Chi
volesse penetrare nell’universo scolastico ben oltre le trite scurrilità che si
leggono sui giornali, aggirando finanche le vacue mitologie con cui il discorso
pubblico sulla scuola di volta in volta appare impastato, dovrebbe senz’altro
volgersi alla lettura di questo agile ma denso testo di P.Mazzocchini.
L’autore, insegnante di latino e greco
nei licei oltre che studioso apprezzato della civiltà e letteratura classica,
non è nuovo ad esporsi con salace ironia e disincantata franchezza sui temi
della formazione e dell’istruzione e conosce dall’interno la slavina educativa
che equivoche filosofie pedagogiche hanno oramai da decenni imposto alla scuola.
Tuttavia, rispetto alle passate
performance in cui la pungente ironia e il sarcasmo irridente lasciavano
poco spazio alla riflessione organica e alla meditazione sistematica sui
molteplici punti critici della formazione nella scuola superiore, quest’opera si
caratterizza per la certosina capacità dell’autore di individuare e
demistificare la vera e propria regressione culturale a cui l’istruzione sta
andando incontro in Italia anche per effetto di interventi estemporanei,
provinciali e che risentono di acritiche e anglofile volgarizzazioni nel nostro
contesto sociale di filosofie della formazione maturate altrove, a contatto con
esperienze sagomate su opinabili modelli aziendali.
E infatti, aziendalese e didattichese
sono i bersagli polemici contro i quali Mazzocchini si scaglia, facendo valere
al tempo stesso una naturale vis polemica coniugata con un’esposizione chiara e
persuasiva degli elementi di fatto e del proprio punto di vista, che rende
comprensibili le distorsioni delle politiche educative in Italia anche ai non
addetti ai lavori e a chi presta un’attenzione non assidua ai problemi della
scuola.
La veste formale con la quale Mazzocchini
presenta le sue riflessioni è quella della Lettera di un insegnante ad un
genitore, che l’autore immagina per lo più ignaro dei disastri formativi che si
perpetrano sulla pelle del figlio anche se ben disposto ad accogliere l’accorato
appello dell’autore a collaborare per invertire una tendenza foriera di sciagure
supplementari e negatrice tout court del valore educativo della nostra
tradizione culturale.
Ai genitori, accreditati per lo meno di
una certa benevolenza e considerati alleati dei docenti – per lo meno di quelli
più avveduti e consapevoli -, l’autore rivolge un discorso didascalico ma denso,
nel quale la mutazione genetica dell’allievo in utente, le
trasformazioni/involuzioni del ruolo del Preside, i mortificanti meccanismi del
reclutamento degli insegnanti, la volgare proliferazione di insulse catechesi
didattiche, così come l’archiviazione della lezione ordinaria a favore di un
carosello di iniziative inconcludenti ma supportate da uno sfacciato e impudente
marketing vengono presentati come i capitoli essenziali di un sistematico piano
di disarticolazione della scuola e di espulsione della cultura da quella che
rimane una delle principali agenzie formative, ridotta, per lo più, al rango di
veicolo di logiche mercantilistiche e sordamente burocratiche.
Di fronte a tutto ciò, Mazzocchini non si
limita alla diagnosi amara ma esprime anche misurate proposte di correzione e
inversione di rotta, rivendicando al docente il diritto – molto più fondato
rispetto a chi in una scuola e in una classe non ha mai messo piede – di
formulare proposte per evitare che la nobile professione dell’educare venga
stravolta in un qualcosa da cui la cultura è scientificamente espulsa.
Gennaro Lubrano Di Diego
|