Al Coordinatore  nazionale

Ai componenti della Direzione nazionale;

Ai colleghi

 Invio a tutti i colleghi ( e al webmaster per la pubblicazione sul sito della Gilda)  la sintesi - presentata al Ministro De Mauro  il 12 Settembre 2000- della  corposa ( 75 pagine ) Relazione finale prodotta dalla  Commissione sul “Riordino dei Cicli “, alla  cui ultima fase dei  lavori ho partecipato.

Si tratta di un allegato di cinque pagine  ( sappiano dunque i colleghi quanto è lungo, prima di “scaricarlo”) , nel quale ho cercato di dare un’idea, per forza di cose sommaria e sicuramente personale , dell’impostazione  dei risultati della Commissione.

Come vedranno tutti, quella relazione traccia alcune linee di percorso certe, ma lascia nella - probabilmente  voluta- ambiguità alcuni importanti nodi, cosí come esprime molte contraddizioni..

 L a Commissione,  attraverso  le 12 sottocommissioni ,  ha tracciato un’immagine di scuola centrata sul  diritto al successo formativo , nella quale i curriculi  siano allegeriti dei contenuti  e dove i saperi non servano per  produrre scienza , ma per produrre formazione ; una scuola che non utilizzi piú il “perverso meccanismo della cattedre, ma piuttosto forme di progettualità.” Una scuola, lo diciamo con lucida certezza, che non ci piace per il futuro delle nostre generazioni , ma nemmeno  per il presente  di noi docenti.

Una scuola che sente la necessità di due livelli di docenza e per la quale si auspica una revisione del principio,  che descrive la “funzione docente “ come orientata alla trasmissione della cultura e  alla sua  elaborazione ( Testo Unico- Parte III, art.395 ), perché considerato troppo riduttivo ( !).

Tuttavia, in questo quadro, vengono lasciati incerti  gli snodi  dei cicli, il problema degli ambiti e / o delle discipline , l’utilizzo dei docenti provenienti dalla ex scuola elementare e dall’ex scuola media,  il problema ( non da poco!)  della formazione iniziale dei docenti.

Infine , si continua a sottolineare che è fondamentale una formazione critica e problematica, che la “scuola nuova”dovrà prefigurarare un saldo profilo culturale della popolazione adulta, che gli insegnanti sono una risorsa strategica.

Insomma, la solita abilità di concentrare gli opposti.

Come si vedrà dunque le svolte principali di questa “rivoluzione formativa”sono affidate alla politica.

E, allora , che cosa resta da fare ad una Associazione, che voglia pensare e ragionare in tutti i suoi luoghi, senza delegare ad altre entità ( quali il “principio di realtà”, la Confindustria ecc…) questa funzione?

È ovvio:  pensare e ragionare su questo e su altri temi .

La relazione allegata è volutamente descrittiva e non esprime commenti  critici : ci saranno i 4 seminari che Serafina Gnech sta preparando per il nostro Centro Studi, su mandato della D.N.,   per commentare, criticare , accettare. Là i colleghi che vorranno partecipare avranno possibilità di ragionare  su una   discreta base informativa.

E prima di allora, nelle assemblee dei delegati, nei direttivi provinciali , insomma in tutti quei momenti, statutari o meno,  in cui si deve ragionare, sarebbe bene averlo già   fatto.

Perché la differenza qualificata che dovremmo consegnare ai colleghi  ( e convincerli cosí anche a sostenerci con il voto nelle R.S.U. ) tra noi e i sindacati tradizionali consiste proprio in questo: alla Gilda interessa rendere  sempre piú consapevoli gli insegnanti; ai sindacati fanno comodo individui, ignari, da controllare.

La discussione, che non è chiacchiera, perché si fonda sulla conoscenza e sull’ esercizio, potrà anche concludere   che occorre accettare  la dura realtà delle cose .

Ma , leopardianamente, vi sono due modi per adattarsi  : o piegando il capo “codardamente”, o con la saggezza della lenta ( flessibile ) ginestra.

 Non ci resta che scegliere  quale modello vogliamo per la nostra dignità di persone e di insegnanti.

                                                                                                                          Renza Bertuzzi.

 

CENTRO  STUDI G I L D A

 

Sintesi del risultato dei lavori della Commissione sul riordino dei Cicli scolastici.

Il 12 Settembre 2000, la grande Commissione, insediata a Luglio  per sviscerare tutta la problematica relativa  al riordino dei Cicli scolastici,  ha concluso i suoi lavori, presentando al ministro De Mauro una relazione di 75 pagine, composta dalle sintesi delle discussioni dei 12 sottogruppi in cui la Commissione stessa si era suddivisa.

Come è noto, durante tutta l’estate i membri dei gruppi hanno “dialogato” via e-mail ; la pletorica consistenza del gruppo originario conteneva in sé molteplici posizioni che non sarebbe stato possibile ( anche volendo… ) ridurre ad unità. Per questo motivo il documento finale compie quel sincretismo espresso in linguaggio curial- pedagogese , adeguatamente criptico ed essenziale alla  politica , la quale cosí  avrà buon gioco a dichiarare, qualunque scelta si compia, che essa era  comunque contenuta nel documento.

Il ministro ha, ovviamente,  lodato i lavori, definendo il risultato finale “un testo scritto in buon italiano”. Sarà che ci manca l’alta competenza   liguistica del  nostro Ministro, ma non riusciamo ad  apprezzare la “bontà”  di un  testo che appare invece, in molte parti,  incomprensibile e – per scelta consapevole o meno – bizzarro  e astruso.

Non è agevole quindi ritrovare linee  di senso in tutto il documento che in molte sue parti esprime affermazioni contrastanti , riuscendo a dire tutto e il contrario di tutto.

Tuttavia, appaiono in esso  concezioni di fondo che nel  periodo di gestazione della legge sul “Riordino dei Cicli scolastici “ sono state ampiamente diffuse e sostenute.

Questa sintesi “ragionata”  impiegherà in parte  lo schema  della suddivisione in sottocommissioni e in parte no , con l’intento di indicare una panoramica, per quanto  possibile   vasta e comprensibile, delle indicazioni inviate al Parlamento.

Va da sé che il taglio di lettura è  del tutto personale : mi assumo quindi  la responsabilità di una lettura parziale  o , appunto, troppo  individuale.

Sintetizziamo , dunque , di questa riforma, contenuta nella Legge –quadro  , 10 Febbraio 2000, n.30,  i seguenti aspetti :

 Ragioni, finalità e obiettivi ,

Stanno nella storia della Scuola e della società italiane, ma vanno proiettate nel futuro della società, nella certezza che l’insegnamento e l’apprendimento   hanno registrato un abbassamento della qualità , a causa di un sistema rigidamente centralizzato e di interventi amministrativi frammentari.  Questa riforma  è  un sistema di ri- orientamento che avviene in assenza di modelli condivisi, e di un contesto ideologico “forte”.

Le finalità di questo nuovo processo sono : l’elevamento della qualitá dell’ insegnamento e dell’apprendimento , tenendo conto di standard internazionalmente condivisi , di un’educazione alla cultura, secondo cultura , nel rispetto delle diverse forme di razionalitá con la valorizzazione della dimensione morale e religiosa  ( definite cosí,  con termine singolare,  e considerate quindi un “unicum” ).

In questo nuovo sistema sono  centrali  il soggetto che apprende e il suo diritto al successo formativo ( l’art. 1 della Legge n.30  dichiara che “la Repubblica assicura a tutti pari opportunità di raggiungere elevati livelli culturali” …) , libertà di ricerca e di insegnamento.

Soggetti della scuola sono in primo luogo gli studenti, i docenti e i genitori ; questi due ultimi soggetti potranno essere coinvolti anche nella definizione di importanti standard relativi ad antichi e nuovi strumenti didattici.

I  nuovi contenuti e le nuove metodologie.

 

Se nella  scuola “nuova” sono centrali i soggetti che apprendono , occorre  rinnovare contenuti e metodologie.  Quindi, insegnanti e allieve / i collaboreranno alla costruzione delle conoscenze, che si creeranno  nei contesti interni ed esterni alla scuola, anche se quest’ultima resta luogo protetto e finalizzato all’acquisizione e alla condivisione di esperienze.

Occorrerà quindi scegliere e articolare i contenuti indispensabili e quelli di approfondimento, per “superare una visione cumulativa ed astratta del sapere e per dare alla proposta di alleggerimento dei contenuti il significato di autentico rafforzamento  dell’efficacia formativa dell’apprendimento scolastico”

La metodologia dovrà mediare tra contenuti disciplinari e situazioni di apprendimento, per uscire da un insegnamento centrato sulle discipline ed  orientarsi verso un insegnamento centrato sulle persone che apprendono .

Fondamentale diventa perciò l’orientamento , che dovrà avere carattere interno al curriculo, e perciò riconoscerà all’insegnante il ruolo primario, ma sarà gestito anche un’èquipe di competenti.

 Obiettivi relativi agli indicatori linguistici e matematici.

Gli obiettivi , a lungo termine,  relativi alla matematica, sono  una decina e partono da “avere il senso del numero e del simbolo” per finire a “risolvere problemi”.

I suggerimenti contemplano : “di non proporsi completezza di informazioni di carattere enciclopedico  e di adottare un approccio operativo , dove sia centrale il momento dell’esperienza sensata”.

Sull’educazione linguistica , vengono ribadite alcune notissime ovvietá   ( occorre: sviluppare le competenze linguistico- comunicative del linguaggio verbale e degli altri linguaggi ;  tener conto della varietà dei tipi di testo, dei registri linguistici, dei linguaggi settoriali) e si suggerisce qualche  attenzione : per la funzione svolta nel tempo dalle lingue classiche e per il rapporto tra educazione linguistica ed educazione letteraria , affinchè  queste non si separino o che non  vi sia  prevaricazione reciproca.

Obiettivi relativi alle lingue straniere e all’introduzione delle tecnologie informatiche.

 

Le lingue e le tecnologie informatiche  sono considerate  “validi strumenti per migliorare l’apprendimento di altre discipline e per sviluppare quel particolare tipo di  capacità  di saper  scegliere, progettare, controllare , rappresentare, comunicare”.

Anzi, questi ambiti sono in sé  fonte di sviluppo del pensiero , ma perché questo processo avvenga  è necessario un cambio di mentalità attraverso il quale ci si  convinca che “leggere un testo in lingua originale è un modo per confrontarsi col mondo e che le ricerca tramite una visita virtuale di un museo può alternarsi ed essere piú frequente di quella reale” .

“È unanime quindi la convinzione che questi insegnamenti ( delle lingue straniere e dell’informatica) vengano anticipati al massimo, prendendo in considerazione anche la scuola dell’infanzia.”

Ed è anche assolutamente prioritario  concentrarsi sulla formazione dei docenti in questo campo ; per questo si ipotizza  la possibilità di mettere a disposizione dei docenti numerosi materiali didattici strutturati .

La  professionalità docente.

Gli insegnanti vengono considerati “risorsa strategica” per la qualità del sistema scolastico rinnovato, tanto che si ritiene  necessario ridefinire la funzione docente rispetto al Testo Unico ( parte III, art.395) perché  essa risulterebbe troppo limitativa ( !!) : “la funzione docente è intesa come esplicazione essenziale dell’attività di trasmissione della cultura, di contributo alla elaborazione di essa e di impulso alla partecipazione dei giovani a tale processo e alla formazione umana e critica della loro personalità”.

 Questa nuova definizione dovrebbe  considerare  piú rilevanti responsabilità professionali, culturali ed etiche e , anche,  identificare stadi progressivi di carriera.

I quali faranno riferimento a :

-         sviluppo delle competenze nella esplicazione dell’attività docente;

-         sviluppo delle competenze nell’organizzazione della vita scolastica;

-         acquisizione e certificazione di nuove competenze.

Sul primo aspetto , è emersa l’ipotesi di due gradi di docenza :

·        il primo, acquisito sulla base della formazione iniziale;

·        il secondo (  da ricercatore)  acquisibile a seguito delle esperienze fatte e dell’attività di ricerca svolta in servizio. Al secondo grado della docenza ( legato sia agli anni di servizio che alla qualità della ricerca ) potrebbero essere attribuiti compiti di coordinamento.

Sul secondo aspetto, si sottolinea l’importanza di non irrigidire le funzioni organizzative  in tipologie fisse e  la necessità di un affido temporaneo.

Il terzo aspetto  fa riferimento all’acquisizione di nuove competenze, a seguito di decisioni di studio autonomamente assunte dal singolo, le quali tuttavia possono essere valorizzate solo se utilizzate in progetti o attività promosse a livello scolastico.

Il problema della valutazione dei titoli di credito, non oggettivamente riconosciuti, ( titoli accademici ecc…) è stato così risolto:

a)      la qualità nello svolgimento di un compito viene valutata dall’organo che ha affidato il compito ( collegio dei docenti, preside);

b)      la qualità della prestazione didattica, dal comitato per la valutazione del servizio di cui fa parte anche il preside . Si è anche suggerito l’inserimento , nel comitato, e di docenti di altra scuola e di esperti.

Questi processi, ritiene la commissione, vanno promossi e va affrontato anche il problema della “necessità di ascolto nei processi valutativi delle competenze didattiche, della voce degli studenti e delle famiglie”.

Sulla formazione iniziale, punto dolente e oggetto di  considerevoli interessi accademici e politici, la commissione ha elencato le diverse possibiltà : laurea ( 3 anni ) + biennio di laurea specialistica,

laurea + biennio di specializzazione.

Le diverse posizioni, rappresentate dai due fronti ( docenti universitari e direttori di scuole di specializzazione ) hanno suggerito una curiale scelta descrittiva delle varie possibilità, al posto dell’indicazione di  una linea di indirizzo.

 

Rapporto tra indirizzi nazionali e realtà locali nel “piano dell’offerta formativa”. 

 Fatto salvo il principio che il sistema scolastico italiano ha carattere unitario e propria fisionomia culturale, tecnica, operativa, sociale, occorre considerare che le scuole non devono porsi come “soggetti monadici che realizzano le proprie iniziative indipendentemente da ogni rapporto con gli Enti locali e gli altri soggetti del territorio, rivolgendosi ad essi unicamente come supporti per decisioni assunte in proprio e senza alcuna concertazione “

“Da qui quindi nasce del resto la previsione di una ripartizione all ‘interno del curriculo unitario, tra tempo destinato alle competenze disciplinari razionalmente stabilite e tempo destinato alle articolazioni locali , che integrino contenuti e applicazioni, favorendo gli aspetti interdisciplinari, metadisciplinari, nonché la costruzione di attività e rapporti con il territorio”.

Dunque “il quadro complessivo delle riforme propone uno spostamento di accento dall’offerta di formazione alla domanda di formazione… con adattamenti  alle singole realtà che permettano di orientare l’azione educativa in modo da rispondere alle modificazioni che provengono dalla società e dal mondo della produzione…”

“Circa la gestione autonoma della quota autonoma riservata alle scuole , è opportuno nel ciclo secondario renderla coerente con l’ipotesi generale di riduzione del numero di indirizzi .” e, magari,  utilizzare la  “forma progettuale per sviluppare i temi , relativi alla quota locale ( ambiente, legalità, informazione ecc…)”.

In questo quadro cosí innovativo , si rende necessario “superare le rigidità imposte dalle attuali classi di concorso , sviluppando aree di professionalità piú larga, nella direzione di un ripensamento complessivo dell’organizzazione del lavoro del docente”.

Criteri generali per la riorganizzazione dei curriculi.

1)      i curriculi  dovranno essere : essenziali, flessibili, modulari, rivedibili, significativi. Problematicità e storicizzazione dei contenuti saranno gli elementi basilari funzionali alla costruzione di menti critiche;

2)      la formazione professionale deve intendersi come formazione culturalmente elevata, sia dal punto di vista della formazione di un cittadino responsabile che dal punto di vista teorico;

3)      la riduzione degli indirizzi deve tenere conto sia delle proposte di riforma dell’Università, sia dei mutamenti che si verificano nelle professioni e nei mestieri;

4)      per introdurre un po’di salutare  competizione nel  sistema scolastico italiano, è auspicabile che la quota locale sia cospicua;

5)      è necessario rivedere il monte ore annuale  delle scuole, alla luce della comparazione con gli altri Paesi europei.

Scuola di base.

“Gli obiettivi generali del processo formativo devono coincidere con il quadro delle finalità generali della legge 30/ 2000 , le quali  derivano dal dettato costituzionale.

Gli obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze degli alunni dovrebbero essere indicati dal Ministro, mentre non è chiaro ancora il concetto di competenza né a chi spetti indicarla.

I curriculi devono avere i criteri  indicati al punto 1), e devono anche presentare:

-         continuità “virtuosa” con il passato ( collegamento con la migliore tradizione delle due scuole elementare e media );

-         linearità d’impianto, ovvero coerenza tra obiettivi generali, obiettivi specifici, e le discipline/ attività del curriculo;

-         concretezza realizzativa, ovvero fattibilità;

-         generatività del curriculo.”

Il rapporto ambiti/ discipline appare piuttosto complicato.

Non viene giudicata positivamente la distinzione tra “ambiti” nella parte iniziale del settennio e “discipline” nella parte terminale , poiché tale rigidità rischierebbe di rompere l’unitarietà prescritta.

“ Il passaggio ambiti / discipline non coincide con il problema delle articolazioni interne del ciclo di base, che si rifanno anche ai “saperi procedurali”e ai “saperi dichiarativi”: i primi sono il baricentro dei primi anni del settennio, mentre nella seconda parte del ciclo di base vi  sarà la preoccupazione di sistemare gli oggetti di conoscenza per scaffali disciplinari. Per veicolare un’idea gnoseologica ( formativa) della disciplina si propone che questa sistemazione avvenga in un tempo disteso di almeno quattro anni”.

Le aree disciplinari sono  comunemente divise in quattro ambiti:

-dimensione linguistica;

-dimensione scientifica;

-dimensione espressiva;

-dimensione storico-sociale.

Ma , questa “mappa” appare carente: occorre “introdurre spazi “ per :

a)      sviluppare il pensiero tecnologico, da coltivare in tutti i livelli di scuola, dall’infanzia all’Università;

b)      la “comunicazione multimediale” ( che potrebbe costituire un’attività trasversale a tutte le discipline )

c)       la musica,  e per l’educazione motoria e per tutte le forme di conoscenza nuove di tipo sintetico, simultaneo.

Inoltre “i criteri per la costruzione del curriculo dovranno considerare che i saperi non servono per produrre scienza, ma per produrre formazione, poiché la discipline scolastiche non sono le discipline scientifiche “(! ).

Le ipotesi di articolazione del settennio di base , viste “come cerniere e non come punto di divisione”  sono diverse:

2+2+2+1;

3+4;

2+5;

1+5+1.

Tutte  variamente argomentate, ma nessuna delle quali ritenuta valida in assoluto.

Invece, “la composizione del gruppo docente, in rapporto all’esigenza di ricollocare insegnanti provenienti dall’ex scuola elementare e dall’ex scuola media, non deve essere vissuta come un problema , ma come una opportunità, per ripensare il senso e la portata della professione docente in modo che le due tradizioni didattiche, la tensione al sapere disciplinare dell’ex media e l’istanza ecologica ( sic) dell’apprendimento trasversale dell’ex elementare, possano comporsi virtuosamente in una << docenza plurima>>”.

Infine, “si ritiene che si debba evitare il perverso meccanismo delle “cattedre” (rigido e portatore di dispersione di risorse) e favorire, piuttosto, forme di progettualità dove tutti i soggetti possano esprimere le proprie competenze con pari dignità”.

 

Scuola secondaria.

Due sono i punti essenziali: il “profilo d’uscita” dei diversi corsi secondari e il raccordo tra scuola di base e scuola secondaria , ovvero il curriculum dei primi due anni della scuola secondaria.

Rispetto al primo punto, “è apparsa largamente condivisa l’idea che debba essere disegnato con chiarezza il profilo”. Rispetto al secondo punto , vi sono state  due  divergenti posizioni : chi riteneva “ inopportuna la precoce canalizzazione  e  chi considerava importante  la determinazione dell’indirizzo ( specifico ) del curriculum fin dal primo o dal secondo anno. La seconda posizione è apparsa piú largamente condivisa.”

Viene considerata positivamente la scelta del termine unico di “licei”, “che annulla la storica dicotomia  tra  corsi finalizzati al proseguimento degli studi universitari e corsi finalizzati all’inserimento del mondo del lavoro “

Questa “pari dignità dovrà trovare riscontro nella sostanziale unitarietà degli indirizzi e nella possibilità di passaggio dall’uno all’altro”, mentre “la ( auspicata )  più marcata terminalità degli indirizzi dell’area tecnologica non viene considerata vincolante “.

I curriculi  di questo segmento di scuola dovranno avere le caratteristiche già enunciate . Le discipline da inserirvi dovranno essere in parti comuni a tutti ( core curriculum ), ma sarà necessario:

-         “ridurre il numero delle discipline;

-         introdurre la dimensione critica e problematica in tutte le discipline di studio;

-         individuare i nuclei fondanti di ogni disciplina ( si registrano perplessità sulla espressione “nucleo fondante);

-          stabilire una relazione forte tra ció che si studia a scuola e ciò che esiste nella realtà e nella società.”

Non si è entrati nel merito di specifiche scelte disciplinari , ma si è espressa “la convinzione comune che i curriculi della scuola superiore andranno opportunamente sostenuti da un’attenta riflessione preventiva sulla mappa dei saperi contemporanei, sullo statuto epistemologico e formativo delle discipline, sull’importanza della dimensione operativa delle attività progettuali e di laboratorio”.

                                                                 Renza Bertuzzi.