|
|
[Scarica
il documento in formato .doc] |
|
DOSSIER N° 2:
“STUDENTI – INSEGNANTI” |
|
Il rapporto numerico fra gli studenti e gli insegnanti[1] |
|
di Serafina Gnech |
|
|
I
dati |
|
|
|
|

Il rapporto
studenti-insegnanti in Italia è – nel 1999– di 11.3 (un po’ più… di
11 studenti per ogni insegnante) nell’istru-zione primaria, di 10.3
nell’istruzione secondaria e di 24.8 nell’istruzione postsecondaria.
La media OCSE risulta di 18.0 nella primaria, di 14.6
nella secondaria, di 15.3 nell’istruzione post-secondaria.
La lettura dei dati relativi all’Italia si modifica se
viene considerata la media dei paesi UE, che risulta essere: primaria 15.26, secondaria
12.2, terziaria 15.69.
I dati, sempre rilevati dall’OCSE, relativi al 1996,
erano di 11.2 nella istruzione primaria (media OCSE 18.3), di 10.2 nella
secondaria (media OCSE 14.6) e di 25.7 nel post-secondario (media OCSE 15.7).
Il rapporto medio di 9.5 (9 studenti e mezzo per ogni
insegnante) che sovente appare nella stampa anche recente[2]
e che comprende l’istruzione primaria e la secondaria è stato rilevato
dall’OCSE nel 1992 ed ha costituito la massima punta verso il basso dal 1985
in poi.
|
|
|
La
lettura
L’approccio ai dati enunciati deve avvenire tenendo
conto di parecchi elementi ed in particolare della presenza di alcuni indicatori
“opachi”.
Va prima di tutto tenuto presente che il rapporto
numerico alunni-insegnanti è un dato matematico ottenuto dividendo il numero
degli studenti per il numero degli insegnanti[3]
e non, come si è portati a pensare in modo pressoché automatico, un indicatore
della grandezza della classe. Il fatto che un paese abbia un rapporto numerico
alunni-insegnante più basso di altri non significa che vi siano meno alunni per
classe.
La lettura del dato è resa infatti complicata dalle
notevoli differenze fra i vari paesi: circa la durata dell’anno scolastico, il
numero delle ore di lezione seguite giornalmente da ogni allievo, la durata della
giornata di lavoro dell’insegnante, il numero di classi o di alunni di cui ogni
insegnante si fa carico e la ripartizione fra tempo destinato dall’insegnante
all’istruzione e quello destinato ad altre funzioni, la tipologia delle classi,
la presenza della co-docenza, etc. Risulta in particolare “opaca” la definizione
di “personale insegnante”. Ad esempio in Italia questo indicatore comprende i
docenti di religione e i docenti di sostegno, cosa che non avviene in altri
paesi dell’OCSE. |
|
Il commento |
|

L’analisi dei dati elaborati dalla ricerca OCSE
permette di rilevare che in Italia, nel periodo dal 1995 al 1999, il numero
degli al-lievi per insegnante ha avuto un aumento che si situa fra il 5 e l’8
per cento. Questo andamento risulta analogo a quello del Canada e del Messico,
ma appare in controtendenza con altri paesi, in partico-lare con Spagna,
Finlandia, Grecia, Irlanda.
Esso è legato alla generale diminuzione del numero di
insegnanti nel periodo contemplato[4].
Nell’osservare il panorama OCSE si resta comunque
stupiti non tanto dai confronti a livello di istruzione primaria e secondaria,
quanto da quello a livello di istruzione postsecondaria. Se il rapporto
studenti-insegnante varia da 11.3 nella primaria a 10.30 nella secondaria, con
un trend decrescente analogo a quello di quasi tutti i paesi dell’OCSE (fatta
eccezione per Canada, Danimarca, Messico, Paesi Bassi e Svezia), il dato
relativo all’istruzione postsecondaria balza agli occhi per la sua anomalia. Nel
postsecondario si registrano infatti nel nostro paese mediamente 24.8 studenti
per ogni insegnante. Supera l’Italia soltanto la Grecia che ha mediamente 26
studenti per ogni insegnante. Gli altri paesi dell’OCSE vanno da un minimo di
8.0 (Islanda) ad un massimo di 18.5 (Regno Unito).
Appare urgente quindi non tanto una grossolana bonifica, quanto un ripensamento
del sistema nel suo complesso. Un generale riequilibrio che avvenga grazie
all’apertura di passaggi dei docenti (che lo desiderino!) dall’istruzione
primaria e secondaria ad un post-secondario potenziato ed arricchito soprattutto
sul fronte professionale non universitario.
|
|
|
|
[1]
La fonte dei dati pubblicati è: OCDE, Regards sur l’éducation 2001
(capitolo D 5) e Uno sguardo all’educazione 1998 .
L’OCDE – Organisation de
Coopération et de Développement économiques – (la sigla in lingua italiana,
che viene usata nel testo, è OCSE –Organizzazione per la Cooperazione e lo
Sviluppo Economico-) che si occupa dello sviluppo economico dei paesi
membri - ha fondato nel 1968 un Centro per la Ricerca ed il Rinnovamento
nell’Insegnamento. E’ stato inoltre avviato un progetto OCSE/UNESCO – il
progetto IEM – che permette lo sviluppo di indicatori mondiali.
I paesi membri originari
dell’OCSE sono: la Germania, l’Austria, il Belgio, il Canada, la Danimarca, la
Spagna, gli Stati Uniti, la Francia, la Grecia, l’Irlanda, l’Islanda, l’Italia,
il Lussemburgo, la Norvegia, i Paesi Bassi, il Portogallo, il Regno Unito, la
Svezia, la Svizzera e la Turchia. In momenti successivi diversi sono entrati a
far parte dell’OCSE il Giappone, la Finlandia, l’Australia, la Nuova Zelanda,
il Messico, la Repubblica Ceca, l’Ungheria, la Polonia, la Corea e la
Repubblica Slovacca.
La rielaborazione delle tabelle OCSE, l’impaginazione e
l’editing del Dossier sono a cura di Gianluigi Dotti e Giuseppe D’Argenio. Le
vignette sono state disegnate da Maurizio Zenga.
[2]
In un intervento tenuto ai sindacati, il 23 luglio 2002, il Ministro Moratti
diceva: “Ci sono oltre 2000 scuole che hanno sfondato il rapporto medio
nazionale alunni-insegnanti pari a 9.5 – 1 (9 alunni e mezzo per ogni
insegnante). In città come Trieste e Roma, il rapporto è sceso in alcuni casi a
1.5 (un allievo e mezzo per ogni insegnante!)”. In una recente intervista il
Sottosegretario Valentina Aprea asseriva: “Ci sono realtà scolastiche dove il
rapporto alunni-docente è ben al di sotto dei parametri” di “un docente ogni
9.2 alunni”. E successivamente il Sottosegretario sosteneva: “Se il numero
superiore di docenti non è giustificato, si interverrà. Dove ci sono progetti
si avranno insegnanti e risorse, a patto che ci siano reali obiettivi di
qualità, di successo formativo. Le scuole che richiedono altri insegnanti
devono poi render conto di questo ulteriore investimento” (La scuola che
verrà, “Il Mattino” del 4 agosto 2002.
[3]
Il rapporto studenti-insegnanti è ottenuto dividendo il numero degli studenti
in equivalente tempo pieno a un dato livello di istruzione per il numero di
insegnanti in equivalente tempo pieno allo stesso livello e tipo di istruzione.
[4]
“… in Corea, in Spagna, in Grecia, in Ungheria, in Irlanda, in Italia, in
Polonia e nella Repubblica Ceca, il numero di allievi iscritti nell’istruzione
primaria o secondaria è diminuito del 3% ed anche più tra il 1995 e il 1999. In
Italia, tuttavia, il numero di insegnanti è diminuito ancora più rapidamente.
Questo fenomeno porta ad un aumento del 5% del numero di allievi per ogni
insegnante” Regards sur l’éducation, op. cit. pag. 262.
|
|