L’unità del sapere appartiene ai grandi miti che giustificano la scuola ed
offrono alla società l’occasione di celebrare le riforme con la retorica delle
buone intenzioni. In realtà il progresso delle scienze provoca un’inevitabile
specializzazione degli studi che culmina nella frantumazione delle università.
Non a caso la nostalgia dell’unità ricorre spesso nei ritornelli pedagogici
degli insegnanti universitari che rimpiangono la scuola della loro infanzia,
soprattutto negli scienziati che lamentano l’opposizione della cultura
umanistica e scientifica.
Dunque anche la scuola si articola inevitabilmente e progressivamente in
discipline separate secondo l’ordine epistemologico della cultura (vd passim le
finalità della scuola nella riforma), ma unite dalla completezza degli studi nel
velleitario sforzo dell’educazione integrale.
Per evitare che la moltiplicazione delle materie e degli insegnanti provochi
disagio e disorientamento negli alunni (p.117: “Il numero degli insegnanti di
una stessa scuola cresce sempre di più con l’acuirsi delle differenze tra le
varie discipline e lo specializzarsi della cultura, e il numero delle materie
cresce; e cresce in conseguenza il carattere enciclopedico dei programmi
scolastici”, con la deprecabile conseguenza di provocare p.119: “la baraonda e
l’anarchia delle menti e degli animi”) Giovanni Gentile pone l’unità del sapere
nell’unità dello spirito: “Il sapere è uno come spirito, è molteplicità
indefinita come cosa” (Giovanni Gentile, Sommario di pedagogia come scienza
filosofica (1913), Firenze, Sansoni, 19425, vol.II. Didattica, p.64). L’unità
del sapere non sta nell’enciclopedia, nelle materie di un sistema atomistico che
rispecchia la molteplicità della natura, ma nell’unità dello spirito. Lo spirito
che studia e conosce è sempre lo stesso ed unifica il sapere “nell’attualità
spirituale” (p.66), “nell’attività creatrice dello spirito” (p.123).
Reintepretando lo spirito come persona anche Giuseppe Bertagna sostiene l’unità
idealistica del sapere come rimedio alla dispersione materiale della cultura.
L’identità delle cose si trasforma nell’identità della persona. Se la persona
che studia aritmetica è la stessa che studia grammatica, anche l’aritmetica e la
grammatica sono la stessa cosa. E così via, di tautologia in miracolo. Alla fine
gli alunni sono collocati sul trampolino di lancio della pedagogia e proiettati
nel cielo delle visioni mistiche: “Qualifica così l’istruzione secondaria di 1°
grado il principio che vuole ogni disciplina aperta all’interdisciplinarità
più completa, a cui segue il salto transdisciplinare, ovvero il confronto
con una «visione personale unitaria» di sé, degli altri, della cultura e del
mondo” (dlgs 19.2.2004 n.59, Allegato C, p.3).
Nella colonna di sinistra si legge Gentile, a destra Bertagna.
La parte e il
tutto
E tutto è sempre in
tutto. (p.7)
“tutto si fa tutto”. (p.7)
L’individuo, il vero
tutto senza parti, l’infinito assoluto è lo spirito, come unità di tutti i
momenti… La scuola, se è viva, dev’essere aperta al principio e alla fine;
non dev’essere un frammento dello spirito, ma lo spirito stesso tutto lo
spirito, in un suo periodo: l’eterno spirito, che è sempre tutto per non
essere mai tutto. (p.70) |
Passare da una conoscenza primaria ad
una secondaria di 1° grado, allora, significa
cominciare ad essere consapevoli della
necessità di rimandare sempre, nell’incontro personale (e di tutti) con la
realtà, la parte al tutto e il tutto alla parte, ovvero di collegare
sempre le prospettive parziali di lettura rappresentativa del mondo
e della vita in un sistema unitario e integrato di significati
personali, che se non può ambire a presentarsi come sintesi
compiuta e definitiva dei modelli parziali che ingloba, si preoccupa,
però, di chiarire e approfondire i nessi e i raccordi che individua tra
loro. (p.3) |
La sintesi e
l’ologramma
E però s’è creata
quella sorta di fette d’uomo che sono l’insegnante d’italiano, che non
insegna altro che italiano, e l’insegnante di latino che non insegna altro
che latino, ecc., l’insegnante di lettere che non sa di scienze, e quello
di scienze che non sa di lettere, e così via; come se ci fosse l’italiano
senza il latino, o il latino senza l’italiano, le lettere senza le
scienze, e le scienze senza le lettere. (p.118)
Uno o molti che siano i
maestri, la scuola è possibile a un patto: che il sapere sia uno, e ogni
sua parte rispetti il tutto; in guisa che quello che non s’insegna
direttamente, sia però insegnato indirettamente. La geografia si può
insegnare per mezzo d’un insegnamento speciale a patto che non trascuriate
occasione, che ad ora ad ora vi si presenti, per impartire le opportune
nozioni geografiche; e l’aritmetica si appoggerà a un concreto interesse
dello spirito, quando dai racconti più attraenti del “libro di lettura”
saprete trarre accortamente, e senza parere, problemi che ricevono la loro
soluzione dall’aritmetica. (p.119)
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La seconda consapevolezza ricorda che gli
obiettivi specifici di apprendimento indicati per le diverse discipline e
per l’educazione alla Convivenza civile, se pure sono presentati in
maniera analitica, obbediscono, in realtà, ciascuno, al principio
della sintesi e dell’ologramma: gli uni rimandano agli altri; non
sono mai, per quanto possano essere autoreferenziali, richiusi su se
stessi,
ma sono sempre un complesso e continuo
rimando al tutto. Un obiettivo specifico di apprendimento di una delle
dimensioni della Convivenza civile, quindi, è e deve essere sempre
anche disciplinare e viceversa; analogamente, un obiettivo specifico
di apprendimento di matematica è e deve essere sempre, allo
stesso tempo, non solo ricco di risonanze di natura linguistica,
storica, geografica, espressiva, estetica, motoria, sociale, morale,
religiosa, ma anche lievitare comportamenti personali adeguati. E così
per qualsiasi altro obiettivo specifico d’apprendimento. Dentro
la disciplinarità anche più spinta, in sostanza, va sempre rintracciata
l’apertura inter e transdisciplinare: la parte che si lega al tutto e
il tutto che non si dà se non come parte. E dentro, o dietro, le
“educazioni” che scandiscono l’educazione alla Convivenza civile
vanno sempre riconosciute le discipline, così come attraverso le
discipline non si fa altro che promuovere l’educazione alla
Convivenza civile e, attraverso questa, nient’altro che l’unica
educazione integrale di ciascuno a cui tutta l’attività
scolastica è
indirizzata. (p.7) |
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