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Cultura, scuola, persona

 
 
A fine  gennaio è stata costituita la Commissione per la  revisione delle Indicazioni Nazionali: non si parla di nuovi programmi.
 

a cura di Laura Razzano

 
 

Per dirla con le parole del Ministro le Indicazioni Nazionali “non possono pretendere di dettare una pedagogia di Stato in un Paese in cui i principi dell’autonomia delle Istituzioni Scolastiche e della libertà di insegnamento sono principi sanciti dalla Costituzione”. 

Dunque il Governo, incapace di seguire il normale iter per varare nuovi programmi, si appresta a correggere le Indicazioni del precedente governo. 

La presentazione del documento di base al quale si ispireranno le nuove Indicazioni Nazionali per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo di istruzione è avvenuta poco tempo fa, in verità credo se ne parli pochissimo tra noi docenti.

 

Ciò che subito mi meraviglia è che dei 16 componenti nominati nella commissione istituita  per l’individuazione dei criteri generali e delle linee guida per la revisione delle Indicazioni Nazionali morattiane non c’è un solo maestro. 

Filosofi, cervelloni , politici, presidi ideali per i docenti (tra cui quelli che organizzano corsi di aggiornamento dal 28 giugno al 2 luglio per i loro docenti!) professori universitari, amici delle case editrici di settore, direttori di collane e riviste specializzate, autori di guide didattiche, membri a vita di commissioni di vari governi, orfani dell’INVALSI e dell’ IRRSAE, ex “saggi”, hanno scritto un documento di base nel quale si pone un forte accento sulle parole cultura, scuola e persona.

La CULTURA  viene nominata per la prima volta a pagina 12 per ricordare che “ fino a tempi assai recenti la scuola ha avuto il compito di formare cittadini nazionali attraverso una cultura omogenea”.

Viene da pensare che, almeno da un po’, quei signori non siano entrati in una vera scuola. 

La SCUOLA delineata si pone obiettivi che risentono del pensiero di Edgar Morin basato sulla necessità di una nuova conoscenza che superi la separazione dei saperi e sia capace di educare gli educatori ad un pensiero della complessità.

Si intravede la nota proposta di una riforma non programmatica ma paradigmatica, che sappia organizzare la conoscenza dentro ad una "testa ben fatta", mettendo fine alla separazione tra le due culture, per rispondere alle  sfide della globalità e della complessità nella vita quotidiana, sociale, politica, nazionale e mondiale.

Viene chiaramente suggerita una didattica ispirata all'epistemologia costruttivista (la nostra conoscenza della realtà è una costruzione individuale e sociale).

Le discipline, viste come espressione storica che dimostra l’evoluzione del rapporto dell’uomo con il mondo e, non più  come descrizioni oggettive di realtà,  orientano verso  curricola  focalizzati sul succedersi di modelli interpretativi e sulle  variazioni di significato dei concetti chiave delle discipline, legati  a contesti geografici, epocali e culturali. 

Nella Scuola pubblica statale, dove non si riescono a togliere i Crocefissi, viene  legittimata la profonda diversità tra le culture e il dialogo. 

I modelli di spiegazione degli allievi (guai a considerarli errori!), sono il punto di partenza per impostare qualsiasi azione didattica. 

Si insiste sullo sviluppo di un’attitudine metacognitiva e riflessiva che fondi l’idea di un apprendimento costante durante tutta la vita. 

L’acquisizione dell’AUTONOMIA, secondo la Commissione, rappresenta un momento decisivo per le istituzioni scolastiche, sostengono che questo processo di sempre maggiore responsabilizzazione sia  condiviso dai docenti e dai dirigenti. Non mi piace questo inciso sulla responsabilità, sono  gli standards che, secondo Lucio Guasti,  tendono a responsabilizzare il maggior numero possibile di persone, si aprirà una nuova stagione di valutati e valutatori e la caccia all’insegnante “più bravo”? 

La  parola PERSONA è centrale in tutto il discorso, ricorda proprio lo Slogan del Liceo Malpigli di Bologna (Scuola di persona) diretto dalla Dott.ssa Ugolini, del Comitato Direttivo dell'INVALSI, già membro della "Commissione dei saggi" e componente del gruppo ristretto di lavoro istituito dal Ministro dell'educazione Letizia Moratti per la predisposizione degli indirizzi concernenti il nuovo sistema di valutazione del sistema scolastico italiano.

Si valorizzano, forse pensando anche alla didattica cooperativa, l’aspetto sociale della conoscenza e le potenzialità della classe come gruppo, nell’imparare dagli altri e con gli altri attraverso relazioni interpersonali.

Ispirandosi ancora al costruttivismo nello scritto si precisa che la formazione di importanti legami di gruppo non contraddice la scelta di porre la persona al centro dell’azione educativa, ma è al contrario condizione indispensabile per lo sviluppo della personalità di ognuno.

Ogni alunno, insomma,  ha bisogno sia di venire confermato e di sentirsi parte di una comunità,  che di  trovare in essa l’opportunità di realizzare le proprie potenzialità.

Purtroppo la parola INSEGNANTE o DOCENTE viene citata raramente, sempre per evidenziare, garbatamente, qualche mancanza.

Si fa notare che le relazioni con gli strumenti informatici sono assai diseguali fra gli studenti come fra gli insegnanti.

Ci si spinge a sottolineare l’ inadeguatezza delle  trasmissioni standardizzate e normative delle conoscenze, che comunicano contenuti invarianti, pensati per individui medi, quasi come se le nostre scuole dell’Infanzia e Primaria fossero basate su accademiche lezioni di baroni universitari.

E’ questa la critica generalizzata del costruttivismo al modello attuale di scuola, critica assolutamente distante dalla pratica quotidiana della maggior parte dei docenti dei nostri ordini di scuola.

Mi pare si legga anche una richiesta di competenza deontologica del docente, cara a Frabboni, che sappia salvaguardare il singolo nel mondo globalizzato dei mercati, dell’informazione e della cultura.

Si raccomanda, in modo un po’ irritante, ai  docenti di pensare e realizzare i loro progetti educativi e didattici non per individui astratti, ma per persone che vivono qui e ora, che sollevano precise domande esistenziali, che vanno alla ricerca di orizzonti di significato.

Ai docenti si chiede infine  di definire le proposte didattiche in una relazione costante con i bisogni fondamentali e i desideri dei bambini e degli adolescenti, valorizzando simbolicamente i momenti di passaggio che segnano le tappe principali di apprendimento e di crescita di ogni studente.

Insomma, l’immagine dell’insegnante che se ne ricava è quella di un ignorante informatico che tiene lezioni cattedratiche di tipo nozionistico a bambini “astratti”, incapace di vederne bisogni e desideri, impreparato persino quando dovrebbe  gratificarli , se apprendono, malgrado tutto!

Da quanto ho capito, nelle nuove guide didattiche, troveremo una serie di esperimenti e metodi ispirati a questa filosofia, sarà la scuola dell’intercultura, della multiculturalità, dell’educazione alla cittadinanza, dell’educazione ambientale, della cooperazione.

Una scuola piena di bambini, tutti uguali e diversi, stipati in classi dove il sostegno ai portatori di handicap non è più una certezza ma dove si porrà particolare attenzione al sostegno delle varie forme di diversità o di svantaggio.

Una scuola, senza risorse, che invece di rispondere ai bisogni degli stranieri, con l’alibi di dichiararli “una ricchezza”, invece che un problema,  li lascerà, nella speranza del dialogo, nelle loro classi ad imparare la lingua come meglio potranno.

Una scuola delle persone, cittadine del mondo,  dentro ad edifici fatiscenti, con meno insegnanti, mal pagati e sempre meno interessati a queste belle teorie perché presi ogni giorno dall’emergenza.

A scuola, comunque, ancora una volta, inascoltati e appassionati, staremo noi, con quei bambini davvero poco astratti, che ogni giorno condividono con noi l’arte di arrangiarsi.

 
 
5 maggio 2007
 
 
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