Riforma della Scuola

LA SPERIMENTAZIONE LOMBARDA

DEL CANALE DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE:

TEORIA E FATTI

 

scheda informativa

 

di Sandro Del Giudice,  Serafina Gnech,  Gianluigi Dotti

 

 

Il Protocollo d’ intesa

fra Regione Lombardia, Miur e Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali

 

L’intesa per la sperimentazione nella regione Lombardia “di nuovi modelli nel sistema di istruzione e formazione” è stata firmata a Milano il 3 giugno 2002, quasi un anno prima cioè dell’abrogazione della  legge 9/99 che, rendendo obbligatoria la frequenza del primo anno delle superiori, aveva elevato l’obbligo di istruzione dai 14 ai 15 anni di età.

 

Poiché l’obbligo di formazione, tuttora  previsto dalla legge 144/99,  decorre dal 15° anno, si è venuto poi a  creare –  nel limbo applicativo della legge di riforma della scuola che ha anche disposto l’abrogazione della legge 9/99 -  il vuoto di un anno. In altre parole gli studenti, alla fine della terza media, oggi potrebbero non andare a scuola per un anno per poi rientrare obbligatoriamente, a 15 anni, nel percorso di istruzione e formazione.

Questo paradosso, forse risultato evidente ai legislatori solo a cose fatte, (cioè dopo l’approvazione della legge 53/2003 di Riforma degli ordinamenti scolastici), ha innescato – come rimedio tampone - la rincorsa a nuove Intese stipulate da un numero crescente di Regioni, sulla base del recente Accordo quadro nazionale condiviso da tutte e sancito in sede di Conferenza Unificata (Stato, Regioni, Autonomie locali) nella seduta del 19 giugno scorso (Accordo quadro per la realizzazione dall’anno scolastico 2003/04 di un’offerta formativa sperimentale di istruzione e formazione professionale nelle more dell’emanazione dei decreti legislativi di cui alla legge 28 marzo 2003, n. 53).

 

Qui ci occuperemo unicamente dell’intesa pionieristica della Lombardia - poi estesa nel  primo anno ad altre cinque Regioni -  riassumendone schematicamente il testo e facendo il punto, sulla base delle informazioni recepite  nell’ambito del Convegno organizzato a Milano il 25 settembre, sull’applicazione della stessa e sulle connesse problematiche.

 

1.     L’INTESA – PUNTI SALIENTI

 

L’intesa, che ha validità per i tre anni scolastici successivi alla sua sottoscrizione, può essere modificata in ogni momento previo accordo tra le tre parti e si attuerà concretamente con ulteriori intese locali fra i soggetti interessati alla sua realizzazione.

Essa:

 

-         prende gradualmente avvio dall’a.s. 2002-03;

-         coinvolge anche rappresentanze dei “lavoratori, delle imprese e degli altri soggetti portatori di interessi sociali”;

-         sperimenta PERCORSI TRIENNALI DI QUALIFICA  (con possibilità di eventuali percorsi e diplomi successivi nella formazione professionale e superiore);

-         riconfigura l’orientamento degli studenti;

-         si pone l’obiettivo di  “corrispondere ad una avvertita e diffusa domanda di formazione che comprenda non solo l’istruzione, ma anche la formazione professionale e continua”;

-         intende raggiungere l’obiettivo prefissato, svolgendo anche una “mirata azione di prevenzione, contrasto e recupero dei fenomeni degli insuccessi, della dispersione e degli abbandoni”.  Ritiene perciò necessario sperimentare “ modelli e percorsi di innovazione didattica, metodologica, organizzativa che coinvolgano i sistemi dell’istruzione e della formazione professionale, realizzino forme di interazione e di integrazione tra i due citati sistemi, valorizzino la capacità di progettazione dei soggetti coinvolti, motivando all’apprendimento attraverso il fare e l’agire”; le istituzioni scolastiche ed i centri di formazione professionale accreditati faranno dunque una “progettazione comune e personalizzata” di appositi piani di studi didattici e formativi; in un momento successivo i soggetti vengono individuati come: “le istituzioni scolastiche interessate, i centri di formazione professionale riconosciuti e le agenzie formative”;

-         prevede specifici progetti “in alternanza scuola-lavoro finalizzati a un’offerta personalizzata”;

-         intende sperimentare possibili passaggi fra il sistema di formazione ed il sistema di istruzione-formazione;

-         si avvia alla “costruzione di un sistema di certificazione” che riconosca i crediti formativi ed, in particolare, le “acquisizioni anche maturate  in esperienze lavorative”;

-         è rivolta in particolare ai giovani “che non abbiano ancora assolto all’obbligo scolastico e che abbiano manifestato un orientamento verso percorsi professionalizzanti”.

 

Vengono previsti, contestualmente, interventi di “formazione dei formatori”, nonché il supporto ed il monitoraggio della sperimentazione.

 

Per l’attuazione dell’accordo viene istituito un “Comitato paritetico di coordinamento composto da 6 membri dei quali 2 nominati dalla Regione, 2 nominati dal MIUR tramite l’Ufficio scolastico regionale della Lombardia, e 2 dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali”.

 

L’intesa prevede infine che la prima iniziativa riguardi:

“La sperimentazione dell’obbligo scolastico nei percorsi di formazione professionale, assicurando nell’arco di tali percorsi l’acquisizione di crediti  corrispondenti a quelli previsti per l’assolvimento dell’ obbligo scolastico”.

 

2.     IL PRIMO ANNO DI SPERIMENTAZIONE

 

Per fare il punto sulla  sperimentazione dei nuovi modelli formativi il 25 settembre scorso la Regione Lombardia ha organizzato a Milano un corposo ed affollato Convegno, articolato al mattino in tre sessioni di lavoro (dedicate – nell’ordine - al contesto politico-normativo e alla sua evoluzione, alle strategie e modalità di attivazione della sperimentazione, all’avvio di forme di partenariato sociale ed istituzionale) e in una quarta - non meno interessante - al pomeriggio, riservata ad un primo bilancio delle iniziative, con particolare riguardo agli aspetti progettuali ed organizzativi.

Oltre una decina i relatori partecipanti: dai politici, nazionali  regionali e provinciali, ai responsabili degli Enti di formazione, agli esperti tra i quali Giuseppe Bertagna, ai rappresentanti delle parti sociali, ai consulenti e coordinatori del Gruppo di progettazione.

Pur con qualche distinguo, dai vari interventi è emerso un giudizio generalmente positivo della sperimentazione fin qui condotta in attuazione dell’intesa del giugno 2002.

 

A margine del Convegno - secondo il recente Accordo quadro sopra ricordato -  è stata firmata anche per la Lombardia, dall’Assessore regionale alla Formazione Guglielmo e dai sottosegretari al Lavoro Viespoli e all’Istruzione Aprea intervenuti ai lavori, una nuova Intesa il cui testo non è ancora disponibile al momento della stesura del presente resoconto. Esso sarà oggetto di un prossimo contributo, rivolto ad una puntuale comparazione tra le due Intese, per evidenziarne gli aspetti ribaditi o innovati ed i correlati nodi problematici.

 

Tra le  numerose tematiche affrontate nel convegno, cerchiamo ora di isolare quelle apparse più significative.

Sotto il profilo organizzativo merita ricordare che la sperimentazione è consistita nell’attivazione di 35 corsi di formazione, con 626 allievi effettivamente iscritti e frequentanti,  nell’ambito di progetti cofinanziati e promossi dalla Regione, in accordo con i Ministeri del Lavoro e dell’Istruzione. L’intervento, in particolare, della Direzione scolastica regionale è risultato indispensabile per la definizione delle modalità di assolvimento dell’ultimo anno dell’obbligo scolastico mediante la  sola frequenza dei corsi sperimentali di formazione  professionale.

Pure il coinvolgimento nelle iniziative di 56 Istituti scolastici -  soprattutto Tecnici e Professionali di Stato - va ricondotto principalmente alla titolarità, loro attribuita dal Protocollo d’intesa, in ordine alla verifica e certificazione dell’assolvimento o proscioglimento dell’obbligo scolastico per i giovani quattordicenni cui prioritariamente erano rivolte le attività corsuali.

Non sono stati invece  perseguiti – benché contemplati nel Protocollo d’intesa - momenti di integrazione fra scuola e CFP, coerentemente con la filosofia della sperimentazione basata su un esplicito giudizio negativo della “vecchia legge e [del] prolungamento dell’obbligo forzato, [che] si traduceva, per chi aveva già deciso verso uno sbocco nel mondo del lavoro,  in anni di parcheggio - sostanzialmente persi - in licei o istituti, o – addirittura – nell’abbandono scolastico.”

Pertanto gli allievi, sulla base di una specifica Convenzione annuale - redatta secondo il modello predisposto dalla Regione - tra ciascun Istituto scolastico e CFP, si sono dovuti iscrivere ad una Scuola che ha poi provveduto ad “accreditarli”(in pratica iscriverli) al CFP, presso il quale si è effettivamente svolta l’attività formativa e la sua valutazione in vista del conseguimento, al termine del triennio, di una qualifica professionale. Per l’avvenire, a giudizio di qualche intervenuto, il raccordo tra Scuola e CFP – non più indispensabile in seguito all’abrogazione della legge 9/99 – sarebbe destinato quanto meno ad  affievolirsi.

L’attuazione della sperimentazione dei 35 corsi sperimentali è stata dunque principalmente affidata ad altrettante Agenzie formative, riunite in un’ Associazione temporanea di scopo giudicata conforme ai requisiti indicati nel Bando regionale. Esso fissava - conformemente ad altri sovraordinati documenti normativi regionali - le principali caratteristiche dei percorsi sperimentali, con riguardo a: durata triennale di ciascun ciclo formativo, adeguata distribuzione nel territorio regionale, differenziazione tra comparti merceologici, età dei destinatari, numero di classi da attivare, criteri metodologici, standard formativi e professionali, metodologia attiva ispirata al criterio del successo formativo, riconoscimento dei crediti, adozione di portfolio/libretto formativo, durata annua di 1050 ore (ripartite indicativamente in 900 di percorso comune al gruppo classe e in 150 di interventi personalizzati nell’ambito dei laboratori di recupero e sviluppo degli apprendimenti, a frequenza obbligatoria), requisiti dei formatori, progettazione monitoraggio e valutazione della sperimentazione.   

Filo conduttore di molti interventi è stato la sottolineatura della feconda diversità di approccio formativo tra Scuola liceale e Formazione professionale iniziale. Della migliore esperienza accumulata negli anni da quest’ultima – specie in Lombardia – si è cercato di far tesoro nella progettazione di corsi sperimentali rispondenti alle linee guida sopra richiamate. Ai giovani utenti dei nuovi percorsi, i quali “presentano uno stile di apprendimento che privilegia l’esperienza pratica, esperienziale, intuitiva, per scoperta e narrazione” viene perciò proposta un’attività formativa che “valorizza l’esperienza concreta, basata su una relazione amichevole, personalizzata, centrata sull’acquisizione di competenze utili e sulla attribuzione di senso degli apprendimenti proposti”. A partire dal secondo anno tale metodologia formativa “basata su compiti reali” si realizza anche tramite tirocinio/stage in collaborazione con le imprese del settore di riferimento, le quali – al termine del terzo anno – partecipano alla valutazione dell’esito del percorso formativo, fornendo così una “validazione esterna” dell’attività, forse destinata a sostituire ( in prospettiva francamente inquietante) il tradizionale “titolo di studio” formale.

Relativamente, infine, agli aspetti più propriamente professionalizzanti dei percorsi sperimentali va sottolineato il loro orientamento non tanto – come spesso in passato - a specifiche figure professionali ma ad ampie aggregazioni di queste, denominate “comunità professionali”, aventi in comune valori e saperi peculiari, collocazione organizzativa, percorsi professionali, competenze chiave.

Ulteriori elementi, anche su questi aspetti, si possono acquisire visitando il sito web dedicato alla sperimentazione lombarda, all’indirizzo http://www.spof.it .

 

 Sandro Del Giudice

 Serafina Gnech

 Gianluigi Dotti