Il
sottosuolo del disagio
Il romanzo ci ricorda doveri attuali: la scuola
è l’unica realtà dove è ancora possibile sanare, in qualche modo, con il
concorso di tutti, qualche ingiustizia tra le tante che siamo costretti a subire
per l’ostile casualità della natura.
Il
libro di Zimmermann, scrittore francese con interessi pedagogici anche per la
sua esperienza di insegnante di sostegno nelle scuole francesi, getta uno
sguardo profondo ed oggettivo sul rapporto tra la scuola e la zona grigia del
disagio e del ritardo in un mondo lontano dal nostro, l’ ambiente periferico di
Parigi, al centro, ancora oggi, dell’attenzione dei mezzi di comunicazione per
la violenza e il degrado contro il quale, disperatamente, quei cittadini del
mondo si ribellano alle sperequazione di quella società.
In questo ambiente Patrick conduce la sua grama esistenza,
con un padre quasi sempre
assente ed ubriaco quando è presente, una madre ignorante capace di
esprimersi quasi sempre con il linguaggio tipico della pubblicità televisiva, ed
è un ragazzo di 12 anni, che frequenta ancora la scuola elementare per i gravi
problemi di apprendimento che sono legati più alla sfera espressiva che a quella
della comprensione del pensiero e della realtà.
La Francia degli anni 60 ( è il tempo storico del romanzo) non è
stata assalita ancora dai fremiti interculturali e una stantia pedagogia della
compensazione costringe Patrick insieme a moltissimi suoi amici e compagni ad
entrare in classi differenziate, nelle quali subiscono le inutili pratiche
burocratiche del sostegno destinate a perpetuare i ghetti della sperequazione
sociale e culturale.
Il giovane Patrick incontra David, insegnante di sostegno
di qualità che, pur vivendo una vita frammentaria ed anarchica, soggetto alla
modestia del lavoro e alle insoddisfazioni familiari, riesce, con le sue
risorse, con la sua didattica ( diciamo “ modulare”) a segnare tappe importanti
di crescita nella personalità di Patrick , strappandolo alle cure maldestre di
altri insegnanti che lamentano di avere in classe non “uno” ma “ trentadue”
analfabeti.
La
lotta intrapresa dal maestro conosce momenti esaltanti e grandi delusioni legate
all’ ottusità burocrazia, alla diffidenza dei dirigenti, all’indifferenza dei
colleghi, alle resistenze del giovane e alla necessità di usare un linguaggio e
degli strumenti idonei ad affrontare il problema educativo in una realtà
complessa e difficile.
Ma nella seconda parte del libro Zimmermann capovolge la
prospettiva alla quale i lettori di tali vicende sono abituati e
: ci fa entrare ancora di più nell’animo rozzo e
ineducato di Patrick, ci
fa avvicinare alla sua realtà familiare, ci
fa incontrare i suoi piccoli amici, inquadrando da vicino i sogni e i
progetti di un ragazzo che è tutt’altro che stupido, anzi sublima il degrado
della sua vita a contatto con la povertà e l’emergenza con strategie
impensabili.
Così scopriamo che Patrick strumentalizza, con le sue
marachelle non casuali, anzi sempre più violente, il suo rapporto con David e
cerca di avvicinarlo a sé, sperando che sostituisca il padre e s’innamori della
madre infelice la quale
con sensibilità incestuosa consola, nelle notti tristi e senza speranza,
le pulsioni adolescenziali del figlio. Tuttavia, il
progetto di Patrick non riuscirà, anche
per la morte disgraziata di David, in un incidente automobilistico.
Il romanzo si conclude con la sconfitta della scuola e
della società. Patrick, dopo avere ucciso il padre per difendere la madre ed
essere stato assolto, avrà nella madre, e nel legame indissolubile con lei,
l’unica ragione di sopravvivenza e di vita.
Il romanzo sembra più interessato alla dimensione del
sottosuolo degli aspri sentimenti umani coltivati nelle periferie suburbane che
ai problemi della scuola ,ma , egualmente, fa riflettere sulle difficoltà di
apprendimento ancora forti, nella società odierna, dei più deboli e dei più
fragili, i figli di famiglie immigrate, i giovani soggetti alle violenze dei
genitori, i ragazzi che, in svariati ambienti, sono sottoposti alla crudeltà
d’ogni tipo della misera umanità.
Questo romanzo, anche se viene da lontano, per geografia e
tempo storico, ci ricorda doveri attuali: la scuola, come dice il Ballino,
esperto francese di una pedagogia che pensa alle istituzioni scolastiche come
piccole città da costruire, è l’unica realtà dove è ancora possibile sanare, in
qualche modo, con il concorso di tutti, qualche ingiustizia tra le tante che
siamo costretti a subire per l’ostile casualità della natura.
Gaetano Bonaccorso |