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La Riforma del
Titolo V della Costituzione e l’ Istruzione.
La Riforma del titolo V della Costituzione era stata approvata dalla precedente Legislatura, quasi alla scadenza del mandato parlamentare e a strettissima maggioranza. Per questa circostanza è stata sottoposta a referendum : per la prima volta , il 7 Ottobre 2001 , si è svolto un referendum confermativo di una legge costituzionale. I votanti non sono stati numerosi [ votanti il 34% ; sì, il 64, 2 % ; no , il 35, 8%.], ma poiché nei referendum costituzionali non è previsto alcun quorum , la legge costituzionale, 17 Ottobre 2001, n. 3, è diventata efficace a tutti gli effetti .
Questa legge introduce
importanti cambiamenti in direzione di un marcato decentramento. Rispetto alla
scuola e all’ istruzione , che rappresentano l’ ambito di cui ci occupiamo ora,
può essere considerata, in un certo senso, l’ ultimo tassello del quadro
riformistico approvato dalla passata legislatura che è composto da:
Si può quindi affermare che le modifiche che introduce – importanti e di portata non trascurabile- fossero già contenute in fieri nelle precedenti norme e che, in sostanza, ciò che oggi può apparire come una preoccupante svolta, non è altro che la conclusione di un processo già avviato e già intuibile.
Una prima lettura di questa riforma, che- ribadiamo- si limita all’ ambito dell’ istruzione, può identificare queste modifiche in relazione a diversi piani.
In questo nuovo testo, la Repubblica non si riparte più in Regioni, Province e Comuni ( come recitava l’ art. 114 della Costituzione ) , ma “ è costituita dai Comuni, dalla Province, dalle città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato”. In sostanza , “vi è il riconoscimento della soggettività originaria delle Regioni e degli enti locali che non costituiscono semplici ripartizioni amministrative del territorio, ma col loro territorio, con la loro popolazione e le loro tradizioni vanno a costituire lo Stato, unico soggetto unitario” 1).
Il nuovo art. 117 modifica la precedente logica in base alla quale le competenze legislative generali spettavano allo Stato, mentre quelle regionali erano tassativamente elencate. Individua, infatti, le competenze legislative esclusive dello Stato, prevedendo che “ spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato”. 2) Queste nuove regole prevedono che nelle materie di legislazione esclusiva lo Stato ha anche potestà regolamentare ; che nelle materie di legislazione concorrente le Regioni devono legiferare nel rispetto dei principi fondamentali, la cui determinazione è riservata allo Stato ; che nelle altre materie, sulle quali acquistano competenza legislativa esclusiva, le Regioni nel legiferare ( e adottare regolamenti) incontrano solo il limite della Costituzione.
B) Piano delle nuove prerogative
Tra le competenze legislative esclusive dello Stato vi sono le “ norme generali sull’ istruzione”, espressione identica a quella contenuta nel Titolo II, all’ art. 33 non modificato.
Quali sono i contenuti che vengono sottratti alla legislazione concorrente delle Regioni , rimanendo “ norma generale” ?
Sicuramente
l’ autonomia delle istituzioni scolastiche
( art. 117 del Testo Costituzionale riformato ), 3) e la “ determinazione
dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali
che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale” e “poiché il
diritto all’ istruzione è riconosciuto come diritto sociale di tutti i cittadini
non c’ è dubbio che spetta alla legislazione esclusiva dello Stato la
determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni rese dal servizio dell’
istruzione. Quindi : diritto d’ accesso all’ istruzione, di libertà d’
insegnamento, di individuazione dei requisiti e delle modalità per il
reclutamento del personale insegnante; di definizione degli ordinamenti
scolastici essenziali; di diritti
delle famiglie e di collegialità della gestione, di diritti e doveri degli
alunni; di valutazione del sistema di istruzione” 4)
b2) delle Regioni.
Alla competenza esclusiva delle
Regioni spetteranno tutte le materie delegate dall’ art. 138 del d.lgs 112/’
98 ( es. Programmazione dell’
offerta formativa integrata tra istruzione formazione, programmazione della rete
scolastica; suddivisione del territorio regionale in ambiti funzionali al
miglioramento dell’ offerta formativa [ in sostanza la dislocazione degli
indirizzi di studio ] ecc…) e , novità importante, l’ istruzione e la
formazione professionale.
E’ argomento di legislazione concorrente, l’ istruzione, salva l’ autonomia delle istituzioni scolastiche. 4) bis
C)
Piano delle
conseguenze
Che cosa può significare questo passaggio dell’ istruzione professionale alle Regioni ?
Diciamo subito che il processo non sarà rapido né univoco, per diversi motivi. Prima di tutto, perché non è stato ancora identificata la tipologia completa degli istituti professionali ( gli attuali istituti tecnici e professionali statali transiteranno nell’area tecnica e tecnologica o alcuni verranno ricondotti all’ istruzione e formazione professionale regionale ? ); poi, perché molte Regioni non sono impazienti di accollarsi il problema della gestione diretta delle scuole.
In ogni caso vi possono essere diverse soluzioni : il mantenimento degli attuali istituti professionali come istituti tecnici statali e tecnologici; o il trasferimento di una parte alle Regioni; “o si può prevedere che le Regioni possano istituire vere e proprie scuole di istruzione professionale, realizzando il secondo canale formativo che costituisce una delle grandi lacune del sistema formativo italiano”.5). Questa ultima soluzione non è in contrasto con l’ art. 33 della Costituzione , che non ha subito modifiche, e che prevede che la Repubblica istituisca scuole “ statali” per tutti gli ordini e gradi. Infatti le autonomie locali fanno ora parte a tutti gli effetti della Repubblica.
Mentre è escluso che le Regioni e gli Enti locali abbiano competenza diretta in materia di ordinamenti scolastici, che possano imporre lo studio di alcune materie piuttosto che altre 6);
è invece sicuro che le Regioni possano determinare la qualità e quantità dell’ offerta formativa e possano influenzare le scelte didattiche usando come leva la distribuzione delle risorse o altri sistemi di induzione.
Problemi aperti
Molti sono i problemi ancora aperti e per i quali vi è una domanda “ sociale” di risposta immediata e certa. Occorre ricordare che il nuovo quadro delineato dalla Riforma del Titolo V della Costituzione presenta, anche per gli stessi costituzionalisti, molte complessità interpretative e attuative.
E necessario quindi attendere, evitando semplificazioni e massimalismi che certamente non aiutano a comprendere un momento di delicata trasformazione istituzionale.
In ogni caso, il problema più urgente riguarda sicuramente la gestione del personale docente degli istituti professionali che passeranno alle Regioni.
Possiamo affermare che vi sono due possibilità di lettura dell’ art. 118 .
Per la prima , la gestione del personale, appartenendo alla sfera amministrativa, dovrebbe passare alle Regioni ( “ Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurare l’ esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza”).
Infatti, “ l’ amministrazione, e cioè la quotidiana applicazione delle leggi, deve essere la più vicina possibile agli interessati, perché in tal modo diventa possibile ( ) un controllo popolare sui poteri pubblici e (quindi un aumento delle democrazia )” 7).
Per la seconda, invece , il personale dovrebbe essere mantenuto allo Stato, che solo può garantire uniformità di reclutamento, di trattamento economico, di mobilità su tutto il territorio nazionale.
Difficile dire quale interpretazione prevarrà, in ogni caso, anche in questo settore, non sembrano esservi urgenze di intervento da parte delle Regioni.
Un secondo problema riguarda sicuramente l’ ultimo comma dell’ art. 4 del nuovo testo costituzionale.
“ Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’ autonoma inziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”.
Come intendere quella dizione “ attività di interesse generale” affidate ai cittadini ?
E’ certo che non si riferisca all’ istituzione di scuole pubbliche ( art. 32 e 33 della Costituzione, che riconferma allo Stato questo obbligo), ma potrebbe riferirsi ad altre funzioni, comunque connesse con attività e/o servizi che le scuole oggi forniscono.
Infatti “ il testo costituzionale usa spesso parole dal significato vago e allusivo…, in sostanza, le definizioni possibili della medesima espressione sono quasi sempre più di una e tra queste bisogna scegliere” 7).
Dunque, ogni eventuale, temuta, privatizzazione dei servizi scolastici sembra trovare qui una indubbia legittimazione, definita in tempi non sospetti e confermata e avallata dal voto popolare.
Renza Bertuzzi
Note
1), 4), 5), L. Barberio
Corsetti , La Riforma del Titolo V della Costituzione, in Nuova
secondaria,, n. 4 2001
2) “La potestà legislativa
viene distinta in : esclusiva e concorrente, a seconda che la competenza a
legiferare spetti solo alle Regioni, ovvero sia ripartita tra lo Stato che fissa
i principi ( c.d. leggi –cornice) e la Regione cui spetta svolgere i suddetti
principi.” Ignazio Scotto, Diritto costituzionale, Giuffrè editore, pag.
149.
3). 6) Sulla base di queste interpretazioni, alcuni costituzionalisti ritengono che la legge delega sui nuovi ordinamenti, che sottrae alle scuole la gestione locale del curricolo per assegnarla alle Regioni, potrebbe configurarsi come anticostituzionale.
L’ assessore alla Scuola. Formazione
professionale. Università. Lavoro. Pari opportunità dell’ Emilia Romagna, Maria
Angela Bastico ha pubblicamente dichiarato la volontà della Regione di ri- attribuire alle scuole, con una
legge apposita, la gestione della quota locale del curricolo, qualora venisse
approvata in questi termini la legge delega.
4) bis La Regione Emilia
Romagna ha presentato ricorso alla Corte costituzionale rispetto alle iniziative del Governo che non avrebbe
rispettato il principio della legislazione concorrente su alcune materie. Tra queste , il problema
degli organici, oggetto dell’ art. 21 della Finanziaria 2001.
7) G. Ugo Rescigno, Per la
riduzione del danno, in La
rivista del manifesto, dicembre 2001.