IL PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETA' FRA RIFLESSIONE FILOSOFICA E APPLICAZIONE LEGISLATIVA
Il sostantivo sussidiarietà deriva etimologicamente dal latino subsidium: il termine era usato in ambito militare per indicare le truppe di riserva che restavano nella retroguardia, pronte ad intervenire in aiuto alle coorti che combattevano in prima acies. I primi cenni di riflessione su un analogo principio applicato alla sfera politica si trovano già in Aristotele, ripresi e rielaborati da San Tommaso d'Aquino come elemento della sua concezione del "bene comune": per la dottrina scolastica la sussidiarietà è quindi il risultato di una pluralità di apporti in un contesto comunitario non conflittuale, nel cui ambito è offerta alla persona umana la possibilità di svilupparsi. Anche T. Malthus[1] utilizza nella sua concezione del contratto sociale questa idea sviluppatasi nella tradizione comunitaristica medievale; ancora, il grande filosofo tedesco Immanuel Kant si propone di realizzare l'ideale supremo di "bene comune", inteso come sviluppo libero dell'individuo, restringendo i fini ed i compiti dello Stato alla sicurezza individuale e collettiva. Tuttavia questa tradizione di pensiero è rimasta una corrente sotterranea nella filosofia politica europea dell'800, sovrastata dalla corrente principale di matrice hegeliana, fondata sulla esaltazione della sovranità statuale. L'idea che la libertà individuale vada tutelata attraverso la determinazione di precisi limiti alle attività dello stato, viene ripresa verso la fine del XIX secolo dalla corrente del Liberalismo costituzionale tedesco[2] e trova un'applicazione nella Costituzione tedesca del 1948 quando si occupa del riparto delle competenze fra Governo Federale e singoli Laender. Nel XX secolo la concezione liberale del principio di sussidiarietà converge con la dottrina sociale cattolica[3] e trova recente autorevole affermazione nelle parole del regnante Papa Giovanni Paolo II[4]. Va ribadito nel presente contesto che in ambito cattolico l'accettazione di tale principio è svincolata dal depositum fidei della Rivelazione Cristiana, pur potendo essere illuminato da questo.[5] Dal punto di vista della traduzione giuridica di tale principio, non può essere dimenticata l'azione politica tenace e lungimirante di Altiero Spinelli[6], che fondò nel 1943 il Movimento Federalista Europeo e animò la grande manifestazione di Parigi del '51 per un patto federale fra i governi europei. Negli anni '70 Spinelli portò la sua battaglia federalista all'interno degli organismi comunitari e la sua azione culminò nel Progetto di Trattato di Unione Europea approvato dal Parlamento Europeo il 14 febbraio 1984. Come la creazione negli anni '50 di una Comunità politica europea fu nei fatti smentita dal Trattato di Roma che ne limitava l'azione alla sfera economica, così il Progetto di Trattato fu frenato dai governi timorosi di perdere la loro sovranità attraverso l'adozione dell'Atto Unico Europeo che poi dette vita al Trattato di Maastricht del 1992. Ed è il 15 ottobre 1985 - pochi mesi prima della morte di Spinelli - che il principio di sussidiarietà entra ufficialmente nella normativa comunitaria, con l'approvazione della Carta europea delle Autonomie Locali, ratificata dall'Italia con legge n. 439/89 per poi confluire nell'art. 3b del Trattato di Maastricht[7]. Notiamo quindi che la sussidiarietà è un principio che ha trovato esplicita affermazione prima di tutto in ambito comunitario e specialmente nella sua dimensione verticale che regola i rapporti fra gli Stati nazionali e gli organismi comunitari[8]. Poiché, contrariamente all'ideale federalista, in base a tale norma ogni paese resta generalmente sovrano nel proprio territorio, spetta alla legislazione nazionale accogliere il principio di sussidiarietà nel proprio ordinamento sia nella sua dimensione verticale che in quella orizzontale[9]. Come è stato tradotto nel nostro paese tale principio? Con l'art. 4 co. 3 della legge "Bassanini" n. 59/97 il Parlamento nella passata legislatura delegò al Governo il compito di stabilire l'attribuzione alle autorità territorialmente e funzionalmente più vicine ai cittadini di competenze in molte materie. Allo stato attuale si tratta di un principio teorico, in quanto le competenze vanno di volta in volta assegnate con legge statale o regionale[10]. Peraltro la citata legge all'art. 1 sancisce che il criterio di attribuzione delle responsabilità pubbliche abbia anche il fine di favorire l'assolvimento di funzioni di rilevanza sociale da parte di famiglie, associazioni e comunità.[11] In ogni caso il d. lg. n.112/98 di applicazione della delega prevista dalla legge Bassanini accolse il principio che la sussidiarietà, intesa come decentramento territoriale, sia la regola in termini di attribuzione delle competenze, mentre il decentramento organico divenga l'eccezione alla regola[12]. Inoltre tale decreto ha tentato di riordinare la sterminata materia amministrativa, suddividendola in quattro settori.[13] Infine molte funzioni sono state conferite in blocco alle Regioni che, dovrebbero poi trasferirle agli enti locali in attuazione del principio generale. Successivamente la l. n. 265/99 all'art. 2 ha ribadito il principio di sussidiarietà a tutela degli Enti Locali anche nei confronti delle Regioni e a tutela dei cittadini nei confronti degli EE.LL. Il principio di sussidiarietà è stato infine accolto dalla nostra Costituzione che nel novellato art. 118 recita al comma 1 "Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni … sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza". E' chiaro che, qualora Stato e Regioni non rispettassero tale principio di sussidiarietà verticale, potrebbe intervenire la Corte costituzionale dichiarando illegittime le leggi per violazione del principio costituzionalmente garantito[14]. L'art. 118 all'ultimo comma afferma inoltre che lo Stato e le amministrazioni pubbliche in generale "favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli ed associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà". Da questa rapida disamina ed in attesa di una prossima modifica del testo costituzionale[15] (cd. devoluzione) sembra delinearsi - in perfetto parallelismo con le vicende prima ricordate a livello europeo - un trasferimento di competenze dal livello statale a quello regionale che poco hanno a che vedere col principio di sussidiarietà verticale e tantomeno con un reale federalismo[16]. Per quanto riguarda la sussidiarietà orizzontale, si tratta a parere di chi scrive, di un argomento complesso che va affrontato separatamente per ogni settore di intervento amministrativo[17].
Antonio Gasperi [1] Thomas R. Malthus (1766-1834) pastore anglicano ed economista noto per il suo "principio di popolazione", riteneva - in contrasto con i filosofi radicali del suo tempo - che il benessere umano potesse essere raggiunto nell'ambito della struttura istituzionale esistente. [2] Per Georg Jellinek, autorevole esponente di questa corrente, lo Stato deve agire "…nella misura in cui l'azione individuale o cooperativa non può realizzare il fine da raggiungere oppure se con i propri mezzi, può realizzare nella maniera migliore l'interesse che si vuole raggiungere". [3] Nell'Enciclica "Quadrigesimo anno" di papa Pio XI, pubblicata nel 1931, si legge "…come è illecito sottrarre agli individui ciò che essi possono compiere con le proprie forze e di loro iniziativa per trasferirlo alla comunità, così è ingiusto affidare a una maggiore e più alta società quello che le minori e inferiori comunità possono fare". [4] L'Enciclica "Centesimus Annus", del 1991 afferma fra l'altro: "Disfunzioni e difetti nello Stato assistenziale derivano da un'inadeguata comprensione dei compiti propri dello Stato…" [5] Per l'estensione di queste note ho tratto alcuni materiali dal sito www.aldobattista.it [6] nel Manifesto di Ventotene del 1941 leggiamo "La linea di divisione fra partiti progressisti e partiti reazionari cade perciò ormai non lungo la linea formale della maggiore o minore democrazia, del maggiore o minore socialismo da istituire, ma lungo la sostanziale nuovissima linea che separa quelli che concepiscono come fine essenziale della lotta quello antico, cioè la conquista del potere politico nazionale … e quelli che vedranno come compito centrale la creazione di un solido stato internazionale, che indirizzeranno verso questo scopo le forze popolari…". [7] "la comunità interviene secondo il principio di sussidiarietà, soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi dell'azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono dunque, a motivo delle dimensioni e degli effetti dell'azione in questione, essere realizzati a livello comunitario". [8] La sussidiarietà verticale regola l'attribuzione di competenze fra i vari livelli decisionali, stabilendo che quando possibile deve intervenire il livello più vicino al cittadino. [9] La sussidiarietà orizzontale stabilisce che lo Stato deve intervenire solo quando i singoli privati o le aggregazioni sociali non sono in grado di risolvere da soli i propri problemi. [10] Il comma 2 del novellato art. 118 Cost. recita "I Comuni, le Province e le Città Metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale e regionale, secondo le rispettive competenze" [11] Alcuni autori definiscono questi provvedimenti di "federalismo amministrativo" sostenendo inoltre che la sussidiarietà va intesa come capacità di esercizio delle competenze e non come semplice ripartizione delle stesse (negando quindi la distinzione fra sussidiarietà verticale ed orizzontale). [12] per decentramento territoriale si intende l'attribuzione di compiti a enti territoriali politicamente autonomi, mentre il decentramento organico lascia tali compiti agli organi periferici dell'amministrazione statale. [13] sviluppo economico e attività produttive, territorio, ambiente e infrastrutture, servizi alla persona e alla comunità, polizia amministrativa , ognuna divisa in una ventina di materie omogenee a parte l'ultima. [14] Si segnala all'attenzione dei lettori l'iter del disegno di legge "La Loggia" recante disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla riforma del Titolo V della Costituzione; tale provvedimento sembra restringere gli spazi concessi alla potestà regolamentare degli enti locali che dovrà essere conforme sia alla legge statale che a quella regionale (vedi approfondimento su http://www.gildains.it/federalismo/federalismo.htm) . [15] si veda sul sito segnalato alla nota precedente il documento ANCI-UPI-UNCEM [16] per un interessante confronto con la realtà scolastica svizzera si veda www.bdp.it/adi/Riforme/FortiArt.htm [17] in particolare per il settore scolastico si rinvia al mio articolo su Professione Docente di novembre 2002 "Parità scolastica, buoni scuola e qualità dell'istruzione". Nel momento in cui scrivo, non è ancora possibile conoscere nel merito le motivazioni della recentissima sentenza con cui la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo il quesito referendario sui buoni scuola.
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