LA RISCOPERTA DELL’AUTORITÀ
Testi per genitori e insegnanti sulla crisi dei ruoli educativi
a cura di Giorgio Ragazzini
Quarta puntata
Diamo la parola a due colleghi: il primo, Cesare Biadene, in un vivace intervento già uscito sul mensile della Gilda, porta acqua al mulino dello psicologo Risé, che denuncia lo squilibrio “di genere” nei processi educativi a sfavore del genere maschile (vedi la prima puntata); la seconda, Antonia Belletti, riflette sull’importanza della “disciplina”, a volte sottolineata dagli stessi studenti.
7. L’ ULTIMO DEI MOHICANI. La “soluzione finale” del problema degli insegnanti maschi
di Cesare Biadene***
No, non c’è stata per noi alcuna conferenza di Wannsee (Heydrich, 20/1/1942): lo sterminio (metaforico, beninteso) è avvenuto e sta tuttora avvenendo con il metodo più soft possibile, più inevitabile, e cioè con il voluto e controllato declino della professione dell’insegnante.
Tutti sanno che nella scuola c’è una prevalenza delle insegnanti donne…, ma forse non tutti sanno che nel 1998/99 le donne già costituivano l’80% dei docenti di ruolo (577mila contro 144mila).
Tutti sanno che alle elementari predominano le maestre, ma forse non tutti sanno che anche alle medie (73%) e alle superiori c’è una fortissima maggioranza femminile (del 60%, con magistrali al 72%, licei 68,7%, Istituti Tecnici 56%) .
E allora? diranno i più (le più), che problema c’è?
Ma il dato più eloquente della eliminazione in atto è quello della distribuzione per fasce di età:
tra gli insegnanti sotto i 30 anni sono donne il 96,1%
tra i 30 e i 35 il 90.1%
tra i 35 e i 40 l’ 81,4%
dai 41 ai 45 il 78,4%
Resistono appena gli uomini nelle fasce più anziane: tra i 56 e i 60 sono il 32%, tra i 60 e i 65 il 38%.
Come dire: se continua così, tra qualche anno “professore addio!” (il maestro se ne è già andato senza salutare.)
Qualche esperto ogni tanto si mostra preoccupato. Personalmente, non ho mai sentito questa preoccupazione né dentro la Gilda né tra i colleghi in genere. In una assemblea in provincia in un circolo delle elementari ho contato 40 maestre e 2 panda (scusate, maestri).
Ma questa tendenza è “normale”,”fatale”,”positiva”?
So che per contratto esiste un qualcosa sulle pari opportunità (di chi ?).
Mi sembra che l’associazione degli scout, da più di venti anni, stia molto attenta all’equilibrio tra maschi e femmine tra gli istruttori, poiché ritiene questo equilibrio indispensabile per un buon risultato in campo educativo.
C’è qualche collega insegnante che vuol dire la sua sull’argomento?
*** Dirigente della Gilda trevigiana, insegna lettere in un istituto superiore. L’articolo è tratto da “Professione Docente” del febbraio 2002.
8. IL SIGNIFICATO EDUCATIVO DELLA «DISCIPLINA»
di Antonia Belletti ***
Quello della disciplina a scuola mi sembra un tema su cui si dovrebbe riflettere a lungo. Educare non significa reprimere, questo è vero, educare però significa insegnare che una comunità, per esistere, deve avere delle regole che permettono la convivenza dei suoi membri e l'esistenza della comunità stessa.
Rispetto delle regole significa rispetto verso gli altri; per sua natura l'Uomo non è capace di seguire delle regole se la loro trasgressione non comportasse una sanzione. Perde di credibilità chi fissa delle regole e non si dà poi gli strumenti per farle rispettare; a mio parere (sia di insegnante che di genitore) tale atteggiamento è profondamente diseducativo.Ebbene, la scuola è una comunità in cui alla trasgressione delle regole non corrisponde quasi mai l'adozione di alcuna sanzione e ciò perché la comunità educatrice del nostro Paese considera la sanzione una forma di repressione. Qual è il senso di avere stabilito l'obbligatorietà della frequenza se poi non esiste alcun limite alle assenze (e i ragazzi di assenze ne fanno tantissime)?
Qual è il senso dell'avere stabilito un orario di ingresso e di uscita da scuola se poi i ragazzi entrano ed escono quando vogliono?
E qual è il rispetto che si porta agli alunni che vengono a scuola per imparare quando alcuni disturbano fino a impedire lo svolgimento delle lezioni?
I nostri ragazzi vivono in un'epoca in cui tutto sembra permesso: nella famiglia, come nella società, mancano punti di riferimento precisi, paletti che delimitino il lecito dall'illecito; la scuola dovrebbe fornire questi punti di riferimento: regole chiare e sanzioni altrettanto chiare per chi trasgredisce, sanzioni che non sono punizioni ma sono parte di un sistema rigoroso e ordinato di vivere; i ragazzi non sanno distinguere ciò che è regola indispensabile per vivere in una comunità da ciò che è violazione della libertà individuale.
Una mia alunna, da me ripresa perché quando sono entrata in classe era semisdraiata (scarpe comprese) sulla cattedra, mi ha fatto notare che ero io in torto poiché il mio richiamo ledeva la sua libertà individuale; non ho certo preso provvedimenti disciplinari, ho invece discusso con lei sui diversi comportamenti che possono essere o meno leciti nei diversi ambiti (scuola, bar, discoteca, ecc.); tuttavia, dopo ripetuti episodi del genere sono stata rimproverata da alcune sue compagne di classe che mi hanno così apostrofato "e se tutti facessimo come lei che ne sarebbe di questa classe?" Ebbene questi ragazzi hanno ragione, arriva il momento in cui la sanzione diventa strumento educativo e non solo per chi la subisce.Devo dire che negli anni sono diventata più severa nell'esigere il rispetto delle regole, sollecitata dai ragazzi stessi. E' vero che questi ragazzi presi singolarmente sono carini, sono educati e molto fragili ed è proprio per tentare di superare questa fragilità che trasgrediscono; e spesso sono fragili perché nessuno ha fornito loro punti di riferimento da seguire; la sanzione non è né repressione né punizione, è invece un segnale d'errore ma è anche un segnale d'interesse nei loro confronti, indica che non sono soli, che il loro "agire" è seguito e, se è necessario, corretto.
Spesso la parola "educare" è unita ai termini "democrazia" e "libertà"; mi chiedo: dov'è il confine tra libertà dei ragazzi nell'agire e nostro disinteresse nei loro confronti? Quante volte li lasciamo fare perché intervenire costa fatica? Quanta demagogia c'è nell'accoppiamento dei termini "educazione - democrazia"?
*** La professoressa Belletti insegna Scienze presso il Liceo Classico - Psico Pedagogico «G.Cesare - M.Valgimigli» di Rimini. Il suo testo stato pubblicato sul sito web dell’Associazione Nazionale Docenti il 27 gennaio di quest’anno.