Invio commento sull'autonomia e sulla professione docente.

Lorella Marini - Gilda di Perugia

AUTONOMIA E PROFESSIONE DOCENTE

Lettera aperta ai tanti colleghi interdetti, frustrati, alienati che popolano le scuole dell’italico regno...

 Ultimamente sento tanti discorsi, lamentele (niente di nuovo, sotto il sole...) propositi, proposte, sogni sulla scuola che vorremmo. Perché il sogno non si trasformi in incubo, vorrei provare a scendere sul campo del “concreto” per vedere le interrelazioni fra il modello di scuola emergente e il nostro lavoro a decorrere dal 1 Settembre 2000 quando il regolamento sull’Autonomia dovrà essere applicato.

Che ci piaccia o no, da quella data saremo chiamati a far fronte a nuove, pressanti,  richieste, con tutto quello che ne consegue in termini di carichi di lavoro, responsabilità, e... sarebbe ora, di stipendio!

Torniamo all’autonomia: riporto alcuni flash sul REGOLAMENTO DELL’AUTONOMIA DELLE ISTITUZIONI SCOLASTICHE, testo approvato definitivamente dal CdM il 25 Febbraio 1999. Ci dovremo sbattere la testa ben presto; io personalmente, nella mia scuola, ho avuto già occasione di toccare con mano “le magnifiche sorti e progressive” o, come dice il mio Preside, “il nuovo che avanza” in quanto stiamo sperimentando l’autonomia, le meraviglie del POF, l’organico funzionale ecc.ecc.

Vi dico subito che le parole chiave sono “successo formativo”, “libertà d’insegnamento”, Piano dell’Offerta formativa, articolazione modulare, flessibilità e via di questo passo.

Per garantire allo studente il successo formativo (attenzione! Quello che intendiamo noi non è la stessa cosa che intendono gli studenti e/o le famiglie) le istituzioni scolastiche autonome possono fare un sacco di belle cose a costo zero, cioè contando sulla buona volontà kamikaze dei soliti noti. Nel frattempo, infatti, il nostro orario di lavoro non è cambiato (comprende 18 ore frontali, inutili e frustranti adempimenti collegiali e non quantificate ore di preparazione compiti, organizzazione attività/lezioni, cioè il nucleo fondante della  nostra professione! Non sono ovviamente previste ore straordinarie: infatti, siccome notoriamente lavoriamo soltanto le famigerate 18 ore alla settimana, se torniamo qualche pomeriggio a scuola, così, tanto per sport, non facciamo altro che espiare il peccato originale su citato!).

 Cito alcune meraviglie del Regolamento:

· articolazione modulare degli insegnamenti/smembramento del gruppo classe; (ci abbiamo provato... non ci si riesce, nel contesto attuale);

· la definizione di unità di insegnamento non coincidenti con l’orario di lezione e l’utilizzazione degli spazi orari residui nell’ambito del curricolo obbligatorio (dopo di che solo Mazinga potrà fare l’orario, provare per credere...)

· l’attivazione di percorsi didattici invidualizzati ...oh, “il mondo nuovo”, o meraviglia; e quando individualizzo sul serio, non per finta? Durante la ricreazione, prendendo gli studenti al lazo all’uscita di scuola, di pomeriggio? Effettuando le solite prestazioni gratuito - missionaristiche?  Ha un valore il mio lavoro se non è pagato, se non si sa se sarà pagato, se sarà pagato pochissimo perché il Fondo d’Istituto non basta mai? E dove, in quali aule? Siamo sicuri che nelle nuove scuole autonome, dopo la bella riverniciata parolaia, appariranno come d’incanto, aule, spazi e insegnanti in numero sufficiente per individualizzare, dico individualizzare l’insegnamento?

Ci sono altri spunti interessanti. All’articolo 6 si parla dell’Autonomia di Ricerca, Sperimentazione e Sviluppo. Le nuove, mirabolanti, istituzioni scolastiche esercitano l’Autonomia di cui sopra. E qui li volevo. Ecco, finalmente ci riconoscono capacità progettuale e di ricerca. Siamo a cavallo, dunque! C’è un piccolo problema; tutto ciò viene riconosciuto sulla carta (è un po’ come la Costituzione dello Stato Italiano: c’è, è anche bellina, ma pochi la conoscono e nessuno la rispetta), ma non ve n’è traccia nel nostro contratto di lavoro.  Ergo? O questa capacità viene riconosciuta come caratteristica fondante del nostro lavoro (non siamo impiegati, insomma, ma ricercatori/sperimentatori/professionisti della didattica) e  vengono quantificati carichi di lavoro e conseguenti impegni retributivi. O siamo alle solite... Le nozze coi funghi.

E non è finita qui: c’è la Legge 9, cioè la legge sul Nuovo Obbligo Scolastico che presuppone nuovi adempimenti di tipo sostanziale e formale, la Riforma dei Cicli ecc.ecc. Il famoso “nuovo che avanza” nel solito obsoleto contenitore, quel pachiderma che è la scuola italiana. E il fattore umano? Ah, di quello non si parla mai... tanto ci sono le circolari che prescrivono, che dicono quello che bisogna fare. Gli insegnanti, nel mondo nuovo, non fanno altro che eseguire le mirabolanti prescrizioni che vengono faxate, alla velocità della luce, alle Istituzioni Scolastiche.

Noi insegnanti viviamo i paradossi di una realtà in continua trasformazione senza che siano mutate le nostre condizioni lavorative e le strutture in cui operiamo. Paghiamo il conto, inoltre, di colpe non nostre, di un sistema di reclutamento scandaloso, di una disattenzione politica al mondo della scuola che è oramai decennale, di una politica sindacale che ha fatto dell’insegnante un impiegatuccio, un Oblomov piccolo piccolo cui si garantisce qualche infimo privilegio (una volta erano la pensione anticipata e veramente tanti pomeriggi liberi ) in cambio di nessun controllo.

Eppure qualcosa ci accomuna in questo lavoro: dei diritti, dei doveri e delle responsabilità verso chi deve apprendere.

Ecco, chi deve apprendere. Chi è il coprotagonista dell’ormai celebre processo di insegnamento - apprendimento? Uno studente sempre più demotivato e carente nelle abilità di base (leggere, scrivere e far di conto!), lontano anni luce dai nostri valori, spesso strafottente e rompiscatole. Ho il “privilegio” di insegnare Inglese in un istituto tecnico e conosco bene il tipo umano: bagaglio lessicale di 300 parole nella lingua madre, di cui  la più ricorrente è “OH ! “ (pronunciata con enfasi da cavernicolo). Innocenti passatempi: movimento mandibolare incessante durante le ore di lezione, bar nei lunghi pomeriggi invernali, stadio la domenica. Insomma, il background linguistico e culturale “migliore” per imparare una lingua straniera. Accanto ai tanti così (cui pure vanno garantite possibilità di apprendere) corrispondono pochi con un po’ di voglia, di bagliori intellettuali, di spirito critico. Ma ben presto anche loro si assopiscono nello squallore generale. E allora? Ben venga l’individualizzazione, l’insegnamento modulare, ben vengano le passerelle. Ma dobbiamo essere messi nelle condizioni operative di realizzare il tutto, seriamente.

Prima di tutto, quindi,  dovremmo esigere il diritto a dei chiarimenti a livello di contratto di lavoro: mansioni, carichi, responsabilità, orario, retribuzione.

E successivamente dovremmo essere noi stessi ad esigere il controllo sul nostro lavoro, controllo rigoroso, puntuale, corretto. Controllo esercitato nelle forme già previste per legge, mai veramente  attuato.

E qui la chiudo, ...pardon una breve aggiunta. Perché insisto sulla non fattibilità di tante proposte nel contesto attuale? Sono pessimista? No, non è questo. Sono stata “coinvolta” (orrenda parola, ma la dice lunga sulla realtà) in tanti progetti e coordinamenti, lo sono tuttora. E vi assicuro, ma ve ne sarete accorti, che non si realizza niente se non con il volontariato dei pochi. Andando avanti, la vedo sempre più scura; si legifera, si legifera, ma non si ridefinisce sul serio la nostra professione sulla base delle mutate esigenze. Si inventeranno il volontariato coatto, visto che ci viene tanto bene? Sta a noi farci sentire, a questo punto, informarci, non farci sempre passare le cose sulla testa e fare delle proposte operative.

E qui la chiudo veramente.

 

Lorella Marini

Gilda di Perugia