Le misure sulla Scuola
Il 25 gennaio 2007, il Consiglio dei Ministri ha varato una serie
di misure sulla Scuola, assai significative - non necessariamente in senso
positivo - per le conseguenze che produrranno negli Istituti scolastici.
Per cercare di rappresentare le novità, che la stampa ha
divulgato in maniera sommaria ed enfatizzata (“Colpo alla Legge Moratti sul
doppio canale”), vediamo analiticamente i cambiamenti, al fine di conoscere
e poter esprimere una valutazione argomentata dei provvedimenti.
Per prima cosa, precisiamo che gli atti del governo sono stati di
tre tipi: un Decreto Legge, un Disegno di Legge, e una Delega
al Governo.
Come tutti sanno, solo il Decreto Legge è moderatamente certo nei
suoi contenuti, mentre gli altri atti annunciano novità che si potranno
radicalmente modificare o addirittura abbandonare nel corso dell’iter
legislativo.
Ricordiamo che solo un terzo dei Disegni di Legge governativi va
in porto. Tuttavia, notiamo che i contenuti del Disegno di legge (di cui
parleremo più avanti) sono in logica conseguenza con il Decreto legge, per cui è
abbastanza verosimile che esso troverà, in tempi non lunghi, una propria
realizzazione.
Un’ultima annotazione di ordine
generale: il Governo, nel predisporre queste misure, ha utilizzando il famoso
metodo “cacciavite”, orgogliosamente rivendicato dal Ministro Fioroni. In
sostanza la Legge di Riforma della scuola Moratti (Legge 28 marzo 2003, n. 53
Delega al Governo per la definizione sull'istruzione e dei livelli essenziali
delle di istruzione e formazione professionale) rimane tale. Il Governo si
limita ad emendare e integrare con il Decreto Legge del 31 gennaio 2007 il
precedente il Decreto Legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, della Moratti, che
riformava la Scuola superiore di secondo grado e nemmeno con significativa
incisività. Dell’ impostazione morattiana resta infatti l’ impianto generale
con i percorsi personalizzati , con la diminuzione degli orari e con la
relativa impostazione ideologica.
Decreto Legge
n. 7 del 31 gennaio 2007
Due sono i temi di questo decreto, uno riguarda l’Istruzione
tecnico-professionale, l’altro la cosiddetta
valorizzazione dell’Autonomia scolastica.
1. Istruzione tecnico-professionale
In questo ambito,
si ribadisce il dualismo (doppio canale) dell’Istruzione,
introdotto dalla Riforma del Titolo V della Costituzione (legge 3 costituzionale
2001) e acquisito dalla legge 53/2003 (Riforma Moratti) e dal Dlg. 226 del 2005,
ma si inseriscono gli attuali Istituti tecnici e professionali nel canale
dell’Istruzione.
In questo modo, si chiude una polemica ed una incertezza che si
erano protratte a lungo e che riguardavano il destino di questi ultimi, stante
la Riforma costituzionale del 2001 che aveva assegnato alla Legislazione
esclusiva delle Regioni l’Istruzione e la Formazione professionale.
Vengono quindi soppressi gli articoli del 226/05 che
trasformavano gli Istituti tecnici (economico e tecnico) in licei e viene
ripristinata la terminalità, cioè la possibilità di fornire “diplomi”,
possibilità che sembra essere stata ripristinata anche per i licei, come si
legge nell’art. 1, c. 1 del Decreto Legge.
Ciò fatto, il Decreto introduce la
possibilità, per istruzione tecnica, professionale, strutture formative
ragionali e istruzione tecnica superiore, di dare vita ai Poli territoriali,
secondo la forma dell’ art.7, comma 10 del DPR 275/99, che così recita :
“Le istituzioni scolastiche
possono costituire o aderire a consorzi pubblici e privati per assolvere compiti
istituzionali coerenti col Piano dell'offerta formativa di cui all'articolo 3 e
per l'acquisizione di servizi e beni che facilitino lo svolgimento dei compiti
di carattere formativo”.
In buona sostanza, gli Istituti tecnici e professionali
statali potranno dar vita a nuove strutture formative
(poli tecnico professionali), composte anche da
organismi in cui saranno le Regioni ad assicurare i livelli essenziali, e
in cui potranno confluire consorzi privati. Se si considera poi che ai sensi
del 112/98 sono le Regioni a tracciare la mappa dell’ offerta formativa su
territorio- e quindi a decidere quanti Poli potranno essere istituiti e
dove- sembra abbastanza chiaro che l’ istruzione tecnico professionale
dipenderà alquanto dalle Regioni tanto da far supporre un rientro dalla
finestra ( la regionalizzazione dell’ istruzione tecnico-professionale) di ciò
che si era buttato fuori dalla porta .
Qualche assessore sta già parlando di un ’invadenza di campo
dello Stato in una materia che spetta alle Regioni.
Tuttavia, c’è il fondato sospetto che
questo progetto di fondere Istruzione tecnica e professionale in strutture
formative comuni, accontenti tutti, anche perché rivela un programma di
risparmio attraverso la revisione massiccia degli organici.
Così infatti afferma palesemente la
relazione tecnica che accompagna il DDL: “ L'articolo
(n. 13) interviene in materia di cicli di istruzione e di studi, ampliando
l'offerta formativa (e di successivo lavoro) a favore degli studenti e
riorganizzando gli istituti tecnici e professionali,
raggruppando e razionalizzando le strutture, comportando quindi
un risparmio per l'erario pubblico”.
D’ altronde, i pilastri che qui vengono impiantati e che saranno
ancora di più perfezionati nel Disegno di Legge, con il progetto di “riordinare
e potenziare gli istituti tecnici e professionali”, riducendo il
numero degli attuali indirizzi, definendo la scansione temporale dei
percorsi ecc., mira ad un ulteriore alleggerimento significativo delle materie
di insegnamento (si prevedono molti stage) e quindi dei posti di lavoro.
Sull’accorpamento di Istruzione tecnica e professionale, si può
sottolineare che il Governo ha applicato leggi esistenti e cioè
la
n. 899 del 15 Giugno 1931
che ha istituito l’Istituto tecnico, riconoscendogli finalità e scopi di tipo
“professionale”: “L’ istruzione media tecnica ha per fine di fornire ai
giovani la preparazione necessaria alle professioni pratiche che attengono alla
vita economica della Nazione” (Legge 899, art. 1) e
il R.D.L. 21 Settembre 1938, n. 2038
che ha istituito
gli Istituti professionali, come scuole, nell’ambito dell’Istruzione
tecnica, che abbiano finalità ed ordinamento speciali.
Quindi, nulla da eccepire, anche se non si può tacere che,
se Istruzione tecnica e professionale sono inserite per legge entro lo
stesso ambito, nei fatti oggi appaiono separate.
Certo è che il criticatissimo da parte del Centro sinistra,
doppio canale, resta tutto, anzi, se sarà rivisitato secondo i dettami del
Disegno di Legge con un riordino al ribasso dell’Istruzione tecnica, dove
il canale professionale risulterà collegato con il mondo del lavoro del
territorio e con il volontariato e il privato sociale (?) mostra un
indebolimento assai vistoso. E forse, con una usuale manovra di sviamento,
tipica della politica, si afferma una cosa ( la statalizzazione dell’
istruzione tecnico- professionale), mentre si opera per ottenere il contrario :
l’ inserimento nell’ istruzione professionale di tutti gli istituti tecnici. Con
buona pace delle competenze esclusive delle Regioni in merito.
2. Valorizzazione dell’Autonomia scolastica
*
Rispetto a questo tema,
che riguarda
il nuovo regime fiscale per le donazioni liberali in favore delle
Istituzioni scolastiche (commi 3-8 dell’articolo 13
del Decreto Legge), è interessante capire qualcosa di più sul meccanismo
che il Ministro Fioroni intende utilizzare per aumentare le risorse finanziarie
a favore delle scuole.
Intanto va
precisato che il meccanismo ha un costo per l’erario che, a causa delle
detrazioni alle quali avranno diritto i soggetti eroganti, vedrà diminuire le
proprie entrate.
Il comma 4
quantifica tale costo in 54 milioni di euro per l’esercizio finanziario
2008: l’importo deriva dalla minore entrata sui versamenti dei contribuenti nel
mese di luglio 2008 (imposta sul reddito dovuta per l’anno 2007) e novembre 2008
(acconto per i redditi presunti del 2008).
Probabilmente (ma
se ne saprà qualcosa di più non appena sarà disponibile la relazione tecnica) si
ipotizza un minore entrata di una trentina di milioni a luglio e di altri
24 a novembre (l’acconto per l’anno successivo non è dovuto da tutti i
contribuenti).
Considerato che
la deduzione corrisponde al 19% dell’importo della donazione si ipotizza quindi
che le donazioni, nel corso del 2007, possano raggiunge l’importo complessivo di
circa 150milioni di euro.
Ma come farà lo
Stato a recuperare i 54 milioni di euro che i
soggetti eroganti non verseranno all’erario quando pagheranno le imposte sul
reddito ?
Ce lo spiega
sempre il comma 4 dell’art.13.
Negli anni 2008 e
2009 verranno ridotti di 54 e di 31milioni i trasferimenti dei
fondi dal Ministero della Pubblica Istruzione alle Istituzioni Scolastiche
tramite le contabilità speciali.
In altre parole
nel 2008 a tutte le scuole arriveranno 54 milioni di euro in meno mentre
le scuole più intraprendenti potranno contare su fondi privati aggiuntivi
pari a circa 150 milioni di euro.
Per correggere
questa anomalia il Ministro ha già annunciato che verrà creato un fondo
perequativo per fare in modo di assegnare fondi anche alle scuole che non
riusciranno ad ottenere donazioni da privati; ma, a
dire il vero, nel Decreto Legge non c’è traccia di questa ipotesi; forse farà
parte del Disegno di Legge che è stato preannunciato ma che, a conti fatti, non
potrà andare in porto prima della fine dell’anno.
C’è invece
un’altra norma: a partire dal 2010 le minori entrate
dell’erario saranno "finanziate" mediante opportuna riduzione degli stanziamenti
previsti dal comma 634 della legge finanziaria (estensione dell’obbligo
scolastico, gratuità dei libri di testo, generalizzazione della scuola
dell’infanzia, nuove tecnologie, ecc.).
Nessuna
riduzione è prevista per gli stanziamenti che il comma 635 prevede per la scuola
paritaria che in tal modo potrà aumentare la sua capacità concorrenziale nei
confronti della scuola statale: una parte della retta
pagata dalle famiglie potrà essere infatti trasformata in donazione; su questa
"fetta" le famiglie otterranno un beneficio fiscale che lo Stato pagherà
riducendo gli stanziamenti alle scuole statali. *(Da un articolo di Reginaldo
Palermo in “La tecnica della Scuola”
www.tecnicadellascuola.it.)
Fin qui i
contenuti abbastanza sicuri delle misure del Governo. Se il Decreto Legge,
quando si presenterà in Parlamento per essere tradotto in legge,
non subirà cambiamenti, andrà in vigore così com’è.
Diverso
il discorso sul Disegno di legge che avrà un suo iter, passibile di
cambiamenti.
Tuttavia, se -
come si è detto - il Decreto Legge sarà approvato (si ipotizza il voto di
fiducia), sarà giocoforza porre mano in tempi rapidi al Disegno di Legge che
riordina e risistema (con ampi tagli agli organici) l’Istruzione Tecnica e
Professionale. Su quest’ ultimo è prematuro precisare contenuti e conseguenze,
anche se è ormai chiara la linea di tendenza orientata al risparmio sui posti d’
insegnamento.
Sulla Delega
al Governo in materia di Organi collegiali, la riflessione è la medesima. Di
certo ci sono le linee tendenziali che allargano gli organi di gestione “alle
istituzioni, enti, imprese associazioni operanti nel territorio”. Insomma,
una scuola che è “pubblica” perché si offre a chi la richiede?
(14
febbraio 2007)
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