1. IL DOCUMENTO "CULTURA SCUOLA PERSONA".
Il documento enunciando principi assai generali è nel complesso condivisibile,
ma deve essere integrato con alcune importanti precisazioni:
a) I
BISOGNI FONDAMENTALI
L'individuazione de "(...)
i bisogni fondamentali e i desideri dei bambini e degli adolescenti", se non
vogliamo rimanere in superficie e quindi distruggere la scuola come istituzione
educativa, facendone una specie di ludoteca permanente, deve essere frutto di
studio, di ricerca;i bisogni veri e profondi spesso non coincidono con quelli
individuati ed espressi; questi ultimi sono spesso i più immediati oppure quelli
indotti dai messaggi pubblicitari (i quali rincorrono quelli immediati, in una
rincorsa al ribasso). Individuare e interpretare i bisogni fondamentali dei
ragazzi non significa entrare in competizione con questo tipo di messaggi, ma
usare un linguaggio specifico, quello mediante il quale la scuola possa aiutare
i ragazzi stessi ad individuare i loro veri bisogni: "La scuola (...) deve far
sì che gli studenti acquisiscano gli strumenti di pensiero necessari per
apprendere e selezionare le informazioni".
Per realizzare questo fine la scuola deve avere la forza di incidere sui
comportamenti, dunque deve avere un'autorevolezza che va ricostruita grazie allo
sforzo congiunto di tutta la società, come esprimeremo nel punto finale
riassuntivo.
b) IL CENTRO DELL'AZIONE EDUCATIVA
"Lo studente è posto al
centro dell'azione educativa" è una locuzione ambigua che va meglio specificata;
la scuola secondo un'interpretazione possibile si ridurrebbe ad un servizio alla
singola persona, perdendo il suo carattere di istituzione; inoltre non vorremmo
che la considerazione della "soggettività unica e irripetibile" si
concretizzasse nel
personalizzare i livelli di apprendimento, 'adattandoli' all'immagine che il
singolo alunno fornisce di sé in un certo momento della sua storia personale,
senza stimolarne il superamento dei limiti; l'alunno va sì rispettato per ciò
che è ma va anche formato per ciò che sarà: è
questo 'ottimismo pedagogico' che deve animare (e gratificare dal punto
di vista professionale) la nostra azione educativa, e dove essa non abbia
successo occorre analizzare le responsabilità di tutti, dal ministro fino
all'ultimo collaboratore scolastico. E questa formazione avviene in un ambiente
sociale, che è la classe. Ma protagonisti
dell'azione educativa sono anche i docenti, con la loro professionalità
e il loro impegno; il successo dell'azione educativa, messa in atto dai
co-protagonisti che sono docenti e studenti, dipende fortemente dalle condizioni
materiali e psicologiche in cui questi soggetti operano: "Si deve esplicitare
l'importanza delle condizioni che favoriscono lo star bene a scuola", dice il
documento; noi lo intendiamo nel senso che
chiunque abbia la responsabilità, nell'ambito del proprio ruolo, di perseguire
lo 'star bene' di altri, lo prenda come un impegno prioritario; i docenti per
gli studenti, i dirigenti per i dipendenti dell'istituzione (in particolare per
i docenti), le amministrazioni per
lo star bene negli edifici scolastici, la politica per lo star bene del mondo
della scuola nel suo complesso.
c) LE DIMENSIONI IN CUI SI EVOLVE LA LINEA FORMATIVA
"La scuola persegue una
doppia linea formativa: verticale e orizzontale. La linea verticale esprime
l’esigenza di impostare una formazione che possa poi continuare lungo l’intero
arco della vita; quella orizzontale indica la necessità di un’attenta
collaborazione fra la scuola e gli
attori extrascolastici con funzioni a vario titolo educative: la famiglia in
primo luogo." Questo è un esempio in cui una figura retorica che si vorrebbe
suggestiva risulta invece riduttiva e fuorviante: i concetti di orizzontalità e
verticalità sono egocentrici, hanno senso
per colui che parla e per chi sta nelle immediate vicinanze; situare l'asse dei
tempi nella direzione verticale è un condizionamento culturale senza alcun
fondamento; ma ancora più riduttivo e fuorviante è situare in un solo asse
(quello orizzontale) la molteplicità e la ricchezza delle esperienze formative
simultanee di una persona (pensiamo alle varie discipline che caratterizzano i
curricoli), collocabili semmai in un ambiente multidimensionale.
d) IL NUOVO UMANESIMO
"E’ quindi decisiva una
nuova alleanza fra scienza, storia, discipline umanistiche, arti e tecnologia,
in grado di delineare la prospettiva di un nuovo umanesimo."
E' colpa della politica se
le esperienze di eccellenza scientifica della scuola italiana sono state
azzerate; la scuola, e di conseguenza la società, hanno dovuto subire (e stanno
ancora subendo) le conseguenze della scelta miope e scellerata di questa grave
amputazione. Le sezioni fisico-matematiche degli istituti tecnici pre-gentiliani,
che hanno prodotto il meglio della ricerca scientifica italiana della prima metà
del novecento, furono soppresse dalla riforma Gentile, e sostituite coi "licei
moderni", oggi licei scientifici, 'ibridi' di cultura classica e scientifica
dall'asse culturale incerto. Non è possibile riportare indietro l'orologio della
storia, ma è quella riforma delle scuole secondarie, che sancisce il primato
della cultura umanistica su quella scientifica, di cui è intrisa la nostra
stessa formazione; ancora oggi
non riusciamo a superare quella riforma (tutte le altre sembrano fallire!)
perché non ci riusciamo culturalmente prima che politicamente; ne siamo 'figli'
e non siamo ancora capaci di emanciparci.
Occorre dunque studiare con molto approfondimento questi aspetti se si vuole un
"nuovo umanesimo"; non bastano delle 'indicazioni ministeriali', occorre un
programma di ricerca; un programma ambizioso, visto che "(...)la scuola (...)
Dovrà insegnare a ricomporre i grandi
oggetti della conoscenza (...) in una prospettiva complessa, volta cioè a
superare la frammentazione delle discipline e a integrarle in nuovi quadri
d'insieme". Generalmente si considera l'università il luogo deputato alla
ricerca; ma il ricercatore universitario è uno specialista subdisciplinare, che
per deformazione professionale ha perso la visione
d'insieme della sua stessa disciplina. E' dunque la scuola, in cui si incontrano
le discipline e le diverse culture, il luogo in cui attuare questo programma. Ma
allora ai suoi soggetti bisogna fornire tutti gli strumenti idonei a questo
scopo: formativi (periodi sabbatici retribuiti
di studio e di ricerca), economici (stipendi adeguati al nuovo ruolo e quindi ai
nuovi bisogni di ricercatori), di status sociale (l'uscita dal pubblico
impiego).
2. DOCUMENTO "IL
CURRICOLO NELLA SCUOLA DELL'AUTONOMIA"
a) LA
SCUOLA COME LUOGO DI RICERCA.
Si ribadisce più volte
questo concetto lungo tutto il documento; in particolare si richiama l'art.6 del
DPR 275/99; tuttavia non si fa il passo successivo, che è quello di riconoscere
agli insegnanti il ruolo di ricercatori, con tutto ciò che ne consegue anche dal
punto di vista legislativo; si chiede coerenza, cioè l'applicazione del D. L.vo
165/01, art. 40 comma 2 "Per le figure professionali che, in posizione di
elevata responsabilita', svolgono compiti di direzione o che comportano
iscrizione ad albi oppure tecnico scientifici e di ricerca, sono stabilite
discipline distinte nell'ambito dei contratti collettivi di comparto.".
b) LA CONCEZIONE "NON NOZIONISTICA" DEL SAPERE
"Una concezione non
nozionistica del sapere è interessata non tanto a ciò che un alunno sa, ma a
quello che sa fare e sa diventare con quello che sa." Ci preoccupa (e
insospettisce) quel "non tanto"; lo sostituiremmo con "non soltanto"; vista la
formazione gentiliana di cui siamo intrisi, vediamo in questo disinteresse per
le nozioni il rischio molto forte che una retorica vuota prevalga sulla vera
conoscenza. Una concezione "non nozionistica" del sapare è infatti, a nostro
avviso, una concezione che distingue bene i mezzi dai fini: le nozioni sono il
mezzo per costruire la propria cultura, e non devono restare fini a se stesse;
ma occorre distinguere il "non nozionismo" dalla negazione dell'importanza delle
nozioni; se le nozioni sono il mezzo per raggiungere il fine, senza il mezzo non
si raggiunge neanche il fine.
c) LA CENTRALITA' DEL SAPERE DISCIPLINARE
Condividiamo e riteniamo
basilare questo passaggio: "le discipline sono potenti mezzi formativi, per i
metodi che forniscono e per i sistemi concettuali che consentono di costruire."
e il successivo "L'organizzazione dell'orario scolastico e della suddivisione
dei
relativi compiti didattici va ricondotta ad una coerenza ed unitarietà di
impianto, evitando la frammentazione in una miriade di attività di scarso
significato culturale." Non c'è contraddizione tra ribadire la centralità del
sapere disciplinare e perseguire l'interdisciplinarietà. E' grazie ad una chiara
individuazione delle discipline, e ad una forte preparazione disciplinare dei
docenti, che si può perseguire l'obiettivo di una seria
interdisciplinarietà; non c'è vero confronto di posizioni quando i ruoli sono
confusi e sfumati.
d) IL SE' E L'ALTRO
"L’ altro è il limite
contro il quale naufraga l’egocentrismo cognitivo e quello sociale ed è la
condizione per il loro superamento. La disputa inevitabile apre la strada alla
discussione e questa all’argomentazione. Si impara grazie al dover rendere
ragione delle proprie convinzioni e in tal modo si scopre che esistono anche
altre ragioni, altri punti di vista, che possono
migliorare o arricchire il nostro. Come nella vita democratica adulta, anche
nelle prime esperienze di interazione con gli altri, l’opposizione gioca un
ruolo fondamentale perché non consente di coltivare l’illusione infantile di
avere sempre ragione." E' un passaggio importante, un principio da tenere
presente lungo tutto l'arco della vita e in tutte le situazioni sociali (la
famiglia, le associazioni, i luoghi di lavoro). Riteniamo che ciò non debba
essere oggetto di una delle tante "educazioni", tipo "educazione alla
diversità", ma che debba essere una competenza trasversale acquisita
nell'esercizio costante dell'apprendimento disciplinare; "l’egocentrismo
cognitivo e quello sociale" si superano anche riconoscendo i diversi ruoli che
la società assegna ai suoi soggetti, secondo determinate regole; per esempio
riconoscendo il ruolo dell'insegnante, con cui lo studente instaura un rapporto
necessariamente asimmetrico. Di questo rapporto asimmetrico, simile per alcuni
aspetti a quello coi genitori, i ragazzi hanno assoluto bisogno; hanno anche il
bisogno di contestarlo, è vero, ma spesso hanno bisogno di punti di riferimento
certi, e di percepire che qualcuno si faccia carico di loro e dei loro bisogni
che, come già detto, spesso non sono quelli espressi (studiare meno,
'divertirsi' di più), ma anche altri (telefonare a casa quando marinano la
scuola, punirli quando sbagliano...); ne hanno bisogno perché spesso si sentono
abbandonati a causa delle troppe occupazioni e preoccupazioni degli adulti
(genitori che lavorano, insegnanti più preoccupati dei ricorsi dei loro genitori
piuttosto che di loro, o più impegnati nei progetti che nelle lezioni
curricolari...). Sottrarsi da questo rapporto asimmetrico, essere sempre
'amichevoli' 'alla mano', 'alla pari', non porsi mai come un'autorità è un
disastro pedagogico.
CONCLUSIONI
Il successo formativo, la vera sfida di una scuola di massa di qualità, non può
essere una garanzia, ma proprio per questo deve essere perseguito facendo
convergere tutte le possibili energie positive. Tutti, nei rispettivi ambiti di
responsabilità, devono impegnarsi ad
individuare e rimuovere gli ostacoli al successo formativo:
* gli studenti devono
studiare,
* i genitori devono
garantire il sostegno materiale e psicologico, nonché spazi e tempi adeguati per
lo studio individuale,
* gli enti proprietari dei
locali scolastici devono garantire spazi dignitosi e idonei,
* gli insegnanti devono predisporre tutte le strategie didattiche idonee al
raggiungimento degli obiettivi,
* i dirigenti scolastici si devono adoperare per valorizzare le risorse umane e
professionali, e affinché nell'istituzione da essi diretta si crei un clima
collaborativo di responsabilità diffuse e
condivise;
* i dirigenti territoriali devono monitorare ed intervenire nelle situazioni di
difficoltà, soprattutto quando sono sotto gli occhi di tutti, facendo tutto ciò
che è in loro potere per rimuoverle con la massima tempestività;
* l'amministrazione, come
datore di lavoro, deve rispettare i propri doveri, sanciti dalla legge, di
rispetto e valorizzazione dei propri dipendenti, sia adoperandosi per la qualità
della vita lavorativa quotidiana, sia con la certezza e la trasparenza delle
regole per il reclutamento, la carriera, l'attribuzione di incarichi;
* la società nel suo
complesso deve percepire la scuola pubblica come il suo principale investimento,
attribuendo ad essa una percentuale del PIL uguale almeno alla media europea.
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