Il  TUTOR: ASPETTI FILOSOFICO-PEDAGOGICI.

di Gaetano Bonaccorso

Per mettere a fuoco la complessità della problematica tutorale  sul piano filosofico- pedagogico, e approdare ad una sintesi con gli aspetti  giuridici , contrattuali ed  organizzativi  della  sua possibile incidenza nella  istituzione scolastica autonoma, in base al  decreto 165 del 2001, della legge 59/97 ( legge Bassanini), dalla nuova articolazione dell’art.117 della Costituzione e infine dalla riforma Moratti, è necessario partire dalle considerazioni conclusive del prof.Bertagna  nell’articolo “ Tutorato e tutor nella riforma”, inserto n.15 del 15 Aprile 2004 della rivista Scuola e Didattica, anno XLIX, Editrice La Scuola.

    Il prof. Bertagna , infatti, è polemico nei confronti di studiosi,  critici e  addetti al mestiere, che hanno avuto il torto di sottolineare che una funzione tutorale diffusa è una categoria strutturale del docente, in ogni sistema educativo di istruzione e formazione, in quanto nei concetti di tutor e tutorato, sono contenute azioni educative di protezione, supporto, cura, aiuto, sostegno rivolte a ogni studente, non per una benevolenza filantropica, ma in quanto l’azione dell’educare, intesa come l’autonoma forza creativa di crescere dell’adolescente all’interno di un corretto rapporto insegnamento – apprendimento, necessita di tali strumenti.

    Il suo tutor e la sua concezione di tutorato è qualcosa di più, una sintesi di competenze disciplinari, pedagogiche-didattiche, relazionali-organizzative, riflessive sulla prassi, deontologiche. L’intreccio di tali competenze prende forma nel cuore di questa funzione che consiste nel mettersi al servizio dell’originalità personale dello studente derivante progressivamente dalla rete delle relazioni interpersonali che si vivono, per sostenerla e svilupparla.

    In altri termini il docente tutor è colui  che, riconoscendosi “ autore”( dal latino augeo, “  colui che contribuisce a fare crescere”), permette anche ad altri e in particolare ai minori di diventarlo, usando nella giusta misura tutte le competenze di cui dispone.

    Ragionando per idealtipi, il Bertagna ragiona su due modelli pedagogici di grandissimo rilievo, il primo di ascendenza comeniana, il secondo rousseauiano. Egli rifiuta il primo come anticipazione del tempo pieno e della Mastery Learning, all’interno del quale prevale, a suo avviso, l’ottica di un processo didattico programmato e formulato dalla società senza il protagonismo dello studente ed esalta, invece, il secondo, nel quale, a suo avviso, la priorità ontologica , storica, psicologica e logica è della persona e dalla priorità ontologica della persona si passa a quella della famiglia e delle formazioni sociali entro cui ogni persona svolge la sua personalità, poi dei comuni, delle Province, delle città metropolitane, delle Regioni , dello Stato ( art.118 della Costituzione, principio di sussidiarietà.)

    Tale pensiero basato sul convincimento che ciascuno sia irripetibile ed ogni persona  sia “ una diversa colata dell’universo intero”(Leibniz), non si coniuga  con le più aggiornate pedagogie cognitivistiche, che sottolineano non soltanto l’importanza del cooperative learning, del   reciprocal theaching, e considerano la “ comunità di apprendimento”, come potrebbe essere il gruppo classe comeniano, o la “ comunità organizzata” luoghi e spazi dove si impara a convivere con persone molto più diverse per età , cultura, sensibilità, come insegnanti, altri allievi, personale non docente, genitori.

    Le teorie piagetiane e  bruneriane, e gli studi del Vigotskij e del Feuerstein che   di quelle sono uno sviluppo e un approfondimento hanno , inoltre , rivalutato l’importanza dello human mediator  come elemento fondamentale di raccordo nell’interazione tra stimolo e risposta, presenza indispensabile per innestare nello studente processi di sempre maggiore consapevolezza dell’apprendimento, di modo che il saper fare, già incluso nella teoria del  metodo interattivo di ispirazione americana, sia inquadrato in strutture  mentali che trasformano le esperienze acquisite a contatto con la realtà, in capacità logiche  pronte ad agire in qualunque contesto.

             Mentre è chiaro che la figura forte del “ tutor”, inserita tra i lemmi del nuovo lessico pedagogico ( personalizzazione, portfolio, progetto di vita)  evidenzia e suggella il ripristino di una supremazia del momento educativo, di un’ottica etico- esistenziale, valoriale, rispetto agli strumenti di carattere culturale e cognitivo.

   Da queste considerazioni  si evincono le difficoltà realizzative della figura del tutor e il tutorato diffuso finché risulti  essere un semplice ganglio organizzativo, per il quale, non si riesca a trovare, non avendo alcuna valenza sul piano didattico-cognitivo, una dimensione neppure sul piano dell’ultimo contratto di lavoro( 2002-2005, art.43) né  all’interno della struttura direzionale, né  nella prospettiva della formazione, né sul piano del riconoscimento formale dei colleghi, degli studenti, dei genitori. 

    L’analisi del Benadusi sulla scuola dell’autonomia (La governance della scuola, Il Mulino, 2004) propone la soluzione di  tale insufficienza sul piano della neo- professionalità richiesta ai docenti dalla rivoluzione copernicana provocata dalla legge n.59 del 15 Marzo 1997( legge Bassanini).

     Infatti le istituzioni scolastiche hanno la necessità e l’obbligo di rinunziare al programma istituzionale della scuola d’elite con una serie di  codici integrati che  corrispondano  alle esigenze della scuola di massa( insegnamento a distanza, organizzazione diversa dei gruppi di apprendimento, uso di strumenti di valutazione più aggiornati etc), insomma un nuovo layout della scuola, un nuovo core istituzionale,  nuove modalità di intendere la funzione docente,  nuove figure di insegnanti che  affrontano la loro mission  all’interno di nuovi profili ( staff direzionale, funzioni strumentali, tutoraggio, gruppi di progetto, gruppi di dipartimento, mediatori con il territorio).  

   E’ vano  prevedere il superamento della dicotomia organizzazione- pedagogia che è alla base dell’inefficiente lotta delle riforme contro l’individualismo esasperato degli insegnanti, se non si modificano anche  le prassi formali  all’interno delle quali gli insegnanti continuano a coltivare il giardino separato della trasmissione frontale del sapere.

    13-01-06