LA LEGGE 30 SI COLORA DI VERDE …
Martedì 9 aprile si è
avviato, alla Commissione Cultura del Senato, il dibattito parlamentare sulla
riforma del sistema scolastico. Sul tappeto: il disegno di legge-delega n° 1306,
che è già stato sottoposto – nella Conferenza Unificata – al vaglio di Regioni,
Province e Comuni e ha avuto l’O.K del Consiglio dei Ministri il 14 marzo e il
disegno di legge n° 1251 presentato dal Gruppo Verdi-Ulivo del Senato. Entrambi
dispongono l’abrogazione della legge 30/2000, ma il secondo si pone di fatto il
chiaro intento di risuscitarla.
Esso conferma infatti l’impostazione della
legge 30, fatte salve alcune modifiche che riporto puntualmente:
*** Art.
1. – Sistema educativo di Istruzione e di formazione.
Viene modificato il
comma 3 portando a 18 anni – invece che a 15 – l’obbligo scolastico (“L’obbligo
scolastico inizia al sesto anno e termina al diciottesimo anno di età). E’
cassato l’art. 4 che stabiliva, per coloro che abbandonavano il percorso di
istruzione, l’obbligo di frequentare delle attività formative fino al 18° anno
di età.
*** Art. 2 – Scuola dell’infanzia.
Viene aggiunto il comma
numero 3, che recita: “Per il raggiungimento delle finalità di cui al precedente
comma, entro 6 mesi dall’approvazione della presente Legge, il Ministro
dell’Istruzione, di concerto con il Ministro delle Finanze, predispone un piano
pluriennale di investimenti volto a garantire l’effettiva presenza su tutto il
territorio nazionale di scuole dell’infanzia dello Stato e comunali”.
***
Art. 3 – Scuola di base.
Fra le finalità della scuola di base la legge
30/2000 indicava al comma 2 “ l’apprendimento di nuovi mezzi espressivi”. Nella
versione rivisitata viene aggiunto: “con pari dignità per ogni forma di
linguaggio o di espressione artistica compresa la musica”; dal comma 4 dello
stesso articolo, che recitava: “La scuola di base si conclude con un esame di
Stato dal quale deve emergere anche un’indicazione orientativa non vincolante
per la successiva scelta dell’area e dell’indirizzo” viene cassata tutta la
parte relativa all’orientamento.
*** Art. 4 – Scuola secondaria
E’
cassato il comma 4, che prevedeva che nel corso del 2° anno, se richiesto dai
genitori e previsto nei piani dell’offerta formativa delle istituzioni
scolastiche, venissero realizzate “attività complementari e iniziative formative
per collegare gli apprendimenti curriculari con le diverse realtà sociali,
culturali, produttive e professionali… anche in convenzione con altri istituti,
enti e centri di formazione professionale accreditati dalle Regioni…”. Questo
comma diventa nel nuovo testo l’art. 5 che recita: “Nell’ambito dell’autonomia
delle Istituzioni scolastiche gli Istituti di Istruzione di ogni ordine e grado
utilizzano una parte del curricolo obbligatorio per la costruzione di percorsi
interdisciplinari dedicati alla conoscenza del territorio di appartenenza, dal
punto di vista storico, ambientale, culturale, urbanistico, economico,
stabilendo i necessari raccordi con i soggetti associativi, di volontariato,
istituzionali. 2) Tali progetti sono volti altresì a fornire le conoscenze
necessarie ad esercitare consapevolmente il diritto di cittadinanza attiva e di
partecipazione democratica a livello locale, in un’ottica di mantenimento di
diversità e specificità territoriali aperte e inserite nella comunità nazionale,
europea, mondiale. 3) Nell’ambito del piano di attuazione di cui all’art. 7 è
definita la quota percentuale del monte ore curricolare da dedicare ai progetti
di cui al comma 1”. L’ultima parte del comma 7, che prevedeva la possibilità di
passare dal canale dell’istruzione a quello della formazione e viceversa viene
cassata.
*** Art. 7 – Attuazione progressiva dei nuovi cicli.
Al comma
1, laddove si parla del programma di attuazione quinquennale e si elencano i
criteri generali per la riorganizzazione dei curricoli si richiedono anche i
criteri “per la generalizzazione dell’insegnamento della musica nel ciclo di
base e nel ciclo secondario, per la formazione della cittadinanza europea e
mondiale…”. Il comma 3, che stabiliva che le somme disponibili per effetto della
riforma venissero utilizzate per l’istituzione di periodi sabbatici, viene
ampliato allargando a ventaglio la destinazione degli eventuali risparmi: “Le
somme che si dovessero rendere disponibili per effetto della riforma sono
interamente riutilizzate con modalità e criteri indicati nel programma di cui al
comma 1, anche ai fini della istituzione di periodi sabbatici, di formazione e
aggiornamento anche all’estero, di tutoraggio di studenti universitari o nel
passaggio scuola università o scuola formazione post-diploma, di supporto
aggiuntivo contrattualmente incentivato in aree territoriali di particolare
marginalità sociale, ferma restando la non riducibilità dell’organico
complessivo degli insegnanti attualmente in servizio”. Il comma 9 risulta
aggiunto. Esso recita: “Nel piano di adeguamento infrastrutturale di cui al
comma 1 è previsto il conferimento al Governo di poteri sostitutivi e la
possibilità di nomina di commissari ad acta per consentire l’utilizzo effettivo
delle somme stanziate in caso di inadempienza o inefficienza delle
amministrazioni competenti”.
Come si può facilmente notare, le
modifiche proposte non intaccano l’impianto strutturale della legge 30/2000.
Viene infatti mantenuta la scuola primaria unica della durata di 7 anni,
alla quale fa seguito la scuola superiore suddivisa in un biennio più un
triennio (2+3) e articolata in licei a loro volta suddivisi in vari indirizzi.
Il percorso, che mantiene una durata complessiva di 12 anni, con uscita a 18
anni, diviene però obbligatorio per tutti come percorso di istruzione.
Rimane sempre al di fuori dell’obbligo la scuola materna, per la quale si
chiede però un piano pluriennale di investimenti e un netto e deciso intervento
dello Stato che ne generalizzi la presenza su tutto il territorio.
A parte
l’enfasi sull’insegnamento della musica, la cenerentola della scuola italiana,
rimane sostanzialmente inalterato anche l’impianto culturale, con tutto il suo
corredo di “saperi”, di “moduli” e di “crediti” diversamente utilizzabili e
spendibili.
Ma altre sono le modifiche sulle quali vorrei soffermarmi, sia
perché esse investono in modo diretto la professionalità docente, sia perché
esse rompono prepotentemente con la Legge 30/2000.
I docenti, per i quali –
ricalcando la legge 30 - viene previsto “un progetto generale di
riqualificazione” e di “valorizzazione delle specifiche professionalità
maturate” subiscono, in questo nuovo disegno, una piccola ma non irrilevante
amputazione. Viene infatti tolto loro ogni diritto di voce nell’orientamento
scolastico. Forse ad indicare che il loro giudizio è irrilevante… o ad esaltare
il cliente a cui spetta in ogni caso diritto di scelta… Sottrarre alla scuola e
cioè ai docenti la facoltà di dare delle indicazioni orientative sugli studi
futuri, significa “appiattire” l’istituzione e coloro che in essa operano,
misconoscendone di fatto la professionalità.
E veniamo ora alla parte che
riveste maggior interesse, cioè alle modifiche all’art. 4) sulla Scuola
secondaria riportate nella sintesi iniziale.’
Come abbiamo già detto, la
parte del disegno relativa alla scuola secondaria viene modificata al comma 4)
che viene cassato insieme alla parte del comma 6) relativa alla formazione
professionale. Parte del contenuto del comma 4) – modificato – costituisce
l’articolo 5 (Raccordo della scuola con la realtà territoriale), portando a 7 il
numero complessivo degli articoli del nuovo disegno di legge..
Credo sia
interessante analizzare con cura questo punto poiché esso ci conduce ad un punto
nodale del confronto sulla scuola: quello relativo alla formazione
professionale.
Sia la legge 30/2000 che la legge-delega approvata dal
Consiglio dei Ministri si pongono come fine quello di dare il via ad un nuovo
sistema di istruzione e di formazione. Non a caso la titolazione “Sistema
educativo di istruzione e di formazione” rimane inalterata nella legge-delega
firmata Moratti. Senza addentrarci nella ricerca – peraltro affascinante – delle
ragioni che hanno reso possibili queste convergenze, resta il fatto – concreto -
che sia il Ministro Berlinguer che il Ministro Moratti hanno operato – in un
trend peraltro europeo – soprattutto sul solco della legge 17 maggio 1999, n°
144 (richiamata al comma 2) dell’art. 1 della legge 30/2000), che stabiliva
l’obbligo per gli studenti che avessero portato a compimento il percorso
scolastico obbligatorio (fino, cioè, ai 15 anni), di “frequentare attività
formative fino al compimento del 18° anno di età”. Tale obbligo poteva essere
assolto “in percorsi anche integrati di istruzione e di formazione: a) nel
sistema di istruzione scolastica; b) nel sistema della formazione professionale
di competenza regionale; c) nell’esercizio dell’apprendistato”.
La ratio
della legge 144, che peraltro istituiva anche il sistema degli IFTS (Istruzione
e formazione tecnica superiore) era quella di “potenziare la crescita culturale
e professionale dei giovani” (art. 68, comma 1) e di “riqualificare e ampliare
l’offerta formativa destinata ai giovani e agli adulti” (art. 69, comma 1).
Una ratio che inequivocabilmente conferiva alla formazione (professionale)
diritto di cittadinanza all’interno del sistema educativo, per questo definito
da entrambi i Ministri “Sistema educativo di istruzione e di formazione”.
La
legge 30/2000 si piegava a questa ratio tracciando una scuola secondaria “in
grado di preparare al mondo del lavoro e, insieme, al proseguimento degli
studi”. A questo scopo doveva: a) essere attuata una “coraggiosa rilettura degli
statuti epistemologi delle discipline” finalizzata ad esaltare la dimensione
“operativa e pratica di tutte le discipline, evitando squilibri a favore degli
impianti teorici e sistematici, rispetto ai momenti operativi”(Renza Bertuzzi,
Professione Docente, n° 6, giugno 2001); b) essere attivato fin dal secondo anno
della scuola superiore (che diveniva così una sorta di anno ponte, di finestra
aperta sul territorio) un raccordo con le diverse realtà del territorio ivi
comprese le realtà produttive, professionali e dei servizi (ribadisco, per
inciso, che la Gilda ha assunto una posizione critica verso questa impostazione
poiché ha ritenuto che, volendo vincere l’impossibile scommessa di far convivere
ciò che non è conciliabile, si sarebbe di fatto dequalificato l’intero percorso
scolastico).
Anche la legge-delega firmata Moratti intende conferire alla
formazione professionale diritto di cittadinanza all’interno del sistema
educativo, ma in un modo diverso, peraltro già attuato in molti paesi europei:
identificando cioè un canale separato e distinto, ma correlato, che la riforma
del titolo V della Costituzione, approvata dalla precedente legislatura,
trasferisce alle Regioni.
Al di là della opzione per un sistema o per
l’altro, per il sistema cioè “integrato” (progettato da Berlinguer) o per il
sistema “correlato” (previsto dalla riforma Moratti), resta il fatto che su
questo punto entrambe le leggi riflettono scelte politiche analoghe che,
tradotte in un percorso legislativo coerente, hanno inteso conferire spazio e
dignità alla formazione professionale.
Il disegno di legge Cortiana va invece
in una direzione divergente. Esso modifica l’art. 4 in modo tale da far saltare
quasi tutti i ponti con la formazione professionale (le esperienze
professionalizzanti vengono limitate all’ultimo triennio), ignorando fra l’altro
totalmente la dimensione regionale riconosciuta dalla legge 30.
Rispetto ad
essa vengono esaltate la dimensione autonoma delle singole scuole, definite
Istituti di Istruzione, e la dimensione europea e mondiale entro la quale si
colloca il cittadino del XXI secolo.
Si tratta di un disegno di legge che
suscita perplessità perché sembra non tener conto dell’evoluzione storica e
sembra scaturire da una realtà astratta.
Se l’idea di ridare peso
all’istruzione e alla “conoscenza”– anche allungando i tempi di istruzione per
tutti - appare confortante non convince il fatto che la formazione professionale
venga praticamente espulsa dal sistema, e cioè ignorata e marginalizzata come
erroneamente è stato fatto per tanti decenni.
A meno che… (ma è un eccesso di
malizia?) questa presa di posizione radicale non voglia essere funzionale…
Funzionale ad uno scontro parlamentare polarizzato intorno al tema della
formazione… inevitabilmente violento, inevitabilmente paralizzante…
Se.G.