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Numero 1 - Gennaio 2012
Numero 1 Gennaio 2012

Didattica gentile e taylorismo didattico: dall’artigiano al docente-massa

A questo vogliamo arrivare, a colpi di crocette INVALSI (ripescate qui nella periferia dell'impero daibidoni in cui la scuola anglo-sassone li aveva buttati dopo averne verificato il fallimento) e di discentiaddestrati come scimmiette a mettere la crocetta nel quadratino giusto?


20 Dicembre 2011 | di Stefano Avanzini

Didattica gentile e taylorismo didattico: dall’artigiano al docente-massa ''Liberi testi liberamente commentati'': è questa la formula della ‘fascistissima' riforma Gentile, a proposito dei programmi ministeriali d'italiano.
Qualcuno riesce a immaginare qualcosa di più simile all'articolo 33 della Costituzione?
Esiste forse una libertà d'insegnamento più libera di questa?
Ma libertà, come sempre, vuol dire responsabilità (personale); nel momento in cui sono libero di scegliere, sono chiamato a rispondere delle mie scelte, e questo è un peso, il peso ‘gentile' di ogni libertà.
La dottrina del libero arbitrio m'insegna, a me che con Croce non posso non dirmi cristiano, che io sono in ogni momento creaturalmente libero di scegliere tra il bene e il male, senza etichette o frecce segnaletiche che me lo indichino, ma sempre come frutto di una analisi e scelta personale, dove nulla mi garantisce che nello sceverare tra il bene e il male la mia scelta coincida con quella del Padre, che anzi mi lascia in ogni momento della mia vita libero di scegliere scientemente il male, salvo risponderne, un giorno glorioso, davanti a Lui. E in ogni momento io mi so libero di scegliere tra l'eterna beatitudine dei salvati e il pianto e stridore di denti dei sommersi.
Fatta la tara all'imbelle e ‘vile' istituto del pentimento, è questo un elemento di ‘virilità' (il termine s'intenda depurato da ogni malinteso residuo di machismo: storia e biologia c'insegnano che la ‘virilità' - detta semiOxford-style, l'avere gli attributi - è prerogativa assai rara nell'uomo, e assai più diffuso nella femmina che nel maschio, alla faccia del ‘sesso debole' e di consimili bêtises) che, credenti o non credenti, non possiamo non riconoscere al ‘genio del Cristianesimo' come valore universale, tranculturale o interculturale che dir si voglia, al pari della gloriosa e venerata triade dell'89, quello vero, la cui spinta propulsiva, si spera, nessuno vorrà un giorno dichiarare esaurita.

Sarebbe bello se ne ricordassero i docenti, e costruissero il loro codice etico-deontologico a colpi di libertà, id est di responsabilità personale, anzichè rifugiarsi sotto l'ala rassicurante della chioccia ministeriale, con i suoi programmi così ben scanditi in obiettivi, finalità, competenze, abilità e via didatticando (ancorchè calati dall'alto e irrealisticamente calibrati per mole di contenuti minimi irrinunciabili su ere anzichè anni scolastici), con le sue adozioni obbligatorie di un libro di testo (laddove, giusta le parole di Plinio - numquam librum inveni in quo nihil esset dignum quod legeretur - il docente ‘gentile' sa che il migliore, l'unico libro di testo è l'eclettica summa fior da fiore di tanti testi, ed esiste solo nella testa del docente), con le sue verifiche nazionali griffate INVALSI, a colpi di crocette e di presunta oggettività di valutazione, come se competenze e conoscenze fossero prodotti a peso da misurare col metro quantitativo del lettore ottico (che il ministero peraltro non ci dà: Tremonti e i conti pubblici non consentono) anzichè col metro qualitativo del iudicium del correttore, chiamato a pesare sulla bilancia del suo spirito critico lo spirito critico del corretto (un po' come se nel ricostruire lo stemma codicum e costituire il testo di un qualunque autore il ‘critico' del testo - la parola vorrà ben dire qualcosa - si affidasse solamente al puro e semplice computo aritmetico di occorrenza di una lezione, disinvoltamente ignorando quanto nel processo orizzontale di contaminazione la moneta cattiva si propaghi e moltiplichi per pura trasmissione più o meno meccanica da un codice all'altro secondo dinamiche ricostruibili o divinabili dal iudicium del filologo, e rinunciasse ad esercitare caso per caso, con certosina acribia, il suo dovere deontologico di krìsis: chissà che ne direbbe Giorgio Pasquali!).

Pure, l'obbedienza (che per chi scrive, come per i suoi feticci didattici Don Milani e Gianni Rodari - delle recenti pagine di Mastrocola sottoscriviamo tutto, a patto sia chiaro che i guasti della scuola italiana non sono da attribuire a Don Milani, Rodari e Propp, ma all'uso improprio e facilone che una generazione di docenti non solo sessantottini e post-sessantottini ha creduto di poter fare di modelli didattici ‘alti' e complessi quali i loro: a dimostrazione che qualunque ‘semplificazione', ove ci si ponga nell'ottica che il docente, anzichè educare alla complessità della realtà, debba essere, horresco referens, un ‘facilitatore', non è l'inveramento ma il tradimento della didattica - non è mai stata una virtù) agli ordini superiori - quella stessa, si parva (et prava) licet..., esibita a Norimberga per li rami dei gradi da chi poco ‘virilmente' tentava scaricare le proprie responsabilità sull'ormai ‘innocente' cadavere del Führer - è una tentazione di tanti tra noi docenti: ditemi cosa devo fare, e io lo faccio. Datemi un programma, lo voglio completare, datemi un libro di testo, ci voglio interrogare, datemi delle verifiche oggettive, precotte, con tanto di griglia di correzione acclusa, date qua e fatemi correggere, anzi, meglio, sgrigliare e trascrivere: di nuovo, al vecchio, gentiliano critico testuale sovviene, ripescato dai suoi flebili ricordi d'università, quella cosa strana chiamata eliminatio codicum descriptorum, e gli frulla per la testa che l'operazione meccanica del copista privo di iudicium che copia quel che nemmeno prova a capire, è sì benedetta nel suo infarcire l'apografo di errori marchiani e facilissimamente smascherabili, ma ne fa un operaio-massa della trasmissione della cultura, non più e non meno di quanto l'operaio taylorista alla catena di montaggio contribuisca al progresso e alla tramissione della tecnologia e della conoscenza scientifica, diversamente da quegli artigiani di un tempo, fossero mobilieri o calzolai o conciatori di salami (sia concesso mentovare la nobile arte a chi deve al natio borgo di Felino i propri ormai lontani natali), sempre comunque depositari e trasmettitori di una sophìa e di una tèchne che faceva dei mobili di mio nonno, falegname in Felino da cinque generazioni, degli oggetti unici, così diversi dai mobili IKEA o Aiazzone di oggi: e anche qui giova ricordare, accanto alla formula gentiliana, un altro motto che disegna e fotografa perfettamente la natura profonda e vera della professione docente, quella summa di conoscenze e competenze didattiche che in una famosa intervista Gianfranco Contini definiva, artigianalmente, ''i ferri del mestiere''.

Il docente, trasformato in docente-massa, sempre più elefantiaco nelle competenze accreditategli da classi di concorso sempre più artificialmente gonfiate onde garantire il massimo di intercambiabilità a prescindere, in ossequio a una ragione unicamente e biecamente economica, ridotto a inerte e meccanica cinghia di trasmissione di contenuti, conoscenze, competenze altrove e da altri elaborate, davvero seguiterà a sentirsi e proclamarsi docente?

A questo vogliamo arrivare, a colpi di crocette INVALSI (ripescate qui nella periferia dell'impero dai bidoni in cui la scuola anglo-sassone li aveva buttati dopo averne verificato il fallimento) e di discenti addestrati come scimmiette a mettere la crocetta nel quadratino giusto? In saecula saeculorum abbiamo fatto credere loro che il semplice compitare rosa-rosae del latino fosse un esercizio gravido di dignità intellettuale anzichè psittacismo di pappagalli, privandoli di grammatica storica, di modelli sintattici e di lessico frequenziale per non turbare le loro fragili e tenere menti di adolescenti (quegli stessi che Piaget, Bruner e Vigotskji - e i programmi Brocca con loro - ci dicono essere nell'età più di tutte vocata al pensiero ipotetico-deduttivo ed astratto, quello, per dirla con Lucio Russo, che ha elaborato la più grande costruzione intellettuale dell'umanità, la geometria euclidea, a colpi di grecissimi segmenti anzichè di anglosassoni bastoncini). Ora vorremo fargli credere che la loro crescita intellettuale passa per le crocette? In effetti, bisogna riconoscerlo, il salto intellettuale è notevole: per fare una crocetta, ci vogliono due bastoncini.

Ma se noi riconsegnassimo al bidone di provenienza bastoncini e crocette e tornassimo a Croce e Gentile?


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Numero 1 - Gennaio 2012
Direttore Responsabile: FRANCO ROSSO

Responsabile di Redazione: RENZA BERTUZZI

Comitato di Redazione:
Vicecaporedattore: Gianluigi Dotti.
Antonio Antonazzo, Francesco Lovascio, Piero Morpurgo, Fabrizio Reberschegg, Gina Spadaccino.

Hanno collaborato a questo numero:
Stefano Avanzini, Giovanni Cadoni, Tommaso De Grandis, Teresa del Prete, Michela Gallina, Raffaele Salomone Megna, Michele Paduano, Antonietta Toraldo.