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Numero 5 - Novembre 2020
Numero 5 Novembre 2020

Recovery Fund: come migliorare Scuola e Istruzione

Tre proposte per la scuola delle nuove generazioni


03 Novembre 2020 | di Gianluigi Dotti

Recovery Fund: come  migliorare  Scuola e Istruzione Il termine Recovery Fund o Next Generation EU (NGUE), come è stato nominato dalla Commissione europea, che significa “Fondo di recupero e/o ripresa” è diventato familiare anche al mondo della scuola negli ultimi mesi.
 
Il Fondo, che recupera un vecchio progetto francese con il quale si proponeva di emettere i Recovery Bond con garanzia nel bilancio UE, è stato istituito dal Consiglio europeo il 21 luglio 2020 come misura straordinaria per affrontare le conseguenze economiche della pandemia di Coronavirus (COVID-19).
 
Per finanziare il Fondo, che sarà nel bilancio UE, si procederà con la raccolta di liquidità attraverso l’emissione di Recovery Bond, debito garantito dal bilancio UE, quindi il rischio sarà condiviso solo in prospettiva futura, senza la mutualizzazione del debito passato.
 
In questo modo viene messa a disposizione dei paesi europei per contrastare la crisi economica nuova liquidità raccolta sui mercati finanziari per complessivi 750 miliardi di euro, di questi 390 saranno contributi a fondo perduto e 360 prestiti da restituire in 30 anni con tassi bassissimi.
 
I governi dei paesi che intendono accedere al Fondo dovranno predisporre e inviare alla Commissione europea i Piani di ripresa e di resilienza (PNRR) entro fine aprile 2021. La Commissione von der Leyen ha precisato che i PNRR andranno negoziati con le autorità comunitarie e saranno oggetto del nulla osta di volta in volta. La Commissione europea ha inoltre definito le Linee guida che le nazioni dovranno utilizzare nella predisposizione dei PNRR e dei relativi progetti da finanziare. La Commissione ha fino ad otto settimane di tempo  per esaminare il PNRR e proporlo al Consiglio Ecofin, che dovrà approvarlo a maggioranza qualificata nel tempo di quattro settimane. Quindi, probabilmente il denaro del Fondo sarà disponibile solo dall’aprile 2021, tuttavia sembra che sarà possibile un utilizzo retroattivo delle somme per coprire le spese già sostenute fin dall’inizio della pandemia.
 
Come riferito da Andrea Carli, su Il Sole24ore del 17 settembre 2020, dei 750 miliardi stanziati con il Recovery Fund all’Italia spetta una quota complessiva di 208,8 miliardi di euro: 81,4 miliardi in sussidi e 127,4 miliardi in prestiti. Dei sussidi 65,456 miliardi sono sovvenzioni a fondo perduto: il 70% delle allocazioni delle risorse, cioè 44,724 miliardi, è riferito agli impegni per progetti 2021-2022, il resto, cioè 20,732 miliardi, è riferito agli impegni relativi al 2023. Il resto dei sussidi sarà elargito attraverso altri “pilastri” dell'operazione anticrisi tra cui React Eu, sviluppo rurale, Just transition fund.
 
Per sapere come verranno spesi i soldi del Recovery Fund in Italia bisognerà attendere il PNRR che il governo sta preparando sulla base delle Linee guida per la definizione del piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), nel rispetto dei criteri proposti dall’Europa.
 
Il ministro Gualtieri durante l’audizione alla Camera del 15 settembre 2020 ha affermato che il PNRR vedrà un pacchetto di “maggiori investimenti pubblici: rilancio dell’istruzione, innovazione, ricerca, infrastrutture, sostengo investimenti privati, riforme, che da tempo sono necessari per modernizzare e rendere più competitivo ed equo il nostro Paese”. Su questa base sono stati presentati dai vari ministeri circa 600 progetti.


Per la parte che riguarda l’istruzione, alle pagine 16 e 17 si trovano, non senza retorica, i grandi propositi del governo (e del ministero): “migliorare la qualità dei sistemi di istruzione e formazione in termini di ampliamento dei servizi per innalzare i risultati educativi (i risultati dei test internazionali sull’acquisizione delle competenze, la diminuzione del tasso di abbandono scolastico e del fenomeno dei NEET, l’aumento della quota di diplomati e laureati, l’aumento della partecipazione all’attività formativa degli adulti)”. A questo si accompagna la digitalizzazione della didattica, il consolidamento dell’e-learning, la formazione e la selezione del personale, il potenziamento dei laureati STEM.


Nel testo delle Linee guida colpisce l’assenza di un’analisi reale della scuola in Italia, in linea con la politica scolastica di tutti i governi negli ultimi decenni preoccupati più del presente che del futuro. Per questo manca del tutto la prospettiva per affrontare le criticità del sistema di istruzione e per fornire possibili soluzioni.
 
Nell’impossibilità, in questo breve articolo, di affrontare tutti i possibili interventi sulle criticità del sistema di istruzione ci  limitiamo  a segnalare tre opportunità che i fondi del Recovery potrebbero fornire alla scuola italiana.
La prima è quella dell’edilizia scolastica. È riconosciuto universalmente sia che l’ambiente scolastico ha una forte influenza sulla qualità dell’istruzione sia che la stragrande maggioranza degli edifici scolastici italiani sia obsoleta e non funzionale alle attività didattiche, oltre che non a norma per quanto riguarda la sicurezza. Quella del Recovery Fund sarebbe  l’occasione per mettere in campo un programma nazionale per la progettazione e la costruzione di edifici scolastici funzionali e sicuri, che garantiscano a docenti e studenti un ambiente di qualità.
 
La terza proposta è rivolta al problema del numero degli alunni per classe. L’ obiettivo del Recovery Fund  è  rivolto al futuro e alle nuove generazioni, dunque cosa sarebbe più importante,  per un  miglioramento delle condizioni di apprendimento,  della riduzione degli studenti per classe, fenomeno  che oggi ha raggiunto condizioni insopportabili? Sono necessari  ambienti  confortevoli, spaziosi,   dotati di tutta la strumentazione necessaria allo studio e nuove assunzioni di docenti per rivedere al ribasso il numero massimo degli alunni per ogni classe.
 
La terza  possibilità riguarda gli stipendi dei docenti. Anche qui è universalmente riconosciuto che gli stipendi dei docenti italiani sono  tra i più bassi non solo tra i colleghi europei, ma addirittura, come la Gilda degli Insegnanti ha più volte denunciato, del personale della Pubblica Amministrazione italiana. Il Recovery Fund permette di liberare risorse in bilancio (edilizia scolastica, servizi digitali, ecc.). Le promesse dei politici attualmente sono orientate verso una riforma fiscale all’interno della quale potrebbe essere prevista la detassazione degli aumenti contrattuali. Per ora  si tratta di promesse sulle quali non è il caso di soffermarsi  troppo. Certo il contratto dei docenti (scaduto a dicembre 2018) ha bisogno di risorse perché gli stipendi degli insegnanti italiani si avvicinino a quelli  europei  come la Gilda ha da sempre richiesto. Sempre che gli insegnanti non siano omologati al resto del pubblico impiego, come altri sindacati vorrebbero.
 
Purtroppo, ad oggi, per quello che si è riusciti a sapere dalla stampa specializzata ben poco di queste tre possibilità sembra esserci nella decina di progetti (circa 6 miliardi di euro) presentati dal Ministero dell’Istruzione.
 
 
 
 
 


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Numero 5 - Novembre 2020
Direttore Responsabile: FRANCO ROSSO
Responsabile di Redazione: RENZA BERTUZZI
Comitato di Redazione:
Vicecaporedattore: Gianluigi Dotti.
Antonio Antonazzo, Piero Morpurgo, Fabrizio Reberschegg, Massimo Quintiliani.
Hanno collaborato a questo numero:
Vincenzo Balzani, Stefano Battilana, Alberto Dainese, Frank Furedi,Marco Morini, Rocco Antonio Nucera, Luca Ricolfi,
Fabrizio Tonello, Ester Trevisan.
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