EDUCAZIONE E MORALE

CARLA XODO  DIALOGA  CON I DOCENTI

Carla Xodo dialoga con i docenti di Treviso e della regione. Alla conferenza, organizzata dall’Associazione Filosofica Trevigiana e dalla Provincia di Treviso in collaborazione con Gildaform, hanno partecipato il Centro Studi nazionale e “Professione Docente”.

Pubblichiamo un breve resoconto della riunione ed il testo dell’ intervista che la Prof.ssa Xodo ha gentilmente concesso alla nostra Associazione.


EDUCAZIONE E MORALE 

 

Nel pomeriggio di lunedì 16 dicembre scorso, presso l’Istituto Magistrale “Duca degli Abruzzi” di Treviso, si è tenuta una conferenza della prof. Carla Xodo, che insegna Filosofia dell'Educazione all'Università di Padova, ove è direttrice del Dipartimento di Scienze dell'Educazione e coordinatrice di gruppi di lavoro sulle tematiche dell'educazione e della deontologia professionale.

In veste di esperta quindi, ha fatto parte della commissione ministeriale per il codice deontologico istituita dalla Ministra Moratti e presieduta dal Card. Ersilio Tonini, sui lavori della quale - come abbiamo letto in prima assoluta nazionale sulle pagine della nostra rivista - la professoressa ci ha rilasciato un'intervista.

La conferenza di Treviso è stata densa di riferimenti culturali e ricca di stimoli anche emotivi e su di essa l'autrice ci ha concesso un'altra intervista, curata da chi scrive.

A mio parere l'approccio educativo della prof. Carla Xodo (si veda a riguardo il suo "Per un recupero dell'educazione morale") può essere molto fecondo per la nostra riflessione su cosa significa essere insegnanti: ad esempio si legga con attenzione il passaggio dell'intervista ove viene illustrato il ruolo assegnato alle discipline ed all'acquisizione di un linguaggio "tecnico" per la difesa del valore della dignità umana.

Il pensiero dell'autrice andrebbe invece indagato ulteriormente se volessimo trarre indicazioni da esso in merito al mandato sociale di insegnante (sull'argomento si rinvia al servizio di Renza Bertuzzi in Professione Docente, che contiene un'intervista al prof. Marzuoli su "Insegnamento e Libertà" ed un lucidissimo contributo personale "La posta in gioco"), considerato che - come leggiamo nel testo dell'intervista qui sotto - il nostro mestiere implicherebbe prima di tutto un esercizio di responsabilità e quindi la sua credibilità sarebbe proporzionale alla coscienza morale con cui è svolto.

 

                                                   
INTERVISTA ALLA PROF. CARLA XODO



Vuole illustrare il nesso che corre fra educazione e morale?
Il nesso educazione e morale si spiega con la tradizione umanistica della cultura occidentale. In altri termini la nostra convinzione che l'uomo sia realtà capace di autonomia ci impegna ad educarlo in maniera conforme, come soggetto libero che significa favorire la sua realizzazione come soggetto morale, capace cioè scegliere e decidere, ma anche di rispondere, per dirla con H. Arendt, "pensare ciò che si fa".


 

Condividiamo la Sua affermazione secondo cui l'attuale modello pedagogico dà preferenza alla dimensione cognitiva delle competenze: in che modo si possono coinvolgere concretamente le dimensioni affettive e relazionali per costruire quelle che Lei chiama "competenze etiche"?



 

La formazione morale inizia fin dalle prime cure educative che devono ispirarsi a quello che Maritain ha definito "umanesimo integrale" e, per questo, essere rivolte a tutta la persona.Si tratta di una educazione che rompe lo schematismo del modello cognitivista per aprirsi alla formazione di diversi atteggiamenti nei confronti della realtà. Non basta insegnare al bambino ad osservare e descrivere il reale in vista del conseguimento di una conoscenza finalizzata, in ultima istanza , ad aumentare il suo potere sul mondo, bisogna invece valorizzare anche il rapporto più partecipato e coinvolto che inizia con l'incanto e lo stupore del bambino verso il mondo . Qui sta la base di un sentire diverso, di una percezione della realtà come bene e valore su cui si sviluppa l'atteggiamento di stima e di valorazione .Solo a partire dalla formazione di questa sensibilità iniziale, da questa misura pre-morale del bene, è possibile, prospettare successivamente la problematica del valore che , si badi bene, per quanto possa essere affrontata anche razionalmente, attraverso quella che mi piace definire la " buona argomentazione, essa predilige , tuttavia il linguaggio indiretto della testimonianza e dell'esempio, in omaggio all detto che in questo campo " la parola è un suono, l'esempio un tuono".


Lei afferma con forza che la mancata assunzione di responsabilità morale è ingiustificabile da parte di genitori ed insegnanti: in che senso ciò può contribuire a chiarire il concetto di educazione come mandato sociale, garantendo che i soggetti delegati ad essa percepiscano il sostegno di tutta la società nei confronti di questo delicato compito?

 

Prima che per l'accettazione di una delega sociale, l'educazione implica esercizio di responsabilità per la particolarità del rapporto che la costituisce. Come ho precisato in un altro studio dal titolo: Capitani di noi stessi. L'educazione come costruzione di identità personale, che sta per uscire per i tipi de La Scuola editrice, non esiste educazione senza la disposizione dell'educatore a rendere conto di ciò che fa, dal momento che il suo agire non può essere casuale, ma intenzionale. In questa carattere strutturale, non già storico-sociale, si basa la natura etica di questa professione che, ritengo , possa riconquistare credibilità e credito sociale in maniera proporzionale al l'impegno, alla serietà, alla coscienza morale con cui è svolta .E' vano attendersi riconoscimento dagli altri se non si è disposti a conquistarselo, d'altra parte si è propensi a farlo nella misura in cui si crede al proprio lavoro.



Vuole illustrare il rapporto tra bene e giusto nella sintesi etica conseguenzialista di N. Hartmann?


Il rapporto bene-giusto nell'etica conseguenzialista di Hartmann si misura , innanzitutto, non solo sotto forma di intenzioni, ma anche cercando di prevedere le conseguenze delle nostre azioni. In altri termini conta non solo il proposito del bene, ma anche il bene effettivamente prodotto nelle nostre azioni quotidiane. E poichè il bene per prospettarsi anche come una misura di giustizia non deve limitarsi ad una misura soggettiva , ma essere condiviso, entrano in campo i valori che , in quanto definizioni generali,hanno il potere di far convergere il bene con il giusto, non in maniera assoluta , ma sempre relativamente alle nostre possibilità di interpretazione e comprensione, storicamente e culturalmente condizionate. In altri termini, i valori sono pronunciamenti storici, soggetti a perfezionamento continuo,anche in virtù del nostro impegno pratico; assoluto resta l'ideale da cui proviene la tensione al suddetto perfezionamento.




In una scuola dove la dimensione etica dell'educazione dovrebbe favorire un atteggiamento più coinvolto nei confronti della realtà, inteso nel Suo pensiero come impegno a produrre valori che siano realizzazione dell'ideale, quale ruolo può avere l'insegnamento delle singole discipline?


L'educazione morale, contrariamente a quanto si crede, non è una formazione specifica. In quanto coincidente con l'educazione tout-court, essa passa trasversalmente alle diverse discipline. La letteratura, storia, scienze, filosofia, ogni disciplina può prestarsi a favorire questo tipo di formazione, purchè vi sia nell'insegnante l'intenzione di farlo. In uno studio intitolato Educazione morale ( ed. La Scuola, Brescia 2000) abbiamo dimostrato la didattizzazione dell'etica. Per fare solo un esempio, si pensi alla fecondità della letteratura, le sue storie di vita che offrono, era già un'intuizione di Kant, materia di riflessione per la formazione del giudizio morale.

 


Un'educazione morale che voglia coniugare la convivenza nell'attuale società multietnica con il valore della dignità umana deve far sì che ognuno sappia esprimersi con chiarezza: è possibile che nell'educazione alla buona argomentazione trovino un ruolo le discipline tradizionali, alle quali afferiscono termini precisi e un linguaggio che tende a ridurre le ambiguità semantiche?

 

Ne sono convinta. La scuola deve riscoprire l'importanza del discorso orale, in una società, come la nostra, caratterizzata da pluralismo, multiculturalismo, globalizzazione non solo economica , ma anche culturale.Imparare a parlare con precisione, con chiarezza, per far valere le proprie ragioni, imparando anche ad ascoltare quelle altrui, è una condizione fondamentale per costruire nuovi punti d'intesa, affermare nuovi valori. Senza contare che ,come Habermas ed Apel non hanno mancato di dimostrare, già la comunicazione, quando è autentica, favorisce un atteggiamento etico, in quanto implica esercizio di solidarietà per favorire la convergenza tra gli interlocutori.In conclusione far discutere i ragazzi a scuola, vuol dire promuovere educazione morale.



Lei afferma che in contesti pre-sociali quali la famiglia e la scuola è importante coltivare la dimensione della gratuità e del dono: è possibile allora interpretare la sua proposta di recupero dell'educazione morale in chiave di contrapposizione all'opinione oggi diffusa che vorrebbe vedere la scuola piegarsi alle esigenze del mondo del lavoro?


Non esattamente. Una scuola che voglia essere educativa deve cercare di corrispondere a tutte le esigenze umane: a quelle di natura etica , ma anche a quelle di natura lavorativa .L'errore sta nell'assolutizzare le une o le altre. Insomma è giusto che la scuola prepari i giovani all'inserimento lavorativo, senza peraltro dimenticare di contribuire anche alla loro realizzazione come persone e come cittadini. Insomma , ricordando ancora H. Arendt, per vivere bene ci vuole equilibrio, una giusta proporzione tra tre dimensioni della vita umana : quella privata, quella sociale e quella politica. La prima attiene al nostro essere persone uniche, la seconda ai rapporti basati sulla convenienza del lavoro, la terza alla solidarietà che dovrebbe caratterizzare la comunità politica. Una buona educazione non deve mai dimenticare queste tre dimensioni.

 

a cura di Antonio Gasperi