ISFOL: Valenza orientativa del biennio conclusivo dell’obbligo scolastico

(sintesi delle proposte e delle riflessioni presentate al Seminario dell’ISFOL – Roma 14-03-2001)

 

 

 

1.      Contesto di riferimento culturale e di sfondo

 

Si precisa che il documento si concentra sul biennio conclusivo dell’obbligo, che le “sollecitazioni” sul sistema scolastico sono dovute ai mutamenti sociali e alle nuove forme di organizzazione del lavoro, che per dare una risposta a tutto ciò sono state fatte in Italia “scelte strategiche quali l’integrazione fra i sistemi, la flessibilizzazione dell’offerta formativa, la personalizzazione dei percorsi, il lavoro di rete sul territorio e l’incremento della qualità formativa e pedagogica”.

“In particolare negli ultimi due anni dell’obbligo vengono facilitate le sinergie con la formazione professionale all’interno del nuovo sistema di istruzione e formazione”.

In questo contesto bisognerà rispondere ai bisogni dei ragazzi:

-         “che non intendono continuare il percorso successivo all’obbligo scolastico nelle sedi scolastiche tradizionali;

-          che hanno bisogno di attività di guida e di consulenza per affrontare in modo corretto il momento della scelta del tipo di istruzione-formazione da conseguire negli anni successivi;

-          che vogliono inserirsi nel mercato del lavoro ma hanno la necessità di conoscere il panorama delle possibilità e delle opportunità presenti nel territorio in cui vivono”.

 

Per soddisfare questi bisogni è necessario “un contesto caratterizzato da integrazione tra i sub-sistemi, sinergie di rete e pari dignità tra i soggetti del nuovo sistema di istruzione e formazione”.

 

Un sistema integrato

 

Viene precisato che “nel biennio terminale dell’obbligo la responsabilità del progetto educativo poggia interamente sulla scuola, che, di volta in volta, fruendo di collaborazioni esterne, dà luogo a percorsi integrati”.

Finora le diverse agenzie formative non hanno operato come sistema, mentre si rende necessaria la formazione di un “sistema integrato”, “un modello in cui educazione formale (e informale) ed esperienza di lavoro si combinino in progetti personalizzati di percorsi scolastici, formativi e professionali, in una successione integrata che ha per obbiettivo l’innalzamento della qualità complessiva dell’offerta formativa”. A questo scopo va sostenuto il sistema dei crediti, il cui riconoscimento dà la possibilità di navigare all’interno del sistema.

 

Pari dignità

 

Perché si possa avviare un vero sistema integrato è necessario riconoscere pari dignità alla formazione professionale. E’ necessario a questo scopo mettere in rete “non la totalità indistinta dei percorsi di formazione ma quelle esperienze di eccellenza con le quali la scuola possa dialogare alla pari”. Nel sistema deve rientrare “l’offerta formativa dell’associazionismo educativo e culturale che opera nell’extra-scuola...”.

 

La rete dei soggetti

 

Il miglioramento della qualità complessiva dei curriculi del biennio si otterrà operando nell’ottica prevista dall’ ”Accordo per il lavoro” del ’96. E’ necessaria la collaborazione fra soggetti della formazione e attori sociali.

In particolare si dovrebbe tendere a:

-         “consolidare e migliorare complessivamente la formazione di base oltre ad affinare alcune abilità specifiche” utili sia per l’adempimento dell’obbligo formativo che per la scelta del lavoro. Per affrontare il problema della perdita di motivazione dei giovani, bisogna introdurre figure di “formatori che svolgano funzioni di interfaccia e di mediazione tra diversi subsistemi e servizi che accompagnano i soggetti nelle loro scelte”;

-          avere un aggiornato sistema informativo che operi “come intersezione tra il sistema delle professionalità richieste dalle imprese e l’insieme dell’offerta formativa locale”. Ciò comporta un sistema formativo che goda di una certa autonomia ed operi su progetto e su misura;

-          avvicinare il mondo del lavoro e favorire lo sviluppo di capacità tecniche e trasversali (relazionali, emozionali, etc.) che rendano i giovani maggiormente disponibili all’innovazione ed alla flessibilità; sarebbe opportuno anche avviare moduli di orientamento prima del biennio terminale.

 

Tutti i soggetti devono essere coinvolti nel monitoraggio e nella valutazione degli esiti di questa riforma.

 

Cultura del lavoro e partecipazione

 

Ha da essere favorita una cultura del lavoro, cioè deve essere enfatizzata la dimensione operativa, che non può essere considerata aggiuntiva e cioè come separata dal conoscere. “La dimensione della cultura professionale va considerata come parte costitutiva del conoscere”. In questo senso si sono pronunciati anche i Saggi.

 

Un’esplicitazione delle finalità del biennio: principi e idee guida.

 

Segmento difficile, poiché terminale ed iniziale allo stesso tempo, esso “prende forma nell’attenzione alle fasce deboli, nel riferimento alla centralità della persona che apprende, nella ricchezza di opportunità di formazione e di vita”.

Questo biennio, che prevede un potenziamento dell’orientamento e della formazione sarà utile in particolare a chi ora esce dal sistema scolastico senza una sufficiente qualificazione (tra il 15% e il 25% di ogni leva).

Per mantenere il principio della reversibilità delle scelte, evitando l’effetto zapping “ si potrebbe immaginare un primo anno centrato su accoglienza ed analisi delle competenze e un secondo che comprenda moduli pre-professionalizzanti in comune con la formazione professionale”.

Pasticci possibili: se in un’area territoriale abbiamo solo l’indirizzo classico-umanistico – che normalmente dovrebbe essere scelto da chi intende continuare gli studi – è evidente che esso sarà frequentato anche da coloro che non intendono proseguire gli studi. Diventa difficile l’organizzazione della didattica. Di fronte a queste difficoltà alcune scuole hanno formato classi diverse (una per chi prosegue ed una per chi si ferma), altre hanno potenziato le attività di orientamento, puntando sulla rimotivazione allo studio.

Questa riforma influirà positivamente sulla dispersione, perché chi non continuerà dopo i due anni nel percorso d’istruzione non risulterà “disperso”.

 

Orientamento alla centralità della persona

 

Viene messo in rilievo il fatto che l’istruzione non è più un “bene strumentale d’investimento” che assicura un lavoro adeguato, ma uno strumento per “l’autorealizzazione”. La funzione del docente è quella di catalizzatore della realizzazione del singolo soggetto; in tale direzione il docente deve, fra le altre cose, “guidare e sostenere in maniera attiva la partecipazione consapevole dei giovani, stimolando la motivazione ad apprendere ed il gusto della ricerca. Pertanto, le caratteristiche di fondo delineate da questo approccio sostanziano lo sviluppo di criteri e metodologie per accrescere la qualità dell’offerta formativa, per personalizzare i percorsi e per sperimentare metodologie, risorse e strumenti didattici centrati sull’iniziativa del soggetto e del gruppo”.

 

Finalità generali e finalità specifiche

 

“Le finalità generali del biennio dovrebbero orientare la scuola a dare a ciascun allievo e a ciascuna allieva opportunità diversificate e di medesimo valore per una navigazione consapevole nel sistema dell’istruzione e della formazione, favorendo l’elaborazione del proprio progetto di formazione e di vita, in vista dell’inserimento attivo nel sociale e nel mondo produttivo”.

La formazione professionale è chiamata a condividere la responsabilità nel perseguire queste finalità generali.

Le finalità specifiche alle quali la formazione professionale può dare contributi sono le seguenti:

-         “sviluppare negli utenti capacità di valutazione in ordine ad alcuni grandi temi della società contemporanea che riguardano il lavoro, le scoperte scientifiche, la mobilità sociale, la globalizzazione, la tutela dell’ambiente ecc. ...”;

-          “rafforzare alcune competenze di base che possono riguardare la padronanza dei linguaggi... oggi utilizzati per comunicare..”;

-         “sviluppare e rafforzare capacità di scelta e decisione da mettere in atto durante e dopo l’esperienza scolastica...”.

 

Finalità del biennio, finalità orientative

 

L’orientamento può essere inteso come “insieme di attività che aiutano gli allievi ad acquisire conoscenze, capacità, competenze e atteggiamenti che preparino a gestire il momento cruciale della transizione (tra scuola, formazione, lavoro e società) e contribuiscono al successo delle scelte compiute”.

L’obiettivo formativo dell’orientamento è quello di mettere l’allievo “in condizione di sapere, nel corso dell’esperienza scolastica e tanto più alla sua conclusione, dove si è collocati, quali sono i percorsi successivi possibili, verso quali di questi si ha interesse e disponibilità e che cosa fare per dare un seguito concreto alle decisioni”.

Alla logica dell’abbandono deve seguire la logica della scelta: a questo scopo deve essere promossa la capacità di scelta e devono essere create opportunità di percorso.

“Orientamento è anche promozione...di una competenza selettiva – che i soggetti acquisiscono nel processo di insegnamento-apprendimento, anche attraverso le discipline che in ciò confermano la loro valenza orientativa (Saggi, gruppo di lavoro n° 2).

 

Collegamento con la formazione permanente

 

Poiché la società attuale richiede una formazione a vita, nel biennio bisogna puntare sull’imparare ad imparare e sulle life skills preprofessionalizanti. Bisogna lavorare ad un sistema di acquisizioni “capitalizzabili”

 

Lo sviluppo delle capacità di scelta e di decisione

 

Con il riordino gli allievi devono scegliere quasi tre anni prima della conclusione dell’obbligo. Nel biennio è dunque indispensabile che acquisiscano “elementi di consapevolezza di sé” atti a far sì che esercitino il loro “diritto alla scelta” in modo adeguato.

 

Tempi di orientamento e nuove figure professionali

 

L’azione orientativa viene prevalentemente collocata nella fase conclusiva dell’obbligo scolastico anche perché l’età, che coincide con la fase centrale della “crisi adolescenziale”, richiede un supporto.

I genitori, influenzati da aspettative sociali e da stereotipi non sono in grado di orientare; gli insegnanti sono  d’altro canto influenzati dalla loro cultura valutativa. Sono quindi necessarie nuove figure professionali competenti sia sul versante tecnico che relazionale, esterne alla scuola.

 

Pari opportunità e differenze di genere

 

Il lavoro del futuro caratterizzato da discontinuità ed incertezza, richiede che i giovani siano messi in condizione di “padroneggiare i flussi informativi e mediatici”. Inoltre il fatto che si assista, nel percorso post-obbligo ad una segregazione o auto-segregazione di genere dovuta a motivi culturali deve spingere ad un lavoro culturale che risolva questo problema nell’ottica delle pari opportunità.

 

Aiutare a “scegliere”, aiutare a “tragittare”

 

“La scelta e la decisione implicano la responsabilità del soggetto e il suo coinvolgimento attivo nei processi di apprendimento. Per questo orientare non può essere un semplice traghettare ma, semmai, un aiuto al tragitto che parte dal soggetto...”

Come si attuerebbe questo aiuto al tragitto?  Bisogna dare la possibilità di entrare  in contatto con una varietà di contesti ed un gran numero di stimoli e, dato questo sfondo, operare per “emozionare cognitivamente” (colloquio, counselling, approcci didattici per compiti reali, modularità, stages, visite guidate, progettualità, giochi di ruolo, simulazioni, briefing, accompagnamento,...).

 

Offerta formativa integrata e processi di orientamento

 

Nel biennio i percorsi di orientamento dovrebbero avere le seguenti caratteristiche:

-         essere destinati a tutti, ma articolati secondo le diverse tipologie degli utenti;

-         prevedere interazioni ed integrazioni tra scuola e mondi significativi esterni;

-         essere compresi nella quota curriculare affidata alla scuola, con possibilità di tempi aggiuntivi – fino a 80-100 ore annue – per interventi personalizzati;

-         prevedere l’apporto di docenti capaci di promuovere la partecipazione, ecc.;

-         prevedere una didattica modulare;

-         avere il supporto di risorse d’istituto sufficienti;

-         RICONOSCERE AD ENTI LOCALI E REGIONI DELLE TITOLARITA’ E DELLE RISORSE PER L’ESERCIZIO DELLE COMPETENZE IN MATERIA DI PROGRAMMAZIONE E DI INTEGRAZIONE DELL’OFFERTA FORMATIVA E, PIU’ IN GENERALE, PER ATTIVARE E METTERE A DISPOSIZIONE DELLA SCUOLA LE DIVERSE OPPORTUNITA’ PRESENTI NEL TERRITORIO;

-         SVILUPPARE OFFERTE INTEGRABILI DI FORMAZIONE PROFESSIONALE, IN FUNZIONE ORIENTATIVA, NELL’ULTIMO ANNO DEL BIENNIO.

 

Sono necessari modelli articolati e condivisi di convenzioni fra le istituzioni scolastiche e la formazione professionale; sono necessarie figure di responsabili in ogni “sede formativa”; è necessario l’aggiornamento dei docenti con consulenza di esperti, gruppi di discussione e scambio, autoformazione.

 

Dimensioni dell’orientamento

 

Nel progetto d’Istituto devono trovare collocazione le tre dimensioni dell’orientamento:

-         “la dimensione consulenziale, la cui articolazione è individuabile nel regolamento di attuazione dell’obbligo: accoglienza, analisi delle conoscenze/competenze, consolidamento delle scelte o riorientamento; in queste fasi si realizza, in particolare, un lavoro concentrico su interessi, propensioni e capacità personali;

-         la dimensione informativa, che prevede in primo luogo una presa di conoscenza del triennio successivo coerente, ma anche delle altre tipologie del triennio, della formazione professionale e dll’apprendistato. L’informazione riguarda anche le famiglie professionali e i rispettivi percorsi formativi di accesso;

-         la dimensione formativa, che presuppone un’azione pedagogica di sostegno alle scelte che i ragazzi compiono ma anche di trasmissione di competenze di cultura del lavoro, utili al mantenimento attivo di una professionalità.

 

Dimensione consulenziale

 

“L’insieme delle azioni orientative di supporto (psicologico, valutativo, ecc.) alle scelte di percorso dello studente può essere sintetizzato con il termine convenzionale di consulenza. Questa impegna le istituzioni scolastiche a promuovere, in particolare, iniziative di accoglienza, analisi delle conoscenze/competenze, consolidamento delle scelte o riorientamento, da realizzare con contributi esterni alla scuola o, a seconda dei casi,  ‘anche attraverso il ricorso a progetti e materiali strutturati, adottati o prodotti dai docenti’ (D.M. 323/99, art. 4.3). La Consulenza fornisce il supporto necessario a sviluppare nell’utente una maggiore consapevolezza di sé e del contesto scolastico di riferimento, in ordine ad una scelta di studi da confermare o cambiare”.

Momenti della ‘consulenza’: accoglienza (inserimento nella vita della scuola), analisi delle conoscenze/competenze (bilancio personale; questa analisi potrebbe essere attuata alla fine del primo anno), consolidamento delle scelte o riorientamento (D.M. 323/99, art. 4.1): è il momento finalizzato all’autovalutazione, all’autoregolazione e alla costruzione di un progetto di studio finalizzato all’individuazione delle risorse e delle piste di sviluppo personale. Questa fase che potrebbe essere collocata durante il secondo anno del biennio, richiede l’attivazione di momenti di colloquio.

Nella seconda parte dell’anno conclusivo del biennio devono essere organizzati moduli inerenti le piste formative scelte.

 

Dimensione informativa

 

Nel corso del biennio bisogna svolgere un’operazione di informazione sul triennio, presentando i campi disciplinari o le singole discipline caratterizzanti, e sulle diverse famiglie professionali nel contesto del mercato del lavoro locale e nazionale. Il regolamento  sull’obbligo scolastico prevede che le scuole promuovano, anche attraverso i Consigli di Classe, “iniziative di informazione sulle prospettive occupazionali presenti nel territorio, a sostegno delle scelte relative al percorso formativo successivo” e che vengano organizzati “incontri annuali degli alunni e dei loro genitori con gli organi competenti operanti sul territorio” (centri di orientamento e centri per l’impiego) (D.M. 323/99, art. 3.5).

Il momento informativo deve avvalersi del contributo che può venire da agenzie di servizi di orientamento e di consulenza professionale e deve utilizzare tipologie e moduli comunicativi in sintonia con i gusti e i linguaggi delle generazioni più giovani.

 

Dimensione formativa

 

L’orientamento ha una dimensione formativa tanto più accentuata in quanto il Comitato delle regioni europee afferma che “l’istruzione va al di là del semplice sapere e deve contribuire allo sviluppo della personalità degli individui, trasmettendo conoscenze e abilità ma anche valori, senso di responsabilità, capacità di giudizio e di socializzazione”. L’orientamento formativo deve operare su di una specifica area del soggetto:  l’area delle attitudini, delle motivazioni, dell’immagine di sé, della stima di sé, tanto più importante in quanto non si parla più ora di orientamento al lavoro ma di orientamento nel lavoro, in cui è fondamentale la capacità di relazionarsi agli altri.

 

Per l’orientamento vengono utilizzate, sia nel primo che nel secondo anno 160-200 ore annuali, facenti parte della quota oraria affidata alla progettazione d’istituto; per il primo anno si attiveranno attività modulari prevalentemente interne alla scuola, per il secondo anno attività integrate.

 

Processi per il riconoscimento delle acquisizioni formative

 

Per il riconoscimento delle acquisizioni formative bisogna fare riferimento alla normativa vigente che delinea:

-    “ i significati semantici del sistema dei crediti scolastici e formativi;

-         la cornice di riferimento ossia il senso da attribuire al sistema dei crediti (valore dei crediti, incremento della flessibilità dei percorsi scolastici e formativi, reciprocità del riconoscimento per il sistema di istruzione e per la formazione professionale, ambiti ed attività che producono credito);

-         le responsabilità istituzionali nella definizione e nell’attribuzione di crediti”.

 

Bisogna riflettere su “che cosa” viene riconosciuto, “come” viene accertato ciò che è stato riconosciuto, “come viene diffuso” ciò che è stato accertato e le “modalità di lavoro” con cui i diversi sistemi (scuola, lavoro) interagiscono per la definizione di questi aspetti.

La normativa rimanda a conoscenze competenze e capacità, ma il concetto chiave è quello di competenza.

Si propone di accostare il concetto di competenza adottando tre criteri:

-         il criterio delle unità capitalizzabili;

-         il criterio della multidimensionalità: confluiscono nel concetto di competenza elementi cognitivi, affettivi, comportamentali, motivazionali, etc.;

-         il criterio della convenzionalità di un linguaggio adottato da un gruppo in un certo contesto.

 

Nel documento della convenzione si deve tradurre il che cosa in un set di competenze, per il come bisogna uscire dalle troppe certezze date dalle prove oggettive e proporre delle prove più complesse e articolate, per come viene diffuso è opportuno fare riferimento alle esperienze di portfolio di competenze che hanno avuto diffusione in Italia e all’estero, per quello che riguarda le modalità di lavoro è bene collaborare per approdare ad una convenzione.

Condizioni base per una convenzione sono:” adottare il contratto formativo, utilizzare un approccio per unità didattiche, definire gli obiettivi formativi in termini di sapere, saper fare, saper essere, esplicitare i contenuti da affrontare, adottare metodi di apprendimento attivi, prevedere modalità formalizzate di valutazione dell’apprendimento  e della soddisfazione dei partecipanti, lasciare traccia documentale delle esperienze didattiche”.

Le certificazioni di qualità e di accreditamento in uso in alcune regioni richiedono questi passaggi.

 

Il bilancio di accreditamento

 

Al fine di aiutare i giovani nella navigazione all’interno del sistema ed in vista della prospettiva del life long learning che rende necessario che ogni cittadino possa farsi riconoscere in ogni momento le competenze acquisite, è necessario dare avvio ad una strategia fondata sul riconoscimento delle acquisizioni del soggetto. “Tali acquisizioni sono conoscenze, capacità e competenze: una triade che compare da qualche tempo nella normativa nazionale e regionale (Riordino dei cicli, Riforma degli esami di stato, Patto per lo sviluppo ’98, normativa sulla formazione professionale di alcune regioni, ecc.) stando a significare per conoscenze i saperi disciplinari, le conoscenze dichiarative e quelle procedurali; per competenze l’uso contestualizzato del mix di sapere, saper fare, saper essere; per capacità gli indicatori potenziali di competenza contenenti principi di azione non ancora applicati ad una situazione precisa”.

Ci si deve orientare verso il bilancio di competenze di accreditamento (BdA), che è diverso dalla semplice valutazione dei prerequisiti. Infatti sulla base del BdA si opererà l’inserimento in un preciso livello del percorso formativo e si individuerà un itinerario personalizzato di formazione. In questo senso il BdA è, a tutti gli effetti, uno strumento orientativo. Le conoscenze pregresse non vengono solo rilevate, ma vengono altresì legalizzate, in vista di una certificazione finale di valore legale.

Questi dispositivi di certificazione non devono essere autoreferenziali, ma devono essere studiati all’interno di una cultura dell’integrazione in linea con gli intendimenti dell’Unione Europea.

 

 

 

Commento e proposte della Gilda

 

 

La Gilda ritiene che POTENZIARE E CONFERIRE DIGNITA’ ALLA FORMAZIONE PROFESSIONALE, ORGANIZZANDOLA IN UN SISTEMA COERENTE costituisca in questo momento storico una necessità ineludibile e si dichiara quindi totalmente d’accordo con gli estensori del documento che sostengono che è “necessario riconoscere pari dignità alla formazione professionale” (1, Pari dignità).

 

La Gilda non concorda però con l’impostazione prevista dalla legge di Riordino e dal piano quinquennale di attuazione, impostazione che il documento in oggetto assume in toto.

In particolare:

 

Ø      considera che il sistema integrato impoverisca sia il percorso di istruzione che il percorso di formazione;

Ø      ritiene, come enunciato nel progetto “Per una riqualificazione della scuola italiana” alla cui elaborazione la Gilda ha contribuito, che istruzione teorica e formazione professionale debbano mantenere percorsi distinti, questo a favore sia del percorso d’istruzione che del percorso di formazione. Il sistema integrato appare fra l’altro anomalo nel panorama europeo. Inoltre, se è vero, come è vero, che lo studio teorico è presente in entrambi i settori, non va ignorato che esso è condotto “con obiettivi, curvature, modalità e approcci diversi” (vedi documento cit.);

Ø      è convinta che le interazioni fra scuola e lavoro possano avere una valenza positiva, purché esse non siano premature. In particolare ritiene che nella scuola di primo e di secondo grado si debbano innanzitutto “garantire le basi culturali, la flessibilità dell’intelligenza, lo spirito critico, il senso di appartenenza e di responsabilità: tutti elementi formativi tanto della persona quanto del futuro lavoratore” (vedi doc. cit.);

Ø      nutre dei dubbi su di una Riforma che pone come obiettivo prioritario e principale quello di fornire al mercato lavoratori sempre e comunque funzionali alle richieste, ponendo in secondo ordine la necessità di “innalzare il livello di civiltà e di competitività del sistema Paese” (doc. cit.);

Ø      non condivide l’assunto teorico secondo il quale la vita dei giovani è tanto migliore laddove tanto più ampie siano le possibilità di scelta e laddove nessuna scelta sia irreversibile. Questo assunto è largamente messo in discussione da insigni studiosi, quali il sociologo Pierpaolo Donati. Il diritto alla scelta viene invece enfatizzato  nella proposta e posto a fondamento del “successo formativo”.

Ø      concorda sull’importanza di un corretto orientamento/auto-orientamento ma non ritiene che esso risolva in modo automatico tutti i problemi. Ritiene soprattutto che “per orientarsi e autoorientarsi lo studente deve essere reso consapevole delle proprie capacità e inclinazioni e non illuso con la semplificazione estrema dei percorsi di studio” (doc. cit.). La difficoltà ad individuare un percorso è andata aumentando di pari passo con la progressiva alterazione dei processi di valutazione;

Ø      può considerare positivamente la presenza delle tre dimensioni dell’orientamento: la dimensione consulenziale, la dimensione informativa e la dimensione formativa ma non ritiene che i docenti debbano essere considerati addirittura come un ostacolo  (a causa, si legge, della loro cultura valutativa) ad un’operazione di orientamento e che debbano di conseguenza essere addirittura previste figure nuove o docenti “adeguatamente (!?) formati allo scopo”. Precisiamo: ben vengano figure di supporto provenienti dal mondo del lavoro, ma non per sostituire i docenti, che costituiscono la componente professionalmente più preparata ad occuparsi della dimensione consulenziale e formativa dell’orientamento, che  - ricordiamolo - passa essenzialmente e non anche, come si sostiene nella proposta, attraverso le discipline. Le figure di supporto non devono sostituire i docenti ma provvedere a colmare la dimensione informativa, alla quale i docenti sono estranei;

Ø      nutre fortissime possibilità sulla opportunità e sulla possibilità di poter tradurre tutto in competenze puntualmente descrivibili, certificabili, e capitalizzabili. Ciò  può essere affermato solo negando che esistano nella scuola conoscenze la cui utilità è solo propedeutica. Questo non significa che non si debba muoversi sulla direttiva di una sempre maggiore chiarezza nella definizione delle conoscenze etc.; chiarezza che può senza dubbio facilitare l’inserimento in una realtà lavorativa destinata ad estendersi oltre i confini nazionali;

Ø      infine la Gilda non ritiene che il ruolo del docente possa e debba essere unicamente quello di un tutore, di un mediatore e di un consulente, catalizzatore di un processo di auto-educazione, come risulta ovunque sotteso nel documento di proposta ISFOL e come si sostiene ora anche a livello internazionale  (Commissione delle Comunità Europee, Memorandum sull’istruzione e la formazione permanente, Bruxelles, 30.10.2000) ). Questa scelta, che  nega la necessità dell’educazione umana, lascia le giovani generazioni abbandonate ad una libertà priva di mete e non è, secondo studi recentissimi, estranea all’aumento del disagio e della criminalità giovanile.

 

Se.G.