Centro Studi - Gli ultimi flash.

 

28-11-2003  BURN-OUT E ORECCHIE DA MERCANTE. Di burn out si parla ancora, e molto. Perché? Forse perché, nella gara mediatico-politica, il sensazionalismo paga e il “mostro” sfama gli appetiti più bassi? Certamente questi elementi non mancano, ma essi rappresentano il volto virtuale del fenomeno, non il fenomeno stesso, che a noi peraltro non interessa tanto nei suoi esiti estremi, quanto nelle sue origini e cause professionali. E su queste ci siamo espressi come Associazione, nei vari convegni che abbiamo organizzato (ora in programma: Reggio Emilia - 4 dicembre) e negli interventi alla stampa. Fra le cause di quel diffuso disagio che può sfociare in malattia abbiamo evidenziato, come elemento centrale, quella progressiva erosione dello spazio professionale, individuale e di categoria – vedi il recente decreto sugli OOCC territoriali – che di fatto mette il docente nelle condizioni di non poter svolgere il proprio lavoro. Da qui la necessità di recuperare spazi e luoghi in cui il docente possa esercitare il suo ruolo professionale (coordinamento del collegio, presenza significativa negli OOCC e via dicendo).
Comunque, esaurito l’appeal del burn out, rimane l’interesse più autentico e meno strumentale per il problema. Prova ne sia che anche La Nuova Secondaria dà spazio allo studio del Dottor Lodolo.
Ma all’interpellanza parlamentare* (alla cui stesura ha contribuito anche il Centro Studi Gilda) i ministeri della salute, del lavoro, delle politiche sociali non hanno dato risposta, mentre il MIUR ha “risposto” – nella persona del sottosegretario Valentina Aprea - facendo orecchie da mercante.
E non solo perché ha sottovalutato il problema, non riconoscendo l’attendibilità scientifica degli studi che lo hanno rilevato, ma anche - e soprattutto, dal nostro punto di vista - perché ha offerto, come rimedio al male, nient’altro che il medicamento della legge 53 di riforma.
Queste, in sintesi, le pillole per superare la crisi dei docenti: una formazione iniziale che crei professionalità specifiche, il veloce avvio di meccanismi di carriera e una formazione permanente condotta con il sistema dell’e-learning.
A tutto questo si aggiungerebbe l’ ”ulteriore supporto agli insegnanti”, che” può derivare dalle azioni previste di sinergia tra il mondo della scuola, la famiglia, le diverse forme di volontariato sociale e gli enti locali che saranno ulteriormente sviluppate”.
Tutto ciò trasformerà “il modo passivo e ripetitivo di esercitare la funzione docente, che è una delle cause del disagio, in una modalità attiva e consapevole adeguata alle innovazioni della scuola ed alle trasformazioni della società”.
Qualcosa non quadra. Forse il sottosegretario, nel parlare di una modalità “attiva” non pensava a tutti i docenti, ma ai tutors che, nell’attuale configurazione legislativa, definiscono già una carriera e che effettivamente avranno un ruolo attivo e di primo piano nella scuola. Mentre tutti gli altri verranno ridotti al rango di esecutori delle loro direttive, anche e soprattutto didattiche (v. Renza Bertuzzi, Saranno famosi? Il tutor, sito Gilda – Centro Studi).
Quanto alle famiglie, ci piacerebbe immaginare che il loro supporto ci derivasse da quella collaborazione e da quel riconoscimento della figura del docente, che hanno tradizionalmente costituito la base dell’azione educativa. Ma sappiamo che non si tratta di questo. Non sarà la famiglia che “educa” quella che avremo a fianco, ma la famiglia che “consuma” e che avanza i sacrosanti diritti di ogni consumatore: avere un buon prodotto. Il che equivale a un “successo formativo” garantito, ancorché formale.
E se successo non c’è, vuol dire che qualcosa non funziona. Nel docente, naturalmente… che avrà comunque sempre la possibilità di richiedere l’invalidità per motivi di servizio. Se.G.
*
Interpellanza n° 2-00942, verbale della Camera
 

 

21-11-2003  Riforma organi collegiali: breve nota. Il giorno 21 novembre il MIUR ha presentato ai sindacati lo Schema di decreto legislativo recente modifiche al decreto legislativo 30 giugno 1999, n° 233, concernente la riforma degli organi collegiali territoriali della scuola a norma dell’articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n° 59. L’analisi di questo decreto – il cui iter deve essere portato a compimento entro il 23 gennaio - ed il suo raffronto con il precedente richiedono un lavoro analitico attento, non fattibile in tempi brevissimi. Desideriamo però fare una breve riflessione su due aspetti che appaiono immediatamente rilevanti alla nostra associazione. Presenza della componente professionale docente. La presenza della componente professionale docente risulta estremamente scarsa ed aleatoria in tutti i livelli territoriali previsti: Consiglio scolastico locale, Consiglio scolastico regionale e Consiglio nazionale dell’istruzione e della formazione. Fanno parte del Consiglio scolastico locale: 1 dirigente, 3 docenti, 2 genitori, 2 studenti, 1 ATA, 1 rappresentante delle scuole paritarie. Questo vale nel caso in cui il numero delle scuole presenti nel territorio sia non superiore a 150; nel caso in cui il numero delle scuole sia compreso nella fascia 150-350 si  avranno: 1 DS, 4 docenti, 3 genitori, 3 studenti, 1 ATA, 1 rappresentante delle partitarie. Oltre le 350 si hanno le seguenti modifiche: 2 DS, 5 docenti, 4 genitori, 4 studenti, 1 ATA, due rappresentanti delle paritarie. Il numero dei docenti è dunque inferiore alla componente studenti-genitori. La presenza docente quasi scompare se consideriamo che fanno inoltre parte del Consiglio: “3 componenti designati dagli enti locali, 1 esperto designato dalle Università, 1 esperto designato dagli istituti di alta formazione artistica…, un rappresentante di Unioncamere, 1 direttore di centro di servizio amministrativo…”. Ai livelli successivi il sistema si struttura a cascata: fanno infatti parte dei CSR i presidenti dei consigli scolastici locali e 3 rappresentanti delle scuole paritarie. Ad essi si aggiunge la componente studenti, genitori, enti locali, università, ecc. Analogamente fanno parte del CNIF i presidenti dei CSR, oltre a dieci membri nominati dal ministro. Poiché i presidenti sono eletti, a partire dal livello territoriale, all’interno della componente scolastica – fatta esclusione per gli studenti -  essi potrebbero essere indifferentemente docenti della statale, della paritaria, dirigenti o ATA. Potrebbe perciò configurarsi una struttura di  secondo e terzo livello in cui i docenti sono – all’estremo limite –  totalmente assenti. Ruoli delle varie componenti. Abbiamo in altre sedi messo in risalto come la confusione di ruoli all’interno degli organi preposti alla gestione della scuola (facevamo, nello specifico, riferimento agli organi collegiali interni all’istituzione scolastica)  crei grave nocumento all’esercizio della professionalità docente e conseguente danno alla qualità della scuola. Insigni giuristi hanno inoltre evidenziato nella presenza organica dei cittadini in generale negli organi di governo elementi di incostituzionalità. La stessa impostazione – di matrice eminentemente ideologica – viene riproposta in questo schema, che ricalca perfettamente, in questo ambito, il precedente della passata legislatura. La Gilda, pur riconoscendo l’importanza della presenza delle varie voci all’interno degli organi di governo e/o consultivi, ritiene che debba essere fatta una distinzione di ruoli che rispetti il principio della responsabilità. I poteri decisionali debbono dunque restare in carica a coloro che detengono la responsabilità del processo d’istruzione. Restando aperta per gli altri la possibilità di avere completo accesso agli atti e di farsi portavoce delle esigenze e delle richieste che provengono dalla società civile e dal mondo del lavoro. Se.G. 

 


 

19-11-2003 - Riforma: sperimentazione alle superiori. Tutte le Regioni (considerando che è in via di sottoscrizione anche l’accordo della Valle d’Aosta) hanno ormai stipulato protocolli d’intesa per avviare la sperimentazione di percorsi triennali di istruzione-formazione professionale, dando così il via – di fatto – alla riforma della scuola secondaria di 2° grado. Laddove la sperimentazione era stata avviata precedentemente all’Accordo quadro nazionale del 19 giugno scorso, gli accordi sono stati rivisti alla luce delle indicazioni presenti nello schema nazionale. Anche la Provincia di Trento ha integrato il protocollo stipulato lo scorso anno, mentre Bolzano, in relazione alla particolare normativa di riferimento, ha adottato una delibera propria. In sei regioni ( Lazio, Liguria, Piemonte, Puglia, Sardegna e Umbria) sono già stati firmati anche gli accordi operativi (ovvero: accordi di secondo livello) con gli Uffici scolastici regionali e quasi ovunque sono stati emanati i bandi per la selezione delle attività formative da realizzare (non mancano le Regioni che hanno fatto ricorso a bandi già emanati o hanno utilizzato altri criteri di selezione). Da fonte ministeriale apprendiamo che la situazione, al momento attuale, è la seguente: “ In totale i corsi previsti sono circa 1.200 con il coinvolgimento di circa 22.000 allievi. Di tali corsi circa il 70% sono iniziati e gli altri sono in fase di avvio.
I corsi di formazione professionale integrati con il sistema dell’istruzione sono circa il 75% (900 corsi per circa 16.000 allievi), quelli di istruzione integrati con il sistema della formazione professionale sono circa il 25% (300 corsi per circa 6.000 allievi).” All’interno di questi corsi rientrano anche quelli (circa 70) destinati ad allievi sprovvisti di licenza media, mentre restano esclusi – e vanno quindi aggiunti al numero citato – quelli avviati dalle Regioni che hanno sottoscritto il protocollo d’intesa lo scorso anno.
Se.G.