Un articolo di Francesco Alberoni
mette in risalto i danni della customer satisfaction applicata
all’Università
(dal ‘Corriere’ del 20/03/06)
Nel
‘Corriere’ di lunedì 20 marzo - rubrica Pubblico e Privato – Alberoni fa una
piccola riflessione sulla applicazione all’Università – e alla scuola, diremmo
noi – della logica del cliente. Logica che ben conosciamo, poiché ne siamo
troppo spesso vittime senza possibilità di voce. Ma vittime ne sono anche
quegli stessi studenti che da questa logica dovrebbero trarre giovamento. Il
piacere che essi traggono da ciò è il infatti il piacere asinesco di Pinocchio…
Piacere che certo non permette loro di affrontare la sfida della società della
conoscenza o la più modesta sfida di una vita personale dignitosamente
tranquilla.
Spesso –
troppo spesso - l’acquiescenza al cliente (si noti che il cliente non ha età,
quindi un bambino di sei anni va ‘soddisfatto’ esattamente come un uomo di
trenta) viene posta come dato democratico. Ma lo è veramente? Rimandiamo, per
questo, ad un breve brano che abbiamo tratto da una riflessione di Karl Raimund
Popper sulla televisione e che, a nostro avviso, si applica perfettamente alla
scuola e all’Università (vedi pagina centrale del sito Centro Studi: ‘Customer
satisafction e democrazia’).
I migliori strumenti, se usati male
o per scopi impropri, producono disastri. Così sta succedendo con la
customer satisfaction (la soddisfazione dei consumatori), il metodo con
cui le imprese chiedono ai loro clienti quali sono i difetti dei prodotti in
modo da poterli migliorare.
Se i
consumatori ti riferiscono che la tua automobile non funziona o ha le porte che
sbattono cercherai di porvi rimedio. Ma tutto questo funziona perché è il
consumatore che sa che cosa è meglio per lui, non c’è nessun altro giudice
migliore.
Cosa
succede quando passiamo all’istruzione dei giovani? Chi è il consumatore? Tutti
pensano agli studenti ma è vero? Anche i bravi insegnanti hanno idee di cui
tener conto e così pure i genitori, tanto che alcuni mandano i propri figli
all’estero per assicurare loro un’educazione migliore. Infine ci sono gli
imprenditori, perché quei giovani devono poi assumerli loro.
In Italia
però di solito, nelle Università, la customer satisfaction è fatta
interrogando solo lo studente. Gli si domanda quali sono le materie più utili,
quelle che gli piacciono, quelle troppo faticose, quali docenti sono graditi,
quali invece sono troppo esigenti. Ma che cosa ne sa uno studente del primo o
del secondo anno di cos’è importante per la sua formazione, che cosa gli servirà
veramente domani per affrontare il lavoro e la concorrenza internazionale?
Inoltre molti studenti sono abituati a studiare poco e fanno fatica a
concentrarsi. Costoro, se glielo domandi, cercano di ridurre le materie più
impegnative, evitano i professori più esigenti, quello che fanno esami seri,
mentre chiedono materie facili, lezioni divertenti, esami in cui non ti bocciano
e prendi un voto alto.
Alcune
Università che sono alla disperata ricerca di studenti, oltre a fare pubblicità,
utilizzano i risultati della customer satisfaction per catturarli
andando incontro ai loro desideri. Se gli studenti rispondono che una materia è
difficile la eliminano, che un professore è troppo esigente, lo isolano, insomma
fanno di tutto perché il corso di studi diventi sempre più facile, in discesa.
E’ il principio di Pinocchio.
Sappiamo tutti che Pinocchio,
simbolo universale dei ragazzi, non aveva voglia di studiare e, fra andare a
scuola e ad uno spettacolo di burattini, preferiva il secondo. Così, seguendo la
sua personale customer satisfaction, non finisce nel paese della cultura,
ma in quello dei balocchi e diventa un somaro. Oggi c’è chi l’aiuta a seguire la
stessa strada.
(a cura di Serafina Gnech) |