UNA
CARRIERA VERSO L’UNIVERSITA’
Quattro
osservazioni in merito alla proposta dell’ARAN di considerare il titolo
di dottore di ricerca spendibile ai fini della progressione di carriera
dei docenti della Scuola Statale
di Italo
M. Scrocchia
Il Sole 24 Ore ha pubblicato, in data 19
Dicembre 2003, un articolo a firma Luigi Illiano, che riporta alcune
proposte dell’ARAN in merito alla carriera dei docenti della scuola
statale.
Vi si legge che viene previsto uno
sviluppo di carriera lungo due fasce: quella dell’anzianità di servizio
e quella della professionalità, premiando in un primo tempo (e fino a
una certa soglia), l’anzianità e, successivamente, la professionalità.
Nel documento dell’ARAN (vedi:
Carriera docente in vista. Sintesi del documento di lavoro Aran del
18/12/2003, Centro Studi Gilda) viene ribadito, tra le altre
proposte, che per l’area della ricerca e della sperimentazione il
docente può accedere al dottorato di ricerca considerato titolo utile
per la carriera universitaria previo relativo concorso (si badi bene:
occorre un concorso per accedere al dottorato di ricerca al termine
del quale non si accede automaticamente ai ruoli di ricercatore
universitario: occorre infatti sostenere un nuovo concorso, diverso e
distinto, e per il quale non è nemmeno necessario essere in possesso
della qualifica di dottore di ricerca).
Il titolo di dottore di ricerca fu
istituito con DPR 382/80 nell’ambito del “Riordinamento della docenza
universitaria, relativa alla fascia della formazione nonché della
sperimentazione organizzativa e didattica”.
Da allora sono stati emanati dalle varie
Facoltà Universitarie (nell’ambito della propria autonomia) circa una
ventina di cicli di dottorato con la conseguente acquisizione, a tutt’oggi,
del titolo di dottore di ricerca da parte di un ormai nutrito gruppo di
laureati che, per evidenti ragioni , non sono stati tutti assorbiti nei
ruoli a tempo indeterminato delle Università.
La difficoltà di inserimento dei dottori
di ricerca, attraverso concorsi a ricercatore e/o contratti a tempo
determinato, nella loro naturale collocazione, vale a dire le
Università, ha spinto nel corso degli anni, una delle principali
associazioni di categoria l’ADI (associazione dottori e dottorandi di
ricerca italiani) a formulare proposte per il loro inserimento in altre
amministrazioni dello Stato nel tentativo di veder riconosciuto il
titolo di dottore di ricerca quale canale preferenziale per i concorsi
statali (ricordiamo che il titolo di dottore di ricerca, pur avendo un
certo prestigio, ha unicamente valenza accademica e non rappresenta
titolo preferenziale e/o esclusivo per l’inserimento tramite concorso
nelle pubbliche amministrazioni).
In un loro documento ufficiale pubblicato
nel sito
www.dottorato.it (a cui si rimanda per ulteriori chiarimenti ed
ampliamenti) il gruppo di lavoro ADI-Pubblico Impiego propone tra gli
obiettivi dell’Associazione la valorizzazione del titolo di dottore di
ricerca per il reclutamento del personale della scuola ritenendolo
superiore a quello di specializzazione all’insegnamento rilasciato
dalle SSIS (infatti a livello accademico il titolo di dottore di ricerca
rappresenta il massimo titolo di studio conseguibile in Italia).
La prima delle osservazioni viene da sé!
La seconda osservazione va fatta in
riferimento al fatto che tale meccanismo non garantirebbe uguale
condizione di partenza per molti docenti italiani non in possesso di
laurea (maestri elementari, docenti di laboratorio, maestri d’arte
ecc.), conseguenza del fatto che al concorso per dottorato di ricerca
si accede unicamente con la laurea specialistica o con quella di vecchio
ordinamento.
La terza osservazione è che chiunque
sia in possesso di laurea può già, comunque, ed indipendentemente dal
fatto di essere docente delle scuole statali, partecipare al concorso di
dottorato. Inoltre, dal giugno 2002, al pubblico dipendente
vincitore del concorso di dottorato viene dato il congedo totale per la
frequenza al dottorato e mantenuto il trattamento economico
previdenziale ed assicurativo dell’amministrazione di provenienza
durante tutta la durata dello stesso.
Non si vede, quindi, quale particolare agevolazione
venga prospettata ora dall’ARAN al docente delle scuole statali in
termini di prospettiva di carriera per un
eventuale suo accesso all’Università sotto qualsiasi punto di vista lo
si voglia considerare (tutor, assistente nelle Scuole di
specializzazione all’insegnamento secondario superiore, ricercatore
ecc.)
Infine….il 16 Gennaio 2004 il Consiglio
dei Ministri ha approvato il disegno di legge delega sul riordino dello
status giuridico dei docenti universitari, proposto dal ministro
dell’Istruzione Letizia Moratti, che, tra le altre cose, propone
l’abolizione della fascia dei ricercatori. Le attività di ricerca, si
legge nella relazione al disegno di legge , saranno realizzate da
giovani in possesso della laurea specialistica con contratti a termine (co.
co.co.) di massimo cinque anni rinnovabili una sola volta con compensi
stabiliti dalle singole Università.
Ne consegue - e veniamo alla quarta
osservazione - che verrebbe a mancare per il docente delle scuole
pubbliche in possesso del dottorato di ricerca (ma a questo punto per
tutti i dottori di ricerca) la possibilità di accedere al successivo e
più naturale gradino della scalata della carriera universitaria quale è
quello appunto del concorso al posto di ricercatore universitario (con
tutte le difficoltà sopra accennate) a meno che, sempre stando al testo
del disegno di legge delega, non si abbia la voglia e l’età di
diventare “precari a termine”… Altro che carriera!!
Una sola via è percorribile se si vuole seriamente
avviare per i docenti una carriera verso l’Università, come da sempre
chiede la GILDA:
immettere i docenti della scuola
superiore, che abbiano superato il dottorato di ricerca, nei ruoli dei
professori associati delle università, con compiti principalmente
indirizzati alla ricerca didattico-disciplinare ed alla formazione degli
insegnanti.
Si intende avviare un vero processo di
professionalizzazione dei docenti?
Ebbene, si evitino
le suggestioni cartacee di falsi percorsi e si crei - nei fatti - una
vera sinergia fra scuola e università. Mirando ad una professionalità
alta e diffusa, tale da elevare veramente la qualità della scuola
italiana.