Il ministro
dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, ha firmato il decreto sulla
valutazione del comportamento degli studenti (cd. decreto antibullismo),
previsto dall’art. 2, comma 3, del decreto
legge n. 137/2008, convertito dalla legge n. 169/2008.
Questi i punti
salienti:
- La valutazione del
comportamento degli studenti nella scuola secondaria di primo grado e nella
scuola secondaria di secondo grado è espressa in decimi.
- La valutazione
espressa dal consiglio di classe si riferisce a tutto il periodo di
permanenza nella sede scolastica e comprende anche gli interventi e le
attività di carattere educativo posti in essere al di fuori di essa.
- L'attribuzione di un
voto inferiore a sei decimi, in presenza di comportamenti di particolare e
oggettiva gravità, comporta l'automatica non ammissione alla classe
successiva o all’esame conclusivo del ciclo di studi .
- Il consiglio di
classe può attribuire una valutazione insufficiente in condotta soltanto in
presenza di sanzioni disciplinari che comportino l'allontanamento dalla
scuola superiore a 15 giorni e per quegli alunni che a seguito di tali
sanzioni non abbiano dimostrato apprezzabili e concreti cambiamenti nel
comportamento, tali da evidenziare un sufficiente livello di miglioramento
nel loro percorso di crescita e di maturazione.
- Le scuole sono
tenute a curare con particolare attenzione sia l'elaborazione del Patto
educativo di corresponsabilità, sia l'informazione tempestiva e il
coinvolgimento attivo delle famiglie in merito alla condotta dei propri
figli.
In pratica le nuove
disposizioni ripristinano, almeno in parte, quanto stabilito a suo tempo con
il R.D. 653/1925:
“Gli alunni che non
riportino almeno sei decimi nello scrutinio finale per la condotta sono
esclusi dalle prove di riparazione per la promozione e dalla prima sessione
per tutti gli altri esami, compresi quelli di maturità e abilitazione.”
Tali norme, com’è noto, erano state soppresse con l’approvazione dello
Statuto delle studentesse e degli studenti nel 1998.
Il
decreto suscita diverse perplessità.
In via
incidentale rileviamo una contraddizione concettuale là dove
da un lato afferma che la valutazione non può riferirsi ad un singolo
episodio ma deve scaturire da un giudizio complessivo di maturazione e di
crescita civile e culturale dello studente in ordine all’intero anno
scolastico, e dall’altro pone il vincolo dell’esistenza di una specifica
sanzione (sospensione superiore a 15 giorni, che non può che riferirsi ad un
singolo episodio) come condizione necessaria, anche se non sufficiente, per
esprimere quella valutazione. Dal testo ministeriale sembra emergere più la
preoccupazione di limitare al minimo l’applicazione della norma del decreto
legge 137 che quella di legare strettamente fra loro la singola sanzione
disciplinare (neanche più di una) con l’attribuzione del voto negativo che
comporta l’automatica esclusione dalla promozione. In altri termini,
stando al decreto, non si può attribuire un voto inferiore a 6/10 se non c’è
almeno una sanzione superiore a 15 giorni di allontanamento dalle
lezioni; ma, anche in questo caso, occorre accertare (e riportare a verbale)
che non vi siano stati segnali di ravvedimento o di miglioramento del
comportamento. Non basta prendere atto della sanzione, ma occorre constatare
il permanere di un atteggiamento contrario alle finalità educativa.
Ma su
questi limiti del decreto bisognerà evidentemente ancora riflettere nei
prossimi mesi: augurabilmente, per migliorarlo sulla base dell’esperienza.
Vi è un altro aspetto
delle nuove disposizioni
sul quale vale la pena sviluppare ora qualche approfondimento, per i
risvolti pedagogici e psicologici che vengono coinvolti.
Ci riferiamo sia alla
questione del “concorso” del voto di condotta alla valutazione complessiva
dello studente
– e, in particolare,
se tale concorso debba intendersi anche rispetto alla determinazione della
media dei voti – sia all’altra questione della scala di valori cui
riferirsi, da parte dei consigli di classe, nell’assegnazione del voto di
condotta.
Finora tali valori, in
termini positivi, sono stati riferiti ai voti otto, nove e dieci, mentre
il sette ed il sei (per altro assegnato in casi del tutto eccezionali),
erano da considerare negativi. Tali due ultimi punteggi, a partire da
quest’anno, andranno ad aggiungersi agli altri positivi ed il quadro delle
valutazioni della condotta, pertanto, apparirà assai più frastagliato di
prima, ipotizzando che i consigli di classe tendano ad utilizzare l’intera
gamma dei cinque punti disponibili ed evitino di trasferire meccanicamente i
tre punteggi dell’otto, nove e dieci, nel sei, sette e otto, cosa che, tra
l'altro, sarebbe assai poco utile ai fini della chiarezza e della
trasparenza delle decisioni.
Se così è, e non si
vede perché così non debba essere,
è evidente che l’eventuale calcolo della media dei voti inclusiva di quello
di condotta rappresenterebbe un non trascurabile premio nei confronti di
quegli alunni particolarmente disciplinati, rispettosi ed educati, che però
manifestassero alcune difficoltà in sede di profitto nelle diverse
discipline, e, contestualmente, un “castigo” abbastanza pesante per altri
allievi che avessero conseguito la sufficienza in quasi tutte le discipline
– e quindi migliori degli altri in termini di profitto - ma fossero
destinatari, per qualsivoglia ragione, di un voto di condotta solo
“sufficiente”.
La questione, (che in
pratica nelle quattro prime classi degli istituti secondari di II grado
influirebbe solo sulla determinazione del credito scolastico e non
sull’ammissione alla classe successiva, in quanto l’ammissione stessa esige
comunque il saldo di tutti i debiti formativi ex D.M. 80/2007) diventerebbe
invece decisiva nella classe quinta ai fini dell’ammissione agli esami,
posto che con la conversione in legge del D.L 137 è stata soppressa,
limitatamente alle scuole secondarie di II grado, la norma che imponeva il
conseguimento della sufficienza in “ciascuna” disciplina e non solo della
media del sei nella totalità delle discipline. In pratica, dunque, resta in
vigore quanto stabilito dal D.M. 42/2007: “A decorrere dall'anno scolastico
2008/2009, ai fini dell'ammissione all'esame di Stato sono valutati
positivamente nello scrutinio finale gli alunni che conseguono la media del
sei”.
Il caso può essere
illustrato con un esempio.
Si considerino i casi
contrapposti ed “estremi” di due alunni in uno scrutinio di ammissione agli
esami di Stato di una classe quinta di ragionieri, indirizzo Igea, che
abbiano ottenuto, in sede di scrutinio finale di ammissione, i seguenti
voti:
Materie |
Alunno A |
Alunno B |
Italiano |
sei |
sei |
Storia |
sette |
sette |
Inglese |
cinque |
sei |
Matematica |
cinque |
sei |
Seconda
lingua stran. |
sei |
quattro |
Economia
az. |
quattro |
sei |
Diritto |
cinque |
sei |
Econ.pol/sc.
finanze |
cinque |
sei |
Geografia |
sei
|
sei |
Ed. fisica |
otto
|
sei |
Condotta |
dieci |
sei |
Media |
sei |
cinque.9 |
La media dei voti
conseguita dallo studente A è pari a sei; quella dello studente B a 5,9.
A rigore, il primo
sarebbe ammesso “di diritto”. Il secondo invece no.
Eppure le due situazioni sono sensibilmente differenti proprio sul piano
della valutazione complessiva dei due profili, che evidenziano, per il primo
studente, un quadro di lacune di preparazione particolarmente preoccupanti,
anche perché concentrate nelle discipline di indirizzo, pur di fronte ad un
comportamento ineccepibile e forse esemplare; per il secondo, invece, un
quadro di tendenziale sufficienza, pur di fronte ad un comportamento solo
accettabile.
Si osserverà che, in
casi come questo, un qualunque consiglio di classe risolverebbe il problema
dell’allievo B con buonsenso o “trasformando” in cinque il quattro, oppure
un sei in sette.
Il problema però è un
altro: è quello di valutare i meccanismi che la norma può mettere in atto e
l’influenza che questi meccanismi possono avere nel comportamento delle
persone. Se il voto di condotta deve avere un carattere eminentemente
formativo, per porre in qualche modo un freno alla gestione di costumi e
comportamenti non più accettabili all’ interno delle nostre scuole, ci
sembra tuttavia che il suo inserimento – forse in maniera sommaria - nel
calcolo della media dei voti attribuiti in ordine al profitto conseguito
nelle diverse discipline non è cosa che giovi alla chiarezza dei messaggi
educativi nei riguardi dei giovani. Non lo è perché far media fra entità
(apprendimenti e comportamento) che, per loro natura, sono diverse potrebbe
alterare la percezione (cosa di cui non si sente
francamente il bisogno) che lo studente ha del proprio profitto scolastico.
D’altra parte, c’è chi
osserva che il “concorso” di cui si tratta non possa essere inteso
diversamente – sul piano della stretta interpretazione filologica della
norma – dal considerare il voto di condotta come una componente aritmetica
da introdurre nel computo della media.
Il decreto emanato,
come detto, a nostro avviso non chiarisce l’incertezza interpretativa in cui
si troveranno tutte le scuole riguardo alla questione, per cui probabilmente
saranno necessarie ulteriori disposizioni applicative.
E' evidente infatti che la materia non può essere demandata - stante il
valore legale del titolo di studio e, conseguentemente, delle valutazioni
formalmente assegnate al termine di ciascun anno scolastico, nonché al
momento dell’ammissione all’esame di Stato (valutazioni che concorrono alla
determinazione del credito scolastico) - all'autonoma determinazione di ogni
singolo istituto scolastico. |