Obbligo anche nella Formazione professionale perché il
Veneto crede nella pari dignità tra istruzione e formazione professionale.
Stiamo studiando una nuova legge regionale in materia di istruzione e
formazione. I recenti decreti legge e disegni di legge danno l’ impressione
che ci sia una certa involuzione piuttosto che una devoluzione di
competenze. Per questo, insieme con la Lombardia, ricorreremo alla Corte
costituzionale.
Assessore Donazzan, istruzione obbligatoria impartita per
almeno 10 anni. Si sono già completate le iscrizioni, ma l’impressione
generale e le voci che arrivano dalle scuole sembrano dare l’idea di poca
chiarezza. L’obbligo si assolverà: nell’Istruzione o anche nella Formazione?
E chi deciderà in merito, le Regioni o le scuole autonome?
L’obbligo si assolverà, e, per quanto riguarda la Regione Veneto,
anche nell’ambito della formazione professionale. Le modalità di
assolvimento saranno stabilite nel rispetto delle competenze di ciascuna
delle istituzioni coinvolte nel processo educativo dello studente.
Sicuramente la Regione intende assolvere pienamente agli obblighi
istituzionali che derivano dalla titolarità delle competenze che ad essa
sono attribuite dalla Costituzione. A tal fine è necessario risolvere alcune
attuali contraddizioni, la prima delle quali è contenuta proprio nel testo
della legge finanziaria 2007. Mi riferisco in particolare, con riferimento
all’istruzione obbligatoria, al comma 622 che prevede l’obbligatorietà per
almeno 10 anni ed il conseguimento della qualificazione professionale almeno
triennale entro il diciottesimo anno di età.
La Regione Veneto persegue la strada della pari dignità tra istruzione e
formazione professionale non accettando lo smantellamento dell’eccellenza
costituita dalla formazione professionale nel Veneto.
La Regione vuole difendere un vero e proprio ‘sistema veneto’ di istruzione,
formazione professionale e mondo del lavoro che nel Veneto ha contribuito ad
abbassare il tasso di dispersione scolastica.
Cosa sta predisponendo la Regione Veneto, rispetto a questo grande
obiettivo?
Innanzitutto va detto che la Regione sta lavorando al rinnovo dei
propri strumenti normativi. E’ allo studio la realizzazione di una nuova
legge regionale nella materia dell’istruzione e della formazione che traccia
le linee dell’organizzazione del sistema educativo regionale. Compito non
facile dato l’attuale contesto normativo che in materia sta subendo una
notevole frammentazione.
Di fatto la Regione ha avviato da lungo tempo delle modalità di
programmazione integrata delle attività educative che si caratterizza per un
forte e radicata interistituzionalità. Ciò ha permesso lo sviluppo di
metodologie educative innovative e di partenariati interistituzionali a vari
livelli sul territorio che di fatto hanno consentito di dare avvio ad
esempio all’alternanza scuola lavoro su un numero sempre più elevato di
scuole e alla realizzazione di forme di aggregazione territoriali, le quali,
a partire dall’esperienza maturata nella programmazione della Formazione
Tecnica Superiore, costituiscono il presupposto di una collaborazione
stabile per la realizzazione di interventi su diversi livelli formativi,
mettendo in comune infrastrutture, strumenti didattici, conoscenze, con
particolare attenzione allo studio e alla valorizzazione delle risorse
storico-culturali del territorio.
Riordino dell’ Istruzione tecnico-professionale: sono previste commissioni
speciali per studiare la forma dei nuovi Poli?
Come già detto la regione ha già avviato sul territorio una
programmazione basata su una stretta collaborazione tra soggetti
interistituzionali, nonché con le Parti sociali, sia datoriali che
sindacali. Ciò ha consentito la realizzazione di una prima sperimentazione
sulla realizzazione di 12 Poli formativi per l’istruzione e la formazione
tecnica superiore. Tali Poli, collocati in tutto il territorio regionale, si
collocano quali punti di riferimento stabili per la realizzazione dei
percorsi di Istruzione e formazione tecnica superiore nel territorio e per
la realizzazione di azioni di sistema ad essi collegate. Tale esperienza ha
consentito l’avvio anche di altre forme aggregative di soggetti, i distretti
formativi, quali sistemi educativi locale, costituiti da livelli di
cooperazione tra sistemi formativi presenti nel territorio regionale e le
politiche attive del lavoro. Ciò al fine di assicurare una maggiore
visibilità, stabilità e qualità dell’offerta formativa, superandone
precarietà e frammentazione, facilitando l‘accumulazione e la
capitalizzazione delle conoscenze e delle esperienze e favorendo il raccordo
col mercato del lavoro.
Attualmente la priorità per il governo regionale non è semplicemente quella
di prevedere l’individuazione di commissioni speciali per studiare i nuovi
Poli, infatti il riordino dell’istruzione tecnico-professionale dovrà prima
di tutto essere frutto di una programmazione basata sul rispetto delle
competenze attribuite alle regioni stesse dalla Costituzione.
Istruzione professionale e Formazione professionale: il DDL n. 7 del 31
gennaio 07 delibera di accordarle nei nuovi Poli. Ma il settore
dell’istruzione professionale, dopo la Riforma del Titolo V, appartiene alla
legislazione esclusiva delle Regioni. Non vi sarà un conflitto di
competenze?
Come già accennato, nel momento in cui parliamo, la produzione
normativa dello Stato, e mi riferisco in modo particolare ai recenti decreti
e disegni di legge, dà la percezione che ci sia una certa involuzione
piuttosto che una devoluzione di competenze. La riforma del titolo V, in
effetti , per quanto non regolata di fatto per la parte attinente alle
competenze regionale in materia di istruzione e formazione professionale,
consegna un quadro piuttosto definito di competenze. Senza dubbio molti
punti del testo della finanziaria e il D.L. 31.01.2007 n. 7, prevedono delle
prescrizioni normative che evidenziano un palese conflitto con le competenze
assegnate alle Regioni dal titolo V della Costituzione, proprio per questo
come ribadito il 14 febbraio scorso durante l’audizione alla Camera dei
Deputati davanti alla Commissione Cultura la Regione Veneto ricorrerà alla
Corte Costituzionale, assieme alla Lombardia, contro il citato decreto .