Saranno famosi?
IL TUTOR
di Renza Bertuzzi
Portfolio e tutor sono le due novità della riforma della Scuola che hanno acceso insieme curiosità e preoccupazione.
Entrambe sono novità nella loro collocazione ufficiale all’ interno della struttura istituzionale della nuova scuola, ma non sono inedite nel panorama delle ideazioni pedagogiche.
Il portfolio è già stato analizzato con accurata precisione da Serafina Gnech, nel suo intervento sul sito del Centro studi, delle sue rischiose – e non remote - conseguenze sulla libertà d’ insegnamento ha già avvertito l’ inchiesta di Professione docente.
Rimane la figura del tutor. Chi sarà costui? Un docente impegnato in un lavoro “matto e disperatissimo” (insegnamento, coordinamento, rapporti con i genitori ecc…), caricato di responsabilità ingenti e retribuito con il niente del fondo d’ istituto? Oppure sarà una nuova figura, magari considerata un gradino più in alto dei colleghi, retribuita con un uno stipendio diverso?
E, nel secondo caso, quale sarà il suo rapporto con i colleghi: di tipo egualitario o di tipo gerarchico?
Non sono domande da poco: la scelta di un modello o di un altro rappresenterà l’ idea di scuola a cui si tende. Una scuola libera, o una scuola nella quale gli insegnanti dovranno limitare l’ambito della loro libertà d’ insegnamento, adeguandosi alle indicazioni di qualcun altro che non sia la propria assunzione di responsabilità individuale.
Per cercare di capire di più, vediamo di studiare la funzione del tutor là dove esso esiste già: nella Formazione Professionale.
Non appaia bizzarra questa comparazione tra scuola e F.P. Non pochi elementi
fanno intravedere che anche questo governo, oltre le dichiarazioni di intenti, guarda con molto interesse a questo particolare modello “ scolastico”.
Questi i segnali dell’ attenzione.
· Prima di tutto, l’ intento di unificare lo stato giuridico dei docenti con quello dei formatori, contenuto nelle proposte di Modifiche dello Stato giuridico degli insegnanti, presentate da questo governo. Se l’ idea andrà in porto, avremo due conseguenze, difficile dire quale sia la peggiore. La prima, un probabile ritocco dell’ orario di lavoro (i formatori svolgono 36 ore); la seconda, un stretta sulla libertà d’ insegnamento (ai formatori non è riconosciuta).
· Poi, il fatto che si prendano dalla FP modelli di organizzazione didattica.
Dunque, con discreta attendibilità di ragionare sul “probabile”, vediamo chi è il tutor nella F. P.
Traiamo queste notizie da ricerche del Dipartimento di Pedagogia dell’Università di Bologna e da relazioni di tutor nella F.P. della provincia di Bologna, presentate in un recente seminario.
Chi è il tutor ?
Definito, con grande serietà, “uomo di frontiera“ , e quindi educatore non convenzionale (e paragonato al professore dell’ Attimo fuggente), il tutor assume nel proprio ruolo moltissime funzioni.
E’ considerato il punto di riferimento di ogni classe.
Ha rapporti con gli studenti, i genitori, gli enti esterni.
Raccoglie le problematiche degli studenti rispetto: a) al corso seguito;
alle difficoltà con gli insegnanti; c) alle difficoltà personali.
Risponde a tutte le richieste.
Nelle ricerche effettuate dal Dipartimento di Pedagogia, emerge che la figura del
tutor è considerata dagli studenti della F.P. il fulcro dell’ attività scolastica.
Si è parlato di una vera e propria “apologia”: il tutor è considerato come colui che “fa la scuola così com’ è” e che “va incontro alla mutevolezza e alla singolarità di ogni classe”.
Quali gli impegni del tutor
Nella F.P. il tutor non ha impegni di insegnamento. Si occupa dell’ organizzazione di alcuni corsi (in genere due) e di tutte le problematiche connesse. In questo senso, la tabella predisposta da Riccardo Princi per il Centro studi (“ Aiuto, mi è scoppiato il tutor”) è abbastanza attendibile. 460 ore per corso, diventano 920 ore per due corsi, che divise per 33 settimane (durata dell’ anno scolastico) fanno circa 28 ore settimanali. Se si aggiungono anche i contatti con gli enti e le istituzioni e le riunioni, si raggiungono facilmente le 36 ore settimanali.
Quali gli ambiti di intervento del tutor
Come si rapporta il tutor con i docenti disciplinari e professionali?
Il modello del tutor nella F.P. chiarisce abbastanza gli interrogativi, fondamentali e pressanti, che riguardano il tipo di rapporto con gli altri colleghi (gerarchico o paritetico?).
Dunque, nella F.P. si occupa prevalentemente del problema della didattica. In sostanza, l’assunto su cui ruota tutta l’ attività del tutor nella F.P. risiede nel principio che le difficoltà degli studenti hanno una ragion d’essere prevalentemente nel rapporto con i docenti e nel loro modo d’ insegnare.
Da qui, la possibilità per il tutor di intervenire ad indicare modalità didattiche da attuare nelle situazioni problematiche.
In genere, le indicazioni intendono modificare comportamenti dei docenti ritenuti - dagli studenti - non idonei, suggerendo risposte comportamentali e metodologie didattiche. Facciamo un esempio. Se lo studente sostiene che le sue difficoltà di comprensione della materia dipendono dal fatto che la disciplina è troppo teorica (i casi più diffusi), allora il tutor suggerisce tecniche che rendano il tutto più accattivante.
Che trasformino la “cattiva” didattica in “buona”.
Diciamo che questo modello di tutor assomiglia molto al counselor delle scuole degli Stati Uniti di cui si parla nella nota di Serafina Gnech, pubblicata nel sito del Centro studi.
Il counselor, da ciò che si evince dal libro di Marianella Sclavi, A una spanna da terra, ascolta le problematiche degli studenti e le accoglie semplicemente.. Similmente, il tutor nella F.P. accoglie le difficoltà e interviene non sullo studente per aiutarlo a superarle, ma sull’ insegnante perché egli si modifichi.
Alcune riflessioni
Il tutor nella F.P è il perno di tutta l’ attività didattica. Pur non insegnando direttamente (o forse proprio per questo) è caricato di un ‘aura’ di eccessiva importanza che lascia in ombra l’ azione dei docenti che insegnano le discipline o le attività formative.
Svolge sicuramente un ruolo direttivo nei confronti dei colleghi, poiché interviene proprio nell’ ambito della professionalità docente - la didattica- e quindi si può parlare di figura gerarchica.
Quali probabilità ci sono che tutto ciò accada anche nella definizione del tutor introdotto dalla Legge 53?
Se pensiamo che questo è un modello già definito; che le università stanno attrezzandosi per predisporre corsi di formazione per i tutors; che i tutors della F.P sono già stati chiamati come docenti in corsi, istituiti presso molte scuole statali e che hanno come oggetto proprio questa nuova figura, allora la risposta sembra abbastanza scontata.
All’ ultimo e più urgente dubbio : “ Ma i tutors saranno un gruppo di carriera che esercita il controllo sui colleghi?“ viene da rispondere - come non si dovrebbe mai - con un’altra domanda.
Per quale altro motivo sarebbero stati pensati, se non potessero esercitare un potere d’ intervento?
Nuovi mandarini crescono ?