Perché l’insegnamento di Storia delle religioni

 

Nei mesi scorsi la cronaca nazionale si è occupata della vicenda relativa alla richiesta di  Adel Smith., genitore di religione mussulmana, di togliere dalle classi frequentate dai suoi figli il simbolo del cristianesimo, il crocifisso. La stampa ha raccolto in pochi giorni molti interventi che ampliavano inevitabilmente il campo di riflessione  all’intolleranza etnica, al fanatismo religioso, all’integrazione e alla cultura delle diversità, ecc..  Il tutto collocato nel contesto scolastico della fascia dell’obbligo, nella quale gli allievi sembrano, per ragioni d’età, ancora intatti rispetto alle lacerazioni che la disputa segnala.

Solo un anno prima, in seguito a un’ordinanza del ministro Moratti, la presenza imposta del crocifisso, aveva già messo a confronto sostenitori ed oppositori intorno al tema della laicità della scuola italiana e sui valori della libertà di pensiero e di fede. In molti casi grandi firme e semplici cittadini riconoscono alla croce un valore forte, al quale affidare il compito di evocare i grandi temi dell’umanità, della storia delle sue sofferenze.

E i ragazzi sono tolleranti e disorientati insieme.

Contemporaneamente a queste “cronache di vita scolastica”, la stesura definitiva della Costituzione europea e il richiamo ai suoi fondamenti storici e culturali, hanno aperto un dibattito internazionale sul riferimento esplicito o meno al cristianesimo e all’ebraismo, che ha messo a confronto di nuovo il tema della laicità, della storia, dei meriti, delle responsabilità, ponendo, in questi termini, una questione letteralmente infinita.

I ministri dell’Unione Europea si stanno misurando intorno alla “Dichiarazione sul dialogo interreligioso e la coesione sociale” che ruota intorno al rispetto delle diversità, alla necessità del dialogo, al rifiuto di ogni estremismo.

E’ inoltre di questi giorni, in Francia, la definizione di un testo, da parte della Commissione sulla laicità, di grande interesse poiché, a livello nazionale, si confronta con i comportamenti e le manifestazioni religiose e assume una linea nuova, rispetto ad una tradizione, che non regge più di fronte alle condizioni interculturali della società attuale e ai suoi drammatici conflitti.

Da questo breve e inesauriente quadro nasce l’occasione per rispolverare una vecchia e “non modesta proposta”:  

E' possibile nella scuola statale italiana istituire l'insegnamento di Storia delle religioni, come percorso di studi  finalizzato al confronto di civiltà, svolto attraverso la lettura testuale e un corretta contestualizzazione, per accedere al presente con la necessaria alfabetizzazione antropologica?

E' percorribile l'idea di introdurre una nuova disciplina, con gli stessi caratteri di struttura aperta tra passato e presente, con la stessa progettualità delle altre curriculari, rigorosamente fuori da ogni taglio confessionale?

Le ragioni sono tante;  provo di elencare quelle che, come insegnante non aderente ad alcuna confessione religiosa, mi sembrano motivare l’insegnamento di storia delle religioni.

Perché:

La dimensione religiosa attraversa gran parte delle discipline curriculari, come storia,  sociologia, filosofia, musica, arte, tutte le letterature, le grandi questioni scientifiche, e lo studio delle religioni è indispensabile per una corretta indagine conoscitiva.

Lo scontro religioso costituisce uno dei fattori dominanti delle tragedie della storia, quando l’identità di fede assume carattere etnico e diventa strumento di potere.  La presenza culturale delle religioni è, in ogni caso, uno dei fondamenti delle società e occorre conoscerne i tratti e le differenze.

La distinzione tra una scelta confessionale e la portata culturale delle religioni può consentire gli approfondimenti necessari, senza invadere la sfera privata di studenti, famiglie e docenti, favorendo una conoscenza basata sul confronto.

Oggi è pensabile che la pluralità delle religioni costituisca la loro forza positiva, mentre l’esclusività ne determini il dogmatismo e la funzione ideologica.

Nelle grandi questioni etiche che si misurano con lo sviluppo tecnologico e con gli interessi economici, la ricerca di risposte semplificanti può confondere i fondamenti di diritto, morale, religione e ricerca scientifica, se non si impara il significato della distinzione, della storicità, della provvisorietà e della dialettica tra le diverse visioni della realtà.

L’adolescenza vive il tema della fede con intensità e conoscere la pluralità delle risposte è un elemento per maturare, affrontando le incertezze e le contraddizioni. 

E’ necessario non lasciare solo ai mass media, attraverso l’informazione,  il compito e la responsabilità di far comprendere ai giovani cosa sono le religioni oggi.

La situazione mondiale ci pone quotidianamente di fronte a questioni drammatiche e complesse, nelle quali la componente religiosa ha un ruolo determinante.

 La trasformazione della società italiana è in gran parte determinata dagli attuali  flussi migratori, che richiedono un’adeguata cultura della diversità e dell’integrazione. Questa realtà sociale è del resto già presente nella scuola e dovrebbe costituire una componente basilare per il progetto di studio delle religioni.

E’ forte il bisogno di pace e oggi, contro le nuove guerre, tutta la cultura ha illuministicamente il compito di educare ai valori di una società multiculturale.

 Nel benessere occidentale, scoprire le tentazioni razziste e la facilità del pregiudizio confessionale è uno dei modi per prevenirli.

La memoria storica di una comunità deve essere consapevole e critica,  non solo emozionale o rituale.

Serve un’istruzione pubblica laica di prospettiva europea, capace di guardare “oltre la siepe”              

                                                                                                                                                          Rita Tamba