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Numero 10 - Dicembre 2012
Numero 10 Dicembre 2012

Legge di stabilità: i passi indietro del governo lasciano scenari incerti per la scuola e gli insegnanti

Raggiunti significativi risultati con la mobilitazione dei docenti di ottobre e novembre 2012,
ma serviranno sicuramente nel futuro altre prove di forza della categoria per salvaguardare la dignità dei docenti e la scuola pubblica statale in Italia


02 Dicembre 2012 | di Fabrizio Reberschegg


La mobilitazione dei docenti e l'opposizione unitaria delle forze sindacali della scuola ha portato, come noto, ad una revisione radicale del testo che inizialmente era stato presentato nella legge di stabilità (ex legge finanziaria) e nel quale era previsto il famigerato aumento delle ore di lavoro degli insegnanti della secondaria e del sostegno a parità di retribuzione. Ha sicuramente pesato anche il clima pre-elettorale che ha convinto le forze politiche ad evitare uno scontro sociale con un settore del pubblico impiego che ha un bacino elettorale di più di un milione di elettori.

Vediamo in sintesi quali sono i principali provvedimenti relativi alla scuola approvati nella legge di stabilità all'art. 3:
- Esclusione dell'esonero dal servizio per i commissari dei concorsi a cattedre.
- Dismissione della sede del MIUR di Piazzale Kennedy.
- Riduzione di 20 milioni del Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica.
- Riduzione del Fondo delle Istituzioni Scolastiche nel 2013 di 47,5 milioni.
- Riduzione dei distacchi per l'autonomia e la mancata assegnazione di DGSA e dirigenti a scuole sottodimensionate. Si prevede anche una riduzione degli esoneri sindacali.
- Norme sulle ferie dei supplenti brevi e saltuari e a quelli nominati fino al termine delle lezioni che comporta la monetizzazione delle ferie non godute solo se non sono sufficienti i periodi di sospensione dell'attività didattica presenti nell'arco del periodo di servizio.
- Si ribadisce il concetto che il CCNL non può derogare dalla legge di stabilità.
- Obbligatorietà di avvalersi delle convenzioni quadro stipulate dalla Consip per acquisti e appalti.
- In caso di mancato raggiungimento degli obiettivi di bilancio il MIUR deve provvedere con ulteriori tagli lineari.

Le previsioni di taglio sono le seguenti per il triennio
2013 183,6 milioni
2014 200,5 milioni
2015 206,6 milioni.

Rispetto alla prima stesura in cui si prevedevano addirittura tagli per 1 miliardo e 600 milioni in tre anni, il testo approvato rappresenta effettivamente un passo indietro importante del governo. Ma le preoccupazioni per il futuro rimangono e i provvedimenti di penalizzazione del personale continuano a produrre effetti anche se non immediatamente evidenti nella manovra di bilancio.

In particolare resta sullo sfondo il tema dell'orario di lavoro dei docenti. Uno dei risultati che la campagna di disinformazione provocatoria del ministro Profumo è di aver costretto sulla difensiva docenti e sindacato instillando nella pubblica opinione la convinzione che i docenti italiani lavorino poco rinforzando la vetusta mitologia negativa sui docenti (tre mesi di ferie, orari ridicoli, stipendi già troppo alti rispetto alla quantità di lavoro erogato, ecc.). Bisogna aspettarsi dunque che il futuro Governo metta in agenda la revisione delle norme contrattuali inerenti lo status giuridico e l'orario degli insegnanti italiani. Senza dimenticare che alcuni sindacati, oggi al fianco dei docenti, hanno già in passato tentato di proporre sostanziosi aumenti del carico di lavoro per i docenti, senza riuscire nell' intento, ma rimanendo convinti che i docenti lavorino poco. Nell'aspro dibattito sull'aumento delle ore di lavoro (corrispondenti alla perdita prevista di più di ottantamila cattedre nel triennio) sono restati sullo sfondo il problema degli scatti di anzianità, risolto in zona cesarini per gli scatti del 2011, e la complicata partita del precariato, degli organici e dell'organizzazione del lavoro nelle scuole collegata alla relativa contrattazione di secondo grado.

Gli scenari futuri immaginabili dopo le elezioni non sono rosei. Chiunque vinca le elezioni resta la norma costituzionale che obbliga al pareggio di bilancio, restano le indicazioni delle BCE, del FMI e dell'entourage degli economisti liberisti che governano il mondo. Il rischio è di scaricare sempre sul taglio della spesa corrente legata al welfare (istruzione, sanità, previdenza), e in particolare sulla massa stipendiale del pubblico impiego, il peso dei ''sacrifici''. Il contratto scuola è stato bloccato fino alla fine del 2014, ma già si apre il discorso sulla flessibilità e produttività flessibile del lavoro dei docenti approfittando della norma sciagurata prevista dal D.lgs. 150 (Brunetta) che impone la prevalenza della legge rispetto ai contratti collettivi. Mancano soprattutto segnali di discontinuità circa i futuri stanziamenti nel campo dell'istruzione e della formazione. All'orizzonte, al di là delle solite promesse elettorali, non sono previsti rinnovati investimenti sulla scuola senza contare che per legge dovrebbero essere eliminate dal 2013 tutte le progressioni automatiche di anzianità per insegnanti e personale ATA a favore di non meglio determinati parametri di merito. Il tutto all'interno sempre di modelli aziendalisti della scuola introdotti con l'autonomia di Berlinguer e che possono essere potenziati da pericolose riforme della governance della scuola.

Il prossimo anno sarà un anno difficile per la scuola e gli insegnanti. Per questo, anche se si sono raggiunti significativi risultati con la mobilitazione dei docenti di ottobre e novembre 2012, non deve cessare la mobilitazione della categoria e l'attenzione sulla scuola e sulle scelte politiche di fondo che si faranno nel campo dell'istruzione.

La strada è ancora lunga e difficile. Serviranno sicuramente nel futuro altre prove di forza della categoria per salvaguardare la dignità dei docenti e la scuola pubblica statale in Italia.


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