Il voto di
condotta, da sempre presente negli ordinamenti delle scuole di ogni ordine e
grado, dal corrente anno scolastico è stato “rilanciato” secondo un indirizzo
che intende ampliarne la portata e l’incisività nell’economia complessiva della
valutazione degli studenti, con il proposito di indurli ad un comportamento più
corretto e socialmente responsabile. Di qui l’insieme dei provvedimenti emanati
negli ultimi mesi, di cui si dirà in seguito e sui quali non si può non
concordare. Infatti, è proprio attraverso il voto di condotta che viene valutato
il comportamento degli studenti di tutte le classi; voto che ha sia un valore in
sé, in quanto espressione di uno specifico aspetto della vita scolastica
dell’allievo (cioè, la qualità della sua relazione con gli altri e con
l’ambiente), sia un valore relativo in quanto concorre, insieme con il voto
assegnato nelle diverse discipline, a definire il profilo complessivo dello
studente durante il suo processo di maturazione.
A distanza di
solo un mese o poco più dagli scrutini, il Ministero con la
circolare n. 46 del 7 maggio 2009 a firma del Direttore Dutto è intervenuto
sulla questione del computo del voto di condotta ai fini dell'ammissione
all'esame di Stato con l’intento esplicito, anche in relazione ai numerosi
quesiti posti dalle scuole e al fine di evitare interpretazioni non uniformi, di
chiarire che “il voto di comportamento, per l'anno scolastico corrente (art.
2, comma 1 dell'O.M. 8 aprile 2009, n.40), concorre alla determinazione della
media dei voti ai fini sia dell'ammissione all'esame stesso sia della
definizione del credito scolastico. Rimane, ovviamente, l'esclusione dall'esame
finale di Stato degli studenti con un voto di comportamento inferiore a 6
decimi".
E’ noto che
l’emanazione dell’O.M.
n. 40 citata relativa allo svolgimento degli esami di Stato non ha chiarito
tutti i dubbi in materia di ammissione all’esame e calcolo del credito
scolastico nei confronti degli studenti.
Infatti la
predetta O.M. si è limitata a precisare, all’art. 2 e successivamente all’art.
8, che “a partire dall’anno scolastico 2008/2009, la valutazione sul
comportamento concorre, unitamente alla valutazione degli apprendimenti, alla
valutazione complessiva dello studente”, e che “pertanto, ai fini
dell’esame del corrente anno scolastico, il voto sul comportamento incide sulla
determinazione del credito scolastico”.
La
formulazione del testo ministeriale è apparsa subito da un lato generica, poiché
sostanzialmente ribadisce quanto già contenuto nella
legge 169/2008, e dall’altro sensibilmente meno puntuale di quella che era
stata inserita nello “Schema
di regolamento per il coordinamento delle norme vigenti per la valutazione degli
alunni e per ulteriori modalità applicative dell’articolo 3 del decreto-legge 1
settembre 2008, n. 137, convertito dalla legge 30 ottobre 2008, n. 169”,
schema che, pur approvato dal Governo il 13 marzo u.s., non è stato
successivamente emanato nella prevista forma del DPR, e, quindi, di un
provvedimento avente valore di fonte normativa.
Nello Schema,
infatti, all’art. 6, comma 6, si legge quanto segue: “Il voto sul
comportamento concorre, come il voto delle discipline di insegnamento, alla
determinazione dei crediti scolastici di cui alla tabella A dell’articolo 11,
comma 2 del decreto del Presidente della Repubblica 23 luglio 1998, n. 323 e
successive modificazioni, alla abbreviazione di un anno per merito di cui
all’articolo 2, comma 2 della legge 11 gennaio 2007, n. 1 e ad ogni altra
situazione in tutti i casi previsti dalla norma.”
Mentre da
tale ultima formulazione discende inequivocabilmente l’obbligo di considerare il
voto della condotta alla stregua del voto di qualunque disciplina, a tutti i
fini in cui ciò sia necessario (computo della media per l’ammissione agli esami,
per l’attribuzione del credito, ecc.), da quella dell’O.M. 40, invece, tale
obbligo non sembra affatto così perentorio ed inequivocabile.
E’ naturale
pertanto che ci sia domandati il motivo per cui l’O.M. 40 non abbia utilizzato
la formulazione scritta nello Schema ed abbia specificato solo la valutazione
legata al credito scolastico. Può essersi trattato allora di una semplice svista
e quindi la circolare appena emanata scioglie oggi finalmente ogni dubbio al
riguardo?
Ci sembra
ancora di no, per due ordini di ragioni. Una, per così dire, tecnica, visto il
carattere niente affatto prescrittivo che, in assenza del relativo regolamento
attuativo, la mera circolare riveste. L’altra, sostanziale, che legittima, anzi,
avanzare l’ipotesi che la questione sia stata e rimanga controversa nello stesso
ambito ministeriale.
In altri
termini, al momento, nessuna fonte normativa (Legge o Regolamento) prevede
esplicitamente che il voto di condotta debba far media con gli altri voti ai
fini dell'ammissione, né tale eventualità è contemplata nella citata legge
169/2008, che si limita a precisare – com’è certamente giusto - il concorso
della valutazione del comportamento nella valutazione complessiva dello studente
(ad esempio, nella redazione di un qualunque giudizio di ammissione o non
ammissione, o di un qualunque giudizio sia richiesto alla scuola a qualunque
altro fine).
Anzi, tale
eventualità, fino allo scorso anno, è sempre stata esplicitamente esclusa.
Esclusione che, ad essere precisi, riguardava, a norma dell’art. 304 del D.Lgs
297/94, anche l’educazione fisica e che è stata superata nella prassi grazie
anche qui ad una semplice indicazione ministeriale (nota prot. 4285/A1 del 25
novembre 1998) già in fase di prima applicazione della legge di riforma degli
esami di Stato ex legge 425/97.
La nota
ministeriale, tuttavia, relativamente all’educazione fisica, era supportata da
ben precisi riferimenti normativi (primo tra i quali la circostanza che
l’educazione fisica avrebbe potuto essere, alla stregua di tutte le altre
discipline, oggetto della terza prova scritta) che rendevano del tutto
contraddittoria l’esclusione di tale materia dal computo della media dei voti.
Dunque, relativamente all’educazione fisica, si trattava più che altro di una
questione di armonizzazione delle norme, da cui discendeva il superamento di
quanto stabilito all’art. 304 del Testo Unico (che ha in ciò recuperato una
norma che risaliva addirittura al 1925).
Diverso è il
caso del voto di condotta, che non è una disciplina di studio e non è oggetto di
esame.
Oltre al dato
normativo, permangono poi sostanziali valutazioni di tipo educativo e
pedagogico, di cui si è fatto già cenno in un
contributo pubblicato dal nostro Centro Studi.
Il voto di
condotta, qualora entrasse nel calcolo della media ai fini dell’ammissione,
potrebbe infatti determinare in certi casi, giova ribadirlo, inopinate
distorsioni nella valutazione del profitto, come accadrebbe quando, ad esempio,
ad uno studente piuttosto mediocre, ma diligente ed educato, che a conclusione
delle lezioni venissero assegnati quattro cinque in alcune discipline e solo il
sei nelle rimanenti, a cui, però, il C.d.C. ritenesse di assegnare il voto dieci
in condotta, che per il suo elevato valore procurerebbe l’innalzamento della
media al sei, con qualche dubbio ragionevole in ordine all’opportunità di tale
“premio”, se l’ammissione all’esame, com’è stato stabilito con il D.M. 42/2007,
deve rispondere a criteri di rigore e serietà; tanto più considerando che il
Ministro in carica, proprio per proseguire – accentuandola – tale linea di
serietà e rigore avrebbe voluto, prima con il DL 137/2008 poi con il richiamato
Schema, condizionare l’ammissione all’esame al conseguimento della sufficienza
in ciascuna disciplina.
Insomma, il
tendenziale posizionamento del voto di condotta sulla fascia alta dei voti (ben
più di quanto non accada per qualunque disciplina, educazione fisica compresa),
qualora tale voto dovesse entrare nel calcolo della media anche ai fini
dell’ammissione all’esame, è destinato ad alterare sensibilmente e con scarsa
coerenza rispetto alla logica che ispira l’insieme dei provvedimenti, il quadro
delle valutazioni relative al profitto trasformando, di fatto, il “concorso” in
un “soccorso”.
Per contro,
invece, uno studente piuttosto indisciplinato cui il CdC decidesse di attribuire
il voto di condotta sette e che fosse rimasto insufficiente con il quattro in
una sola disciplina ed avesse meritato solo il sei nelle altre non verrebbe
ammesso e “pagherebbe” tutto intero il prezzo del rigore.
Vero è che in
questo secondo caso lo studente non verrebbe ammesso neanche qualora il voto di
condotta non venisse computato ai fini della media, ma non c’è dubbio che il
diverso trattamento riservato ai due studenti, non solo in relazione al profitto
ma anche ad una valutazione complessiva del loro profilo formativo, sarebbe
alquanto discutibile sul piano pedagogico, né sarebbe esente dai rischi di un
contenzioso piuttosto intricato.
Pertanto è
lecito mantenere ancora molti dubbi, allo stato delle disposizioni attualmente
emanate, in merito alla loro automatica traduzione operativa negli scrutini di
ammissione, ricordando altresì nuovamente che a nostro avviso la “valutazione
complessiva dello studente”, opportunamente richiamata nella legge 169 non
pare coincidere compiutamente né esaurirsi nel conteggio della media aritmetica
dei voti.
Con tutto il
rispetto per quanto invece “espressamente chiarito” dalla novella circolare
ministeriale.
(13 maggio 2009)
|