Uno sguardo all’Europa

1. Da Roma a Berlino: ognuno ha il proprio metodo

Martine Bulard pubblica questo articolo nel numero di marzo di Le Monde de l’éducation. Esso ci offre una panoramica sui sistemi di valutazione dei docenti in uso nei paesi della Comunità europea. Si tratta di un’indagine che si basa probabilmente su documenti ufficiali, poiché i dati relativi all’Italia risultano lontani dalla realtà. L’articolo risulta comunque utile, poiché ci permette di renderci conto non solo delle tendenze generali, ma anche delle difficoltà a cui sono andati incontro alcuni paesi e degli errori finora compiuti.

 

Un sistema che utilizza i voti, come per gli allievi. Il sistema francese di valutazione e di promozione degli insegnanti, quasi unico in Europa, appare strano alla maggior parte degli osservatori stranieri: Alcuni vi vedono il segno di una "specificità francese", altri il simbolo del più spinto "dirigismo statale". Quello che è strano per molti , incomprensibile per alcuni, è come quel "rituale pedagogico" nazionale, inadatto a giudicare le competenze professionali degli insegnanti, possa avere delle conseguenze determinanti per lo sviluppo della carriera docente.

Sicuramente la Francia non è la sola a disporre di un corpo di ispettori centralizzato in grado di fare il buono e il cattivo tempo (pedagogico). Il Lussemburgo, il Belgio, l’Irlanda si trovano nella stessa situazione, che appare minoritaria in Europa. Nei paesi federali, come l’Austria o la Germania, il sistema di valutazione è gestito a livello regionale, anche se le autorità nazionali cercano di garantirne la coerenza globale.

Poste fra i due estremi, altre nazioni presentano la tendenza ad una forte decentralizzazione. In Italia l’ispezione è a livello nazionale, ma le valutazioni avvengono a livello regionale. Stessa organizzazione in Spagna, con delle differenze fra le 17 comunità autonome. Sette di queste dispongono di una totale libertà nel settore dell’educazione; fra le altre cose hanno la possibilità di assumere gli insegnanti. In Inghilterra ed in Portogallo la valutazione del lavoro dei docenti avviene principalmente a livello di scuola. Infine in altri paesi, come la Grecia o la Danimarca, non esiste alcun sistema d’ispezione degno di questo nome.

Valutare gli insegnanti o il sistema? Va rilevato che in tutti i paesi dell’Unione Europea i sistemi sono identici nell’istruzione primaria e secondaria. Solo nell’ambito degli studi superiori si hanno sistemi di controllo diversi, quando ci sono sistemi di controllo, ovviamente, cosa che non è così frequente.

 

 

 

 

Per quel che riguarda le scuole professionali, prevale la valutazione a livello locale ed interna alla scuola.

Più delle modalità dell’ispezione, contano i fini. L’ispezione può avere come fine quello di controllare gli insegnanti oppure di controllare le attività educative e/o le scuole stesse. Dobbiamo dire che la demarcazione fra le due tipologie non è poi così netta.

Nel primo caso, l’obiettivo è quello di valutare con la maggiore precisione possibile, le capacità dei professori nell’ambito dell’insegnamento. Questo controllo individualizzato è finalizzato alla differenziazione degli stipendi ed alla articolazione della carriera. Al di fuori della Francia, solo l’Inghilterra dispone di un sistema analogo, ma è utilizzato soltanto nel periodo di prova o nel momento in cui si ha una richiesta di promozione o di passaggio ad un ruolo diverso. L’insegnante riceve allora la visita nella sua classe di un ispettore accompagnato dal dirigente scolastico, che deve redigere un rapporto sul docente soggetto a ispezione.

La maggior parte delle volte, gli aumenti di stipendio e le promozioni non sono legate a questo tipo di controllo. Talora sono legate alle modalità in vigore all’interno della funzione pubblica (gli insegnanti sono trattati come la maggior parte dei funzionari) oppure esse sono legate all’assolvimento di obblighi formativi. In Spagna, ad esempio, la formazione è considerata come un dovere e da essa dipende l’aumento di stipendio. Pur non essendo identico, il sistema portoghese contiene anch’esso l’obbligo della formazione per chiunque voglia progredire nella carriera. In Italia come in Germania la formazione permanente è obbligatoria, ma essa non incide sullo stipendio.

Trasmettere il piacere di migliorare. Tutti concordano sul fatto che la formazione continua è positiva, specialmente se si tiene conto della evoluzione rapida delle conoscenze, delle difficoltà che si incontrano ora nell’insegnamento, dello sviluppo delle ricerche pedagogiche, dei cambiamenti rapidi di programmi. Da sola essa non dà però alcuna garanzia di efficacia. Bisogna che essa acquisisca uno spirito nuovo, che essa instauri un nuovo rapporto fra la teoria e la pratica dell’insegnamento, soprattutto che essa dia il piacere d’imparare e di perfezionare. Inoltre è necessario che le caratteristiche della formazione, i contenuti, i formatori stessi siano ad un livello tale da non trasformarla in pura formalità, in atto dovuto per superare i gradoni. Nella maggior parte dei casi, quando gli insegnanti sono soggetti ad ispezione vuol dire che ci sono delle difficoltà da risolvere, oppure si vuole semplicemente verificare che essi svolgano i programmi o rispettino le regole che l’amministrazione si è data. Ciò si traduce a volte in consigli ma non ha alcuna incidenza sulla carriera.

Nel secondo gruppo di paesi, l’obiettivo è diverso: le autorità pubbliche valutano le attività educative, le scuole ed il loro funzionamento, piuttosto che gli insegnanti. Nella maggior parte dei casi esse pubblicano a fine anno i risultati ottenuti. Le procedure sono talora di tipo amministrativo ed i rapporti sintetizzano in tal caso le informazioni locali o regionali. A volte, come succede in Italia, i rapporti sono il frutto del lavoro di una conférence di ispettori tecnici, incaricati di entrare in merito alle spese, di valutare il trend del livello educativo. di partecipare all’elaborazione di strumenti utili agli insegnanti per il loro processo di autovalutazione.

In certi paesi sono coinvolti non solo gli insegnanti e gli altri membri della comunità scolastica, ma anche i genitori ed i loro rappresentanti. Questo avviene in Spagna e negli Stati Uniti. Questo sistema tende a diffondersi. Probabilmente utile, questo sistema non garantisce la qualità: lo potrebbero testimoniare i docenti ed i genitori degli studenti inglesi.

In ogni caso, indipendentemente dai sistemi adottati, l’esigenza della valutazione diventa sempre più forte, Essa è presente sia a livello istituzionale che fra i genitori. Questi ultimi rimproverano alla scuola e dunque ai professori, di non preparare i loro figli al lavoro e chiedono dunque maggiori controlli. Quanto ai governi dei vari paesi, dobbiamo dire che le loro preoccupazioni sono di tutt’altro tipo: limitare le spese dell’ istruzione per far fronte ad un budget più contenuto. La Francia non è il solo paese in cui il ministro dell’educazione cerca di dégraisser le mammouth ovvero di tagliare le spese. In Germania, ad esempio, la valutazione sistematica dell’insegnamento, parte organizzativa compresa, ha fatto la sua apparizione solo alla fine degli anni ‘80. Molto dopo la maggior parte dei paesi europei. La mancanza quasi totale di un controllo a livello federale ha fatto sì che la maggior parte dei Lander si siano avviati verso l’elaborazione di una serie di indicatori.

La conférence permanente dei ministri dell’educazione e degli affari culturali, che si occupa della supervisione dell’insegnamento, si è impegnata a rendere ufficiali gli indicatori a mano a mano che essi venivano elaborati. Si assiste ora ad una specie di corsa all’efficienza che ha condotto a risultati sorprendenti: in alcune regioni i ragazzi e le ragazze seguono i corsi di ginnastica separatamente. La stessa cosa avviene per i corsi di scienze. In parecchi Lander, le autorità locali si sono rivolte a dei cabinets d’audits esterni, specializzati nel management.

Non si tratta più infatti soltanto di elevare la qualità dell’insegnamento: bisogna anche aumentarne l’efficacia economica, la resa. Questi metodi vengono contestati dagli insegnanti, che protestano contro la mancanza di trasparenza e chiedono che si tenga conto dell’ambiente.

Secondo esempio: l’Inghilterra. Il sistema di valutazione dell’insegnamento pubblico non è di recente istituzione, ma il suo funzionamento si ispira ai metodi dei privati. Le scuole sono ormai in mano ai governing bodies, simili ai consigli di amministrazione delle imprese.

Composti da azionisti (coloro che finanziano), dagli utenti (allievi e genitori) e dai fornitori (insegnanti) questi organismi decidono qualsiasi cosa (anche se lo Stato conserva in linea di principio il potere di coordinare e di regolare. Le scuole fissano ad esempio il numero degli allievi e di conseguenza degli insegnanti e la loro libertà è tale che le scuole più quotate escludono i ragazzi che presentano delle difficoltà. Assumono e licenziano come vogliono. Possono pagare i professori più o meno di quanto fissato dal governo.

I risultati sono talmente contesati che Chris Woodhead, il capo degli Ispettori scolastici, ha redatto un rapporto annuale che costituisce un vero e proprio grido di allarme. A suo avviso, circa il 15% degli allievi che concludono la scuola dell’obbligo (16 anni) non sono in grado né di leggere né di far di conto. Si assiste inoltre ad un aumento delle scuole a domicilio: alcune famiglie a medio reddito si mettono insieme per pagare degli insegnanti che ritengono migliori degli insegnanti pubblici. Senza alcuna garanzia, evidentemente. Non c’è alcun controllo. Chi vuole può aprire una scuola.

 

Diplomati brillanti, studenti universitari scadenti. I paesi europei non sono tutti in questa situazione, ma tutti sembrano aver fatto proprio un motto: efficacia e qualità. Per il momento i criteri di valutazione degli insegnanti e delle attività educative sono diversi da paese a paese. Ed è molto difficile valutare... i sistemi di valutazione! Se si emette un giudizio a partire da un’inchiesta sull’abilità di lettura condotta in 32 paesi, ci si accorge che la Francia, la Finlandia ed il Portogallo hanno lo stesso punteggio, benché i sistemi di valutazione siano nettamente diversi: la percentuale degli allievi che hanno risultati inferiori alla media si aggira fra il 5% ed il 6%. In Germania la percentuale è invece del 12%, in Inghilterra del 23% e in Spagna del 25%.

L’utilizzo del metro che si basa sui risultati riportati agli esami, che sembra essere quello maggiormente utilizzato in Europa, non risulta affatto pertinente. Esso permette di classificare scuole e professori (per stabilire eventualmente delle retribuzioni in base al merito, come in Inghilterra) ma ignora un elemento determinante: l’ambiente. Inoltre esso spinge verso l’insegnamento normatif, ossia l’insegnamento delle norme , e tende a trascurare l’aspetto formativo. E’ così che degli ottimi bacheliers, cioè degli ottimi diplomati, diventano pessimi studenti universitari, con gran disperazione dei loro professori.

Insegnare ad imparare dovrebbe essere considerato altrettanto importante quanto trasmettere delle nozioni.

Serafina Gnech

Centro Studi della Gilda