Archiviate anche le prove sulle materie
di indirizzo, ritorniamo per un momento alla prima prova, quella di italiano,
che per certi versi più di ogni altra risulta significativa rispetto al rapporto
tra scuola reale e idea di scuola. I più gettonati alla vigilia erano Svevo,
Pascoli, Calvino: da domenica siti diversi pubblicavano addirittura tracce
dettagliate. Invece, come ogni anno, le illazioni si sono rivelate infondate e
tutto è andato liscio. Curioso - un po' divertente, un po' malinconico - girare
nelle prime ore del mattino di mercoledì e di giovedì (le tracce già lette nei
corridoi delle scuole) tra i vari siti studenteschi che contengono file
interminabili di messaggi accorati, richieste di aiuto, sos improvvisati e
drammatici: la necessità di comunicazione, di visibilità esterna, caratterizzata
da quel codice stitico e accorciato fatto di troppe k (che) e troppi x (per),
che nemmeno le ferree regole della consegna degli strumenti tecnologici prima
dell'inizio dell'esame riescono a contenere.
Le parole che il ministro Fioroni ha voluto rivolgere agli studenti, per un
approccio significativo all'esame di stato: «impegno, passione e merito».
Purtroppo le condizioni che la scuola e l'intera società stanno vivendo da
qualche tempo lasciano il campo sempre di più a suggerimenti che accompagnano i
ragazzi altrove, lontano dal senso di quelle parole. Il ministro Fioroni non
perde occasione - apprezzabilmente - di sottolineare valore e funzione della
scuola; mi auguro davvero che a queste parole seguano soluzioni convincenti su
alcuni nodi veramente cruciali per la scuola pubblica italiana ai quali il
ministro sta lavorando: indicazioni nazionali, biennio, innalzamento
dell'obbligo, solo per citarne alcune.
Torniamo alle tracce, quelle reali. Dopo Cacciaguida di 2 anni fa, ecco S.
Francesco. Canto XI del Paradiso, uno dei vertici della costruzione dantesca in
quell'ardita architettura rappresentata dall'incrocio di due figure centrali e
diversamente caratterizzate della tradizione cristiana - San Francesco e S.
Domenico - celebrate da esponenti dell'ordine di cui non furono fondatori:
Tommaso d'Aquino, nell'XI canto appunto, glorificherà la vita di Francesco
d'Assisi e la grandezza del francescanesimo. Nel successivo canto, perfettamente
speculare, sarà S. Bonaventura da Bagnoregio, un francescano, a tessere le lodi
dell'ordine dei domenicani e di S. Domenico. A parte le comprensibili polemiche
sull'errore contenuto nella traccia, è innegabile che la scelta di un canto
tanto conosciuto abbia tentato di ovviare ai limiti di impraticabilità della
proposta di analisi del testo dello scorso anno. D'altro canto, però, le
consegne dell'analisi del canto richiedevano, per essere soddisfatte
dignitosamente, un bagaglio di competenze filosofiche e di familiarità con
l'autore tali da rendere di fatto la prova possibile solo per gli studenti
liceali.
Ed è questo il limite più evidente di quasi tutte le tracce, delle differenti
suggestioni: interessanti, alcune interessantissime (come quella sui luoghi
dell'anima - bellissima: la prima delle proposte di saggio breve o articolo di
giornale; ma anche il cammino dalla dittatura alla Costituzione repubblicana; il
villaggio globale nato dalla industrializzazione e dalla Tv, tra nostalgia del
passato e individuazione di spazi di dialogo con la comunità circostante; il
neocolonialismo e l'attenzione ai flussi migratori, le basi di convivenza, di
giustizia, legalità); ripetitiva rispetto agli anni passati - ma ancor più vasta
e dispersiva - la traccia di ambito scientifico.
Ciascuna delle proposte orientate da documenti di stampo culturale elevatissimo
e pertanto di fatto fortemente penalizzanti per gli studenti dell'istruzione
tecnica e professionale. Un genere testuale così complesso soprattutto come il
saggio breve (ma anche l'articolo di giornale) di per sé individua competenze di
scrittura che - se non vengono praticate, curate, nutrite - rischiano di
trasformare la prova in un esercizio di sinossi dei testi proposti. Quando poi i
testi sono difficilmente comprensibili o scarsamente praticati nella didattica
quotidiana dell'istruzione non liceale (mai testi divulgativi), si rischia di
trasformare la prova in una frustrante constatazione di inadeguatezza. Per non
parlare del fatto che sarebbe interessante - a parti invertite - provare noi
insegnanti a cimentarci su quelle prove «per vedere» - come cantava Enzo
Jannacci - «di nascosto l'effetto che fa».
Noi insegnanti di liceo abbiamo indubbiamente un vizio mentale che occorrerà
rimuovere in tempi rapidi: la scuola è la nostra scuola. Dimentichiamo troppo
spesso che il sistema dell'istruzione di II grado prevede anche possibilità
diverse. Possibilità che - nel corso degli ultimi anni, anche grazie a una
politica di marginalizzazione e disinvestimento - sono state di fatto
ghettizzate e accreditate in un ruolo subalterno. Lo scorso anno scolastico
risultavano iscritti complessivamente all'istruzione tecnica e professionale
circa un milione e mezzo di alunni. Una cifra enorme, che suggerisce la
necessità di individuare serie coordinate nella realizzazione del biennio
unitario e nel ripensamento di questo settore dell'istruzione secondaria -
previsto entro il prossimo anno dal ministro Fioroni - che non può continuare a
rappresentarne il fanalino di coda; se crediamo che la scuola - tutta la scuola
- debba fornire per tutti una risposta. Sarebbe bello pensare che l'iscrizione a
un istituto tecnico o a un professionale non rappresenti più una scelta di
ripiego, destinata a coloro che hanno avuto problemi scolastici; ma un'opzione
consapevole, determinata da interessi e attitudini che troveranno in quelle
scuola accoglienza, risposte e valorizzazione. E che si concluda con un esame di
stato realmente per tutti, che accolga in maniera più sensibile la specificità -
al di là delle tematiche proposte - dei singoli indirizzi.