1.
L’impianto binario e la situazione normativa
L’aspetto della valutazione scolastica è regolato in
prima istanza nell’art. 3 della Legge 28 marzo 2003 n.53
.Qui è inquadrato un impianto biforcato che, all’azione valutativa dei
docenti all’interno delle istituzioni scolastiche ( lettera a ),
affianca quella, esterna, dell’Istituto Nazionale per la Valutazione del
Sistema di istruzione (lettera b), idealisticamente accomunando i
due diversi e concorrenti soggetti valutativi in quella sorta di
conclusiva sintesi hegeliana rappresentata nel testo dall’esame di Stato,
che “si svolge su prove organizzate dalla commissione di esame e su prove
predisposte e gestite dall’Istituto Nazionale etc…” (lettera c ).
In realtà, una considerazione attenta ci permette di cogliere non solo il
diverso accento posto dal dettato, già in altre occasioni sottolineato da
chi scrive, sull’effettiva autorità valutativa riconosciuta ai due
soggetti valutanti (visto che essa ai docenti “è affidata” e cioè
attribuita mediatamente, mentre immediatamente pertiene all’azione diretta
e attiva dell’INValSI), ma anche la differente collocazione degli studenti
nel “Sistema educativo di istruzione e formazione”e dei docenti
nelle “istituzioni di istruzione e formazione”, che sottilmente
promana, sancendolo, da un presupposto di priorità del Sistema e degli
studenti su docenti ma anche istituzioni: e dunque anche di subordinazione
di docenti e istituzioni alle ferree logiche di una struttura sistemica
costruita rigidamente in tutte le sue parti e organizzata nelle modalità
del suo articolarsi, complessivo e settoriale o periferico, su principi
omologhi e inflessibilmente conseguenti.
Di per
sé, la concezione binaria del nuovo processo valutativo nelle scuole del
Sistema, mentre tende a chiudere gli spazi reali della responsabilità e
autonomia di valutazione dei docenti, apre, senza chiare delimitazioni di
confine, quelli di dominio del nuovo soggetto valutativo, preposto a
controllare regolare ed uniformare sulla fissità di un unico paradigma
organizzativo e metodologico le attività, di celebrata “autonomia”, delle
singole istituzioni scolastiche.
A questa basilare impostazione si ispirano
tutti i contenuti relativi alla valutazione illustrati non solo negli
articoli ad essa intitolati, ma anche in altri di sostanziale ma più
indiretta attinenza, presenti nei testi legislativi o in genere normativi
che seguono e conseguono alla legge 53/2003:
1)
D. lgs. 19 febbraio
2004 n. 59 riguardante la scuola dell’infanzia e
il primo ciclo di istruzione: art. 8, ma anche artt. 5 e 7 per la
primaria, nonché art. 11 con artt. 9 e 10 per la secondaria di primo
grado. Il decreto è integrato da quattro allegati, di cui i primi tre (A,
B, C ) forniscono Indicazioni Nazionali :
a)
per i Piani di studio
personalizzati nei tre livelli di scuola, attraverso
l’individuazione e l’armonizzazione combinata di Obiettivi generali
di ognuno dei tre livelli, Obiettivi specifici di apprendimento
di ogni periodo didattico, “ordinati per discipline e per educazioni”,
Obiettivi formativi, “adatti e significativi per
i singoli allievi”.
b)
per il Portfolio delle
competenze individuali , “compilato e aggiornato dal
docente coordinatore-tutor”.
2)
C.M. 5 marzo 2004 n.
29 : punti 2.4, 2.5, 2.6 per la scuola
primaria, nonché 3.4, 3.5, 3.6 per la scuola secondaria di I grado.
3)
C.M. 3 dicembre 2004
n. 85 sulle competenze valutative dei docenti,
seguita a distanza di tempo dalla Nota 9 maggio 2005 sul ruolo del
dirigente scolastico nelle fasi valutative.
4)
D. lgs. 19 novembre
2004 n. 286 sull’istituzione dell’INValSI in
rapporto al Sistema di Istruzione e Formazione, con riordino del
preesistente istituto omonimo: in particolare, art. 3, ma anche art. 1.
5)
D. lgs. 15 aprile
2005 n. 77 sull’alternanza scuola- lavoro: art.
6 (valutazione, certificazione e riconoscimento dei crediti), ma anche
art. 5 (tutor interno e tutor esterno alla scuola).
6)
Schema di decreto
legislativo sul secondo ciclo del sistema di istr. e form.
( approvato dal Consiglio dei Ministri il 27 maggio 2005) : art. 13, ma
anche artt. 12 e 14 per i licei; art. 22, ma anche artt. 20 e 16 per
istruzione e formazione professionale.
2.
background storico-legislativo e pedagogico-didattico
La valutazione degli “apprendimenti degli studenti” da
un lato e della “ qualità del Sistema” dall’altro si incardina con
precisione millimetrica sulle strutture portanti di quell’autonomia delle
istituzioni scolastiche fondata su un processo di trasformazioni che non
si radica brevemente solo nell’humus economico-sociale nel quale
fiorisce e fruttifica l’ azione basilare di decentramento dei poteri
amministrativi operata dalla legislazione degli anni ’90, ma, nelle
profondità dei suoi aspetti qualificanti, risale anche all’altra
fondamentale stagione di innovazione nella storia della scuola italiana,
che è quella degli anni ’70. Sono gli anni dei decreti delegati, gli anni
immediatamente successivi alla riforma della scuola media, in cui si
affermano nella scuola principi e/o valori di collegialità e
partecipazione e negli organi collegiali si creano gli spazi operativi
aperti alla partecipazione attiva delle “componenti” rappresentative di
genitori e alunni. Ma, a guardar bene, se nell’immediato quelle
trasformazioni degli assetti strutturali nella realtà scolastica
(cor)rispondevano ad una temperie storica caratterizzata da forti istanze
di valenza politico-sociale concernenti i valori forti della democrazia
collettiva, con quelle stesse trasformazioni si determinarono all’interno
della scuola i presupposti sistemici felicemente adattabili al processo,
sulla spinta degli eventi storici e dei cambiamenti sociali e culturali
venuti dopo, di progressivo scivolamento verso il modello della scuola
attenta ai valori deboli della democrazia privatistica , fornitrice di
servizi e gestita “merceologicamente” in vista di profitti o risultati
immediatamente rilevabili e misurabili nonché inevitabilmente condizionati
da bisogni richieste consensi dello studente sempre più
customer central.
Non a caso, proprio nelle proposte
pedagogico-didattiche che campeggiarono negli anni ’70 è dato individuare
senza alcun equivoco il diretto precedente della pedagogia per obiettivi
esplosa nei “percorsi personalizzati” della riforma, che il cesello
valutativo “rifinisce” via via (nell’estenuazione o, per dirla con Giulio
Ferroni, “evaporazione” del sapere conoscitivo): si tratta, in realtà, di
teorie e orientamenti pedagogici né di oggi né di ieri, ma del secolo
scorso, radicatisi inizialmente nel sistema scolastico americano degli
anni ‘30-’40 e fatti propri dalla ricerca pedagogica anglosassone e in
genere europea degli anni ’50-‘60, anche con gli apporti e le
contaminazioni degli studi e ambiti disciplinari limitrofi che proprio in
quei decenni andarono affermandosi (di docimologia, psicologia
differenziale, psicometria etc.) e con le suggestioni create dalle
“tassonomie” proposte dal Bloom.
Né è sorprendente apprendere che “la
valutazione delle azioni formative ha avuto inizio non nelle istituzioni
scolastiche, ma nella formazione aziendale ( in nota: “i primi resoconti
di pratiche di valutazione della formazione aziendale sono comparsi negli
Stati Uniti all’inizio degli anni ‘50”)…
La ricerca valutativa nel campo dei servizi pubblici nasce
più tardi, negli anni ’70, per misurare l’efficacia delle spese sostenute
per i programmi di Social Welfare e si sviluppa ulteriormente negli anni
’80, con la restrizione dei fondi, per consentire una stima dei costi
delle opportunità in un momento di competitività per le risorse tra
servizi diversi.”(AA.VV. “L’autovalutazione
nella scuola dell’autonomia”, Brescia 2001, pag 17).
Peraltro, è anche vero (e,dunque,
metodologicamente corretto rilevarlo) che gli epocali cambiamenti degli
ultimi dieci anni nella scuola italiana vanno inquadrati su uno sfondo
politico-territoriale che ampiamente travalica i confini domestici,
dilatandosi negli estremi contorni sugli orizzonti globalizzati
della realtà contemporanea e ravvicinandosi nella collocazione specifica a
diretto contatto con la politica dell’UE, chiamata a reggere il confronto
con la new economy-net economy americana (e da ultimo a
fronteggiare le sfide produttive che provengono dall’est asiatico). In
questo contesto, ovviamente di particolare e variegata complessità, uno
dei settori sui quali si è più concentrata l’attenzione e l’azione
politica, nella ricerca di intese reali fra i paesi membri, è stato quello
scolastico, nel perseguimento di una comune strategia formativa di
immediato riscontro valutativo e pronta utilizzazione lavorativa, che
rispondesse anche alle problematiche, tipicamente contemporanee, connesse
con il disagio e le devianze giovanili da un lato e con l’invecchiamento
della popolazione dall’altro, nonché con le questioni legate
all’immigrazione dal terzo mondo e alle società multietniche.
“ A partire dal Consiglio europeo di Lisbona del
marzo 2000…l’Europa ha elaborato una strategia a lungo termine per
favorire uno sviluppo competitivo dell’economia europea fondato sulla
conoscenza…. L’ambizione è quella di creare, anche a seguito del processo
di allargamento dellUnione, lo spazio europeo come luogo di
formazione per l’eccellenza a livello mondiale, favorendo
l’accoglienza di studenti stranieri e rafforzando anche in tale ambito la
posizione dell’Europa” ( Domenico Sugamiele “ Unione Europea” in “Voci
della scuola 2004” p.377).
Il problema è che questa “conoscenza” e
questa “eccellenza” sono ritagliate, univocamente, nel tessuto “globale”
di assetti economici, sociali e culturali asserviti all’onnivora e
incontenibile pervasività di Internet.
3. le
fondamentali modalita’ valutative
Scandita dall’azione dei due soggetti che la
esercitano su convenzionali parametri di riferimento spesso
artificiosamente complicati nel riprodursi ipertrofico di concettismi e
arzigogoli formulari -si considerino certe griglie valutative ampiamente
diffuse nell’operare delle commissioni degli esami di stato, che
parcellizzano esponenzialmente gli “indicatori” e “descrittori” di
riferimento- e finalizzata, fondamentalmente, alla misurazione statistica
della “qualità” fittizia del servizio prodotto dalle offerte formative
delle singole istituzioni scolastiche all’interno del Sistema – che ben
poco ha da spartire con la reale qualità della crescita umana e culturale
degli alunni, cioè con la qualità della globale opera educativa promossa
innanzitutto dalla qualità dell’insegnamento -, la valutazione si
concretizza nelle due fasi canoniche e apparentemente complementari della
valutazione interna o autovalutazione e di quella esterna o
eterovalutazione.
Rientrano nella prima sia i processi
formativi e quindi valutativi riferiti ai singoli alunni o gruppi (microsistema),
sia l’apprezzamento della complessiva “ qualità” del servizio reso dalla
singola istituzione scolastica (mesosistema) attraverso l’autoanalisi
di istituto, che tiene conto di tutti i fattori che concorrono
all’efficienza (anche in termini strettamente economici) organizzativa e
all’efficacia “produttiva”, cioè “formativa”.
La valutazione esterna, di incontrastato
dominio dell’INValSI, se più direttamente riguarda il Sistema nel
suo complesso (macrosistema ), tocca di necessità nelle
varie fasi di misurazione non solo il mesosistema ma anche il microsistema
: infatti, per specifica destinazione normativa ( cfr. art. 3 comma 1 D.
lgs. 286/2004 ), l’INValSI “ effettua verifiche
periodiche e sistematiche sulle conoscenze e abilità degli studenti”.
E qui occorre soffermarsi, perché proprio a questo punto è evidente che
l’azione dell’INValSI non si integra o fonde né si incontra o armonizza
con quella dei docenti, visto che nel suo procedere valutativo non si rifà
ai dati prodotti dal procedere valutativo dell’altro e,in questa fase, più
diretto soggetto. In una reale concezione di pari dignità fra i due
soggetti, giurata e spergiurata dagli zelanti ed illuminati fautori della
bontà di questo meccanismo del sistema, si sarebbe naturalmente creato il
raccordo e la continuazione dinamica delle due azioni valutative, quella
esercitata a livello periferico e “personalizzato” nel vivo del rapporto
didattico pieno e articolato del docente coi propri alunni, e quella
attenta a qualificare il funzionamento complessivo del Sistema..
Dobbiamo, allora, concludere che l’INValSI,
nella misurazione del Sistema, “non si fida”dei docenti ai quali “è
affidata” la valutazione “degli studenti del Sistema”?
4. il
potere valutativo dei docenti
Peraltro, la competenza valutativa dei docenti,
apparentemente rafforzata anche dall’insistenza con la quale i testi
legislativi della Riforma di volta in volta la ripresentano, ricalcando il
dettato formulare dell’art.3 lett.a Legge 53/2003, trova di
fatto un elemento di sostanziale indebolimento proprio all’interno del suo
naturale e diretto campo di azione, quello che coinvolge i docenti e gli
studenti in un rapporto di insostituibile valenza educativa attraverso la
comunicazione, il riconoscimento e la saldatura delle reciproche
responsabilità.
L’azione valutativa del docente, infatti,
se si esplica come “periodica e annuale”, nella “valutazione
dei periodi didattici ai fini del passaggio al periodo successivo” è
diventata anche biennale, anzi, in quanto a valenza
giuridica, soprattutto biennale, se è vero che, come sancisce la
legge 53/2003, i periodi didattici che scandiscono i percorsi formativi
fino all’ultimo anno del secondo ciclo sono prevalentemente biennali e di
durata annuale solo nelle fasi di raccordo fra un livello e l’altro: ed è
immediatamente chiaro che il prolungamento su tempi raddoppiati dei
periodi giuridicamente significativi non può che indebolire, se non
fiaccare del tutto, la valenza formale della valutazione periodica e
annuale.
Ma non si tratta solo del peso specifico di una funzione
formale: sono in gioco l’efficacia e l’organicità, in senso sia formativo
che educativo, dell’accertamento “periodico e annuale” della preparazione
degli studenti, inevitabilmente esposti, per la rarefazione dei momenti di
giudizio formalmente rilevato e giuridicamente determinante, a più agevoli
remissioni e rimozioni delle proprie responsabilità di studio quotidiano.
“In
tal modo la valutazione operata dal docente non solo non è più un valore
ritrovato, ma più pesantemente si impania nella palude di un’incombenza
solo burocraticamente necessaria, spuntata com’è di reale incisività
formativa” (M. Colasuonno , “Baroni rampanti
e docenti dimezzati” in Professione Docente maggio 2003).
5. la valutazione svalutata
Se le riflessioni fin qui fatte hanno un qualche
fondamento di verità, possiamo concludere che questa valutazione,
non solo ossessivamente presente nei testi riformistici ma anche
insidiosamente viva nella lungimiranza dei progetti valutativi che si
innestano sulle ipotesi di carriera dei docenti, in realtà
svaluta :
a)
l’autonomia metodologica del
docente, che strettamente attiene alla sua libertà di insegnamento (cfr.
in particolare i punti 1. e 3.);
b)
l’autorevolezza e
l’incisività formali e sostanziali della sua azione valutativa(cfr.
specificamente i punti 3. e 4.);
c)
la funzione formativa (e cioè
quella mirata alla formazione culturale e alla crescita critica)
dell’azione valutativa nel suo complesso (cfr. i punti 2. , 3. , 4. ,
diffusamente).
Il tutto ci conferma nel paradosso,
solo apparentemente provocatorio, che la valutazione affidata ai
docenti nei testi della riforma persegue l’obiettivo di non
valutare : o, per dirla con Giuseppe Bertagna, ma variando
(irriverentemente?) il titolo di un suo recente saggio sul tema, quello di
“valutare tutti, valutare nessuno”. |