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Numero 5 - Maggio 2013
Numero 5 Maggio 2013

A costo zero

Pur in un periodo di ''vacche magre'', si potrebbe intervenire sulla scuola con misure capaci di fondare un' inversione di tendenza e riportare scuola e docenti alla loro funzione istituzionale ancora vigente


30 Aprile 2013 | di Renza Bertuzzi

A costo zero
L' ultimo rapporto semestrale ARAN sulle retribuzione dei dipendenti pubblici rivela che nel 2011 l'importo medio dei compensi corrisposti nell'ambito della pubblica amministrazione è diminuito dello 0,8%. E, secondo le prime anticipazioni, nel 2012 il trend rimane invariato. ''Un esercito che marcia, suo malgrado, verso la povertà'', ha commentato Rino Di Meglio. Una situazione seria che sembra procedere a marce forzate verso la drammaticità.

Ciò detto, sgombriamo il campo dagli equivoci: abbiamo ben chiara la grande differenza tra ciò di cui stiamo parlando e il dramma di chi ha perso il lavoro o la tragedia di chi ha deciso di perdere anche la propria vita; tuttavia ciò non esime, pur nella consapevolezza di gradi diversi di situazioni difficili, di riflettere sul significato di questa politica che taglia nel settore dei servizi pubblici e nella scuola.

Il servizio pubblico rappresenta la garanzia democratica dell' uguaglianza dei cittadini rispetto ai diritti fondamentali ( salute, istruzione): togliere risorse in quel settore significa- come molti economisti sostengono- incidere sul grado di democraticità di un Paese e sui diritti soprattutto dei cittadini più in crisi. Ma c' è dell' altro. Mantenere bassi, troppo bassi, gli stipendi nel settore della cultura e dell' istruzione di un Paese rivela una visione prospettica davvero fallimentare. Infatti, malgrado la trita convinzione che '' la cultura non si mangia'' è vero piuttosto il contrario che l' investimento in istruzione e cultura porta vantaggi economici per tutti. Lo dimostrano i dati relativi ai Paesi emergenti, dalla Cina, alla Corea del Sud, al Giappone e all' India il cui capitale umano in ricerca e sviluppo supera l' Europa e gli Stati Uniti. Tanto per dare un' idea : in Cina ci sono 1,5 milioni di ricercatori (erano 400.000 nel 1990) a fronte di 1,3 milioni in Europa e di 1,4 milioni negli Stati Uniti. In Cina, l' investimento in ricerca e sviluppo è pari all' 1, 6% del Pil e da oltre vent' anni la spesa cinese in questo settore cresce ad un ritmo tra il 20 e il 25 %.
E in Italia? Un solo dato: negli ultimi dieci anni ( destra, sinistra , '' tecnici'' al governo) i sovvenzionamenti alla cultura sono passati dal 2,1 % dell' intera spesa pubblica del 2000, all' 1% del 2008 allo 0,2 % o poco più dell' ultimo anno.
Che tutto questo non vada bene lo continua a segnalare, inascoltata, l'Unione europea, critica verso quei paesi che hanno effettuato tagli ai bilanci della pubblica istruzione e l'Italia è la principale accusata.

Questa è la triste realtà dei fatti, in attesa che da una situazione incredibilmente stagnante emerga un governo con cui - come ha dichiarato Rino Di Meglio- ''ci si possa confrontare e trovare soluzioni condivise'', e che sappia finalmente occuparsi del futuro del paese e non del futuro personale dei politici.

Nulla da fare, dunque nell' immediato? Inevitabile sprofondare sempre di più nella demotivazione e nello sconforto da cui sarebbe quasi impossibile risalire? Non è così, pur in un periodo di ''vacche magre'', si potrebbe e si dovrebbe intervenire con misure sulla scuola capaci di fondare un' inversione di tendenza e riportare la scuola e i docenti alla loro funzione istituzionale ancora vigente. Si tratta di interventi che non peserebbero sul Bilancio dello Stato ma che rappresenterebbero un segnale importante per il rilancio dell' istruzione e del suo valore e per il riconoscimento non formale ma sostanziale del ruolo dei docenti. Sono misure che la Gilda ha sempre indicato in tutti questi anni, ai docenti, all' opinione pubblica, al governo.
Per esempio :
1) La rappresentanza professionale dei docenti. Non esiste ancora un Organo nazionale che rappresenti i docenti nella loro dimensione culturale e professionale. E' necessario quindi un organismo elettivo che rappresenti la funzione professionale dei docenti e che intervenga e valuti l'andamento generale dell'attività scolastica e dei servizi; che dia parere in materia legislativa; che formuli pareri vincolanti sulla valutazione dei docenti. Da questo Organo, dovrebbero scaturire i consigli di disciplina per il personale della scuola e per il contenzioso dei diversi ordini di scuola. Questa ultima prerogativa è importantissima come deterrente contro le nuove norme del D.lgs.n.150/09

2) Il governo delle scuola autonome. Sarebbe da dichiarare superata definitivamente la logica contenuta nella proposta approvata in VII Commissione Cultura alla Camera nella passata Legislatura, nella quale il ruolo dei docenti era considerato minoritario rispetto a quello di altri attori sociali. E' necessario riconoscere ai docenti un ruolo di primo piano nella progettazione e nella gestione dell' attività didattica, altre visioni sarebbero non solo in disaccordo con la Costituzione ma inficerebbero anche quel senso di piena responsabilità dell' insegnare che è la forza trainante di una buona scuola.

3) Il ripensamento dell' autonomia scolastica . Andrebbe ripensata quella visione di un' autonomia quasi assoluta attribuita alle scuole, che ha sorretto diverse proposte di Legge. Nell' istruzione dovrebbe ritornare prioritaria l' azione regolatrice dello Stato che solo può garantire (ai sensi dell'art.117 della Costituzione) i livelli minimi essenziali delle prestazioni e i diritti civili e sociali che devono essere uguali su tutto il territorio nazionale.

4) Il sistema di valutazione delle scuole. Obbligata dall' autonomia, una valutazione esterna non può, in ogni caso, sostituirsi a quella interna dei docenti responsabili del processo educativo nè diventare la pietra di paragone assoluta dei risultati scolastici nè tantomeno il giudice pubblico delle carenza o delle eccellenze. Ogni tipo di verifica esterna dovrebbe mirare non a punire ma a coadiuvare i docenti nel processo di miglioramento delle loro attività didattica. Ciò dovrebbe comportare una relazione paritetica tra gli attori esterni della valutazione e i docenti e dunque una collaborazione sistematica nella discussione dei risultati. Pochi segnali dunque, a costo zero, che non hanno quindi la scusante di costare troppo ma che dipendono solo da una precisa volontà di cambiamento troppo spesso espressa solo a parole.


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