Inghilterra: docente cercasi... disperatamente

 

Forte crisi di docenti in Inghilterra, in particolare a Londra.  Un fenomeno dalle dimensioni preoccupanti che ha spinto Alistair Ross, direttore dell’ IPSE (Institute for Policy Studies in Education) a condurre per ben tre anni un’inchiesta che ha coinvolto 12.500 docenti in 18 distretti di Londra (The Guardian, 23 gennaio 2001). Una crisi tanto più forte in quanto anche i tradizionali bacini di reclutamento degli ultimi anni – Australia, Canada, Nuova Zelanda – cominciano a mancare all’appello.

Una crisi d’ingresso ma anche una crisi di permanenza: insomma, non solo ci sono pochissimi giovani che intendono avviarsi alla carriera di insegnante, ma quelli che entrano nella scuola lo fanno con riserva, pronti ad abbandonare il posto non appena si presenta un’occasione diversa. La conseguenza è una mobilità da abbandono e la perdita  per la scuola di insegnanti provvisti di una certa esperienza: una grossa falla, dunque, anche nella leadership e nel middle management.

Ma perché gli insegnanti abbandonano l’insegnamento?

Certo, la retribuzione, che rimane bassa nonostante l’adeguamento calcolato annualmente dallo School Teachers’ Review Body (STRB) e l’avvio di meccanismi  di accelerazione e premianti, è un elemento fondamentale – ci dice Alistair Ross –  e questo in particolare nelle aree in cui il costo degli alloggi è particolarmente elevato.

Ma la bassa retribuzione non è l’unica causa della disaffezione verso l’insegnamento. E non è neppure la principale.

Quasi la metà (più del 45%) dei docenti intervistati che stavano per lasciare l’insegnamento aveva accettato posti in cui avrebbe guadagnato meno, il 27%  abbandonava a parità di retribuzione, e solo il restante 27% si accingeva ad assumere posizioni maggiormente retribuite.

E alla domanda “Perché?”  i docenti avevano risposto in modo pressoché unanime: Come amare un lavoro sempre più “organizzato dall’alto, sempre più sottoposto a continui controlli e direttive e sempre più accountable?” Un lavoro a cui sono state progressivamente sottratte “autonomia professionale, creatività, possibilità di prendere  iniziative a livello individuale”?

Sommersi dalla burocrazia - aggiunge Ros Coward (The Guardian, 16 gennaio 2001) - dalle ore trascorse a riempire moduli, a pianificare lezioni, a riempire griglie di valutazione, a inseguire ininterrottamente nuove iniziative, a rincorrere tests, in un meccanismo di carriera a punti, fasce e “premi rendimento”, ossessionati da targets formali che celano una dequalificazione generale, i docenti inglesi sono inoltre il bersaglio non solo di un’opinione pubblica che ha fatto della critica agli insegnanti un vero sport nazionale, ma anche di una classe dirigente  “poco disposta ad assumersi la responsabilità dell’insuccesso delle decisioni politiche in ambito scolastico” (B. Fidler, T. Atton, Insegnanti in difficoltà professionale,  Erickson).

Senza parlare della politica di disinvestimento sulla scuola iniziata dai Tories e continuata da David Blunkett.

In Giappone tira aria di casa nostra,  scrive  Mario Pirani, parlando di Junichiro Koizumi e sottolineando la singolare analogia fra l’evoluzione politica del Giappone e quella del nostro paese (La Repubblica, 4 giugno 2001).

Anche in Inghilterra tira aria di casa nostra.

Che sia questa la globalizzazione?

 

Se.G.