Senza
il documento n.3 sugli obiettivi generali e specifici e sulle discipline, non
appare possibile esprimere un parere definitivo sulle intenzioni e le finalità
di quest’opera di revisione, tuttavia, dall’esame dei due documenti già
pubblicati, che ne costituiscono la cornice culturale, appare evidente che ‘’la
riforma Fioroni’’ ha molta probabilità di risultare una felice sintesi della
riforma Berlinguer e della riforma Moratti.
Come
al solito si esprimono docenti universitari e pedagogisti, quelli che la
scuola non la vivono sulla loro pelle, i quali nei due documenti
ripropongono, a ben guardare, retoriche rielaborazioni di concetti scontati,
peraltro più volte enunciati, anche se in forma diversa, negli ultimi decenni.
E
tuttavia qualche motivo di allarme c’è.
La
scuola,ad esempio, privata della sua più alta connotazione di ambiente di
apprendimento, ed espropriata delle sue peculiari finalità di Istituzione della
Repubblica, viene considerata una delle tante agenzie formative , attenta e
disponibile alle mille educazioni e fautrice del raggiungimento di standard di
apprendimento sempre più declassati in quanto mancano prescrizioni nazionali su
programmi e obiettivi disciplinari che siano essenziali, chiare e precise.
In
questa immagine di scuola, sempre più legata da una parte al territorio, e
dall’altra alle richiesta di genitori e alunni, la figura del docente risulta
limitata e compressa in ambiti che ne snaturano e ne dequalificano il ruolo,
mentre ne dilatano la responsabilità del successo formativo.
Nella
scuola in cui lo studente deve trovare solo ‘’ occasioni ‘’ di approfondimento,
-
il
docente (mediatore culturale nella visione di Berlinguer e precettore in quella
della Moratti) diventa ‘’guida e accompagnatore’’ al servizio dei ‘’bisogni
fondamentali e dei desideri di bambini e adolescenti’’, archivista di
informazioni e riordinatore di saperi appresi da altre fonti, attento a fornire
risposte a molteplici stimoli (o mode?) che la società contemporanea, e più in
particolare la famiglia e il territorio, richiedono;
-
la
valorizzazione della professionalità docente passa attraverso una capacità di
‘’negoziazione delle scelte’’ che, nella realtà attuale della scuola autonoma
sempre più tesa all’acquisizione di una più vasta clientela*,
è ben lungi dal configurarsi quale ‘’confronto responsabile, finalizzato ad un
progetto alto di scuola’’.
*
nella scuola azienda, i collegi si trasformano sempre più spesso in conferenze
di servizio del dirigente e si finisce con lo ‘’spingere troppo’’ sul
territorio; in tal modo , inevitabilmente, gli alunni vengono orientati ad una
visione limitata del loro possibile futuro, che non consente scelte di più ampia
portata.
La
centralità della persona – alunno, con il continuo richiamo ai suoi bisogni e
con un solo e unico richiamo al suo impegno personale (quasi che egli non sia
corresponsabile del suo successo formativo), mortifica la professionalità degli
insegnanti perché disconosce la
centralità del rapporto
docente – alunno
che
si realizza solo nella scuola e che costituisce presupposto indispensabile nei
processi di apprendimento, di formazione del pensiero critico e di crescita;
solo la capacità
del docente professionista di riuscire a stabilire con i suoi alunni un’ ‘’intesa’’
fatta di attenzione e di sguardi, di complicità e di autorevolezza, di
comprensione e di fermezza, può far nascere in essi ‘’nuovi e più alti bisogni’’
di sapere, di essere, di crescere, di diventare.
E’
illusorio pensare che la qualità possa essere innalzata mediante l’effetto
taumaturgico del modello pedagogico–organizzativo utilizzato, prescindendo dal
coinvolgimento dei docenti che devono trovare anch’essi un ‘’senso’’ nel loro
operato, insieme a condizioni di lavoro che favoriscano autonomia e
responsabilità nelle scelte.
Ma la
qualità costa, ed è impensabile anche solo tentare di avvicinarvisi senza un
investimento di risorse adeguate nelle strutture e soprattutto nelle persone.
In
una scuola che miri alla qualità, la rivalutazione della professionalità docente
deve essere perseguita e sostenuta attraverso:
1) la
separazione delle aree contrattuali, per inquadrare e riconoscere
contrattualmente tutte le peculiarità della professione;
2) la
restituzione ai docenti della scelta dei percorsi formativi degli alunni fermi
restando gli obiettivi nazionali unitari minimi;
3) la
rivalutazione del potere deliberante dei docenti, rafforzando i momenti
collegiali (a presidenza elettiva ) ed istituendo nelle scuole
a. condizioni e strutture che agevolino l’insegnamento,
b.
organismi di formazione e di ricerca disciplinari ed interdisciplinari;
4) la
restituzione ai docenti del pieno potere valutativo e di orientamento degli
alunni anche tramite il riconoscimento del valore legale dei titoli di studio,
accesso all’università compreso;
5)
l’affidamento a docenti di provata esperienza e capacità della formazione di
tutti coloro che, terminata l’università, intendono dedicarsi all’insegnamento;
6)
l’istituzione di apposite strutture di formazione in itinere, aperte anche alla
collaborazione con l’università, ma solo in condizione paritetica, il cui
coordinamento sia affidato a docenti di grande esperienza e di provate
competenze;
7) il
consolidamento del principio della professionalità docente con l’istituzione di
un sistema di autoregolamentazione disciplinare basato su principi etici e sulla
istituzione di in Consiglio Nazionale della Docenza.
Senza
una revisione seria degli organi collegiali e del loro funzionamento, che limiti
in maniera non solo formale il potere decisionale del dirigente e dei suoi
stretti collaboratori, nella scuola – azienda si finisce con lo spingere troppo
sul territorio orientando inevitabilmente gli alunni ad una visione limitata del
loro possibile futuro, che non consente scelte di più ampia portata.
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