Quale destino per la scuola di base?

 Il “Programma quinquennale di progressiva attuazione della legge 30/2000 di riordino dei cicli d’istruzione” presentato al Consiglio dei Ministri venerdì 3 novembre 2000 fissa il destino della scuola di base. Il ruolo del Parlamento, che dovrà pronunciarsi entro 45 giorni, è infatti puramente consultivo.

Vediamo sinteticamente il nuovo assetto della scuola quale emerge dal documento.

 

Stabilito che “l’unitarietà della scuola di base è il fondamentale criterio dell’articolazione del settennio, in un rapporto dinamico e sistemico fra le discipline”, in cui si deve realizzare “il passaggio dagli ambiti più generali del sapere e dell’esperienza alle discipline più formalizzate e definite” viene scartata l’ipotesi di un’articolazione in due parti del settennio, poiché essa riproporrebbe il modello attuale – sia pure accorciato.

L’ipotesi di articolazione presentata al Consiglio dei Ministri prevede un biennio iniziale, un triennio ed un biennio terminale (2+3+2).

“Il primo biennio comporta un raccordo con le modalità operative della scuola dell’infanzia con una precisa cura per l’apprendimento di una alfabetizzazione che sia funzionale al successivo orientamento nel quadro dei “saperi”. L’ultimo biennio promuove un’attenzione specifica allo sviluppo di esperienze di continuità con i primi due anni della scuola secondaria, con i quali si conclude l’obbligo scolastico e nei quali si rafforzano i saperi necessari all’esercizio della cittadinanza. Nel corpo centrale del settennio si dispiega e si sviluppa la rete curriculare che accompagna via via l’emergere dei nuclei disciplinari dagli ambiti iniziali più generali”.

Nonostante il linguaggio criptico che caratterizza questo documento, come tutti documenti ministeriali, sembra di capire che le discipline stentino ad ottenere diritto di cittadinanza nella scuola di base, considerato che esse – escluse dal biennio iniziale – si limitano ad “emergere” nel triennio centrale. Che cosa possa significare “emergere” è noto soltanto agli autori del documento. Come è noto solo agli autori quali possano essere “i saperi necessari all’esercizio della cittadinanza” previsti per il biennio terminale.

 

 

Come si collocano i docenti?

 

Si parla chiaramente di una “docenza integrata”: traducendo dal linguaggio ministeriale ciò significa che verranno utilizzati nel contempo maestri e professori, in particolare nel triennio centrale “in cui si realizza, in modo più incisivo, un intreccio fra le professionalità docenti”. Tale soluzione viene presentata come “valorizzazione delle specifiche professionalità”.

Per riqualificare il personale si darà  il via da un sistema di crediti e di debiti, che contemplerà comunque la possibilità di estinguere i debiti attraverso “un’offerta formativa plurale e mirata”.

Ma  quali  possono essere i docenti che hanno accumulato debiti prima ancora che la nuova scuola decolli? Forse i maestri non laureati che hanno sostenuto una scuola reputata fra le migliori del mondo? Si suppone di sì, ma si stenta a credere che un meccanismo di tale fatta  possa essere spudoratamente presentato come un sistema di “valorizzazione della professionalità”.

 

Come si configura il curriculum?

 

Viene ipotizzato un monte ore annuale di 1.000 ore, equivalente ad un orario settimanale di 30 ore. Per specifiche esigenze delle famiglie e del contesto sociale, viene previsto un possibile ampliamento fino ad un massimo di 10ore.

La quota di curriculum nazionale dovrebbe essere pari al 75%, il restante 25% verrebbe gestito dalle istituzioni, anche “per i percorsi individualizzati per i processi di personalizzazione formativa”

Dovranno essere in particolare favorite la flessibilità reale e tutte le forme di progettualità.

La progettualità, come si temeva, inverte il normale rapporto fisiologico fra normalità curriculare e attività integrative, attraversando l’impianto fino a destrutturarlo dall’interno in favore dei “saperi”  leggeri e trasversali di cui abbisognerebbe, secondo alcuni, la nuova società (vedi U. Galimberti, La Repubblica del 5/11/2000).

 

Dove verrà ubicata la scuola di base?

 

Possibilmente in “campus” che ospitino la scuola di base in un intero edificio, per “sottolineare anche sul piano delle strutture edilizie come la scuola di base non costituisca l’assemblaggio meccanico delle due scuole già esistenti”.

 

a cura di Se.G.

6/11/2000