FEDERALISMO E DEVOLUZIONE
UNA “INTERVISTA VIRTUALE”
Il giorno 18 ottobre 2001, quasi alla scadenza del mandato parlamentare, è stata votata la norma che sarebbe diventata la legge costituzionale n° 3, che modifica il titolo V della seconda parte della Costituzione. La stessa era stata “convalidata” da un referendum popolare, referendum che aveva però registrato una presenza di votanti pari al 34% della popolazione con una percentuale di “sì” del 64,2%. Recentemente è stato licenziato dal Senato il disegno di legge n° 1187 - presentato dall’onorevole Bossi, Ministro per le riforme istituzionali e la devoluzione - che propone una aggiunta all’art. 117 riformato.
La situazione è ora incerta ma, in un caso o in un altro – che il disegno di legge Berlusconi-Bossi pervenga a definitiva approvazione o meno, ci troviamo di fronte ad un “collage” di non facile comprensione.
Come giustamente rileva Giancarlo Cerini, se il “movimento” è evidente, incerti ne sono gli esiti.
Ma, in ogni caso, non c’è “visione” o “veicolazione” degli esiti possibile, se resta confusa la comprensione del “movimento”, quale si evince non tanto dalle variegate, colorate e spesso anche folcloristiche interpretazioni politiche, quanto dalla lettura dei fatti. Fatti che in questo caso non sono altro che le leggi costituzionali che il Parlamento ed il popolo italiano hanno inteso o intendono rivedere.
Riportiamo dunque in questa “Intervista virtuale” le parti salienti di un chiarissimo intervento tenuto da Sergio Auriemma, Magistrato della Corte dei Conti, in occasione di un recente Seminario di Studi*. L’intervento verte sulla costituzione vigente e non entra nel merito, se non in forma indiretta, della Berlusconi-Bossi.
Fra alcuni giorni sarà possibile pubblicare un intervento di Carlo Marzuoli, Professore di diritto Amministrativo alla Facoltà di giurisprudenza di Firenze. Quest’ultimo entrerà, in modo più specifico, nel merito del Disegno di Legge 1187.
Intervista virtuale a Sergio Auriemma
Facendo particolare riferimento alla scuola, in che cosa consistono principalmente i cambiamenti attuati dalla riforma del titolo V della Costituzione (legge 3/2001)?
Prima di questa riforma, fatta salva una disciplina ad hoc riguardante le regioni a statuto speciale e le province autonome, “lo Stato era titolare di potestà legislativa primaria tendenzialmente illimitata su qualsiasi materia, le Regioni erano titolari di potestà legislativa concorrente (o ripartita) su specifiche “materie”… e potestà legislativa integrativa o attuativa, intesa quale potere, conferito mediante apposita legge ordinaria, di emanare nelle altre “materie” non elencate norme di “attuazione” o di “integrazione” delle leggi statali. L’assetto delle competenze legislative fra Stato e Regioni, quindi, vedeva il primato della legislazione statale…”
Per quello che riguardava la scuola, la Regione aveva “il potere di emanare leggi nella sola materia denominata istruzione artigiana e professionale e assistenza scolastica”.
…La legge 3/2001 ha totalmente invertito l’assetto previgente, perlomeno quanto al riparto della competenza legislativa tra Stato e Regioni.
“Lo Stato, ai sensi del secondo comma dell’art. 117,
ha mantenuto competenza esclusiva sulle materie tassativamente indicate (tra cui “… norme generali dell’istruzione”);
le Regioni, ai sensi del terzo e quarto comma dell’art. 117:
Immagino si tratti di una divisione rigida…
Niente affatto. “Tramite apposita intesa e con legge ordinaria singole Regioni possono assumere “…ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” (art. 116 Cost.). “La strada verso un regionalismo “differenziato” per territorio in materia scolastica, quindi, non è solo aspirazione presente nel disegno di legge 1187 sulla cosiddetta “devolution”, per buona parte, corrisponde ad un desiderio elaborato, voluto e tracciato proprio dal legislatore statale, nel momento in cui ha formulato e varato la legge costituzionale n° 3/2001 ed il nuovo articolo 116 Cost. La stipula di protocolli di intesa territoriale (es. Lombardia, Piemonte, Lazio, Molise, Puglia, Trento), allora, deve essere considerata naturale conseguenza delle prescrizioni statali riformatrici già varate, scontandosi in partenza il fatto che alcune regioni, previo susseguente passaggio con apposita legge ordinaria a maggioranza qualificata, possano acquistare “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia”anche nella materia istruzione”.
Potrebbe precisare quali innovazioni introducono nella scuola i cambiamenti istituzionali di cui lei ha parlato?
Certo. Sinteticamente abbiamo:
Le regioni hanno potestà di emanare leggi su qualsiasi materia (residuale) che non sia espressamente riservata allo Stato. Ciò significa che qualsiasi questione diversa da “norme generali sull’istruzione” può essere oggetto di legislazione regionale;
La potestà di emanare regolamenti spetta allo Stato solo nelle materie di legislazione statale “esclusiva”, mentre spetta alle regioni “in ogni altra materia”.
Le regioni, oltre ad esercitare potestà regolamentare su tutte le materie non riservate allo Stato, possono emanare regolamenti, su delega dello Stato, anche per materie di competenza statale (es. Regolamenti attuativi di “… norme generali sull’istruzione”;
L’art. 117, comma 3, nel nuovo testo richiama espressamente l’autonomia delle istituzioni scolastiche, lì dove attribuisce alle regioni competenza legislativa concorrente (cioè mista o ripartita fra Stato e Regioni) nella materia “istruzione” ed impone, quale limite al legislatore regionale, il rispetto di tale autonomia.”
C’è poi
In alcuni ambiti (tra cui le “… norme generali sull’istruzione” le singole regioni, previa intesa con lo Stato e, successivamente, mediante legge ordinaria approvata dalle Camere a maggioranza
assoluta, possono vedersi attribuite “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia”.
Fino a questo momento abbiamo parlato di competenze, ma dovremmo parlare anche di limiti o meglio di vincoli. Quali sono i vincoli in cui Stato e Regioni incorrono nell’esercizio delle loro competenze?
“La competenza statale esclusiva (valevole solo per le “norme generali” sull’istruzione) deve rispettare
La competenza regionale esclusiva (valevole soltanto per l’istruzione e la formazione professionale) deve rispettare
· competenze e poteri dello Stato;
· i “principi di autonomia” delle istituzioni scolastiche;
· le norme statali sui cd. “livelli essenziali delle prestazioni”
La competenza regionale concorrente (valevole per l’istruzione in genere) deve rispettare:
Ci sono, a suo avviso, delle problematiche collegate a questa riforma? Ed eventualmente quali?
Le problematiche non sono poche. Ci sono, prima di tutto, “le difficoltà provocate da un’intersezione di competenze, che addirittura sfocia – per singoli territori regionali e nel caso dell’art. 116 – in una possibile gestione normativa doppia, statale e regionale, su identica materia (es.: istruzione).
Altre difficoltà sono di natura “lessicale”. “D’ora in avanti, ad esempio, si dovrà stabilire la differenza tra “norme generali e principi fondamentali” (entrambi recati o desumibili dalle leggi statali, con esclusione solo di quelli inclusi in atti regolamentari) oppure il significato giuridico da attribuire all’espressione “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale” (va notato che il rispetto dei principi fondamentali e dei livelli essenziali delle prestazioni è tassativo per ogni regione sia che essa operi in regime di legislazione esclusiva o di legislazione concorrente. Negli ambiti in cui ha legislazione concorrente la Regione deve rispettare anche le norme generali sull’istruzione, negli ambiti in cui ha legislazione esclusiva essa fissa invece norme proprie, n.d.r.).
In che cosa identificherebbe – ben inteso sempre facendo riferimento al titolo V - lo snodo cruciale per il futuro assetto del sistema di istruzione e di formazione del nostro paese?
Senz’altro nella “enucleazione definitoria dei “vincoli” che i legislatori regionali devono osservare nell’esercizio delle loro competenze”.
E il rischio o i rischi?
“Il rischio non è soltanto “statico” (avere il legislatore dettato, in un momento storico e forse per compromessi raggiunti in ambito politico, norme poco chiare sul riparto delle competenze tra Stato e regioni) quanto piuttosto “dinamico”, perché il nuovo testo costituzionale apre spazi per future, costanti e striscianti sovrapposizioni nell’esercizio di competenze legislative.
La mescolanza tra materie in senso stretto, materie trasversali, norme generali, principi fondamentali, livelli essenziali e quant’altro –nozioni tutte da utilizzare e declinare in tema di distribuzione delle competenze tra le diverse autonomie istituzionali (Stato o Regioni) – può ulteriormente condensare, quanto ai rapporti tra normazione statale e regionale, una sorta di “alchimia regolatrice” quale connotazione intrinseca all’ordinamento giuridico.
La miscela, se non adeguatamente e previamente mediata e filtrata dalla politica, diverrà distillabile – come sembra già dimostrare la primissima fase applicativa – solo attraverso un alto tasso di conflittualità giudiziale innanzi la Corte costituzionale, quale rimedio notoriamente defatigante e oneroso per tutti”.
a cura di Se. G.
*L’intervento è stato tenuto in occasione del Seminario di San benedetto del Tronto “Enti locali e Scuola” (5-6-7 dicembre 2002). Il testo, edito da Tecnodid per “Notizie della Scuola”, è stato distribuito ai partecipanti.
Sergio Auriemma collabora sistematicamente con la Casa Editrice Tecnodid.