Carriera: le ipotesi dell’Ulivo e del Polo. Alcuni stralci per capire quello che bolle nelle pentole vecchie e nuove...

 

L’attuale orientamento politico-sindacale

 

Ø      La prima esplicitazione concreta della volontà politico-sindacale di definire una carriera per gli insegnanti è presente nel Contratto del 1999. Essa assume la veste di “opportunità di riconoscimento della crescita professionale nell’esercizio della funzione docente per favorire una dinamica retributiva e professionale in grado di valorizzare le professionalità acquisite con particolare riferimento all’attività di insegnamento” (art. 29, comma 1). Essa prevede per almeno un 20% di docenti con non meno di 10 anni di ruolo una maggiorazione retributiva di 6 milioni annui, il cui diritto matura “a seguito del superamento di una procedura concorsuale selettiva per prove e titoli” (ibidem) la cui procedura “si articola nella valutazione del curricolo professionale e culturale, debitamente certificato, e in prove riguardanti la metodologia pedagogico-didattica e le conoscenze disciplinari, da svolgersi anche mediante verifiche in situazione” (art. 29, comma 2a). Si tratta del famoso “concorsone” affossato dai docenti il 17 febbraio 2000.

 

Ø      Nonostante il “no” dei docenti, Luigi Berlinguer ribadisce, in un libro di recente pubblicazione, la necessità di dare il via ad una carriera: “L’altra cosa importante (dopo la ridefinizione della formazione iniziale dei docenti, ndr) è definire una carriera. Non automatica o di pura anzianità, ma una carriera come progressione professionale basata sull’esperienza e sulla costante preparazione in servizio, oltre che su altri crediti professionali derivanti da ulteriori impegni scolastici ed educativi. Contribuiranno alla carriera l’intero bagaglio di attività didattica, l’intrecciarsi di insegnamento individuale con lavoro in équipe, l’eventuale funzione di coordinamento di vari insegnamenti disciplinari, la ricerca pratica e teorica, lo scambio di esperienze tra classi e scuole e la circolazione delle best practices” (La scuola nuova, Laterza 2001, pag. 103).

 

Ø      Nel Piano di attuazione quinquennale della Riforma dei cicli viene considerata come superata la definizione della funzione docente regolata  dal Testo Unico, parte III, art. 395 (“La funzione docente è intesa come esplicazione essenziale dell’attività di trasmissione della cultura, di contributo alla elaborazione di essa e di impulso alla partecipazione dei giovani a tale processo e alla formazione umana e critica della loro personalità”) e, all’interno di una funzione docente più articolata[i], viene prospettata una progressione di carriera. Il Programma quinquennale recita: “ E’ comunque all’interno della ridefinizione della funzione e della professionalità docente che vanno collocate le politiche del personale, per le quali sono peraltro previste le istituzionali sedi di contrattazione: ciò non solo per quanto riguarda i livelli retributivi, ma anche per quanto concerne la quantificazione delle risorse da investire per la formazione in servizio e per le eventuali ipotesi di progressione di carriera”. E ribadisce che devono  essere avviati “La promozione e il riconoscimento di percorsi di arricchimento professionale”: “...nella scuola dell’autonomia, che assume il carattere di luogo di ricerca e di crescita professionale dei singoli e della collettività, i docenti tutti dovranno diventare, in linea di tendenza, docenti “ricercatori”, in grado di arricchire costantemente il loro saper fare sul piano della ricerca didattico-disciplinare e su quello della partecipazione all’innovazione e allo sviluppo... E’ emersa comunque, anche all’interno della Commissione di studio, l’idea di una carriera che preveda diversi gradi di docenza. Si tratta di un’ipotesi che intende misurarsi apertamente con un dibattito complesso e difficile, che ha molte altre sedi e luoghi di discussione. E’ comunque necessario – si parli di articolazione di funzioni o di riconoscimento di carriera degli insegnanti – predisporre le condizioni strutturali per poter realizzare nelle scuole un’anagrafe delle competenze e delle responsabilità, vale a  dire la documentazione del curriculum personale e dei percorsi di arricchimento personale, maturati in servizio. Si può partire da tale documentazione delle competenze certificate e delle esperienze effettivamente svolte e valutate nei loro esiti come possibile base per l’attribuzione di compiti e di responsabilità (ad esempio, compiti legati all’attuazione del POF, coordinamenti disciplinari, accoglienza dei nuovi docenti, sportelli di consulenza, progetti particolari). Il problema resta quello di individuare i criteri di valutazione e di certificazione. Impresa più semplice per quanto riguarda i crediti professionali istituzionalmente certificabili (lauree, titoli, anni di servizio, attività di formazione in servizio), più difficile per quanto riguarda esperienze professionali vissute nella scuola. Altri non semplici problemi riguardano: la questione se i soggetti valutatori debbano essere esterni o interni alla scuola. In questo caso occorrerebbe ridefinire, nel contesto della riforma degli OOCC, gli organismi già presenti nella scuola, come per esempio il comitato di valutazione; le modalità di collegamento tra l’attività di valutazione e certificazione delle scuole e delle reti di scuole con quella del Servizio nazionale di valutazione sulla qualità del sistema scolastico; le modalità del coinvolgimento di studenti e genitori nei processi di valutazione.”

 

 

Ø      La Camera dei deputati, nella seduta del 12 dicembre, ribadisce che la nuova disciplina giuridica deve prevedere “la possibilità di articolazioni di carriera, con la eventuale definizione di diversi gradi di docenza e, come base per l’attuazione di compiti e di responsabilità, di un’anagrafe delle competenze e delle professionalità dei docenti ”. A tale scopo sarà necessario ragionare sui “criteri di valutazione e di certificazione nonché l’individuazione dei soggetti valutatori” e sui “ruoli del personale con la revisione del rapporto d’impiego e la riarticolazione del sistema delle classi di concorso per ambiti disciplinari”.

 

Ø       In data 15 dicembre il Governo stipula un accordo con i Confederali “sulle politiche di sostegno allo sviluppo dell’istruzione e formazione e sulla valorizzazione del personale”. Questo accordo pone le basi dell’atto di indirizzo per l’apertura della trattativa su biennio economico 2000-2001 e fissa anche alcuni “impegni” relativi al prossimo quadriennio contrattuale: “Per quanto riguarda il prossimo quadriennio contrattuale. Il Governo ritiene che l’atto di indirizzo dovrà tenere conto delle specificità del comparto con particolare riferimento alle ricadute contrattuali relative all’attuazione dei cicli scolastici, con la priorità di definire una nuova dinamica di carriera che consenta, lasciando inalterata l’attuale temporizzazione dei gradoni, di raggiungere anche qualitativamente i parametri europei. Obiettivo fondamentale, quindi, sarà quello di operare per la valorizzazione professionale dei docenti e del loro ruolo attraverso la definizione di una carriera professionale”.

 

La lettura di questi estratti fa emergere con chiarezza la chiara volontà dei sindacati confederali e del governo uscente di:

Ø      dare il via ad una carriera degli insegnanti che preveda diverse fasce;

Ø      collegare la stessa non solo ai “crediti professionali istituzionalmente certificabili”, ma anche alle “esperienze professionali vissute nella scuola”;

Ø      recuperare la prima fase della procedura relativa all’ex concorsone (“valutazione del curricolo professionale e culturale” – CCNL del 1999, art. 29, comma 2a) per stabilire una dinamica professionale che sostenga il processo di autonomia – asse strategico della riforma berlingueriana, mantenendo immutate le caratteristiche che esso ha già acquisito;  

Ø      partire dalle esperienze già fatte, prevedendo un’anagrafe delle competenze e delle esperienze, per attribuire nuovi compiti e responsabilità;

Ø      premiare in ogni caso il fare altro  dall’insegnamento;

Ø      collegare la carriera sia ad una possibile valutazione interna  e/o esterna  alla scuola, sia al gradimento espresso dall’utenza (genitori e studenti), in una logica, dunque, sia burocratica che di mercato.

 

 

Ulivo e Polo a confronto sul tema della carriera (dall’articolo Scuola e Università. Le coalizioni a carte scoperte pubblicato nel “Corriere della sera” del 7 maggio 2001).

 

Domanda: Ritenete che si debba dare anche agli insegnanti un’opportunità di carriera dopo anni di appiattimenti e di aumenti uguali per tutti?

 

Ø      Ulivo: “Gli insegnanti non devono essere considerati impiegati. Vanno considerati dei professionisti. Non c’è riforma che tenga davanti ad un corpo insegnante demotivato o non all’altezza. Ma anche il docente, come qualsiasi professionista, ha bisogno di incentivi culturali, professionali ed economici. Questi incentivi vanno in parte generalizzati e in parte collegati al merito professionale del singolo. Le stesse autonomie scolastiche dovrebbero essere in grado di valutare la qualità del proprio corpo insegnante e quindi di gestire una parte degli incentivi. Quel che certo è che tutti gli incentivi in futuro dovranno essere collegati ai risultati del sistema nel suo complesso e di ogni singolo istituto”.

 

Incentivi dati alle scuole, dunque, che a loro volta li devolverebbero ai docenti per “merito”, merito che starebbe alla base della carriera. Di fatto questo meccanismo, che ha preso il via con il Fondo d’istituto, ha ricevuto una forte spinta dal contratto sul biennio economico 2000-2001, che ha devoluto alle scuole 416 MLD (passibili di incremento nei prossimi due anni) destinati al riconoscimento dell’ “impegno professionale dei docenti” e della loro “disponibilità ad un ulteriore impegno didattico”.

Gli incentivi alle scuole verrebbero collegati “ai risultati del sistema nel suo complesso e di ogni singolo istituto”, risultati  che saranno stabiliti sulla base degli “standard relativi alla qualità del servizio” (ad esempio presenza della palestra o di un sufficiente numero di laboratori, controllo sull’utilizzo degli stessi, ecc.), sui quali l’Invsi – Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema di Istruzione sarà chiamato a vigilare (Dlgs. 258/99).

L’equazione risultati- finanziamenti valida  per le scuole, viene trasposta al riconoscimento economico dei singoli docenti, la cui entità verrebbe dunque ad essere strettamente collegata con il finanziamenti erogati alle scuole.

 

Ø      Polo: “Dobbiamo individuare e premiare l’eccellenza educativa. L’eccellenza educativa si individua non nel rapporto con il ministero, i suoi burocrati, i suoi esperti e i suoi questionari ma nel rapporto con gli studenti e le loro famiglie. La libertà di scelta delle famiglie aiuta ad individuare l’eccellenza educativa. Gli insegnanti più bravi devono aver più responsabilità nella gestione della scuola e nel sostegno agli insegnanti meno bravi a diventare bravi. Bisogna restituire all’insegnamento il senso di una missione e di una professione (l’insegnante è un professionista).

 

Nella visione del Polo espressa in questo intervento  risalta la centralità del “mercato” dell’utenza rispetto al controllo burocratico centrale; la “carriera” sembra configurare uno staff legato essenzialmente all’ambito gestionale e a quello di sostegno-tutoraggio dei docenti.

 

Gli orientamenti del Polo.

 

Per una più ampia comprensione della visione del Polo è  però utile dare una scorsa anche agli articoli pubblicati da Valentina Aprea – responsabile per la scuola di Forza Italia - raccolti in La scuola che non c’è, Libri Liberal, Firenze 2000.

 

Ø      “… resta la necessità e l’urgenza di dare risposte sul piano politico e giuridico alla carriera del personale docente attraverso una rivalutazione significativa della retribuzione di tutti gli insegnanti e attraverso differenziazioni legate alla qualità delle prestazioni eccedenti” (pag. 12).

 

Ø      “,,, non esiste nemmeno l’ombra di una carriera, che non sia quella legata all’anzianità di servizio, ed anche questa - caso unico in Europa - ha la durata infinita di quasi tutta la vita lavorativa: 35 anni” (pag. 29).

 

Ø      “Occorre… approvare anzitutto un nuovo stato giuridico dei docenti adatto alla logica dell’autonomia, e quindi superamento degli attuali modelli di reclutamento, introduzione delle figure di sistema, modalità diverse per la formazione in servizio e per il rapporto con la ricerca universitaria; in secondo luogo, rivalutare in maniera anche economicamente significativa la funzione docente nel paese, riducendo la durata della carriera economica, portandola massimo a 20 anni, istituendo un’area contrattuale autonoma per il personale docente del sistema di istruzione e di formazione, nonché, infine, prevedendo sistemi premianti. Tutto ciò è indispensabile perché, al di là della necessità di rimotivare fortemente chi già insegna, la docenza nelle scuole deve ritornare ad essere una professione di prestigio e con allettanti prospettive di carriera, affinché i cervelli migliori siano spinti a diventare insegnanti” (pagg. 40-41).

 

Ø      “E’ grave che si immagini, in un momento in cui si parla di avvio della carriera per i docenti, di dare la presidenza dei consigli di classe ad un insegnante eletto dal Collegio, indipendentemente – come si fa in altri paesi europei – dalle competenze richieste per questa delicata funzione” (pag. 57).

 

Ø      “L’Italia ha un docente ogni dieci alunni, la media Ocse ne prevede uno ogni diciassette. In compenso, i professori sono pagati poco e male. All’elevato livello di protezione corrisponde una posizione impiegatizia, con scarso o nullo peso del merito. All’estremo opposto si colloca l’Inghilterra. Qui esiste un quasi-mercato nel quale gli insegnanti sono assunti e pagati dalle scuole, pubbliche o private, o dalle autorità locali, sulla base prevalente di criteri di merito, con  bassa protezione. Quali le cause di questa differenza? Le piattaforme sindacali fino ad oggi appoggiate da una classe politica complice, o meglio, quel circolo vizioso che da decenni si alimenta attraverso le azioni sindacali, la demagogia studentesca, l’assistenzialismo. La normativa difensiva e ipergarantista penalizza, anziché promuovere e valorizzare, il capitale professionale dei docenti. Il rapporto di lavoro dei docenti non ha nessuna delle caratteristiche della cultura delle “risorse umane”: selezione, valutazione, carriera, responsabilità, etica del lavoro” (pagg. 75-76).

 

Emerge da questi frammenti la volontà di imboccare la via già intrapresa dall’Inghilterra, sia per quanto riguarda le assunzioni (di fatto effettuate dalle scuole) che una possibile articolazione di carriera prevalentemente per prestazioni eccedenti conferite sulla base di competenze. Non ci viene dato alcun elemento per capire come  e da chi verrebbero accertate le competenze. Si intenderebbe avviarsi verso un sistema sostanzialmente “a punti” come quello inglese o verso  il conferimento di un maggior potere  al dirigente che sceglierebbe lo staff  non solo nell’ambito organizzativo-gestionale ma anche in quello didattico?

Come si può notare, viene totalmente esclusa la possibilità che l’individuazione dei colleghi preposti agli incarichi di coordinamento o altro vengano identificati con meccanismi elettivi.

 

a cura di Se. G.



[i] Il nuovo profilo giuridico deve tenere conto della necessità di un docente colto (cioè preparato nella propria disciplina), riflessivo (“in grado di fare ricerca sulle proprie scelte didattiche e metodologiche e di saperne valutare i risultati”), competente (“rispetto alle conoscenze socio-psico-pedagogiche”), capace (“di interagire con tutti i soggetti, interni ed esterni, della vita della scuola, di lavorare in équipe, di dare il proprio contributo alla definizione e alla realizzazione dell’offerta formativa, di saper svolgere compiti specifici e differenziati”.