Se
l’ Italia è il paese della ingiustizia più grande
Meritocrazia, il testo di
Roger Abravanel, del quale
pubblichiamo una conversazione, è un libro molto importante. Scritto con
il piglio deciso del manager abituato a prendere le decisioni piuttosto che a
soffermarsi solo sulle analisi, nasconde anche lo scoramento di chi, vissuto
in luoghi in cui il merito aveva valore, vede il disastro italiano e decide
che non è più solo il tempo delle lamentele. Che occorre affrontare il problema
allo scoperto e verificare se davvero questo nostro Paese ha ancora una spina
dorsale di civiltà e nel contempo “ proporre un approccio e soluzioni
concrete per poter rafforzare la cultura del merito nella nostra società”.
L’ equazione da cui l’
autore parte e che ricorre costantemente nel testo è meritocrazia= equità.
Laddove non vi sia la prima, viene decisamente respinta la seconda perché la
meritocrazia è la base per mantenere forti e salde le società.
Meritocrazia infatti è un sistema di valori che valorizza l’eccellenza
indipendentemente dalla provenienza, dove “provenienza” indica
un’etnia, un partito politico, l’essere uomo o donna; ma in Italia “provenienza”
significa soprattutto la famiglia di origine.
Attraverso un percorso
sistematico, l’ autore descrive l ‘ evoluzione e lo stato della meritocrazia,
vera e propria rivoluzione sociale inventata da Michael Young, laburista
inglese e poi sociologo autodidatta “che nel 1954 creò il termine
“meritocrazia”, inventando l’“equazione del merito”: I+E=M,
dove “I” è l’intelligenza (cognitiva ed emotiva, non solo l’IQ)
ed “E” significa “effort”,
ovvero gli sforzi dei migliori. La “I” porta a selezionare i migliori molto
presto, azzerando i privilegi della nascita e valorizzandoli attraverso il
sistema educativo: è l’essenza delle “pari opportunità”. La “E” è sinonimo del
libero mercato e della concorrenza che, sino a prova contraria, sono il metodo
più efficace per creare gli incentivi economici per i migliori”.
Dopo aver analizzato le
fabbriche dell’ eccellenza che si trovano negli Stati Uniti, in Israele e a
Singapore, dove il settore pubblico è il migliore del mondo, Abravanel passa a
descrivere lo stato dell’ Italia.
Inutile dire che la
descrizione della situazione italiana è quanto meno sconfortante, ma decisamente
illuminante. Scopriamo così, in maniera precisa, che il nostro Paese è “ la
società più disuguale e ingiusta del mondo occidentale”. Ce lo dimostrano
ricerche accurate che, partendo dallo stato delle politiche redistributive
italiane ( che non tutelano i veri poveri), arrivano a dimostrare che in Italia
il rapporto tra ineguaglianza e mobilità è il più sfavorevole. Infatti, mentre
negli USA c’ è molta differenza sociale, ma molta mobilità e nei Paesi
scandinavi ( i più equi in assoluto) c’ è poca differenza sociale e molta
mobilità, il nostro Paese mostra grandi differenze sociali e
pochissima mobilità. Un paese in cui si avanza non per merito, ma per spinte
familiari ( il tristemente famoso familismo amorale italico), quindi un
Paese dove “ la perpetua immobilità genera assenza di fiducia”, da cui
si dipana un perverso circuito di negatività.
Il testo non si limita solo alle denunce, ma fa
anche quattro proposte concrete per rilanciare il merito nella nostra società ed
economia, orientate a rafforzare i due valori di base: pari opportunità e
concorrenza/libero mercato : 1) creare un sistema di testing nazionale
standard per misurare la qualità della nostra scuola e il merito di
insegnanti che sono l’unica vera leva per aumentare il merito degli studenti;
2) creare una giovane ed eccellente classe dirigente nella Pubblica
Amministrazione; 3)Introdurre una Authority per i servizi locali; 4)
Introdurre una normativa o codici di comportamento per i Consigli di
Amministrazione delle società.
Meritocrazia
è un
testo che va sicuramente letto, soprattutto nell’ analisi impietosa del nostro
Paese ( i cui abitanti, pur nel disastro in cui si trovano, si consolano
ritenendo, in misura maggiore degli altri cittadini europei, la propria
cultura superiore a quella degli altri Paesi). Rispetto alle soluzioni
prospettate, aspettiamo altre conferme. Certo, in tutto il libro si coglie la
totale adesione dell’ autore rispetto ai valori meritocratici degli Stati
Uniti. Resta il dubbio come (se la meritocrazia ha un forte contenuto morale)
sia potuto succedere il recente disastro americano nel sistema bancario,
imperniato proprio sulla meritocrazia.
Diciamo
che l’ equazione meritocrazia/ morale forse non è così automatica e quanto meno
avrebbe bisogno di correttivi. Che sia, anche qui, il nuovo presidente degli
USA a doverli apportare?
Renza Bertuzzi
(29
gennaio 2009)
|