Come si legge in Centro studi Gilda e in vari altri
luoghi, e’ probabile che il nuovo governo voglia mettere mano al tema della
valutazione del personale scolastico. I ministri Moratti e Fioroni, memori
di quanto occorso a Berlinguer, cui il tentativo di valutare i docenti costò
le dimissioni, non avevano mai affrontato seriamente il tema; ma il nuovo
ministro è molto giovane, al tempo della messa in fuga di Berlinguer
frequentava l’università. La maggioranza che sostiene il governo ha numeri
“bulgari” e approva sempre tutto. Inoltre sono cambiati i tempi: la gente è
stata indotta dai media ad elevare il livello delle aspettative e anche
delle pretese verso i funzionari pubblici; ricerche molto “orientate” hanno
finito per convincere molti che il “prodotto scolastico” italiano sia di
bassa qualità a causa di masse di insegnanti nullafacenti e di dirigenti
scolastici, amministrativi e tecnici dormienti dietro le loro scrivanie.
Queste immagini sono fuori della realtà e diffuse strumentalmente per
convincere di quanto sia inutile spender soldi nella scuola di Stato; la
nostra scuola è invece di alto valore nella gran parte dei suoi componenti e
non avrebbe nulla da temere, in ricerche davvero scientificamente rigorose,
dal confronto con le altre scuole d’Europa. E’ però vero che qualcosa in
materia di valutazione occorre fare: ma è necessario che sia fatto
DISINTERESSATAMENTE, ONESTAMENTE, SCIENTIFICAMENTE.
Dando per acquisite (seppur non scontate) disinteresse e onestà il problema
è quello della particolare scientificità, anche perché in questo campo una
valutazione oggettiva è impossibile (v. opere citate). SE LA VALUTAZIONE DEL
PERSONALE SCOLASTICO NON HA ADEGUATA STRUTTURA EPISTEMOLOGICA, LA
VALUTAZIONE DIVIENE UNO STRUMENTO DI PURA GESTIONE DEL POTERE. TI VALUTO NON
PER QUEL CHE SAI E SAI FARE MA PER L’OBBEDIENZA CHE MI PRESTI.
Se non vi è un modello di valutazione scientificamente fondato (oltre che
generalmente condiviso dalla comunità degli studiosi e dei docenti) valutare
diviene solo un’arma contro la libertà d’insegnamento e la libertà di
pensiero e di espressione. Un mero atto di potere.
Principi del valutare
I presidi più incolti, divenuti ope legis dirigenti e cresciuti nella
subcultura del managerialisno, vogliono infatti arrogarsi il potere di
valutare i loro “dipendenti”, dimenticando che un Maestro in quanto tale
dipende solo dalla Legge e dalla Scienza. Valutare è nella scuola operazione
in cui s’intrecciano questioni epistemologiche, etiche, politiche,
pedagogiche, istituzionali di elevata complessità e difficoltà. Nella reale
difficoltà di valutare il personale scolastico dimostrata anche dal
fallimento dei progetti SIVADIS 1, 2 e 3, si è sinora adottata la
non-valutazione dei docenti e un tipo di valutazione e di progressione di
carriera di dirigenti tecnici, amministrativi e scolastici incentrata
principalmente sul grado di obbedienza e di affinità politica con i gruppi
partici e le reti di interesse al momento più forti.
La valutazione dell’attività docente (anche presidi e ispettori sono prima
di tutto insegnanti, seppur con allievi di età diversa) è invece
scientificamente pensabile come pratica che verte non tanto sul dato (utile
solo per la configurazione degli aspetti marginali dell'attività) ma sui
principi e sugli esiti a lungo termine dell'azione; è costruzione di
rappresentazioni attraverso una connessione autentica (non artificiosa) tra
gli eventi e il modo in cui sono stati vissuti dai vari soggetti del
discorso.
Cosa valutare
Essere parte della funzione docente significa, prima che altro, vedere
intersoggettivamente, aiutare a capire e operare, comunicare la tradizione e
produrre innovazione, insegnare nel rispetto della Persona, della Legge e
della Scienza. Questo comporta il disinteresse personale e dunque la
pericolosità dell'operare in vista di riconoscimenti personali "concreti".
La mia tesi é che sia necessaria innanzitutto nella valutazione del lavoro
svolto nelle scuole una deontologia ordinata a pure idee di valore, dunque
moralmente ed eticamente avvertita e principalmente riferita alla qualità
della relazione umana, scientifica e culturale che il personale scolastico
sa intrattenere. Intendo infatti quella docente quale "professione della
conoscenza" svolta secondo culturalmente fondate idee di valore.
Per questo la valutazione sarà motivata in prevalenza da istanze culturali,
scientifiche, tecniche e pedagogiche non comprimibili in reticoli formali
pensati per attività di tipo profondamente diverso. La qualità e quantità
del lavoro si possono rappresentare attraverso un processo inobiettivabile
di proiezione all'esterno, di dialogo, di confronto tra vari punti di vista;
richiedono un'intensa comunicazione con il mondo della ricerca.
Domande da porsi
La maestra A.B , il prof. C.D., Il dirigente tecnico XY , il dirigente
scolastico YX, provano ed esprimono benevolenza verso gli alunni, i loro
genitori, i colleghi? studiano? pubblicano? sono soggetti attivi della
cultura? coltivano ed esprimono il senso dello Stato? sanno dialogare, ma in
autonomia, con la cultura locale? operano per la libertà della scienza e
dell'insegnamento? agiscono sempre in vista di un fine, o inseguono solo l'
effetto o un singolo obiettivo? difendono i più deboli? si preoccupano di
ben figurare o di essere utili secondo le ragioni di fondo
dell'essere-in-educazione?
La valutazione del personale scolastico è infatti attività -quasi mai
tassonomizzabile- di rappresentazione di quanto fra i docenti, gli
ispettori, i DS e il mondo della scuola e della ricerca si pensa, si opera,
si crea.
La valutazione allora è attività che verte non tanto sul dato obiettivabile
(utile solo per la configurazione degli aspetti marginali) ma sulle
fondazioni, sugli esiti e sulle risonanze degli stessi.
Per cominciare, una modesta proposta
Avanzo una proposta non originale (era una buona pratica seguita fino a una
ventina di anni fa) per iniziare una valutazione che premi quei docenti e
quei dirigenti che dimostrino una risposta positiva alle domande di cui
sopra: una riedizione dell’antico “concorso per merito distinto”. Una
proposta che mi sembra molto utile anche per avviare a soluzione anche il
problema della formazione in servizio: oggi si aggiorna solo chi vuole e
alcuni, anche se non molti, abbandonano per sempre i libri e gli alunni
senza alcuna conseguenza. Si tratta di bandire triennalmente un concorso per
consentire a chi occupa un 20% dei posti a tempo indeterminato di avere un
aumento di stipendio del 10%: il concorso sarebbe basato su analisi delle
pubblicazioni, una prova scritta (non a quiz, per carità!), e un esame orale
in cui venga discussa con una commissione l’azione scolastica dei candidati.
Non si può infatti lasciare al solo dirigente scolastico la valutazione dei
docenti né al solo dirigente generale la valutazione dei dirigenti:
verrebbero favoriti il clientelismo e altri fenomeni ancor più gravi. Né si
può continuare a trattare allo stesso modo livelli di capacità e di impegno
molto differenti.
Per la vera e propria patologia possono poi essere riattivati meccanismi già
previsti per legge ma caduti in disuso, come le verifiche ispettive non solo
per incarico disposto ma “motu proprio”.
(2 aprile 2009)
Un’impostazione scientifica dell’ argomento può
essere ritrovata in:
AAVV “Oltre la valutazione” Armando, Roma, 1999
AAVV “La valutazione possibile”, La Nuova Italia, Firenze, 1999
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