Sintesi del programma quinquennale di attuazione della legge 30/2000 di Riordino dei cicli d’istruzione.

 

 

Criteri generali per la riorganizzazione dei curriculi

 

Si rileva la necessità di passare da curriculi pre-confezionati a curriculi che, pur salvaguardando l’unitarietà del sistema d’istruzione, valorizzino il “pluralismo culturale e territoriale” e vengano progettati dalle istituzioni tenendo conto dei bisogni  e delle attese degli alunni, delle famiglie, degli enti locali, dei contesti sociali, culturali ed economici del territorio.

 

Fra i criteri per la riorganizzazione dei curriculi, vengono indicati “l’essenzialità, la storicità e la problematicità: argomenti selezionati, ma svolti in profondità, secondo il metodo della individuazione e soluzione di problemi”.

I curriculi saranno inoltre  progressivi, graduali (verrà evitata la ripetizione degli stessi argomenti) e flessibili per poter essere adattati  ai  tempi “personali e differenziati di apprendimento” dei vari soggetti.

Il fine di questi curriculi è “la durevole acquisizione di competenze, intese come la capacità di padroneggiare e di utilizzare le conoscenze in un contesto dato”.

Dovrà essere definita una “mappa dei saperi contemporanei” e dovrà essere esaltata la dimensione operativa delle discipline.

 

Fra le competenze essenziali vengono indicate quelle linguistiche e matematiche, la conoscenza delle lingue straniere e l’informatica. Si precisa che occorre “in primo luogo costruire i curriculi relativi alle lingue e all’informatica,  poiché esse “devono diventare strumenti essenziali per la maturazione di tutte le competenze e per l’introduzione di nuovi modelli di apprendimento e di organizzazione della didattica”.

 

L’orario obbligatorio annuale complessivo dei curriculi (quota nazionale obbligatoria + quota obbligatoria riservata alle istituzioni scolastiche) sia per la scuola di base che per quella secondaria dovrebbe essere di 30 ore per 33 settimane.

La quota obbligatoria riservata alle istituzioni scolastiche potrebbe variare da un 20% ad un 40%.La quota del 40% riguarderebbe il triennio della secondaria: la metà di questa quota potrebbe essere destinata  a garantire specifiche connotazioni nei vari indirizzi, all’interno di un repertorio di opzionalità definito a livello nazionale).

Parte della quota potrebbe essere destinata a percorsi individualizzati, recuperi, approfondimenti, etc.

 

Vengono  ripresi e ribaditi concetti già noti: la necessità di costruire curriculi sulla base delle richieste interne ed esterne, di “personalizzarli” per adeguarli  ai diversi soggetti/studenti, di modernizzarli e di strutturarli per “competenze”.

Va rilevato non solo e  non tanto il ruolo privilegiato riservato alle lingue straniere e all’informatica, quanto la proposizione secondo la quale esse vengono ad assumere un ruolo di primo piano sia sul piano conoscitivo che su quello metodologico. Mentre si progetta il dissolvimento delle tradizionali discipline, viene precisato nella parte finale del documento, relativa alle infrastrutture tecnologiche, che lo studio delle scienze e delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione deve consolidarsi in “una disciplina specifica obbligatoria per tutti gli studenti”.

La particolarità dell’approccio antropocentrico/studente-centrico previsto dalla riforma  pone una sorta di barriera fra la scienza, con i modelli organizzativi del sapere che essa ha elaborato nel corso dei millenni, e la scuola. Si pone l’assunto che la nuova scuola richieda la costruzione di “saperi” diversi.

La quota d’orario gestibile dalle scuole in modo autonomo comporta netti mutamenti del nostro rapporto di lavoro, mutamenti sui quali assumeranno particolare rilevanza i compiti e  le responsabilità che verranno affidati ai diversi organismi dalla legge sugli OOCC.

 

La scuola dell’infanzia

 

La scuola dell’infanzia è frequentata dal 94% di bambini. La legge 30/2000 impegna comunque la Repubblica ad assicurare la generalizzazione della frequenza di questa scuola, per ora non obbligatoria.

 

Vanno rafforzate alcune idee, quali la trasversalità delle competenze, l’importanza del “vissuto”, l’idea di un curriculo inteso non solo come percorso di apprendimento, ma come “costante intreccio fra soggetto/oggetto e contesto”.

 

La scuola dell’infanzia si raccorda con il territorio e con la scuola di base.

 

Il monte ore previsto varia dalle 1150 alle 1300 ore con un orario di 35-40 ore settimanali, distribuite su 5 giornate. Non sono esclusi prolungamenti d’orario in risposta ad eventuali esigenze sociali. La quota oraria gestita in modo autonomo dalla scuola potrebbe essere pari al 30%.

 

Non vengono previsti rigidi criteri di tipo quantitativo per la verifica della qualità della scuola dell’infanzia.

 

Si rileva facilmente la contraddizione fra l’assunto che definisce la scuola dell’infanzia quale “punto privilegiato e generativo del curriculo” e la sua  non obbligatorietà.

La scuola di base potrebbe  ragionevolmente coprire l’anno terminale della scuola dell’infanzia, recuperando dunque un percorso di otto anni.

 

La scuola di base

 

Caratterizzata da un percorso unitario, essa attua il graduale passaggio dagli ambiti alle discipline, considerate come “strumenti conoscitivi con cui interpretare, in modo ricco di senso, i vari campi del reale”.

 

La suddivisione prevista è 2+3+2. Il primo biennio segna il raccordo con le modalità operative della scuola dell’infanzia, nel triennio centrale “si sviluppa la rete curriculare che accompagna via via l’emergere dei nuclei disciplinari dagli ambiti iniziali più generali”, il biennio finale “promuove un’attenzione specifica allo sviluppo di esperienze di continuità con il biennio della scuola secondaria nel quale si conclude l’obbligo scolastico e nel quale si rafforzano i saperi necessari all’esercizio della cittadinanza”.

 

Nel triennio centrale è prevista una “docenza integrata” che prevede l’utilizzo di maestri e professori.

 

Devono essere attivate iniziative di reale flessibilità, il superamento dell’unità classe, per rispettare i diversi ritmi di apprendimento e per dar modo a tutti i docenti di esprimere le proprie competenze disciplinari.

 

Deve essere attivata una corretta prassi valutativa e devono essere definiti chiari profili di uscita.

 

Sono previste 30 ore settimanali, con possibilità di ampliamento fino a 10 ore, per attività di arricchimento e sviluppo, in relazione a specifiche esigenze delle famiglie e del contesto sociale.

La quota riservata all’istituzione è apri al 25%, comprendente le attività correlate alle richieste del territorio ed i percorsi individualizzati.

 

La scuola di base dovrebbe possibilmente essere ubicata in un unico edificio, che costituisca una sorta di campus con servizi ed attrezzature comuni.

 

Per i docenti che opereranno nella scuola di base è previsto un progetto di riqualificazione. “... occorrerà costruire un sistema di veri e propri crediti tenendo conto certamente dei titoli formali già acquisiti, ma anche delle competenze maturate sul campo. E’ evidente che accanto ai crediti emergeranno i debiti che potranno essere estinti attraverso un’offerta formativa plurale e mirata”.

 

Discutibile la scelta di suddivisione del settennio, priva di ogni base scientifica. La scelta della “docenza integrata” potrebbe condurre ad un ulteriore aumento delle figure professionali  (già troppo numerose in particolare nei primi anni) ed alla ulteriore proliferazione di attività e progetti, che rischierebbero di sottrarre spazio agli insegnamenti fondamentali.

Nebuloso il discorso del passaggio dagli ambiti alle discipline.

Non risulta chiaro quali siano i docenti con debiti. Forse i maestri con il solo diploma?

L’unificazione della scuola elementare e della media pone il problema del ruolo dei docenti, dell’orario, della retribuzione. Nulla viene detto in questo senso.

 

La scuola secondaria

 

Compito della scuola secondaria è quello di fornire una formazione generale e le basi culturali per una futura professione. Essa non si pone dunque finalità di formazione specialistica, direttamente professionalizzante.

 

Gli allievi, nel momento in cui accedono alla scuola secondaria, compiono la prima scelta, in ogni caso a carattere di reversibilità.

 

E’ possibile uscire dopo i primi due anni, completando però l’obbligo formativo – fino a 18 anni – in altri sistemi, anche mediante percorsi integrati.

Dopo cinque anni si può accedere all’istruzione universitaria, alla formazione professionale di secondo livello o all’istruzione e alla formazione tecnica superiore.

 

Tutti gli indirizzi (che verranno drasticamente ridotti rispetto al presente) assumono la denominazione di licei ad indicare la pari dignità.

Ovunque devono essere potenziate le “acquisizioni trasversali, prime fra tutte quelle logico-linguistiche, quelle logico-matematiche e quelle relative a un uso consapevole dei mezzi di comunicazione multimediale”.

E’ possibile passare da un’area all’altra, da un  indirizzo all’altro, ed attivare indirizzi diversi di ogni area  nella stessa istituzione scolastica.

 

Queste le aree e gli indirizzi ipotizzati: area classico-umanistica (due indirizzi: lingue e letterature classiche; lingue e letterature moderne); area scientifica (due indirizzi: scienze matematiche e sperimentali; scienze sociali); area tecnica e tecnologica (cinque/sei indirizzi: gestione e servizi per la produzione dei beni; gestione e servizi per l’economia; gestione e servizi per l’ambiente e il territorio; gestione e servizi per le risorse naturali e agro-industriale; gestione e servizi alla persona e alla collettività; servizi turistici (?)); area artistica e area musicale (due o più indirizzi relativi alle due aree diverse).

 

Nel biennio dell’obbligo si ha l’avvio del percorso formativo dell’area e dell’indirizzo prescelto. Ci saranno discipline comuni ed altre di indirizzo, la cui valenza non sarà comunque  specialistica ma formativa.

 

La scuola secondaria può difficilmente presentare un livello di terminalità, come in passato, perché le richieste del mondo del lavoro volgono verso professionalità più ampie.

Nuove opportunità vengono offerte dalla formazione professionale e dalla formazione tecnica superiore.

 

Viene posta la necessità della valutazione-certificazione, funzionale anche al passaggio fra aree e/o indirizzi e all’uscita/rientro nel sistema. Conseguentemente “i percorsi di scuola secondaria dovranno essere scanditi in modo da definire gli obiettivi specifici di apprendimento e le relative competenze. Queste ultime andranno quindi puntualmente certificate nell’ambito di un sistema di crediti e di debiti formativi, disciplinari e trasversali alle discipline”.

 

Sono previste 30 ore per 33 settimane ed una quota per l’istituzione di circa il 20%, con un possibile incremento del 10% per attività di recupero e di ri-orientamento.

Per il triennio è possibile un ulteriore incremento del 20% per l’insegnamento di discipline che garantiscono l’articolazione interna degli indirizzi, qualora richiesto dal mondo del lavoro e dall’evoluzione delle conoscenze e delle tecnologie.

 

Viene auspicata la presenza sul territorio di istituti polivalenti, in cui siano presenti varie aree ed indirizzi, anche allo scopo di favorire gli eventuali passaggi.

 

Nel mentre si enuncia la necessità di anticipare l’ingresso nel mondo del lavoro, in conformità con quanto avviene in Europa, si prevedono percorsi secondari che comunque richiedono specializzazioni successive. Va ricordato che queste specializzazioni spesso comportano delle spese non irrilevanti per le famiglie.

Da un lato si insiste sulle richieste del mondo del lavoro, sulla necessità di tenere conto della evoluzione tecnologica, etc. dall’altro si ribadisce che la formazione della scuola secondaria non deve avere carattere professionalizzante.

Discutibile e diseducativa l’introduzione di una flessibilità a tutto campo che chiama in causa unicamente l’istituzione ed i docenti.

 

La valorizzazione della professionalità

 

I docenti vengono definiti “risorsa strategica” e la legge 30 parla di “riqualificazione del personale docente, di valorizzazione di professionalità esistenti, di potenziamento ed ampliamento di compiti e di funzioni” in una realtà che prefigura una dimensione “collegiale e cooperativa del lavoro”.

 

La funzione docente, caratterizzata da unicità, delinea il profilo di un docente:

colto, in grado di padroneggiare la propria disciplina nei suoi continui mutamenti, di valutarne le potenzialità formative, di governarne i rapporti con le altre discipline, di collocarne, infine, le finalità e gli obiettivi di apprendimento all’interno delle finalità generali del sistema scuola;

riflessivo, in grado di fare ricerca sulle proprie scelte didattiche e metodologiche e di saperne verificare i risultati, in un processo di continua valutazione e auto-valutazione;

competente rispetto alle conoscenze socio-psico-pedagogiche necessarie per la corretta impostazione dei processi di insegnamento-apprendimento;

capace di interagire con tutti i soggetti, interni ed esterni della vita della scuola, di lavorare in équipe, di dare il proprio contributo alla definizione ed alla realizzazione dell’offerta formativa, di saper svolgere compiti specifici e differenziati”.

 

Nella scuola dell’autonomia tutti i docenti devono diventare “docenti-ricercatori, in grado di arricchire costantemente il loro saper fare su piano della ricerca didattico-disciplinare e su quello della partecipazione all’innovazione e allo sviluppo”.

 

Si pone l’idea di una carriera che preveda diversi gradi di docenza.

 

E’ necessario realizzare nelle scuole un’anagrafe delle competenze e delle professionalità: a tale scopo è opportuno pensare ad un curriculum personale, sulla base del quale possano poi essere attribuiti compiti e responsabilità.

Si pone il problema della individuazione dei criteri di valutazione e di certificazione (la cosa è semplice in presenza di titoli, lauree, ecc., difficile quando si tratta di valutare le esperienze professionali vissute nella scuola).

Si pone altresì il problema dei soggetti che valutano. Soggetti interni (comitato di valutazione)?

Soggetti esterni? Si pone altresì il problema delle modalità di coinvolgimento di genitori e allievi e del raccordo del sistema di valutazione della scuola con il sistema nazionale.

 

Sulla base della ridefinizione della funzione e della professionalità docente, che modifichi quanto attualmente previsto dal testo unico, dovrà essere delineato nelle sedi di contrattazione opportune, un nuovo stato giuridico dei docenti.

 

Viene avanzata la necessità di articolare una carriera docente. Allo stato delle cose viene ipotizzata una carriera che prevede due livelli; l’accesso al livello avanzato avverrebbe dietro assunzione di compiti specifici che potrebbero comportare anche un maggior carico orario.

L’analogia con il sistema anglosassone è evidente: docenti normali (qualified teachers), docenti qualificati (advanced teachers), a cui si aggiunge lo staff già esistente (senior teachers).

Si può notare come si ipotizzi di recuperare il “concorsone” nella parte relativa al curriculum personale.

Rimane aperto l’interrogativo su chi sia preposto a valutare. Risulta utile un confronto con la legge sugli OOCC (testo unificato Acciarini), perché il nodo potrebbe essere sciolto in quella sede.

Viene comunque  dato per scontato il fatto che genitori e allievi debbano essere coinvolti; l’interrogativo semmai riguarda le modalità.

La figura del docente ricercatore è mutuata dalle ricerche americane sul declino delle professioni ed i limiti della razionalità tecnica. Vanno rilevate a questo proposito delle contraddizioni poiché il professionista ricercatore, che dovrebbe operare con piccolissimi gruppi di allievi, è non solo provvisto di ampia libertà d’azione ma è altresì svincolato dalla preoccupazione dei risultati, dall’ansia di misurazione che invece pervade la legge di Riordino ed il relativo piano attuativo (vedi Donald A. Schon, Il professionista riflessivo, Dedalo1993).

 

Formazione in servizio

 

Viene previsto un piano di formazione a sostegno delle innovazioni in atto.

 

Non si ipotizzano tradizionali corsi di aggiornamento ma attività di scambio e di confronto fra vari soggetti nelle scuole, periodi sabbatici di formazione, un meccanismo di crediti cumulabili nel tempo, che contemplino crediti e  specializzazioni universitarie, dottorati di ricerca disciplinari e master orientati alla didattica, crediti in materie affini a quelle di titolarità.

 

Deve essere prevista una rete permanente di servizi di supporto alle scuole.

 

 

 

 

Positiva l’idea di prendere in considerazione meccanismi di formazione che coinvolgono l’università, più nebulosa l’ipotesi delle attività di scambio e confronto nelle scuole.

 

Il ruolo del personale

 

Viene prevista la progressiva unificazione in un unico ruolo degli insegnanti della scuola elementare e della scuola media, che confluiscono tutti  nella scuola di base.

Allo stato attuale viene mantenuto distinto il ruolo degli insegnanti della scuola materna.

 

Deve essere costituita un’anagrafe professionale dei docenti, contenente titoli, esperienze professionali, etc., che permetta un ottimale utilizzo degli stessi nella scuola di base.

 

L’organizzazione flessibile ed integrata del lavoro potrebbe essere facilitata dalla costituzione di “teams funzionali di docenti corresponsabili di gruppi di classi o di alunni”.

 

Nella scuola secondaria ha da essere superato il rigido meccanismo che prevede l’utilizzazione dei docenti sulla base delle cattedre. Il riordino dei cicli prevede l’aggregazione degli insegnamenti in aree disciplinari, coerentemente le prestazioni professionali vanno ripartite per ambiti disciplinari.

 

E’ già stato fatto un passo in questa direzione, poiché gli ultimi reclutamenti di personale sono stati effettuati dopo aver accorpato alcune classi di concorso.

 

Potrebbe essere presa come riferimento l’articolazione per aree delle scuole di specializzazione per l’insegnamento secondario attivate presso le Università (SSIS).

 

Si potrebbe così attivare una mobilità professionale più rispondente alle esigenze degli utenti.

 

Anche per la scuola secondaria è opportuno procedere ad una anagrafe professionale.

 

Benché si parli di valorizzazione della professionalità, risulta evidente la preoccupazione di avere un gran numero di docenti polifunzionali, flessibili, variamente utilizzabili all’interno delle istituzioni scolastiche e dell’intero sistema. Si avvia un progressivo, pericolosissimo depauperamento della professionalità reale, che può configurare in tempi non lunghissimi un calo qualitativo della scuola italiana.

 

Formazione iniziale

 

Al momento dell’approvazione della legge di Riordino dei cicli, il Senato ha votato un ordine del giorno con il quale impegnava il Governo a rimettere mano alla legge 341/90, relativa alla formazione iniziale dei docenti.

 

La formazione iniziale deve essere rivista sulla base di alcune convinzioni: si dovrà tenere conto delle nuove articolazioni degli insegnamenti e delle “possibilità di transitare nei diversi cicli scolastici, previ approfondimenti, sviluppi, riconversioni e rientri in formazione”; si dovrà ipotizzare una formazione lungo tutto l’arco della vita; si dovrà tenere presente che la ricerca didattica rappresenta lo specifico della professione docente e dovrà essere previsto, per questo, un continuo collegamento con l’università; i percorsi di formazione iniziale devono essere rafforzati nella dimensione disciplinare ed integrati con le scienze della formazione anche perché l’autonomia richiede ai docenti nuove capacità di progettazione curriculare.

 

Il sistema di formazione dovrà prevedere una formazione iniziale, una formazione in ingresso ed una formazione continua.

 

Non viene sciolto il nodo del percorso universitario. Tre sono le posizioni:

-         una laurea triennale disciplinare più una laurea specialistica (3+2) seguita da una specializzazione annuale comprensiva del tirocinio (proposta Tranfaglia) ;

-         una laurea triennale disciplinare più un biennio a carattere pedagogico-didattico presso le scuole regionali di specializzazione (SSIS);

-         ipotesi diverse a seconda del segmento di studio a cui è rivolta la preparazione.

 

Come già sappiamo la proposta presentata da Tranfaglia dietro richiesta del Ministro va nella direzione di una professionalità di alto livello, che preveda dunque una laurea triennale, una laurea specialistica ed una anno presso le SSIS. Questa proposta non è condivisa dai sindacati tradizionali, che ritengono sufficiente la laurea triennale. In questo caso la preparazione didattico-disciplinare si innesterebbe su di una base culturale molto debole, soprattutto considerando il calo generale di preparazione delle matricole e rischierebbe perciò di abbassare i livelli qualitativi della scuola italiana.

 

Criteri generali per la formazione degli organici d’istituto

 

I nuovi curriculi, frutto della progettazione dei docenti, si esplicitano nel POF. Il POF è il “documento fondamentale costitutivo dell’identità culturale e progettuale delle singole istituzioni scolastiche ed esplicita la progettazione curriculare, extra-curriculare, educativa ed organizzativa che le singole scuole adottano nella loro autonomia”.

 

L’organico funzionale è il necessario strumento organizzativo di realizzazione del POF.

 

L’OF viene determinato con un calcolo che superi il monte ore annuale curriculare complessivo (comprensivo delle ore necessarie all’eventuale prolungamento del tempo scuola), allo scopo di rispondere alle esigenze organizzative della scuola e alla necessità di attivare percorsi didattici individualizzati.

 

Devono perciò essere superate le “attuali rigidità in tema di: individuazione aprioristica per classi di concorso, ove previste, delle risorse organiche da assegnare alle scuole; criteri di costituzione delle cattedre e dei posti di insegnamento; scansione settimanale dell’orario delle lezioni; organizzazione dell’attività docente solo in funzione del curriculo”.

 

L’incremento del monte ore complessivo annuale riferito al curriculo verrà calcolato applicando un “indice di ponderazione (ad esempio un divisore inferiore all’orario obbligatorio di insegnamento)”.

 

Ci saranno vari modelli di determinazione dell’organico relativi alla scuola dell’infanzia, alla scuola di base e alla scuola secondaria.

 

Si dovrà in ogni caso procedere alla “riorganizzazione complessiva per ambiti disciplinari delle attuali classi di concorso e dei relativi insegnamenti, riorganizzazione che deve essere attuata per ampie aggregazioni che consentano un più vasto ventaglio di opportunità di scelta nell’utilizzo del personale”.

 

Per la scuola dell’infanzia l’indice di ponderazione dovrà garantire la realizzazione di un progetto articolato secondo una logica di forte trasversalità, che attui il raccordo con la scuola di base.

 

Per la scuola di base si prevede un organico funzionale unico e quindi la revisione dell’attuale organico funzionale della scuola elementare, con l’individuazione di criteri simili a quelli adottati in via sperimentale in alcune scuole secondarie.

 

L’avvio sarà graduale, dovendo correlarsi alla messa a regime della riforma e alla istituzione del ruolo unico.

 

Per la scuola secondaria l’organico, su base pluriennale, verrà avviato con criteri simili a quelli già adottati in via sperimentale.

 

Dovrà essere ridefinita la titolarità dei docenti (sezioni staccate, sedi coordinate, corsi serali), in coerenza con la logica unitaria dell’organico d’istituto, che dovrà prevedere anche posti part-time

 

Nella definizione dell’organico funzionale dovrà essere prevista la messa in comune tra scuole di risorse per la realizzazione di progetti fra reti di scuole.

 

Viene ripresa la logica del docente variamente utilizzabile non solo all’interno dell’istituzione ma addirittura in un più ampio contesto territoriale.

Si ragiona unicamente in termini di risparmio e di funzionalità al sistema.

 

Tempi e modalità di attuazione

 

E’ previsto l’avvio da settembre 2001 delle classi 1° e 2° della scuola di base e del 1° anno del ciclo secondario.

 

Nella scuola di base fino all’anno 2007-8, quando gli alunni del secondo anno del ciclo di base s’iscriveranno al primo anno del ciclo secondario insieme con gli alunni iscritti nell’a.s. 2001/2002 alla classe 3° elementare, ci saranno due percorsi differenziati.

 

Nella scuola secondaria ci saranno due percorsi differenziati fino all’anno 2007/8.

Si produrrà il fenomeno definito onda anomala, cioè il raddoppio degli alunni delle classi prime nel 2007/8; questo fenomeno si protrarrà per le ulteriori quattro classi della secondaria fino al 2012/13.

 

Per facilitare l’avvio devono essere favorite le aggregazioni verticali.

 

Si pone il problema della coesistenza dei programmi. I nuovi curriculi devono coesistere per tre anni con i vecchi programmi della scuola elementare e per altri tre con i vecchi programmi della scuola media.

 

Nella scuola secondaria nel 2007/8 raddoppia il numero delle classi prime. Si rileva la necessità di risorse umane straordinarie e transitorie nel periodo dei cinque anni in cui la massa delle due classi prime aggiuntive prosegue gli studi secondari.

 

Per ridurre l’impatto prodotto dal fenomeno dell’”onda anomala”, si propone alle scuole di avviare una sperimentazione che preveda il salto di un anno dell’attuale percorso elementare-medio (da 8 a 7 anni). Si individua a questo scopo la possibilità di “far transitare anticipatamente nel ciclo secondario quote crescenti di alunni della scuola elementare e media con la progressione annuale del 25%”.

 

La decisione di fare due anni in uno dovrebbe essere condivisa dalle famiglie.

 

E’ chiara l’assenza di ogni preoccupazione relativa alla qualità degli studi; nessun cenno per quel che riguarda i docenti e le eventuali situazioni  “anomale” che si potrebbero verificare.

------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

 

Il “Corriere della sera” porta in data 13/12/2000 la notizia che la Camera ha approvato il Piano di attuazione del Riordino dei cicli. Il parere positivo del Senato dovrebbe essere espresso entro Natale.

Nel settembre 2001 partiranno le prime due classi della scuola di base. Prevista invece per il 2002 la partenza della prima classe della scuola superiore.

Il ministro Tullio De Mauro, nonostante le chiare ed evidenti prese di posizione- sia pure con motivazioni diverse -  di Rifondazione, del Polo  e di varie forze sindacali (Gilda aveva chiesto una sospensione della legge, per avviare un confronto ed un dibattito ampio in tutto il paese), nonostante lo sciopero del 7 dicembre, dichiara: “Ho trovato ostilità, paure ma nessun elemento circostanziato, almeno per quel che riguarda i cicli della scuola di base” ed aggiunge:” le critiche hanno tutte una radice politica”.

 

Se.G.