UN MODELLO EVOLUTIVO PER LA SCUOLA
ITALIANA
giovedì 21 dicembre 2000 ore 10.30
Via Piemonte, 127 -
00187 Roma
Diamo uno stralcio sulle finalità dellincontro, enunciate dalla Prof. Laura Paoletti, Segretario Generale Nova Spes:
Il Ministro De Mauro e la maggioranza di cui fa parte hanno scelto di stringere i tempi del dibattito parlamentare, facendo perno probabilmente sulle esigenze di coesione imposte dalla prospettiva elettorale. Ma in sede parlamentare, è ormai evidente, neppure le forze di opposizione hanno saputo raccogliere idee e consensi attorno alle loro posizioni. I tamburi di guerra che hanno seguito il voto indicano però la Scuola, ancora una volta, soprattutto come terreno di uno scontro rivolto ad altri fini.
Alla luce di tali considerazioni la Fondazione Nova Spes, in collaborazione con il Centro Studi della Gilda, con lIstituto Italiano per gli Studi Filosofici e con la Fondazione Liberal, con Società Libera, con lAssociazione Genitori Scuole Cattoliche, con il Movimento per lEuropa Popolare (MEP), ha organizzato per giovedì 21 dicembre 2000, una tavola rotonda....
Non è mai stato vero che dalla società, dalla cultura e dalla scuola non fossero pervenute al Ministro proposte concrete e articolate....
Il nostro progetto, di cui indichiamo i punti programmatici, ne costituisce un esempio.
Punti programmatici:
1. La chiara definizione della natura e delle finalità della scuola;
2. Il superamento di un obbligo scolastico omogeneo e dequalificante in favore di una differenziazione di curricula che diano una precisa identità ai vari indirizzi, che possono essere equivalenti ma non uguali;
3. Larticolazione del sistema scolastico in cicli rispettosi dellevoluzione intellettuale, psicologica, emotiva ed affettiva dellalunno;
4. Unofferta formativa trasparente che, sin dallinizio della scuola secondaria superiore, distingua i canali formativi orientati allo studio teorico da quelli orientati al lavoro, onde garantire agli studenti uneffettiva libertà di scelta;
5. Il riconoscimento della specificità delle singole discipline e del loro valore formativo nellunità del sapere;
6. Una gestione dellautonomia che non ingabbi la scuola con la prescrittività delle procedure e che riconosca le diverse opzioni metodologiche e culturali dei singoli docenti;
7. Limpegno a salvaguardare limportanza culturale ed educativa della scuola superiore in quanto tale;
8. La riconsiderazione delle tecnologie informatiche in chiave di supporti didattici, importanti ma strumentali.
Hanno relazionato: Laura Paoletti , Segretario Generale Nova Spes - Ferdinando Adornato, Fondazione Liberal - Stefania Fuscagni, MEP - Serafina Gnech, Gilda.
Sono intervenuti: Dario Antiseri, LUISS Patrizia Cappelli, AGESC Luciano Clementini, Compagnia delle Opere Fabio Cristofori, FAES Sr. Ausilia Chang, Ausilium Pont. Fac. Scienze dellEducazione Giuseppe Del Re, Univ. Degli Studi di Napoli Nino Galloni, Ministero del Lavoro Luciana Lepri, Fondazione Nova Spes Sebastano Romeo, Willis Corron Italia Luisa Santorini, Forum delle Ass. Familiari Luigi Sepiacci, ANINSEI Gianfranco Zagardo, ISFOL.
***Linvito, esteso a tutti i Parlamentari, è stato raccolto dal Senatore DOnofrio, che ha partecipato al dibattito subito dopo la chiusura dei lavori al Senato che, in quella stessa mattinata, ha espresso parere positivo sul Piano di attuazione della Riforma dei cicli distruzione.
Riportiamo il contributo del Centro Studi Gilda:
Nel momento in cui partecipiamo a questa iniziativa, per la quale ringrazio la Fondazione Nova Spes, che si è fatta interamente carico di organizzare questa tavola rotonda in tempi brevissimi, ci troviamo di fronte ad uno stato di fatto.
Ne dobbiamo tenere conto.
Abbiamo una legge, la legge 30/2000 di Riordino dei cicli distruzione, abbiamo un piano di attuazione quinquennale che ha avuto il parere sostanzialmente favorevole dal Parlamento, entro Natale forse oggi stesso o domani - ci sarà un pronunciamento del Senato, il cui esito appare scontato.
Abbiamo una dichiarazione rilasciata dal Ministro Tullio De Mauro alla stampa, dichiarazione che riconduce sostanzialmente a due ambiti gli eventuali dissensi: lambito irrazionale-emotivo che teme linnovazione e pertanto la respinge, lambito politico che focalizza punti di dissenso, strumentalizzandoli a scopi elettorali.
Noi, qui presenti, sappiamo che non è così. Sappiamo che le ragioni del dissenso hanno ben più profonde radici, radici che affondano in un esteso tessuto sociale.
Sappiamo anche, nel momento in cui ci riuniamo, che la Riforma dei cicli è lultimo atto di un processo per molti versi già avviato.
Questo scenario configura i limiti del nostro operato, senza però sollevarci da precise responsabilità, responsabilità che ci assumiamo come cittadini in primis e come docenti di una federazione che conta oggi quasi 40.000 iscritti.
La
presenza della Gilda Studi nel gruppo di lavoro promosso da Nova Spes, gruppo che si
caratterizza per lappartenenza trasversale dei sui aderenti, sintetizza un processo che ha annoverato vari momenti di analisi, di discussione interna ed esterna e che è culminato nella recentissima decisione dellAssemblea nazionale della Gilda degli Insegnanti
del 26 novembre scorso, che ha deliberato allunanimità la richiesta di sospensione
della legge.
Entrando nel merito della riforma e soprattutto del piano quinquennale, ci preme rilevare come entrambi si prestino ad una duplice lettura.
Può essere fatta una lettura dei principi generali e delle volontà genericamente espresse e questa sembra esplicitare un intendimento di fondo sulla cui bontà poco o nulla può essere eccepito. Alludo, per esempio, alla volontà più volte esplicitata di elevare la qualità degli studi e di far concludere positivamente il percorso al maggior numero possibile di allievi, a quella di dare alla formazione professionale spazi adeguati e tutta la dignità che ad essa spetta e ancora alla volontà di valorizzare la professionalità docente.
Ma cè un altro tipo di lettura, lettura che pone interrogativi sulladeguatezza delle scelte e delle strategie messe in atto allo scopo di conseguire i fini proclamati.
Questo tipo di lettura, mette in evidenza una serie di contraddizioni, fra le quali vorrei rilevare le più salienti.
- Si afferma la volontà di operare un salto qualitativo e si riduce di un anno il percorso di istruzione, senza peraltro avanzare scelte (ad esempio la scelta di ridurre il numero di allievi per classe, già compiuta in Canada in un contesto analogo) che possano in qualche modo bilanciare la riduzione del percorso;
- si definisce la scuola dellinfanzia punto privilegiato e generativo del curriculo , senza integrarla nel percorso distruzione;
- si lancia lo slogan del percorso temporale unitario e disteso (un unico ciclo di base al posto di due), ma si circoscrivono e si frantumano i tempi della relazione maestro-allievo, secondarizzando così in qualche modo la primaria;
- si attribuisce alla scuola secondaria il compito di fornire una formazione generale, non specialistica, ma si configura di fatto un ibrido nel momento in cui si stabilisce che debba essere esaltata la dimensione operativa delle discipline;
- si avanza la necessità di superare linsegnamento disciplinare e di approdare ad un insegnamento strutturato per ambiti (le classi di concorso saranno organizzate per ambiti disciplinari) e si pone lassunto che lo studio delle scienze e delle tecnologie dellinformazione e della comunicazione debba consolidarsi in una disciplina specifica obbligatoria per tutti gli studenti;
- si proclama la necessità di anticipare lingresso nel mondo del lavoro e nel contempo si allungano di fatto i tempi di preparazione, con il risultato di colpire le fasce socialmente più deboli;
- si configura la scuola come luogo di socializzazione, ma la si priva dei presupposti basilari di una reale socializzazione, che non può avvenire nella quasi totale assenza di un codice etico-normativo;
- si esalta la centralità dello studente, ma se ne misconoscono di fatto le reali necessità legate ai processi di crescita, in una dimensione che elevando a valore il narcisismo individualistico di questo momento storico e confondendo lo studente con lutente di un qualunque servizio - presta quasi unicamente attenzione al benessere momentaneo.
E ancora, per quel che riguarda i docenti
- si insiste sulla necessità di valorizzare la professionalità e ci si orienta verso un percorso di formazione iniziale che prevede una massiccia dose di pedagogia e di didattica su di una base culturale debole cosa estremamente pericolosa;
- si configura un profilo docente articolato, ma depauperato sul piano delle competenze culturali, creando di fatto un docente unicamente funzionale ad un sistema che subordina le scelte pedagogiche alle scelte organizzative;
- si esalta la dimensione professionale della ricerca-azione, ma la si guida e la si polarizza, negandone di fatto lessenza.
Lelenco potrebbe essere ampliato, ma non è questo che conta. Contano i motivi di quelle contraddizioni che sono in realtà scelte: lucide scelte dettate da ragioni che ci sono estranee. E che sono estranee al mondo della scuola.
La volontà di base che come Gilda non condividiamo e che emerge non solo da questa legge ma altresì dai provvedimenti legislativi che lhanno preceduta e di cui essa costituisce la logica conclusione - è quella di sottrarre la scuola alla sua funzione specifica, attribuendole compiti di cui la società non può farsi carico, senza mettere in gioco le basi su cui si regge.
Non si vuole trasmettere cultura e formare al pensiero pensante e critico il solo capace di trasformare la società, se necessario - ma organizzare luoghi di contenimento e di intrattenimento e fornire al singolo elementi minimi di pura sopravvivenza in un mondo complesso. Il mondo del lavoro dal canto suo, checché se ne dica, non abbisogna oggi, per la maggior parte, di competenze di grande livello, ma di specifiche competenze a carattere trasversale. Non a caso solo linformatica viene esplicitamente ripescata dal grande mare delle aree disciplinari.
E una riforma insidiosa, poiché si presenta, ai non addetti ai lavori, in una veste accattivante.
E soprattutto una riforma pericolosa. Essa abbasserà notevolmente il livello di preparazione delle future generazioni e, lungi dal farci entrare in Europa, esporrà il nostro paese al rischio della più pericolosa delle colonizzazioni: la colonizzazione culturale.
Manca a questo progetto, ripiegato sulla risposta allesistente, il respiro culturale ed etico.
Risulta assente una profonda riflessione sui mutamenti sociali economici e culturali che investono la nostra società e sul modo in cui lindividuo può rapportarsi ad essi, senza divenirne la vittima.
E volendo andare diritti al cuore, per cercarvi il principio che la informa, vi si trova ben poco: un esempio - o un tentativo? - di pura razionalità tecnica.
Troppo poco per studenti, genitori, docenti.
Troppo poco per una società civile. Troppo poco per noi tutti.
Serafina Gnech
08/01/2001