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I mercanti nel Tempio: il Portfolio delle competenze individuali.
di Gianfranco Claudione
1. Breve profilo storico.
L'idea del Portfolio non è una novità nella scuola italiana. Già negli anni '60, infatti, fu introdotto il Libretto personale degli alunni e delle alunne. Anche il D.M. del 16/11/1992 e l'annessa C.M. 339/1992, che disciplinava il Fascicolo personale dell’alunno, si inscrive nella medesima cultura della documentazione didattica tesa ad affiancare alla tradizionale pagella uno strumento di documentazione più completo e analitico - e meno legato a una logica puramente valutativa e selettiva - della storia scolastica degli alunni. Infine, oggi, il Portfolio delle competenze individuali previsto dalle Indicazioni nazionali, ossia una sorta di "cartella" che raccoglie di ciascun alunno i documenti e i prodotti più significativi e pregnanti e lo accompagna lungo tutto il suo itinerario scolastico, documentandone la storia formativa, le tappe significative, le competenze acquisite nel tempo.
In campo educativo il Portfolio nasce in ambiente anglosassone, dove assolve essenzialmente a una funzione sia docimologica, come strumento di valutazione complementare o persino alternativa rispetto a modalità di valutazione più tradizionali, sia pedagogica, come strumento di documentazione (e certificazione) delle competenze raggiunte dagli allievi, nonché dei processi messi in atto per raggiungerle.
2. Le finalità.
a) Scuola dell’infanzia
Per quanto riguarda la scuola dell’infanzia, il Portfolio assolve principalmente a una funzione conoscitiva e pedagogica. Le Indicazioni nazionali, infatti, puntano l’accento particolarmente sull’«osservazione» dei bambini, che consenta di comprendere, analizzare, interpretare e contestualizzare i loro comportamenti e di «cogliere e valutare le loro esigenze». Ciò al fine di «riequilibrare via via le proposte educative in base alla qualità e alla quantità delle loro risposte e di condividerle con le loro famiglie».
La logica preminentemente conoscitiva, più che valutativa, in base alla quale adeguare e adattare l’attività didattica, è esplicitamente affermata: «i livelli raggiunti da ciascuno, al di là di ogni notazione classificatoria, sono descritti più che misurati e compresi più che giudicati.» Emerge quindi la preoccupazione innanzitutto di promuovere e sostenere i processi di apprendimento e di formazione umana, nella consapevolezza del loro carattere ancora seminale e aperto.
La finalità conoscitiva non si rivolge solo agli insegnanti, ma anche ai genitori e ai bambini stessi: il Portfolio è infatti inteso come occasione «per stimolare i bambini all’autovalutazione e alla conoscenza di sé» e «per corresponsabilizzare in maniera sempre più rilevante i genitori nei processi educativi.»
b) Scuola primaria
Nella scuola primaria il Portfolio assume una connotazione più spiccatamente valutativa delle «competenze» maturate dall’alunno. Tale connotazione, tuttavia, si intreccia inestricabilmente con una esplicita finalità di orientamento: la conoscenza quali-quantitativa delle competenze del fanciullo contribuisce infatti, secondo le Indicazioni nazionali, «a fargli scoprire ed apprezzare sempre meglio le capacità potenziali personali, non pienamente mobilitate, ma indispensabili per avvalorare e decidere un proprio futuro progetto esistenziale.»
Particolare rilevanza, inoltre, viene assegnata al Portfolio come strumento di raccordo e continuità didattica sia con la scuola primaria che con la scuola secondaria di I grado: «Il principio della continuità educativa esige, infatti, [...] che i docenti, nell'anno precedente e in quello successivo al passaggio, collaborino, in termini di scambio di informazioni, di progettazione e verifica di attività educative e didattiche, con la famiglia, con il personale che ha seguito i bambini nella scuola dell’infanzia o che riceverà i fanciulli nella scuola secondaria di I grado.»
A queste finalità di valutazione e orientamento dell’alunno, si aggiunge infine una finalità autovalutativa della scuola: «È utile, comunque, che la Scuola Primaria segua, negli anni successivi, in collaborazione con la scuola secondaria di I grado, l’evoluzione del percorso scolastico degli allievi perché possa migliorare il proprio complessivo know how formativo e orientativo, ed affinare, in base alla riflessione critica sull’esperienza compiuta, le proprie competenze professionali di intuizione e giudizio pedagogico e le proprie pratiche autovalutative.»
c) scuola primaria di I grado
Le medesime finalità (valutative, orientative e autovalutative) si riscontrano nelle Indicazioni nazionali per la scuola secondaria di I grado. Con alcune significative differenze, però. Innanzitutto, accanto alla valutazione delle competenze, coerentemente con la diversa età degli alunni, emerge esplicitamente la valutazione degli apprendimenti: il sapere si aggiunge al “pragmatismo” del saper fare. Inoltre viene maggiormente enfatizzata la centralità “strategica” assunta dal Portfolio nella scelta consapevole dell’indirizzo formativo del secondo ciclo cui la famiglia dovrà iscrivere il figlio.
3. La struttura e i contenuti.
Non esiste attualmente un modello “ufficiale” di Portfolio predisposto dal MIUR. Supponiamo che, al termine di quest’anno di sperimentazione della riforma, i vari portfoli elaborati dalle singole scuole verranno condivisi e divulgati, e che quanto meno verranno fornite indicazioni di massima relative alla sua strutturazione, al fine di garantire un minimo di omogeneità delle procedure di valutazione su scala nazionale. Tuttavia con ogni probabilità la responsabilità della sua elaborazione rimarrà affidata anche in futuro all’autonomia delle singole scuole.
In attesa dei dati relativi alla sperimentazione, è possibile ipotizzare una struttura bipartita: una parte per la trascrizione e la registrazione di osservazioni, commenti, esperienze, eventi; e una parte per la raccolta e la documentazione dei materiali prodotti.
Secondo le Indicazioni per la scuola primaria, il Portfolio comprende «1) una descrizione essenziale dei percorsi seguiti e dei progressi educativi raggiunti; 2) una documentazione regolare, ancorché significativa, di elaborati che offra indicazioni di orientamento fondate sulle risorse, i modi e i tempi dell’apprendimento, gli interessi, le attitudini e le aspirazioni personali dei bambini.»
Più dettagliati e articolati i contenuti del Portfolio nelle scuola primaria e di I grado: «1) materiali prodotti dall’allievo individualmente o in gruppo, capaci di descrivere le più spiccate competenze del soggetto; 2) prove scolastiche significative relative alla padronanza degli obiettivi specifici di apprendimento [...]; 3) osservazioni dei docenti e della famiglia sui metodi di apprendimento del preadolescente [...]; 4) commenti su lavori personali ed elaborati significativi, sia scelti dall’allievo [...] sia indicati dalla famiglia e dalla scuola, ritenuti esemplificativi delle sue capacità e aspirazioni personali; 5) indicazioni che emergono dall’osservazione sistematica, dai colloqui insegnanti-genitori, da colloqui con lo studente e anche da questionari o test in ordine alle personali attitudini e agli interessi più manifesti.»
L’esigenza di una compilazione sistematica, ordinata e organizzata del Portfolio assume nelle Indicazioni nazionali particolare risalto, tanto da assumere un carattere cogente e prescrittivo: «È, perciò, preciso dovere di ogni istituzione scolastica individuare i criteri di scelta dei materiali e collocarli all’interno di un percorso professionale che valorizzi le pratiche dell’autonomia di ricerca e di sviluppo e il principio della cooperazione educativa della famiglia.»
4. Il ruolo del coordinatore-tutor.
La gestione del Portfolio è affidata al docente coordinatore-tutor, che è responsabile della compilazione e dell’aggiornamento, in collaborazione con tutte le figure che si fanno carico dell’educazione di ciascun alunno: gli insegnanti del team, i genitori, gli alunni stessi, «chiamati», questi ultimi, «ad essere sempre protagonisti consapevoli della propria crescita.»
Coerentemente con i suoi compiti di coordinamento dell’attività didattica, il docente-tutor si pone come referente principale nei rapporti con i genitori, in particolare per quanto concerne l’orientamento. Le Indicazioni raccomandano che la scelta di iscrivere il bambino alla scuola primaria prima dei sei anni d’età «sia compiuta dopo una approfondita discussione con il tutor che ha seguito l’evoluzione del bambino nel contesto scolastico e che può confrontare la sua maturità con quella di molti coetanei.» Analoghe procedure di consultazione sono previste in occasione della scelta dell’indirizzo formativo del secondo ciclo al termine della scuola secondaria di I grado, rispetto alla quale «è opportuno che il docente tutor, indipendentemente dalla decisione dello studente e della sua famiglia, esprima, a nome della scuola, il proprio consiglio orientativo», sebbene «non vincolante» per la famiglia.
Al coordinatore-tutor è infine affidato il compito di garantire la continuità didattico-educativa mediante forme di collegamento di collegamento e raccordo tra i diversi ordini di scuola.
5. Il ruolo della famiglia
La collaborazione dei genitori alla gestione del Portfolio, e quindi il loro concorso alla determinazione dei processi valutativi dei propri figli, appare sicuramente la novità più rilevante. I genitori non si limitano più ad essere semplicemente informati dei risultati scolastici dei propri figli, ma forniscono essi stessi agli insegnanti notizie significative sulla loro storia personale (eventi, interessi, aspirazioni, ecc.), sui processi di apprendimento, sui livelli di maturazione, e contribuiscono «con precise annotazioni» alla selezione dei documenti significativi che verranno raccolti nel Portfolio.
Il peso dei genitori nella gestione del Portfolio risulta progressivamente crescente da un ordine di scuola all’altro. Un’attenta lettura delle Indicazioni nazionali fornisce interessanti indizi al riguardo, nonostante l’apparente uniformità del dettato. Nella scuola dell’infanzia il Portfolio «è compilato ed aggiornato dai docenti di sezione; questi svolgono anche la funzione di tutor e, in questa veste, seguono ed indirizzano la maturazione personale degli allievi per l’intera durata della Scuola dell’Infanzia.» I genitori sono pertanto assenti. Nella scuola primaria il coordinatore-tutor compila ed aggiorna il Portfolio «in collaborazione con tutti i docenti che si fanno carico dell’educazione e degli apprendimenti di ciascun allievo, sentendo i genitori e gli stessi allievi [...]». I docenti hanno dunque la responsabilità della gestione, mentre i genitori sembrano ricoprire un ruolo per così dire “consultivo”. Nella scuola secondaria di I grado, infine, il coordinatore-tutor collabora «con tutte le figure che si fanno carico dell’educazione e degli apprendimenti di ciascun allievo, a partire dai genitori e dagli stessi studenti [...]» Qui genitori entrano a pieno titolo nella gestione del Portfolio: significativamente, il termine «docenti» viene sostituito con il più ampio «figure» e la collaborazione non avviene più soltanto «sentendo» i genitori, ma «a partire» dai genitori.
6. Più ombre che luci.
a) Il rischio della burocratizzazione.
Quante ore occorrono per programmare, preparare, effettuare sistematiche osservazioni dei comportamenti dei discenti e per approntare piani di studio personalizzati per 25-28 alunni? Quali gli spazi, i tempi, le modalità? Gli insegnanti sono davvero messi nella condizione ottimale perché facciano ciò che è richiesto loro di fare? Ora, a parte l’aspetto – non certamente secondario – del rilevante aumento dei carichi di lavoro degli insegnanti, il rischio assai fondato è che tutto si riduca a mero adempimento cartaceo, a una pura catalogazione documentaria di dati raccolti in modo superficiale ed estemporaneo. Nella migliore delle ipotesi a una semplice certificazione delle conoscenze e competenze acquisite.
Non solo. Conoscere il bambino (o il preadolescente) significa innanzitutto attenzione, ascolto, disponibilità, paziente fiducia; implica insomma una relazione carica di coinvolgimento affettivo, oltre che di competenze professionali: l’ossessione documentaria spegne e “raffredda” l’umanità del rapporto alunno-insegnante, sottraendovi tempo (mentale, oltre che materiale) e impoverendola nell’adempimento dell’atto formale.
b) il ruolo della famiglia
Altro punto dolente è il nuovo ruolo che nella scuola riformata assume la famiglia, chiamata a collaborare attivamente alla gestione del Portfolio. Per ovvi motivi di competenza professionale, è difficile pensare che, nelle intenzioni del Legislatore, ai genitori sia affidato un ruolo istituzionalizzato nella valutazione tecnica del proprio figlio nell’ambito del Portfolio. E tuttavia la condivisione tra scuola e famiglia della gestione di questo strumento appare carica di ambiguità, determinando confusione di ruoli e, di fatto, anche indebite interferenze. Nel Portfolio, infatti, rientrano le «osservazioni» della famiglia sui «metodi di apprendimento» dell’alunno; la famiglia, inoltre, indica essa stessa, insieme ai docenti, quali «lavori personali ed elaborati significativi» debbano rientrare nel Portfolio: si tratta chiaramente di materie che pertengono per l’appunto alle competenze tecnico-professionali della docenza. Nei fatti, quindi, la valutazione degli alunni è affidata a una sorta di “contrattazione” tra scuola e famiglia. Con quali conseguenze, è facile immaginare, a cominciare dall’inevitabile conflitto di interessi che si verrà a determinare[1].
Né bisogna dimenticare che la scuola svolge semplicemente la propria attività educativa in collaborazione con i genitori, ma «nel rispetto [...] delle scelte educative della famiglia». Dalla famiglia al familismo, insomma. Quella che sta prendendo corpo, non senza connotazioni scopertamente demagogiche, è di fatto un’idea di scuola di tipo privatistico e mercantile, sostanzialmente subordinata alla famiglia- cliente e che sempre meno è messa nelle condizioni di mediare tra bisogni collettivi della res publica e bisogni (e interessi) privati e individuali della famiglia. L’insegnante diviene sempre più simile a una sorta di istitutore privato costretto per legge a “contrattare” con la famiglia-cliente le linee-guida della propria azione educativa e le stesse valutazioni sui livelli di apprendimento conseguiti: con buona pace della libertà di insegnamento e del ruolo pubblico della scuola statale.
Gianfranco Claudione