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PROBLEMI DI MERITO E METODO
CLASSI PONTE? UN'INVENZIONE ITALIANA

 
 

Maurizio Ambrosini

 
Benché non ancora chiarissima nelle sue modalità applicative, la mozione è un atto di indirizzo politico, non una proposta di legge dettagliata, l’idea è di costituire classi distinte per gli alunni che non dimostrino, a un apposito test d’ingresso, una sufficiente conoscenza della lingua italiana

Benché non ancora chiarissima nelle sue modalità applicative, la mozione è un atto di indirizzo politico, non una proposta di legge dettagliata, l’idea è di costituire classi distinte per gli alunni che non dimostrino, a un apposito test d’ingresso, una sufficiente conoscenza della lingua italianaNel caso italiano, non siamo all’anno zero. In molte scuole, anche se su basi locali e volontaristiche, sono stati sviluppati laboratori di italiano come lingua seconda, sono stati introdotti facilitatori e mediatori, sono stati distaccati insegnanti con funzioni di sostegno dell’apprendimento. Il problema è semmai che già sotto la gestione di Letizia Moratti, il ministero aveva tagliato le risorse per queste attività. Il lieve incremento successivo è rimasto ben lontano dal compensare l’aumento della popolazione scolastica di origine immigrata. (1) La percezione di un’emergenza educativa è drammatizzata dallo smantellamento delle risorse per fronteggiarla. 
Le vistose concentrazioni in certe scuole e classi, inoltre, non sono un dato per così dire “naturale”. Spesso derivano da scelte organizzative che addensano in alcuni plessi e classi gli alunni di origine straniera. Il fatto stesso che alcune scuole abbiano investito maggiormente nella didattica interculturale non di rado diventa un pretesto per convogliare verso di esse gli alunni immigrati, “sgravando” le altre. Il volontarismo e l’attivazione locale hanno come contraltare il disimpegno e la resistenza passiva di altre istituzioni scolastiche. Un impegno per l’integrazione scolastica dovrebbe cominciare con il superamento di queste segregazioni di fatto, non giustificate da ragioni di concentrazione urbana.
Vengono poi alcuni problemi di merito. Il primo, già espresso da Giovanna Zincone su La Stampa, riguarda i destinatari della proposta del test di ingresso: tutti gli alunni di nazionalità straniera, oppure solo quelli nati all’estero? E in questo secondo caso, tutti, compresi quelli giunti nei primissimi anni di vita, o solo a partire da una certa età? Che dire poi dei bambini adottati all’estero? E dei figli di emigranti italiani di ritorno? E dei figli di stranieri provenienti da paesi sviluppati? E dei figli di coppie miste? La proposta appare essenzialmente una dichiarazione di intenti che vuole marcare un confine, senza preoccuparsi di introdurre specificazioni.
Un altro problema riguarda le modalità di uscita dalle classi-ponte: che ne sarà degli alunni che non riusciranno a raggiungere il livello di competenza linguistica richiesto? Resteranno nelle classi-ponte? Fino a quando? Non si rischia di reintrodurre surrettiziamente le classi differenziali abolite ormai da tanti anni, perché ghettizzanti?
C’è infine una questione relativa ai luoghi e alle modalità dell’apprendimento linguistico. La lingua si impara in classe, ma anche negli intervalli, in cortile e in mensa, giocando, chiacchierando, passando del tempo insieme. E poi invitando ed essendo invitati a casa dei compagni nel tempo libero. L’apprendimento in contesti informali non è meno importante di quello formale. E in più produce integrazione reciproca. Si può sostenere che le classi ponte non vietano di entrare in rapporto con i bambini italiani, ma resta certo che non producono un ambiente favorevole agli scambi quotidiani e all’instaurazione di rapporti di amicizia.
Non è forse un caso che nessun esperto noto di scuola e di pedagogia interculturale si sia espresso a favore del provvedimento. D’altronde, immaginare che la forza politica che ha presentato la mozione, con il suo curriculum, abbia davvero a cuore l’integrazione dei minori immigrati, appare vagamente surreale. Ma se pensiamo che gli obiettivi siano altri, anzitutto di raccolta del consenso, allora si comprendcomprendono meglio le ragioni della proposta e del suo successo.

(da www.lavoce.info del 28 ottobre 2008)


(1)I dati sono Usr Lombardia-Miur. Si veda M. Santerini, School mix e distribuzione