1. La valutazione
di qualità nella scuola: ragioni e modelli
A partire dalla metà
degli anni Ottanta del secolo scorso, i costi crescenti del Welfare State
e la convinzione della necessità di uno Stato più leggero hanno
indotto a ritenere che l’introduzione di elementi di concorrenza
nell’erogazione dei cosiddetti “servizi sociali” e l’ applicazione di metodi
organizzativi aziendali agli enti o istituti pubblici potessero garantire ai
cittadini/utenti prestazioni migliori a costi più bassi.
In questo contesto si
inquadrano sia la richiesta di pratiche valutative sistematiche sulla
qualità dell’operato della scuola statale e del suo personale
(nell’assunto che anche la formazione dei cittadini rientri fra i cosiddetti
“servizi sociali”) sia le continue innovazioni normative e organizzative che
hanno investito il nostro sistema scolastico negli ultimi dieci anni. In
questa contesto sono sorte anche tre istanze fondamentali dalle
quali, secondo l’analisi di Mario Castaldi 1, che seguiremo nelle
sue linee fondamentali, nasce la domanda di controllo della qualità del
servizio scolastico. Ad ognuna di queste istanze corrisponde un diverso
modello di valutazione: la valutazione di sistema, la
certificazione di qualità e la auto-valutazione di istituto.
Innanzitutto vi è
l’istanza di rendicontazione pubblica che il potere politico rivolge
alla scuola: si tratta di un controllo di merito sull’utilizzo
efficace delle risorse assegnate e sui risultati conseguiti, che dovrebbero
essere conformi a livelli essenziali di prestazione omogenei su tutto il
territorio nazionale. A questa istanza rispondono, in generale, i
sistemi di valutazione dei risultati dell’istruzione che operano a
livello macro, finalizzati al controllo della tenuta globale
di un intero sistema formativo: ciò che si è cercato di realizzare
con il Progetto Pilota dell’ Invalsi, in attesa del
sistema complessivo di verifica del raggiungimento dei livelli essenziali di
prestazione previsto dalla Legge 53/03.
In secondo luogo, vi è
l’istanza di controllo sociale che la comunità nel suo complesso
rivolge alla scuola, alla quale rispondono le varie forme di valutazione
affidate a soggetti terzi specializzati e finalizzate alla
certificazione di qualità. Si tratta di una forma di garanzia per i
“clienti” del rispetto di certi standard qualitativi nell’erogazione del
“servizio” formativo da parte delle singole istituzioni scolastiche.
In terzo luogo,
un’istanza di professionalizzazione, proveniente da docenti e
dirigenti che cercano di dar risposta alla domanda di qualità e alle
richieste di rendicontazione pubblica del loro operato ricorrendo a varie
forme di auto-valutazione, finalizzate soprattutto al
miglioramento continuo della qualità dei processi educativi e organizzativi
a monte dei risultati scolastici.
2. Il mito della
scuola-azienda e la qualità del “servizio” scolastico
Secondo i sostenitori
del paradigma aziendale (numerosi anche tra i nostri decisori politici), la
scuola dello stato dovrebbe considerare i cittadini/utenti veri e propri “clienti
- consumatori” e, per competere con successo nel “mercato” della
formazione, dovrebbe attrezzarsi per soddisfare i loro vari “bisogni
formativi”. I fautori della scuola-azienda, coerentemente, spingono
per l’applicazione al sistema scolastico di metodi di controllo di
qualità di ispirazione aziendale, ai cui risultati vorrebbero legare un
sistema di premi e incentivi, anche economici, per le scuole e i docenti
migliori: sulla base al principio, certamente condivisibile, che il
merito e la produttività vadano premiati.
Tuttavia il
confronto fra realtà scolastica e realtà aziendale, pur suggestivo,
sotto molti aspetti risulta assai fuorviante. Infatti tra
organizzazione scolastica e organizzazione aziendale vi sono profonde
differenze, che influiscono pesantemente sul concetto stesso di qualità
nella scuola e sui metodi eventualmente scelti per
valutarla. Di questo i nostri decisori politici devono essere resi
pienamente consapevoli, se si vuole affrontare in modo razionale e rigoroso
e non approssimativo e demagogico il problema della valutazione della
qualità della scuola.
Dunque, se ci fermasse
alle affinità tra l’organizzazione scolastica e quella aziendale,
la scuola potrebbe essere paragonata ad un’azienda fornitrice di
servizi. Di conseguenza, la sua mission dovrebbe consistere nel
fornire ai propri clienti il servizio che essi desiderano, nei modi in cui
lo desiderano. Nel mondo aziendale, infatti, la qualità coincide
con la customer satisfaction: (nelle norme ISO la qualità
è il “grado in cui un insieme di caratteristiche intrinseche soddisfa i
requisiti dei clienti e delle altre parti interessate”). Una
definizione di qualità del “servizio scolastico”, però, non può essere così
semplice.
Analizzando infatti le
differenze, si nota subito che esse riguardano la natura peculiare
del “servizio” offerto dalla scuola, che è in realtà un processo,
quello di formazione; la finalità dell’ organizzazione scolastica;
la polisemicità e l’ambiguità del concetto di cliente
applicato all’erogazione del “servizio formativo”. Queste differenze fanno
della scuola un sistema molto diverso da quello aziendale e molto più
complesso.
Innanzitutto la
formazione è un “servizio” assai particolare: è un processo nel quale
docente e discenti, tramite il rapporto pedagogico che si
instaura fra loro, elaborano assieme e condividono cultura, valori e
concezioni del mondo. Si tratta di un processo aperto, dagli
esiti non completamente prevedibili e controllabili, tutto interno ai
“clienti” (gli allievi) e in buona misura nascosto: la sua qualità
effettiva è legata a dimensioni implicite, ad aspetti non rilevabili o
difficilmente misurabili.2 Di qui la maggior difficoltà di
definirla (e valutarla) rispetto alla qualità di un semplice servizio
aziendale .
In secondo luogo, la
scuola non può preoccuparsi solo di rispondere alla “domanda” di una
categoria di “consumatori” socialmente e geograficamente determinata: Essa
ha anche stringenti finalità istituzionali: infatti è stata creata
dalla collettività innanzitutto per assolvere a un compito socialmente utile
(l’educazione dei futuri cittadini) e non solo per soddisfare
“bisogni” formativi individuali. Quindi, anche il concetto di cliente
applicato all’erogazione dei “servizi” formativi assume un significato assai
diverso da quello comunemente utilizzato in ambito aziendale.
A questo proposito va
rilevato il ruolo ambivalente degli allievi, la cui cooperazione è
indispensabile all’erogazione del “servizio” e che quindi, più che clienti,
potrebbero essere meglio considerati co- produttori3 o
clienti interni dell’organizzazione scolastica4 la
quale, tra l’altro, come organizzazione assorbente5,
tende ad includerli al suo interno; e va rilevato anche
il ruolo di clienti interni assunto dagli insegnanti e
dal personale non docente, in quanto anch’essi fruitori di strutture e
strumenti didattici.
Un’ accezione più
larga (e sofisticata) del termine “cliente, inoltre, ci
porterebbe a includere fra i clienti della scuola anche la scuola
stessa: in quanto anch’ essa, autonoma istituzione dello Stato,
vuole la formazione integrale dei suoi allievi, come
persone e come cittadini (sintesi dei “bisogni” formativi sociali
e individuali); e in quanto proprio la scuola , “in primis”, fruisce di
abilità, conoscenze e comportamenti “prodotti” al suo interno6.
Ad ogni modo, alla
domanda di controllo di qualità della formazione, a parere dello scrivente,
da parte della scuola dovrà esser data una risposta, preferibilmente
spontanea, condivisa e dal basso: pena la progressiva perdita di
credibilità del sistema di istruzione pubblica o l’imposizione dall’alto
di sistemi di valutazione che rischiano di essere inadatti alle peculiarità
della scuola: quindi inutili, nel migliore dei casi; nel peggiore, iniqui e
penalizzanti.
3. La specificità
della scuola come sistema organizzativo
Un approccio corretto
al problema della valutazione della scuola dovrebbe in ogni caso partire
dalle caratteristiche peculiari dell’organizzazione scolastica vista come
sistema complesso, riflessivo, aperto e come comunità di
apprendimento.
1) Scuola come sistema
complesso:
l’organizzazione scolastica opera in un ambiente sociale popolato da
molteplici attori, che si evolve continuamente in modo imprevedibile7.
Se vuol risultare efficace, il sistema scuola deve
possedere un alto grado di adattabilità strutturale: cioè, di
complessità.
2) Scuola come sistema
riflessivo e aperto:
nel sistema scuola la
professionalità docente, che ne è il cuore, è caratterizzata dalla
riflessività, dalla capacità di revisione critica, ri-progettazione,
interpretazione della propria azione8. Inoltre la scuola è anche
un sistema aperto, perché implica, per valutarsi, i suoi legami con
l’esterno attraverso la scientificità (modello di
saperi-apprendimenti), i valori-guida (sociali, culturali, politici)
e l’organizzazione (modello organizzativo interno)9. In
sintesi, la scuola costituisce un sistema autonomo ma non isolato, provvisto
di un suo corpo docente che garantisce il raccordo con la società e
auto-valuta il funzionamento del sistema stesso secondo un’ ottica di
riflessività.
3) Scuola come
comunità di apprendimento:
la scuola, più che un’
azienda, può esser considerata una comunità educativa, fondata su una
fitta rete di relazioni interpersonali, che richiede investimenti a
lunghissimo termine per la produzione di un bene, l’educazione,
relativo a “clienti”(i suoi allievi) visti non come semplici attori sociali,
ma come persone, dotate di diritti doveri e libertà10. Da
tali considerazioni discende una vision della scuola come comunità
di apprendimento, un contesto organizzativo dove tutti sono stimolati a
ricercare e ad imparare11, secondo una logica di enabling,
cioè di coinvolgimento deliberato dell’allievo – “cliente”
nell’ “attività produttiva”, di sua diretta assunzione di
responsabilità nel processo di formazione12.
4. I concetti di soddisfazione
del cliente e qualità nel sistema-scuola
Possiamo ora tentare
una definizione più precisa del concetto di qualità nella scuola e
quindi dei principi ai quali dovrebbe ispirarsi un modello di
valutazione della qualità del sistema scolastico.
Nel mondo aziendale il
criterio di base della Qualità totale è la soddisfazione del
cliente. Analogamente, nella scuola i vari fattori di qualità
(leadership, politiche, strategie, gestione del personale e delle
risorse, processi, risultati, performaces) orbitano tutti, in varia
misura, attorno alla nozione di “cliente”. Una strategia di Qualità
totale applicata alla scuola ha, infatti, come obiettivo la
“soddisfazione” delle esigenze dei vari “clienti” del “servizio formativo”.
La “customer
satisfaction” rappresenta dunque, anche nella realtà scolastica, il
principale parametro di valutazione della qualità ? Prima di giungere a una
conclusione del genere, occorre intendersi sia sul significato di
“cliente”, che, come abbiamo avuto modo di precisare, è molto più ampio
e sfumato nell’universo scolastico che in quello aziendale, sia sul
significato di “soddisfazione”.
La scuola ha senza
dubbio il compito di soddisfare la domanda di formazione della società,
delle famiglie e degli allievi, i suoi principali “clienti ”: in
particolare, occorre che essa si metta in grado di recepire le loro
attese/richieste, per erogare un “servizio” il più possibile conforme ad
esse.
Tuttavia in questo
caso la “soddisfazione del cliente” non può ottenersi semplicemente
accondiscendendo ai suoi desideri e alle sue aspettative: così
facendo la scuola perderebbe la sua autentica fisionomia di
Istituzione dello Stato e di comunità educativa e
diventerebbe, davvero, una semplice azienda fornitrice, a domanda, di
prodotti cognitivi (tecniche, metodologie, strumenti).
Vi sono aspetti
fondamentali del processo di formazione, infatti, che non
necessariamente corrispondono ai desideri dei “clienti”: da molti
contenuti disciplinari non graditi agli alunni e/o alle famiglie,
all’educazione alla legalità e alla convivenza civile, al rispetto di se
stessi e degli altri, ai valori etici ed estetici, all’impegno politico e
sociale.
La scuola deve
accogliere dunque la “domanda di formazione” dei suoi “clienti”,
riconducendola però alle sue specifiche finalità, senza snaturare il
particolare “servizio” che essa offre, che è l’ educazione dei futuri
cittadini. In buona sostanza, la scuola , nel rispondere alla domanda
di formazione dei suoi “clienti”, deve anche guidarla ed educarla. In
quest’ottica una buona qualità della scuola corrisponde in
definitiva ad una buona qualità di vita degli allievi, che
permetta la valorizzazione delle potenzialità e delle attitudini di ciascuno
di loro: una buona scuola, insomma, è quella in cui i giovani crescono bene,
per diventare uomini e donne realizzati e buoni cittadini.
D’altra parte, è
altrettanto importante, per il miglioramento della qualità complessiva del
“servizio” scolastico, tenere in considerazione anche la soddisfazione
delle esigenze dei “clienti interni”, come il personale docente e non
docente, che richiede strutture, mezzi e motivazioni adeguati per potere
svolgere bene il proprio ruolo.
5. Principi generali
della valutazione di qualità nella scuola
Tutte queste
considerazioni ci portano all’enunciazione di alcuni principi generali
a cui dovrebbe essere ispirata un sistema di valutazione di qualità nella
scuola:
1) la particolare
natura del processo formativo rende poco adatte alla scuola le pratiche
di controllo di qualità di derivazione aziendale basate prevalentemente
su una logica deterministica e sul paradigma quantitativo;
né alla scuola sono acriticamente applicabili le categorie aziendali di “efficienza”
ed “efficacia”, che non sempre riescono a cogliere l’ elemento
qualitativo implicito e di lunga durata tipico del processo di
formazione;
2) la complessità
dell’organizzazione scolastica, la pluralità degli attori e dei fattori in
gioco richiedono un dispositivo di controllo di qualità ispirato ad una
logica sistemica, pluridimensionale, oltre che ad un’ ottica di
riflessività;
3) la specificità
dell’organizzazione scolastica esige che la messa a punto del modello di
qualità e la sua traduzione concreta in protocolli e strumenti di
indagine avvengano a cura di soggetti provenienti dal mondo della
scuola, che sappiano curvarli sulle caratteristiche
peculiari del sistema – scuola;
4) il particolare
significato assunto dal concetto di “soddisfazione del cliente” richiede che
la valutazione della qualità del “servizio” scolastico avvenga secondo
una logica multi-prospettica, partecipativa e negoziale, con il
coinvolgimento attivo di tutti i diversi soggetti interessati.
6. Considerazioni
conclusive
Mettere a punto un
sistema di valutazione conforme a questi principi non è impossibile. In
diverse Reti locali di scuole sono già stati sperimentati vari modelli di
auto-valutazione: si vedano ad esempio le reti Stesa in Lombardia
e Sirq in Piemonte, i progetti Faro e Aqua,
rispettivamente in Sicilia e Toscana. Fin dagli anni ’90, inoltre, nella
Provincia di Trento è stato adottato un sistema di valutazione
complessiva (interna ed esterna) del “servizio”
scolastico. Per arrivare ad un modello di valutazione unitario e
condiviso a livello nazionale, si potrebbe partire da uno studio serio
delle migliori di queste pratiche. Dopo aver elaborato il modello, si
dovrebbe sperimentarlo pazientemente “sul campo” abbastanza a lungo e
“tararlo” progressivamente sulla base delle critiche e dei suggerimenti
provenienti dalle scuole: un’ impresa impegnativa, che richiederebbe
notevoli investimenti in termini di tempo, energie, competenze e
denaro. Con le risorse attualmente disponibili, sarebbe in grado il
ministro Gelmini di farvi fronte?
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