La scuola della Repubblica di fronte alle occupazioni studentesche: fine della ricreazione?

 

In questi ultimi anni uomini politici, mezzi di informazione, non pochi docenti e genitori in vena di nostalgie movimentiste per interposta persona, moltissimi dirigenti scolastici e perfino qualche magistrato e qualche questore hanno fatto a gara nel sottrarsi alle loro rispettive responsabilità: rispetto delle leggi e del lavoro degli insegnanti, tutela della serietà della scuola pubblica e del diritto allo studio, chiarezza di giudizio in merito a forme di lotta  adagiate sul facile consenso per un po’ di vacanza straordinaria e per questo diseducative e  squalificate in partenza. 

Pochi hanno provato a dire con fermezza agli studenti che all’impegno politico, culturale e sociale ci si forma in modo credibile non a spese dello studio, ma sacrificando un po’ del tempo libero. Eppure le scuole potrebbero costituire il luogo ideale, magari con qualche assistenza e suggerimento dei docenti, per la nascita di Associazioni studentesche e di spazi di dibattito e di formazione – pomeridiani – meno effimeri di quelli organizzati durante le cosiddette autogestioni.  

Vale quindi la pena, prima che torni l’autunno, di riflettere sul fenomeno e su come la Gilda potrebbe, di fronte a questo fenomeno, andare oltre l’ovvia manifestazione del dissenso e della preoccupazione, anche, perché no, chiarendosi le idee sui diversi profili giuridici connessi a queste situazioni. Il tema è fra l’altro connesso con quello della crisi dei ruoli educativi, su cui stiamo pubblicando un’antologia di testi su questo stesso sito (La riscoperta dell’autorità).

Per sollecitare la riflessione e il dibattito pubblichiamo, traendolo da “Tuttoscuola” di febbraio, un fermo intervento di Luciano Corradini, presidente dell’Uciim (Unione Cattolica Italiana degli Insegnanti Medi) e già sottosegretario alla Pubblica Istruzione. Riproponiamo inoltre un documento (già pubblicato a dicembre sul sito Gilda del Triveneto), firmato da trenta docenti del Liceo Fermi di Padova.

 (a cura di Giorgio Ragazzini)

OCCUPAZIONI: ORA BASTA

di  Luciano Corradini

Se intervengo sull’argomento delle occupazioni/autogestioni è perché ho l’impressione che l’opinione pubblica e soprattutto le figure responsabili della società civile e politica, prese da altre difficoltà e da altre emergenze, si siano rassegnate ad alzare le mani di fronte a queste manifestazioni, che appaiono come fastidiose influenze stagionali, che non richiedono neppure gli antibiotici, perché passano da sole. Non sono d’accordo con queste diagnosi minimaliste. Intanto comincerei a chiamare le cose col loro nome. Si tratta di atti illegittimi di interruzione di pubblico servizio. Questo linguaggio giuridico non è stato ben compreso neanche da uomini di legge e da tutori dell’ordine, che talora si accontentano che la segreteria sia accessibile dall’esterno e che gli occupanti siano studenti, per dire che tutto va bene, o quasi.

Quello che sconcerta è che l’istituzione alla quale troppi si ribellano, a mio modo di vedere in nome di fantasie ingenue e rozze, è la scuola dell’autonomia di recente costituzionalizzata (legge 3/2001), che ha lottato da almeno quarant’anni per avere prima le assemblee riconosciute per legge, poi la direttiva sulle attività integrative e complementari (dpr 567/1996), lo statuto delle studentesse e degli studenti (dpr 249/1998) e l’autonomia didattica e organizzativa (dpr 275/1999). Queste norme autorizzano ogni flessibilità e ogni riconoscimento di diritti, anche di quelli che in passato sembravano pii desideri, richiedendo in cambio il rispetto di pochi doveri, tra cui quello di "frequentare regolarmente i corsi ed assolvere assiduamente agli impegni di studio" quello di avere "nei confronti del capo d’istituto, dei docenti e dei loro compagni, lo stesso rispetto, anche formale, che chiedono per se stessi" e quello di usare correttamente la scuola, in quanto "condividono la responsabilità di rendere accogliente l’ambiente scolastico e averne cura, come importante fattore di qualità della vita scolastica"(art.3 dpr 249).

Sono l’ignoranza e l’incomprensione di questi livelli di civiltà e di diritto che impressionano. Credo che si debbano ricostruire tanti paesaggi interiori di giovani, che risultano aridi o devastati. Cioè occorre più scuola, ma anche miglior scuola. Che intanto deve esistere e funzionare, non prestarsi a fare lo zimbello di ragazzi viziati, prepotenti, o comunque disinformati. Quand’ero sottosegretario ricevetti un gruppo di studenti che mi presentò, per un liceo romano, la stessa situazione descritta dai ragazzi del Parini, chiedendomi di far rispettare la legge, che nel ‘96 non era ancora tanto generosa come oggi.

Rimasi allibito nel vedere lo sfacelo di un liceo, in tempo di pace. Avvertii il Questore, pregandolo di intervenire nel modo più fermo e più garbato possibile, in tempi brevi. Così è stato. Una madre avvocatessa venne a protestare. Disse che mi avrebbe chiamato a rispondere in tribunale perché avevo osato far interrompere una legittima occupazione. Le consegnai un libro che riprendeva lo slogan cantato dagli studenti in occasione della Conferenza nazionale del Progetto Giovani: "Essere scuola, non esserci solo dentro". Il Tribunale non mi chiamò. I danni di centinaia di milioni non li hanno certo pagati i ragazzi occupanti e guastatori, né le famiglie. Anche quelli morali, ancora più gravi, sono a carico dell’intera società. Quella di domani, quella che dovrà occuparsi dei diritti di persone purtroppo non formate a capire che ciò che li rende più felici e più degni non è l’arbitrio, neanche votato a maggioranza, ma il riconoscimento dei propri doveri.

Luciano Corradini
(Università di Roma 3. Presidente nazionale UCIIM)

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"AUTOGESTIONE" : TRENTA INSEGNANTI DI PADOVA SCRIVONO

Alla Preside del Liceo Fermi, al Consiglio d'Istituto,

al Comitato genitori e per conoscenza ai giornali

 

Da una settimana gli studenti del Liceo Fermi gestiscono la scuola.
Premesso che non comprendiamo la differenza qualitativa tra autogestione e occupazione, dato che di fatto vengono interrotte le lezioni e le normali attività scolastiche, a noi pare:

a.      che le autorità scolastiche debbano prima o poi affrontare la questione e cercare di dare indicazioni precise, assumendosi una qualche responsabilità (non ci riferiamo solo ai presidi, ma all'assenteismo di tutti in questa e situazioni analoghe), dato che non ci pare che si possa fare un uso privatistico da parte degli utenti (in questo caso gli studenti) di un'istituzione pubblica, cioè della comunità.

b.      Per quanto ci riguarda crediamo che si debbano evitare interventi repressivi né consideriamo negativo il fatto che gli studenti sentano il bisogno di discutere tra di loro in autonomia, anche se non si può non notare che scioperi, matricole, giornate dell'arte, gite (se si faranno), spettacoli, conferenze di vario genere eccetera, interrompendo la continuità dello studio stanno danneggiando duramente la scuola pubblica e la sua funzione primaria di dare conoscenze e competenze specifiche, compromettendo la crescita di un'autonoma capacità di lavoro intellettuale da parte dei giovani.

c.       Pensiamo che le alternative possano essere queste da parte delle autorità in situazioni consimili: o sospendere l'insegnamento in quelle giornate, in modo che quei giorni non risultino all'interno dei duecento giorni di scuola e predisporre un recupero di queste giornate; e/o contrattare con gli studenti un accorpamento dei giorni di assemblea a cui hanno diritto (e regolarsi di conseguenza garantendo solo le condizioni di democrazia e di libero dibattito e disciplina e forse non contando queste sospensioni all'interno del numero dei duecento giorni minimi).

d.      L'alternativa è che i seminari-discussioni degli studenti avvengano al pomeriggio senza compromettere la normale attività didattica (così come all'inizio alcuni studenti prospettavano).

e.      Ci pare inoltre non accettabile, eticamente prima che giuridicamente, che tutte la manifestazioni degli studenti avvengano al mattino. E' preoccupante inoltre che a volte ragazzini di quattordici o quindici anni vengano utilizzati come carne da cannone per questa o quella motivazione politica, non rispettandone e i ritmi di crescita e la reale competenza. Su questo ci sono anche gravi responsabilità demagogiche dei mass-media e ci fermiamo qui.

f.        Ci stupisce che personalità politiche o culturali, di cui non mettiamo in discussione la buonafede, si prestino ad intervenire in seminari in una scuola di fatto occupata (e non in senso simbolico), magari con l'avvallo del consiglio d'istituto (?).

g.      Ci preoccupa il silenzio dei genitori anche nei loro organi rappresentativi.

h.      Ci auguriamo uno sforzo di tutti che rispettando bisogni reali, li riconduca nell'ambito della razionalità.

Seguono trenta firme di docenti del Liceo “Fermi” di Padova.