di I.F.P. in Lombardia: dalle
35 classi e 537 allievi del 2002/03 si è passati alle 134 classi e 2.664
allievi del 2003/04 per approdare alle 387 classi e 7.274 allievi del
2004/05. A questi si devono aggiungere 41 classi per 950 allievi attivate
nelle scuole paritarie e 172 classi con 2.262 allievi i cui percorsi
biennali sono stati portati “allo stesso livello di preparazione dei
triennali”. Complessivamente la Sperimentazione in Lombardia ha coinvolto
circa 11.000 studenti. Per l’anno scolastico 2005/06 sono state attivate 417
prime classi.
Alla fine del triennio gli
allievi “conseguono un certificato di qualifica valido su tutto il
territorio nazionale ed europeo ed ottengono crediti utili al proseguimento
degli studi. Coloro infatti che saranno interessati a proseguire gli studi e
la formazione potranno frequentare il quarto anno di corso”, che organizzato
dalla regione è partito a settembre (hanno aderito circa il 40% degli
studenti licenziati a giugno). Concluso il quarto anno “i ragazzi potranno
fare l’anno integrativo ed accedere all’università”.
L’assessore conclude
affermando che “il successo della sperimentazione di questo percorso ci
consente di prefigurare un modello lombardo di sistema scolastico-formativo,
alla cui progettazione stiamo già lavorando”.
Progetto sperimentale “Scuole Politecniche
Territoriali”
Il Progetto Sperimentale
detto “Scuole Politecniche Territoriali”[22],
pubblicato sul sito dell’USR della Lombardia, è stato elaborato da un gruppo
di Ispettori tecnici, Dirigenti scolastici e docenti di oltre 80 Istituti
tecnici e professionali lombardi, coordinati dall’ispettore Diodato
Pellegrino il Progetto, che “vuole essere un contributo alla costruzione del
sistema I.F.P.” si pone come modello in un sistema scolastico completamente
rinnovato dalla Legge Costituzionale 3/2001 e dalla Legge 53/2003, che
affidano alle regioni il compito di ridisegnare il sistema I.F.P.
Il gruppo di lavoro ha
operato con “la finalità specifica di proporre e verificare le possibilità
attuative delle leggi di riforma” nell’ambito del sistema I.F.P.
Il Progetto è quindi il
tentativo di “concretizzare gli aspetti ispiratori della riforma” con
l’istituzione di Scuole Politecniche Territoriali che sono la “concreta
attuazione degli istituti di Istruzione e Formazione Superiore” con il fine
di costruire “un piano formativo adeguato alle esigenze culturali e
professionali dell’ambio territoriale: il Piano dell’Offerta Formativa
Territoriale”.
Per quanto riguarda
l’architettura del sistema il Progetto prevede un’articolazione su un
settennio con quattro livelli in uscita (qualifiche europee) e piani di
studio personalizzati strutturati nelle aree: competenze di base e
trasversali, competenze professionali di filiera, personalizzazione,
competenze professionali territoriali.
Per predisporre un piano
dell’Offerta Formativa Territoriale risulta indispensabile il coordinamento
e l’organizzazione tra le scuole di un determinato ambito territoriale così
da costruire “percorsi formativi e curricolari in grado di fornire
conoscenze e sviluppare capacità per il raggiungimento di competenze
certificabili. Tali percorsi potranno essere accessibili agli studenti
indipendentemente dall’Istituto di iscrizione”.
Gli obiettivi prioritari
del progetto sono:
-
“definire un nuovo
monte ore formativo che realizzi compiutamente gli aspetti programmatici
previsti dagli attori che interagiscono nel territorio”; (sono previste
circa 900 ore annue obbligatorie, che comprendono l’area delle competenze di
base e trasversali, l’area delle competenze professionali di filiera e la
personalizzazione, + 200 ore per la personalizzazione e l’articolazione
dell’offerta formativa territoriale, U.d.A.C. territoriali di filiera
interne/esterne);
-
“progettare un
nuovo sistema per la definizione degli organici, partendo dai risultati
della ricerca ISVOR-Fiat group Ufficio scolastico regionale”; (viene
proposto un “organico d’istituto stabile per 5/7 anni, con possibilità di
personale operativo in rete nell’ambito territoriale -laboratori
territoriali-” e una “strutturazione oraria congrua all’organico d’Istituto
settennale”;
-
“definire moduli ed
Unità di Apprendimento Certificabili (U.d.A.C.) quindi non autoreferenziali
e/o mutuamente riconosciute secondo gli standard nazionali e spendibili
secondo l’articolato di legge”; (si propongono “interventi integrati con
agenzie formative del territorio -Istituti, Formazione professionale,
aziende, ecc.-“);
-
“costituire, con la
realizzazione del Progetto NET.UNO, reti di Istituti produttori di progetti
didattici e curricolari connessi alle esigenze territoriali secondo quanto
definito nell’art. 4 della legge di riforma”.
Nel dettaglio il Progetto
si articola, come riportato nella tabella riassuntiva delle qualifiche e
della distribuzione oraria delle diverse aree di competenze (pubblicata sul
sito USR), su quattro Livelli, corrispondenti alle diverse uscite per anni
di scolarità:
-
Livello I, primo e
secondo anno;
-
Livello II, terzo
anno;
-
Livello III, quarto
anno;
-
Livello IV, sesto e
settimo anno;
-
il quinto anno
prevede diverse situazioni oltre al passaggio al sistema dei Licei, abbiamo
la provenienza dal sistema dei Licei e l’anno propedeutico per la Formazione
tecnica superiore.
Sempre nella tabella sono
indicati sia i requisiti per l’accesso ai diversi livelli (dalla scolarità
del primo ciclo “obbligatorio” -scuola primaria e secondaria di primo grado-
per il I livello alla formazione secondaria per il IV livello, vengono prese
in considerazione anche la formazione extrascolastica e l’apprendistato) sia
i profili in uscita con relativi titoli e modalità per il conseguimento (dal
I Livello, Attestato di frequenza che certifica crediti e competenze
acquisite per “l’esecuzione di un lavoro relativamente semplice, al IV
livello, esperto/specialista, ad esempio Ingegnere edile-cartografo che
“svolge attività professionale con rilevanti competenze tecnico scientifiche
e/o livelli significativi di responsabilità e autonomia nella
programmazione, amministrazione e gestione”).
Nel Progetto sono previsti
Comitati di valutazione esterni per la parte relativa alle competenze
professionali formati da rappresentanti: delle Categorie professionali, dei
Dirigenti scolastici, degli Enti locali, delle Organizzazioni sindacali,
degli Enti di formazione professionale, degli Enti certificatori e delle
Università.
Infine, l’articolazione
dell’orario assegnato alle diverse aree di competenza indica una prevalenza
di tempo-scuola dedicato alle competenze di base e trasversali nei primi
quattro anni (varia tra il 56% e il 53%); nel sesto e settimo questa
percentuale si riduce al 19% per privilegiare l’area della progettazione,
realizzazione e collaudo di un prodotto.
Il Progetto prevede che
anche la Formazione regionale adotti questo schema, ma non affronta la
questione della collocazione degli Istituti tecnici, che, come si diceva
all’inizio, è quella più complessa.
[1]
La Sperimentazione viene progettata e
attuata all’interno di un quadro normativo di riferimento nazionale e
regionale, che comprende le seguenti disposizioni: Legge Costituzionale
n. 3 del 2001 -Riforma titolo V della Costituzione-; Legge n. 53 del 28
marzo 2003 (Riforma Moratti); Legge n. 30 del 14 febbraio 2003 -Legge
Biagi-; Accordo-Quadro Stato-Regioni del 19 giugno 2003; Protocollo
d’intesa fra la regione Lombardia, MIUR e MLPS del 3 giugno 2002;
Protocollo d’intesa fra la regione Lombardia, MIUR e MLPS del 25
settembre 2003; Accordo territoriale fra la regione Lombardia e
l’Ufficio scolastico regionale della Lombardia del 10 dicembre 2003;
Accordo Stato-Regioni sugli standard formativi minimi approvati nella
conferenza Stato-Regioni del 15 gennaio 2004; Bando dell’Ufficio
scolastico regionale e della regione Lombardia del 21 gennaio 2004, prot.
n. 696.
In questo quadro
non si può fare a meno di citare alcune norme generali che pur non
essendo state pensate in funzione della legge 53/2003 e del federalismo
scolastico risultano decisive per il processo di riforma in atto: si
tratta della normativa relativa all’Autonomia delle istituzioni
scolastiche, quella sulla parità tra pubblico e privato e quella sulla
dirigenza ai presidi.
[2]
Corriere della Sera Lombardia del 3 maggio 2004, “Formazione
professionale, arriva il modello lombardo”. Intervista all’assessore
all’Istruzione della regione Lombardia Alberto Guglielmo, a cura di
Annachiara Sacchi.
[3]
Sul sito nazionale della Gilda degli Insegnanti
www.gildains.it e su quelli del Centro studi
www.gildacentrostudi.it e
di Professione docente
www.professionedocente.it si trovano numerosi interventi che
presentano valutazioni politiche e/o professionali sulla Riforma
Moratti, anche riferiti alla secondaria superiore. In particolare sul
Progetto delle “Scuole Politecniche Territoriali” si legga l’intervento
del Prof. Telesforo Boldrini, resp. Gilda di Lecco, dal titolo
“Politecnico Territoriale?”.
[4]
Corriere della Sera Lombardia citato. I corsi triennali della Regione
erano 35 nell’a.s. 2002-2003 e 160 nell’a.s 2003-2004. Nell’a.s.
2004-2005 solo nella provincia di Brescia ben 1100 alunni in uscita
dalla scuola media hanno scelto la Formazione professionale regionale,
con un significativo incremento rispetto allo scorso anno. In totale
nell’a.s. 2004-2005 sono stati attivati corsi per un totale di 5.200
studenti con una spesa di 51 milioni di euro di finanziamenti regionali.
[5]
Corriere della Sera Lombardia citato.
[6]
Protocollo d’intesa fra la regione Lombardia, MIUR e MLPS del 25
settembre 2003, art. 1.
[7]
Ibidem, art. 2, cc. a) e b).
[8]
Ibidem, art. 2, cc. c), d) e e).
[9]
Ibidem, art. 3, c. 1.
[10]
Per quanto riguarda l’attuazione dell’art. 4 dell’Accordo-Quadro del 19
giugno 2003 con il Documento tecnico per la definizione degli standard
formativi del 15 gennaio 2004 sono definiti gli standard formativi
minimi relativi alle competenze di base, divisi in quattro aree: area
dei linguaggi, tecnologica, scientifica, storico-socio-economica.
[11]
Ibidem, art. 3, c. 2.
[12]
Ibidem, art. 6, c. 1.
[13]
Ibidem, art. 5, c. 2.
[14]
Ibidem, art. 6, c. 3. Nel successivo
accordo del 10.12.2003, art. 4, c. 2, il Comitato risulta così composto:
due rappresentanti della Regione Lombardia, due del MIUR, due del MPLS,
quattro delle “organizzazioni sindacali confederali”, quattro dei datori
di lavoro, due delle province lombarde.
[15]
Accordo territoriale fra la regione Lombardia e l’Ufficio scolastico
regionale della Lombardia del 10 dicembre 2003, art. 2 cc. 2 e 3.
[16]
Ibidem, art. 2, c. 5.
[17]
Ibidem, art. 2, c. 6.
[18]
Ibidem, art. 3, cc. 1, 4.
[19]
Ibidem, art.5; finché la consulta non è operativa questi compiti sono
svolti in “connessione con il comitato paritetico”.
[20]
Il bando si trova sul sito dell’USR, Ufficio integrazione politiche
formative.
[21]
Tutte le citazioni, ove non diversamente riportato, sono tratte da
Corriere della Sera Lombardia citato.
[22]
Tutte le citazioni, ove non diversamente riportato, lo schema della
struttura e la tabella sono tratte dal Progetto pubblicato sul sito
dell’USR della Lombardia.
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