Resoconto del Convegno

“L’istruzione e la formazione professionale tra federalismo e devolution”

Istituto Professionale di Stato “Golgi”

Brescia 3 aprile 2003

Relazione Gianlugi Dotti - Relazione Daniela Bini

Il moderatore, prof. Gianluigi Dotti, Coordinatore della Gilda di Brescia, introducendo il tema del Convegno ha portato ai partecipanti il saluto e l’augurio di un proficuo lavoro del Coordinatore nazionale prof. Alessandro Ameli che, per sopravvenuti impegni improcrastinabili, non è potuto essere presente.

Ha poi ringraziato i numerosi partecipanti (gli oltre cento posti in sala erano tutti occupati) e ha ricordato che la Gilda di Brescia ha fortemente  voluto questo incontro con gli insegnanti degli Istituti professionali di Stato (organizzato in forma di assemblea-convegno per dare la possibilità al maggior numero di docenti di partecipare) con l’obiettivo di:

-         fare il punto della situazione riguardo all’istruzione e alla formazione professionale all’interno del nuovo sistema costituzionale federalista, raccogliendo e ordinando le informazioni finora disponibili e reperite;

-         cercare nella conoscenza delle esperienze avviate, o che si stanno avviando, le prospettive per il futuro dell’istruzione e della formazione professionale (in pratica come si muoveranno le regioni, esempio Emilia Romagna);

-         formulare alcune proposte affinché l’istruzione e la formazione professionale goda di “pari dignità” col sistema dei licei nella convinzione che se questo non avvenisse l’intero sistema ne pagherebbe le conseguenze e che il tempo a disposizione (24 mesi) per incidere sui decreti legislativi non va sprecato in inutili disquisizioni ideologiche.

I relatori intervenuti: la prof.ssa Renza Bertuzzi, direttrice di Professione docente”, e il prof. Francesco Zaffuto, Coordinatore provinciale della Gilda di Milano nelle loro relazioni hanno fornito agli insegnanti convenuti un quadro complessivo della problematica relativa alla Istruzione e formazione professionale.

La prof.ssa Bertuzzi ha avuto il non facile compito di schematizzare la questione della Istruzione e formazione professionale (in particolare la sorte degli Istituti professionali di Stato) in relazione alla Riforma dei cicli e alla modifica del titolo V della Costituzione. Ha precisato che l’introduzione del “doppio canale” è legata alla modifica costituzionale, che ha fissato la competenza esclusiva alle regioni in materia di Istruzione e formazione professionale.

Per quanto riguarda il modo in cui le regioni attueranno queste loro competenze ha presentato il progetto di legge dell’Emilia Romagna (un progetto di legge questo a cui guardano con interesse anche la Lombardia e il Piemonte, ma che non piace agli insegnanti come è emerso dal dibattito in sala), che, se approvato nella versione ora predisposta, otterrebbe il risultato di cancellare gli Istituti professionali di Stato a vantaggio da una parte dei licei e dall’altra della formazione professionale quest’ultima interamente affidata alla regione e gestita da enti accreditati (spesso privati). In questa prospettiva molti studenti sceglieranno il percorso liceale, ritenendo quello professionale meno qualificato, infatti il titolo di studio calibrato sulle esigenze territoriali-regionali non sarebbe spendibile in ambito nazionale. Tutto ciò si lamenta nel momento in cui si presenta l’esigenza di un’apertura dei profili professionale da rendere spendibili a livello europeo.

Il prof. Zaffuto, citando la Riforma Moratti, ha fatto notare come i decreti legislativi, che dovranno essere emanati entro 24 mesi, non prevedono la consultazione dei docenti, ma quella di alcuni ministri, degli enti territoriali e delle associazioni dei datori di lavoro. Per questo è ora necessaria la massima attenzione, l’impegno e la mobilitazione di tutti gli insegnanti perché nei prossimi mesi si eserciti una forte pressione che obblighi il Ministro a tener conto delle proposte dei docenti. In particolare ha ribadito che le professionalità, le risorse umane e materiali (laboratori), che oggi rappresentano la ricchezza degli Istituti professionali non sono da disperdere. L’aggiunta del livello territoriale-regionale deve essere un di più rispetto alle risorse attuali,  l’intervento della Regione non deve configurarsi come quello di un commissario liquidatore dell’esperienza degli Istituti professionali.

Nel dibattito che è seguito alle relazioni i numerosi interventi hanno esposto le preoccupazioni riguardo alla futura collocazione degli insegnanti degli Istituti professionali di Stato, in particolare forti sono le apprensioni di quelli tecnico pratici, preoccupati dalle informazioni giunte finora e relative alla formazione degli organici regionali e all’affidamento dei laboratori e della formazione-lavoro alle aziende, per le quali è addirittura previsto un finanziamento.

Gianluigi Dotti


Quale sarà il futuro dell’istruzione e della formazione professionale in Italia?

L’argomento è piuttosto complesso, perché non coinvolge solamente la scuola e le riforme in essa in atto, ma anche i cambiamenti politici degli ultimi anni, in particolare il federalismo (conseguente alla riforma del titolo V della Costituzione realizzata nell’ottobre del 2001) e la devoluzione (tuttora allo stato di ipotesi legislativa).

La Gilda degli insegnanti di Brescia ha organizzato un convegno dal titolo: “L’istruzione e la formazione professionale tra federalismo e devolution”, tenutosi nei locali dell’Istituto Professionale di Stato “Golgi” a Brescia il 3 aprile 2003, per cercare di rispondere alle esigenze di informazione, che provengono dal mondo della scuola, e suggerire alcune chiavi di analisi e di interpretazione dei fenomeni in atto.

La riforma del titolo V della Costituzione, attuata dal governo dell’Ulivo, ha affidato alle Regioni competenza esclusiva in materia di Istruzione e formazione professionale e ciò ha suscitato (già prima della riforma Moratti, la cui legge delega è stata approvata pochi giorni fa) vari interrogativi: in che modo le Regioni eserciteranno questa loro nuova competenza? Gli attuali istituti professionali che fine faranno? Gli insegnanti di questi istituti diventeranno dipendenti regionali? E gli insegnanti tecnico pratici? Il sistema dell’istruzione e della formazione professionale riuscirà ad ottenere pari dignità rispetto all’istruzione liceale?

In attesa dei decreti attuativi della riforma Moratti e delle decisioni che matureranno in campo politico sul grado di federalismo da attuare nel nostro Paese, i relatori del Convegno (Renza Bertuzzi e Francesco Zaffuto, entrambi insegnanti con incarichi di responsabilità nell’ambito della Gilda) hanno cercato di fare il punto della situazione, illustrando anche la recente legge dell’Emilia Romagna in tema di Formazione professionale (si tratta di una legge che attua una sorta di “controriforma” scolastica utilizzando gli spazi giuridici consentiti dalla riforma costituzionale del 2001, e che ha suscitato l’interesse di altre Regioni, come la Lombardia e il Piemonte).

Secondo la prof.ssa Bertuzzi è probabile che la gestione degli attuali Istituti professionali sarà affidata, personale compreso, alle Regioni; quanto alla dignità del percorso formativo professionale (di cui, secondo la relatrice il nostro Paese aveva effettivo bisogno, anche per le sollecitazioni in proposito provenienti dell’OCSE) Gilda si sta impegnando da tempo perché il “doppio canale” trovi nei fatti un’attuazione che consenta alle “due gambe” della scuola (l’Istruzione liceale da un lato e l’Istruzione e la formazione professionale dall’altro) pari validità all’interno della nostra società. Non in questa direzione pare rivolgersi il citato progetto emiliano, che sembra puntare ad eliminare l’Istruzione professionale e ad affidare la formazione professionale ad enti accreditati esterni alla scuola; ne potrebbe conseguire che la maggioranza degli studenti preferirà il percorso liceale, l’unico che potrà garantire istruzione e cultura, e che i docenti degli attuali Istituti statali professionali …rimarranno a spasso!!

Anche per questa ragione è necessario che gli insegnanti facciano sentire la loro voce (come hanno fatto in gran numero in occasione dello sciopero dello scorso 24 marzo), invitando la società a riflettere sulle conseguenze di interventi di riforma guidati da interessi di tipo economico e di gestione del potere, scarsamente condivisi, che potrebbero provocare conseguenze negative di lunga portata sulla scuola italiana. 

Bini Daniela