II Parte  Architettura del sistema

 

1. Organizzazione dei cicli

 

2. Note esplicative

 

Indice ragionato

II Parte  Architettura del sistema

Coniugare la qualità educativa e culturale con la scolarizzazione di massa è, oggi, il problema, in gran parte non risolto, dei sistemi educativi di istruzione e di formazione dei paesi a forte sviluppo industriale.

La riforma Berlinguer-De Mauro di fronte a tale dilemma assume sostanzialmente due criteri: semplificare i percorsi e complicare le strutture. Per quanto attiene quest’ultimo punto ci si riferisce, in particolare, all’organizzazione del settennio unitario che fonde in un unico ciclo di base elementari e medie, al biennio del ciclo secondario (che è contemporaneamente terminale e iniziale), alla riduzione, di fatto, a tre anni della scuola secondaria superiore e, infine, alla mescolanza dei percorsi teorici con quelli di avviamento al lavoro, con grave danno per gli uni e per gli altri.

Si crede, poi, di evitare il pericolo della dispersione con la semplificazione dei percorsi e l’abolizione degli esami, tranne quelli tassativamente imposti dalla Costituzione (peraltro molto facilitati, stando alle altissime percentuali di “maturati”).

Si mira, in definitiva, ad un processo di istruzione e di formazione che annulla ogni identità e specificità, tanto dei docenti (basta pensare al docente unico del settennio) quanto degli alunni, per i quali si evita di marcare le pur notevoli differenze che si registrano nell’arco dell’età evolutiva.

Si pensa, infine, per quanto attiene la qualità culturale della scuola, di “innalzare” i piani abbassando le “altezze”: a patto di confondere quantità con qualità i “saperi”,  al plurale, danno l’impressione di essere più del sapere e tale “plus-valore” si ottiene saltellando di qua e di là tra un modulo e una competenza, tra una “educazione trasversale” e un “approfondimento tematico”.

Riteniamo che la soluzione al problema della scolarizzazione di massa, della dispersione e dell’insuccesso scolastico sia, almeno in parte, compatibile con un accettabile profilo culturale di educazione, di istruzione e di formazione, a determinate condizioni.

L’antropologia sottesa alla riforma Berlinguer-De Mauro sembra presupporre la possibilità di “costruire” individui secondo schemi precostituiti. Al contrario noi pensiamo che esista una natura umana dotata di una propria originalità e di peculiarità da valorizzare e che le differenze individuali e culturali siano ricchezze e non sovrastrutture da omologare.

Per costruire la struttura del sistema ci rifacciamo, perciò, ai criteri della specificità, dell’identità e della differenziazione e proponiamo un’architettura coerente con le finalità, con il ruolo e con la natura della scuola da noi illustrate nella prima parte di questo documento.

Da ciò consegue la necessità che l’organizzazione dei cicli sia nettamente differenziata al suo interno, vuoi per rispettare e marcare le diverse fasi dell’età evolutiva, vuoi in ragione delle differenti inclinazioni, vocazioni e tipologie dell’intelligenza delle persone.

In concreto ciò vuol dire:

a)         nel ciclo di base un’articolazione che distingue la scuola della fanciullezza (altrimenti detta scuola elementare) dalla scuola della preadolescenza (ex scuola media). A tale distinzione deve corrispondere la specificità del titolo di studio e del profilo professionale del docente.

b)         La distinzione e l’identità delle aree e degli indirizzi a partire dal primo anno della scuola secondaria superiore e il riconoscimento dell’identità delle discipline e del loro valore educativo.

La contraddizione della L. 30/2000 - che consiste nell’assegnare al biennio del secondo ciclo la funzione di traguardo terminale dell’obbligo scolastico e, contemporaneamente di fase iniziale del percorso quinquennale della secondaria - penalizza tanto chi ha intenzione di concludere gli studi quanto coloro che, invece, li vogliono proseguire.

Tale contraddizione può essere superata con un’intelligente applicazione dell’elevazione a 18 anni dell’obbligo formativo. Nella nostra ipotesi gli studenti, al termine del ciclo di base, avrebbero la possibilità di effettuare consapevolmente la scelta tra il percorso quinquennale nella scuola formale o un percorso equivalente per dignità, valore educativo e di istruzione nella formazione professionale.

L’equivalenza, per essere effettiva e non rimanere una pura petizione di principio, richiede iniziative a livello legislativo che garantiscano la qualità culturale e professionale dei docenti, strutture, laboratori e attrezzature didattiche adeguate ed efficaci e un sistema serio e rigoroso di valutazione.

I due canali da noi proposti, si differenziano non tanto per i contenuti (anche la formazione professionale prevede uno studio “teorico”) quanto per gli obiettivi, per l’approccio metodologico-didattico e organizzativo e per la tipologia di relazioni interpersonali tra docenti e discenti e tra gli stessi studenti. Al segmento “teorico” deve  corrispondere il titolo di studio dell’insegnante il quale avrà un profilo professionale adeguato alle finalità e agli obiettivi della formazione professionale.

La riforma Berlinguer-DeMauro tenta di soddisfare due esigenze reali: quella di eliminare (o quantomeno contenere al massimo) la dispersione scolastica e quella di accrescere la flessibilità del sistema. Queste due giuste esigenze devono, però, essere contemperate con la possibilità, per chi ne ha la vocazione e le capacità di confrontarsi con i più alti gradi degli studi. La nostra proposta perciò introduce il criterio della selezione orientativa, che non espelle dal sistema ma aiuta ciascuno - attraverso un vasto ventaglio di proposte e una organizzazione delle discipline per livelli di complessità e di approfondimento - a collocarsi negli indirizzi o nel canale a lui più confacente.

Rispetto alla riforma attuale la nostra proposta si differenzia, tra l’altro, per l’unificazione delle aree “classica” e “scientifica”. Un’area “classica”, per essere veramente tale, non può caratterizzarsi in contrapposizione con lo studio “scientifico”, che rappresenta una porzione importante di quella conoscenza “teorica” che dovrebbe caratterizzare la scuola tipicamente preuniversitaria.

D’altra parte una preparazione preuniversitaria estranea agli studi umanistici assicurerebbe anche minori capacità di riflettere criticamente sulla scienza e sulle sue applicazioni. In molti scienziati il decadimento degli studi classici desta grande preoccupazione per lo sviluppo e per il futuro della ricerca scientifica.

Proponiamo quindi le tre aree seguenti:

classico-scientifica;

tecnico-tecnologica;

artistica e musicale.

 

 

 

 

 

 


II Parte Architettura del sistema

 

     1. Organizzazione dei cicli                                                                                 40

            Premessa: Breve analisi della riforma Berlinguer

-         Obiettivi: successo scolastico, integrazione con il mondo del lavoro, flessibilità     

-         Strategie: destrutturazione delle discipline, attenuazione degli elementi caratterizzanti le aree, introduzione tecnologie infotelematiche

-         Mezzi: crediti, moduli, competenze, abolizione degli esami                           

-         Istanze condivisibili avanzate dalla riforma                                                   

 

     1.1.  La proposta del gruppo di lavoro promosso da Nova Spes                           42

 

     1.1.1. Articolazione del ciclo di base                                                                      42

-         I principi guida dell’articolazione: unitarietà del percorso, distinzione delle fasi, rifiuto del docente unico                                   

-         Proposte alternative: a) restare nella situazione attuale; b) anticipo dell’obbligo a 5 anni; c) riduzione della scuola elementare ad un quadriennio                                    

 

     1.1.2. Il secondo segmento del ciclo di base                                                           43

-         Principi guida: specificità del triennio, orientamento e autoorientamento 

-         Proposte: mantenimento delle discipline, differenziazione in livelli, diversificazione delle verifiche, indicazione orientativa parzialmente vincolante                              

 

     1.1.3. Architettura del ciclo secondario e della formazione professionale             43

-         Criteri dell’articolazione                         

-         Le tre aree: classico-scientifica, tecnico-tecnologica, artistica e musicale   

-         Necessità di una razionalizzazione della formazione professionale, che deve essere un canale autonomo e di pari dignità rispetto al percorso scolastico                  

-         Specificità della formazione professionale: diversità degli obiettivi, dell’approccio didattico, della tipologia di relazione docente-discente rispetto al canale scolastico.                                                             

-         Competenze del livello nazionale e di quello regionale                                 

 

     2. Note esplicative                                                                                                45

     2.1.  Il ciclo di base                                                                                                45

-         Ambiguità della riforma sulla competenza dell’articolazione interna della scuola di base                                                             

-         Conseguenze negative della fusione in un unico segmento di due tappe distinte      

-         Analisi delle soluzioni europee al problema dell’articolazione della scuola di base (Francia, Grecia, Portogallo, Spagna, Germania, Austria)                           

-         La riforma dei cicli automatizza il passaggio tra i vari segmenti e rende impossibile l’orientamento                                        

-         Il problema della dispersione scolastica  

 

     2.2.  Proposte di cambiamento per il primo segmento del ciclo  di base              47

-         Un unico docente nei primi due anni       

-         Peculiarità dell’insegnamento della musica                                                   

 

     2.3.  Proposte per il secondo segmento del ciclo di base                                       48

-         Importanza dell’azione orientativa che la scuola deve esercitare tramite la definizione dei percorsi di studio e la valutazione           

-         L’articolazione delle discipline in livelli come strumento di orientamento e alternativa ai moduli                                                   

 


            Proposte di architettura del ciclo secondario                                                 49

-         Necessità di reintroduzione di meccanismi efficienti di selezione orientamento all’interno della scuola pubblica              

-         Ogni istituto deve avere una propria identità culturale determinata dall’area (unica) di appartenenza                                         

-         Competenze del singolo istituto: scelta dei curricoli da attivare, utilizzazione di parte dell’orario curricolare, offerta di moduli integrativi opzionali e attività extra curricolari                                                             

-         Opportunità della fusione dell’area classica e di quella scientifica          

-         Necessità della selezione orientativa come presupposto della possibilità di passaggi tra gli indirizzi                                              


1. Organizzazione dei cicli

 

 

Premessa: Breve analisi della riforma Berlinguer

 

 

    Obiettivi:

1)   Portare il massimo numero possibile di giovani a concludere il corso di studi o nel sistema della scuola “formale” e/o nel canale della formazione professionale.

2)   Instaurare una stretta relazione tra esperienza scolastica ed esperienza lavorativa.

3)   Dotare, in conseguenza, di ciò il sistema della massima mobilità e flessibilità.

 

    Strategie:

a)   Decontestualizzare i contenuti disciplinari disarticolando, di fatto, le discipline stesse.

b)   Attenuare, se non addirittura abolire, gli elementi caratterizzanti le aree e, si ipotizza, anche quelli specifici degli indirizzi.

c)   Garantire allo studente il successo formativo attraverso un’ampia gamma di opzioni che arrivano fino alla possibilità di costruirsi il proprio percorso di studio.

d)   Emarginare la formazione linguistica tradizionale attraverso l’introduzione delle nuove tecnologie infotelematiche in funzione di linguaggi alternativi.

 

    Mezzi:

1)   Impianto organizzativo modulare.

2)   Impianto disciplinare modulare.

3)   Competenze (La didattica modulare individua il proprio obiettivo non nella formazione culturale, ma nella acquisizione di “competenze”, intese come capacità di agire in modo efficace in circostanze determinate, esattamente previste e descritte).

4)   Crediti scolastici e crediti formativi.

5)   Abolizione degli esami tranne quelli tassativamente imposti dalla Costituzione del cui rigore è lecito dubitare vista l’altissima percentuale dei licenziati e il basso livello di istruzione accertato dalle indagini periodicamente condotte tra i giovani che hanno concluso le scuole secondarie.

 

          Istanze condivisibili

Delle istanze avanzate dalla riforma sono condivisibili:

1)    L’obiettivo di far concludere positivamente gli studi al maggior numero di giovani, senza peraltro assicurare a priori il successo formativo ma offrendo ampie possibilità di orientamento e di auto orientamento durante il percorso.

2)    Il principio della flessibilità del sistema, coniugato, però, con quello della sua differenziazione in modo da assicurare ad ogni area ed indirizzo una precisa identità e specificità.

3)    La costruzione di un canale di formazione professionale di consistenza sistemica, distinto da quello scolastico per gli obiettivi, l’approccio metodologico - didattico e organizzativo, al quale sia, però, garantità pari dignità.

4)    La necessità di riservare uno spazio per l’apprendimento delle capacità e/o delle conoscenze cosiddette “informatiche”, senza enfatizzarne le reali potenzialità e soprattutto senza confonderne l’addestramento all’uso dello strumento con l’informatica come disciplina scientifica. La capacità di usare il computer come strumento può essere facilmente sviluppata, come ogni attività di tipo psico-fisico, negli anni della scuola di base. Nella scuola superiore questa capacità deve esere semplicemente presupposta e l’insegnamento dell’informatica come disciplina teorica specifica deve essere ovviamente previsto negli indirizzi dell’area tecnico-tecnologica. L’insegnamento dell’informatica come disciplina teorica può essere proposto anche negli altri indirizzi della scuola superiore, ma come insegnamento opzionale di tipo modulare.[1]


1.1. La proposta del gruppo di lavoro promosso da Nova Spes

 

 

1.1.1. Articolazione del ciclo di base

I criteri che si propongono per l’articolazione della scuola di base sono ispirati ai due principi della unitarietà del percorso e della distinzione delle fasi al suo interno, cui va riferito anche il passaggio dagli ambiti disciplinari alle discipline.

Si rifiuta l’ipotesi del docente unico e, di conseguenza, alla differenziazione del ciclo si chiede che corrisponda la specificità del titolo di studio e del profilo professionale dell’insegnante.

Fatta questa premessa, l’articolazione attualmente esistente (scuola elementare della durata di 5 anni con inizio al sesto anno di età a cui segue la scuola media della durata di tre anni) è, a nostro avviso, soddisfacente.

In alternativa, per rispettare il vincolo del termine dell’obbligo di istruzione al 18° anno di età, imposto dalla L. 30/2000, si suggeriscono le seguenti ipotesi migliorative rispetto a quanto finora prospettato dalla suddetta normativa.

Ipotesi 1: 5+3.

In questo caso si ipotizza l’anticipo dell’obbligo a 5 anni, cosa che avrebbe il vantaggio di riportare a 13 anni il complessivo itinerario scolastico, pur mantenendo ferma a 18 anni la sua conclusione. L’anticipo dell’obbligo a 5 anni appare oggigiorno ragionevole considerando l’accelerazione dello sviluppo intellettivo dei bambini dovuta alla molteplicità di stimoli che loro provengono dall’ambiente. Appare inoltre auspicabile perché costituirebbe un primo passo verso la generalizzazione della scuola ad età ancora inferiori, generalizzazione necessaria soprattutto nei casi di emarginazione culturale che richiedono un’azione di recupero precoce.

            Ipotesi 2: 1+4+3 

In tal caso si riduce il quinquennio della scuola elementare ad un quadriennio che dovrebbe però obbligatoriamente essere preceduto da almeno un anno di frequenza della scuola per l’infanzia.

 


1.1.2. Il secondo segmento del ciclo di base

Il triennio terminale del ciclo di base è articolato in riferimento ai seguenti criteri:

-      identità e specificità di questo secondo segmento del ciclo;

-      Processo di orientamento e di progressivo auto orientamento attraverso i percorsi disciplinari;

 

che richiedono il rispetto delle sotto elencate condizioni:

-      L’avvenuto passaggio dagli ambiti disciplinari alle discipline a cui deve corrispondere la specificità del titolo di studio e del profilo professionale dell’insegnante.

-      La differenziazione in livelli di crescente complessità delle materie finalizzate all’orientamento dello studente.

-      La conseguente diversificazione delle verifiche e delle esercitazioni alle quali si riservano ore differenziate.

-      L’inserimento degli alunni nei livelli di competenza (senza peraltro rompere l’unità della classe) e la periodica rivedibilità in base ai risultati.

-      Un’indicazione orientativa parzialmente vincolante: se lo studente segue l’indicazione l’iscrizione all’indirizzo secondario è automatica.

        Nel caso scelga un indirizzo diverso deve sostenere una prova di ingresso organizzata dalla scuola secondaria prescelta.

 

 

1.1.3. Architettura del ciclo secondario e della formazione professionale

Per quanto attiene il ciclo secondario ci si attiene ai criteri della specificità degli indirizzi, dell’ identità delle discipline, della differenziazione delle medesime in base a livelli di complessità, della pluralità di curricoli offerti da ogni area, della coerenza interna dei curricoli medesimi.

Ai fini di una preparazione culturale più completa e più idonea per la comprensione della civiltà attuale si ritiene utile fondere in un'unica area il settore “classico” e quello “scientifico”.

In luogo delle quattro aree indicate dalla normativa attuale il ciclo secondario verrebbe così articolato:

            area classico-scientifica;

            area tecnico-tecnologica;

            area artistica e musicale.

Per quanto attiene la formazione professionale si reputa necessaria una razionalizzazione dello stato esistente. Il canale di formazione professionale deve avere consistenza sistemica, essere distinto da quello scolastico e garantito nella pari dignità del percorso e degli sbocchi finali. La distinzione dei due sistemi nasce dalla natura dell’intelligenza e delle inclinazioni della persona umana che in taluni è prevalentemente pratico-operativa e in altri prevalentemente teorico- speculativa. Si tratta di accentuazioni, perciò usiamo l’avverbio prevalentemente, ma sono accentuazioni sostanziali che indirizzano il soggetto verso i vari tipi di attività e di studio.

I due tipi di percorso si differenziano, quindi, non tanto e non soltanto per i contenuti, quanto per gli obiettivi, per l’approccio metodologico-didattico e organizzativo, per la tipologia di relazioni interpersonali tra docenti e discenti e fra gli stessi studenti.

Per la formazione professionale si propone una struttura compatta, ma dotata di flessibilità, articolata in una serie di percorsi formativi - certificabili e al termine dei quali si consegue una qualifica - che, gradualmente, portino dai livelli inferiori fino ai superiori. Tale struttura dovrebbe essere autonoma rispetto al sistema scolastico nel senso che non richiede la necessità di rientri in quest’ultimo e neppure in quello universitario pur prevedendone, a determinate condizioni, la possibilità.

I due sistemi, scolastico e professionale, dovrebbero distinguersi con l’inizio della scuola secondaria e in ambedue dovrebbe essere possibile soddisfare l’obbligo formativo.

A livello nazionale dovrebbero essere stabilite le norme generali di indirizzo, gli obiettivi da raggiungere e le modalità di controllo sui titoli certificabili.

Le Regioni dovrebbero provvedere alla programmazione e al controllo delle attività di formazione professionale promosse e gestite dalle Agenzie formative, dai centri di formazione, dagli enti privati senza scopo di lucro.

Nella formulazione dei percorsi formativi si deve tener conto che la realtà del mondo produttivo italiano è fortemente connotata da una grossa fetta di lavoratori autonomi. E’ perciò necessario che la formazione professionale prenda in seria considerazione tale realtà e se ne assuma il carico formativo.


2. Note esplicative

 

 

 

2.2. Il ciclo di base

Per quanto concerne la Scuola di Base (o ciclo primario), si richiama innanzitutto l'attenzione sul comma 1 Art. 1 della legge, dove si afferma che "la scuola di base è caratterizzata da un percorso educativo unitario e articolato in rapporto alle esigenze di sviluppo degli alunni" e sul successivo comma 3, che recita: "Le articolazioni interne alla scuola di base sono definite a norma del regolamento di cui al D.P.R. 8.3.1999 n. 275" .

Il riferimento generico al Regolamento sull'autonomia lascia aperta la possibilità che le articolazioni interne siano definite in relazione all'art. 8 (Definizione dei curricoli), cioè in sede nazionale in maniera uniforme per tutte le scuole, oppure in relazione agli art. 4 e 5 (Autonomia didattica e organizzativa), lasciando la decisione alle singole unità scolastiche. E' chiaro che le due soluzioni sono diverse, poiché nel primo caso l'articolazione del percorso sarebbe formalmente la stessa per tutti, nel secondo si apre la possibilità di variazioni anche notevoli da una scuola all'altra. Il medesimo problema si riproduce là dove si parla (comma 2, art. 3 L. 30.2.2000) di " progressivo sviluppo del curricolo mediante il graduale passaggio dagli ambiti disciplinari alle singole discipline": tale formulazione fa sì che esso possa esser fissato ad un dato punto del curricolo in maniera analoga per tutte le scuole o esser lasciato alla decisione di queste ultime.

L’eventualità che il percorso della scuola di base sia articolato diversamente a seconda delle scelte della singola scuola esporrebbe il sistema scolastico ad un rischio di frammentazione ed entrerebbe in palese contraddizione con il carattere unitario che alla scuola di base si è voluto dalla legge stessa assegnare, riproponendo in qualche misura uno stato di cose già superato dalla riforma del '62, che aveva introdotto la scuola media unica.

La rinuncia ad una scelta esplicita riguardo all'articolazione interna e il ventilato progetto di creazione di un "docente unico" per la scuola di base configura, inoltre, il pericolo della fusione in un settennio prolungato di scuola elementare di due tappe formative (quella corrispondente alla ex scuola elementare e alla ex scuola media) che vanno invece tenute distinte, rischiando così di abbassare complessivamente il livello medio di preparazione degli alunni all'uscita dal ciclo. Tutto ciò è, in primo luogo, in contrasto con le indicazioni della psicologia dell'età evolutiva, la quale ci dice che sia lo sviluppo intellettuale che quello della personalità attraversano fasi nettamente distinte nel periodo dai 6 ai 13 anni. Secondariamente, non ha riscontro con quanto accade nella maggior parte dei paesi europei e del mondo industriale avanzato in generale, dove la scuola elementare dura al massimo sei anni, e talvolta ancora meno (4 anni in Germania) e la scuola media - o secondaria inferiore - è presente come momento distinto, benché con soluzioni diverse. Essa sussiste come tappa scolastica a sé stante, oppure è ricompresa nella scolarità di base o nella scolarità secondaria. Sostanzialmente, si possono avere quattro soluzioni:

una struttura a tre cicli distinti: scuola elementare, scuola secondaria di I grado, scuola secondaria di II grado (ad es. Francia e Grecia, Italia fino al momento attuale). Questa struttura si caratterizza per un tronco di insegnamento comune che si estende fino alla secondaria di primo grado (senza che questo significhi necessariamente un insegnamento rigorosamente identico per tutti gli alunni), la quale assume una funzione orientativa nei confronti del secondo grado;

b1)       una struttura composta da un primo ciclo comprendente tutta la scolarità obbligatoria e un secondo ciclo secondario corto (2/3 anni); tale struttura caratterizza, ad esempio, i paesi scandinavi e il Portogallo;

b2)       una struttura composta da un ciclo primario e un ciclo secondario di durata analoga i cui primi 3/4 anni, corrispondenti alla scolarità obbligatoria, sono unitari (non unici), mentre gli ultimi anni post-obbligo (2/3) sono differenziati (Spagna dopo la riforma);

c)         una struttura composta da un ciclo primario e un ciclo secondario con itinerari differenziati e separati fin dall'inizio (es.: Germania, Austria, parte della Svizzera).

In realtà, la maggiore differenza si ha tra le prime tre strutture da una parte e la quarta, che si distacca nettamente dalle altre per una precoce canalizzazione degli alunni.

Nella generalità dei paesi la scuola secondaria di II grado è differenziata in itinerari nettamente distinti (filiere) e il passaggio dal primo al secondo grado non è automatico.

Sotto questo profilo, la riforma dei cicli è incoerente e autocontraddittoria:  essa, in un certo senso, "fonde" le strutture b e c, con il risultato che il passaggio dalla scuola di base alla secondaria è di fatto automatizzato, non essendo il consiglio orientativo vincolante, e nello stesso tempo, poiché gli itinerari della secondaria debbono essere differenziati e caratterizzati in modo specifico fin dall'inizio (comma 3 art. 4), viene a mancare anche nel secondo ciclo un orientamento basato su standard e criteri generali, essendo esso di fatto lasciato alla gestione delle singole scuole attraverso il meccanismo delle passerelle.

Tra i motivi addotti per giustificare la fusione in un unico ciclo della scuola di base è stato posto più volte il problema della precoce dispersione scolastica, che attualmente espelle dal sistema formativo una percentuale inaccettabile di preadolescenti. Questo problema innanzitutto si presenta quantitativamente più imponente nei primi due anni del ciclo secondario e non in quello di base e secondariamente può essere in gran parte risolto combattendo lo sfruttamento del lavoro minorile e, infine, realizzando nella secondaria un sistema di formazione professionale di pari dignità di quello scolastico ma distinto da quest’ultimo.

 

 

2.2. Proposte di cambiamento per il primo segmento del ciclo di base

Quale che sia la durata di questo segmento si propone che nei primi due anni ci sia un unico docente. Si è consapevoli che ciò rappresenta un ritorno al passato e sarà osteggiato per una molteplicità di motivi, più o meno condivisibili, e di interessi di categoria (questi ultimi meno condivisibili).

Nonostante tale consapevolezza si ritiene doveroso avanzare la proposta in considerazione del fatto che i primi due anni sono quelli più strettamente collegati alla scuola dell’infanzia e che in questo periodo i bambini hanno bisogno di un forte punto di riferimento, meglio rappresentato da un unico insegnante che da una pluralità di figure. Ciò permetterebbe, tra l’altro, un passaggio graduale verso una progressiva definizione e differenziazione tanto dei contenuti programmatici quanto delle figure di riferimento (gli insegnanti).

L’intervento di docenti con preparazione disciplinare specifica potrà avere un ruolo crescente negli ultimi anni.

Tra gli insegnamenti che già al livello di scuola elementare (la continuiamo a chiamare così per comodità) richiedono una preparazione disciplinare specialistica merita una particolare attenzione quello musicale. Rinviando al documento allegato della prof.ssa Maddalena per un’analisi più approfondita della questione, ricordiamo che l’“educazione al suono ed alla musica” istituita nella scuola elementare dal 1987  non ha ottenuto i risultati sperati, mantenendo la scuola italiana in una situazione di grave ritardo. La formazione musicale non può partire all’età di undici (o, nella nostra ipotesi, dieci) anni, ma richiede un avvio precoce. Essa rappresenta un settore particolarmente delicato dell’educazione musicale complessiva e non può essere affidata a dei maestri che abbiano semplicemente seguito dei corsi di aggiornamento e formazione, come quelli che si sono succeduti, con notevole spesa, dal 1987 ad oggi.

Proponiamo di spostare all’insegnamento musicale degli ultimi anni della scuola elementare parte dei docenti delle attuali scuole medie di indirizzo musicale. La conversione sarebbe favorita, tra l’altro, dalla circostanza che gli attuali insegnanti delle scuole medie di indirizzo musicale usano una didattica importata da altri paesi e pensata per bambini di età inferiore. Non si tratta di una proposta a costo zero, poiché naturalmente occorrerebbe creare nuove cattedre nelle scuole medie ad indirizzo musicale. L’attuazione potrebbe però essere graduale ed a regime il costo potrebbe essere coperto quasi completamente dal minor bisogno di insegnanti prima assunti come generici “maestri” e poi costosamente ed inefficacemente “formati” musicalmente.

Riteniamo che l’insegnamento musicale nella scuola elementare, anche se affidato a musicisti e pur svolgendo anche la funzione di anticipare il primo segmento della formazione dei futuri musicisti, dovrebbe tuttavia mantenere come compito primario quello dell’educazione all’ascolto e non l’individuazione precoce di talenti.

 

 

2.3. Proposte per il secondo segmento del ciclo di base

Per realizzare le finalità di educazione e di istruzione, la scuola deve saper esercitare un’azione orientativa chiara e trasparente e deve farlo con gli strumenti che le sono propri: l’organizzazione dei contenuti disciplinari, dei percorsi di studio, degli indirizzi e con una valutazione che permetta al soggetto di prendere coscienza delle proprie potenzialità e dei propri limiti.

Per quanto è possibile si deve evitare che lo studente operi scelte sbagliate in relazione ai corsi di studio, si deve, cioè, esercitare un’azione preventiva al fine di contenere al massimo, pur non negandone a priori la possibilità, i passaggi da un’area all’altra, o anche più semplicemente da un indirizzo all’altro di scuola.

In considerazione di ciò, per quanto riguarda il triennio terminale del ciclo di base, si ipotizza una differenziazione in livelli delle materie finalizzata all’orientamento dello studente, mantenendo integra l’unità della classe. In questa ipotesi l’attuale scuola media, pur rimanendo unica (cioè con le stesse materie per tutti), deve differenziare l’insegnamento in un ordine crescente di complessità con un programma articolato in livelli. Tali livelli – se ne possono indicare tre per ogni disciplina - non sono da confondersi con i moduli previsti nel progetto di riforma, perché – a differenza di questi ultimi - si configurano all’interno di una disciplina mantenendone intatte l’identità, la specificità e la coerenza.

Le verifiche dovrebbero essere di diversa complessità per gli studenti inseriti nei diversi livelli di ogni disciplina e si dovrebbero prevedere alcune ore differenziate. Il livello di inserimento dovrebbe essere periodicamente rivedibile in base ai risultati raggiunti.

I livelli hanno una funzione chiaramente orientativa in quanto permettono allo studente di confrontarsi, nell’arco del triennio, con le sue reali possibilità e con i suoi altrettanto reali limiti e faciliteranno la scelta dell’area e dell’indirizzo del ciclo successivo.

Al termine del ciclo lo studente potrebbe ricevere con il diploma un elenco degli indirizzi del ciclo successivo consigliati nel suo caso. L’iscrizione alla scuola secondaria sarebbe automatica per gli indirizzi consigliati, mentre per gli altri sarebbe subordinata al superamento di una prova d’ingresso organizzata dalla scuola secondaria prescelta.

 

 

Proposte di architettura del ciclo secondario

L’attuale riforma della scuola tenta di soddisfare, a nostro avviso con pessimi rimedi, due esigenze reali: quella di eliminare o quanto meno contenere in limiti accettabili la dispersione scolastica e quella di accrescere la flessibilità dell’offerta formativa.

A nostro parere queste giuste esigenze vanno contemperate con altre due esigenze, altrettanto giuste. Innanzitutto quella di non costringere gli studenti ad emigrare (qualora abbiano la possibilità economica di farlo) per accedere a quei “più alti gradi degli studi” che la nostra costituzione garantisce a tutti i “capaci e meritevoli”. A questo fine riteniamo sia essenziale reintrodurre dei meccanismi efficienti di selezione-orientamento all’interno della scuola pubblica (meccanismi che dopo l’abolizione degli esami di riparazione sono totalmente inesistenti, se si prescinde dalla penosa finzione dei “debiti formativi”). 

Riteniamo che non possa essere lasciato ad ogni singola scuola il compito di inventare “progetti” più o meno fantasiosi o, peggio ancora, al singolo studente quello di montarsi da sé percorsi di studio che risulterebbero il più delle volte incoerenti, ma occorra in primo luogo prevedere una vasta scelta di curricoli coerenti, raggruppati in poche aree. Ogni istituto dovrebbe avere, a nostro parere, una propria identità culturale, basata sull’area (fissa ed unica) di appartenenza e articolata e precisata grazie alle scelte lasciate all’autonomia scolastica, che comprenderebbero:

La scelta dei curricoli da attivare tra quelli teoricamente previsti per la propria area (scegliendo un curricolo per ogni classe).

L’utilizzazione di una parte dell’orario curricolare (che a nostro parere potrebbe essere indicativamente il 15% del totale), l’offerta di moduli integrativi opzionali e le attività extra curricolari.

Lo studente sceglierebbe il curricolo tra quelli offerti dalla propria scuola e i moduli aggiuntivi opzionali.

I curricoli dovrebbero differenziarsi non solo per la scelta delle discipline, ma anche per il livello al quale le singole discipline vengono insegnate. Per ogni disciplina vanno pertanto individuati almeno tre diversi possibili livelli di approfondimento (oltre a possibili differenziazioni “di indirizzo”), corrispondenti a diversi obiettivi metodologici, contenuti e metodi.

Il canale scolastico potrebbe essere suddiviso innanzitutto in tre aree, corrispondenti rispettivamente ad un insegnamento di tipo “teorico”, senza obiettivi professionalizzanti, un insegnamento di tipo tecnico ed una scuola ad indirizzo artistico.

Rispetto alla riforma attuale la nostra proposta si differenzia, tra l’altro, per l’unificazione delle aree “classica” e “scientifica”. Crediamo infatti (in accordo con autorevoli fonti della cultura e della scienza, vedi per esempio E. Morin, I. Prigogine, F. Seitz ed altri) che un’area “classica”, per essere veramente tale, non possa caratterizzarsi in contrapposizione con lo studio “scientifico”, che rappresenta una porzione importante di quella conoscenza “teorica” che dovrebbe caratterizzare la scuola tipicamente preuniversitaria. Il tratto comune in cui si radicano questi due rami della conoscenza è l’inventività e la creatività tanto dello scienziato come del poeta, del filosofo, dell’artista.

Un’area “classica” concepita come una particolare specializzazione finirebbe col negare la propria ragione d’essere. D’altra parte una preparazione preuniversitaria estranea agli studi umanistici assicurerebbe anche minori capacità di riflettere criticamente sulla scienza e sulle sue applicazioni. Per queste ragioni in alcuni scienziati il decadimento degli studi classici desta una grande preoccupazione per lo sviluppo e per il futuro della ricerca scientifica[2].

Proponiamo quindi le tre aree seguenti:

classico-scientifica;

tecnico-tecnologica;

artistica e musicale.

Lo studio delle letterature classiche in lingua originale caratterizzerebbe solo alcuni dei curricoli della prima area (che non dovrebbero coincidere con quelli in cui lo studio scientifico è meno approfondito), ma bisognerebbe offrire a tutti gli studenti dell’area, sin dal primo anno, seri elementi di cultura classica, che permettano tra l’altro una scelta consapevole del proprio curricolo successivo.

Riteniamo sia essenziale introdurre dei meccanismi efficienti di selezione-orientamento all’interno della scuola pubblica. La scuola selettiva di un tempo, che espelleva dal sistema formativo chi riportava insuccessi scolastici, assicurava spesso un buon livello di studi alla minoranza di privilegiati che la frequentava, ma si disinteressava degli espulsi e dei tanti che ne rimanevano all’esterno. La generalizzazione dell’obbligo della formazione impone di evitare espulsioni dal sistema formativo, ma non può eliminare gli insuccessi. La scelta di fingere di eliminarli, con provvedimenti amministrativi che obblighino a chiamare successi i fallimenti, è a nostro parere disastrosa, rendendo di fatto fallimentare l’intero sistema. Crediamo che il problema vada invece risolto introducendo una seria selezione orientativa. Ogni studente, cioè, in base sia ai propri desideri, sia alle attitudini dimostrate ed ai risultati raggiunti, va instradato verso un percorso scolastico o di formazione professionale che possa essere nel suo caso completato realmente con successo. Crediamo che solo in questo senso il “diritto al successo formativo” possa assicurare dei successi reali e non formali.

Allo scopo sia di agevolare i passaggi desiderati, sia di diminuire il numero di quelli indesiderati, può essere utile una parziale personalizzazione dei curricoli, ad esempio con delle ore dedicate a recuperi o ad approfondimenti, o permettendo di studiare qualche materia ad un livello diverso da quello previsto nella classe di appartenenza. Le differenze tra i percorsi di studio individuali dovrebbero però essere limitate in modo da salvaguardare la sostanziale omogeneità culturale di ogni classe.



[1] Il punto 3) viene ulteriormente sviluppato successivamente nel documento che ha per titolo Riforma della scuola.

[2] F. Seitz, Decline of the Generalist, in Nature, vol. 403/3/2/2000 p. 483 (cfr. articolo allegato)