IN QUESTO NUMERO
Numero 8 - Ottobre 2013
Numero 8 Ottobre 2013

Un popolo di santi, poeti, navigatori e uomini della provvidenza

Si riparla di (pericolose) modifiche costituzionali


29 Settembre 2013 | di Antonio Gasperi

Un popolo di santi, poeti, navigatori e uomini della provvidenza
La frase che viene pronunciata per identificare l'italiano-tipo, ne mette in luce da un lato l'individualismo, dall'altro la sicurezza in sè che paradossalmente si manifesta - come ebbe a dire Tolstòj - ''quando è agitato, perchè allora dimentica facilmente se stesso e gli altri''. Nell'esausto dibattito politico di un incerto inizio d'estate, viene talora evocato - in modo a mio parere perfettamente coerente con il carattere nazionale appena ricordato - il ruolo del leader carismatico, l'unica figura capace di trasformare in modo decisivo il volto di un paese, citando come esempi Reagan, Thatcher, Kohl, De Gaulle e chi più ne ha ne metta. Tale ruolo viene invocato da coloro che ritengono sia necessario modificare la nostra forma di governo per guidare il paese fuori dalle secche della decrescita infelice.

A prescindere dal fatto che il volto di un paese può anche essere deturpato dall'azione di un leader, non vogliamo entrare nel merito del diritto costituzionale comparato, cornice teorica entro la quale bisognerebbe giudicare l'operato dei personaggi politici di cui sopra, per evitare il grave errore di pensare che le caratteristiche di un leader possano avere la stessa influenza politica, a prescindere dal contesto nazionale in cui si esprimono.

Nel particolare contesto italiano, con un saggio intitolato Grandi Illusioni, Giuliano Amato, a partire da un'analisi degli equilibri demografici, mostra che abbiamo vissuto al di sopra dei nostri mezzi fin dagli anni '80 del secolo scorso. Il volume contiene un'interessante appendice statistico-normativa consultabile on line che fra l'altro riporta un grafico sul numero di componenti per famiglia: nel 1951 le famiglie composte da massimo due componenti erano circa ¼ del totale, nel 2011 oltre la metà. Ciò significa che, anche considerando che un nucleo familiare potrebbe essere composto da un genitore e un figlio, siamo ben al di sotto del valore del tasso di fertilità (o tasso di fecondità totale) delle popolazioni stazionarie, che è di circa 2,1 figli per donna in età fertile. In effetti l'Italia, dopo un minimo di 1,2 alla fine degli anni '90, col nuovo millennio aveva visto crescere l'indicatore in questione fino al valore di 1,42 nel 2008. La bolla dei mutui subprime americani, e la conseguente crisi mondiale, hanno però interrotto la serie positiva.

Oggi la popolazione residente in Italia cresce solo grazie all'apporto degli immigrati: nel 2012 il saldo naturale, dato dalla differenza tra nati e morti, è risultato negativo per 78.697 unità, che rappresenta un picco negativo mai raggiunto prima, ancora più elevato di quello del 2003, mentre il movimento migratorio con l'estero nel 2012 ha fatto registrare un saldo positivo pari a circa 245 mila unità. In tale contesto demografico i nuovi nati stranieri segnano un vero boom, passando dal 4,8% del 2000 al 14,9% del 2012; in valori assoluti da quasi 30 mila nati nel 2000 a quasi 80 mila nel 2012. Detto per inciso, con questi dati la scuola sarà sempre più multietnica e a tassi crescenti, con buona pace degli offensivi epiteti leghisti o di certe inaspettate prese di posizione contro gli immigrati.

Ma, tornando all'evoluzione socio-politica del nostro paese, quali sono state le grandi illusioni italiane di cui parla il dottor sottile? Sostanzialmente quelle di poter crescere indefinitamente, riuscendo a garantire a tutti diritti sociali ed economici, i cosiddetti diritti di terza generazione, considerati diritti acquisiti a prescindere dalla loro sostenibilità economica. Si additano il sistema delle partecipazioni statali e quello sanitario nazionale quali responsabili del rinvio al futuro dei conti dello spreco. E quando queste illusioni si sono manifestate? A partire dagli anni '70, in coincidenza proprio con l'apparire di quel fenomeno di calo demografico che fu definito baby sboom. E perchè gli italiani si illusero in tal modo? Sembra che abbiano sempre trovato uomini politici capaci di creare l'impressione che i nodi non sarebbero mai venuti al pettine: Andreotti, Berlinguer, Craxi, Prodi, Berlusconi, per arrivare ai giorni nostri.

Il succo del ragionamento del prof. Amato, se mi è consentito sintetizzare, è che i politici non hanno saputo o voluto accorgersi della fossa che ci stavamo scavando, mentre gli elettori erano distratti e affaccendati nel loro viver quotidiano. D'altronde, se - come afferma l'autore - il nostro peccato originale fu la sconfitta dell'Italia fascista da cui trasse origine una Repubblica senza l'ambizione di pensare in grande, allora il declino sembrerebbe un destino ineluttabile. È solo recuperando il realismo dei piccoli passi che si può cambiare la rotta, smettendola di credere all'uomo della provvidenza di turno, che ora magari si presenta prefigurando scenari apocalittici per il nostro paese e per la sua classe politica. Come tutti, si potrebbe osservare, anche l'autore non di sottrae alla critica di tirare acqua al suo mulino con questo ragionamento: non è un caso infatti che circolasse il suo nome fra i possibili candidati all'incarico di Presidente del Consiglio dopo la rielezione di Napolitano.

In effetti Amato è l'asso nella manica quando non si sa più a che santo votarsi. Dunque, se è necessario affidarsi ad uno come lui quando la situazione è eccezionalmente grave, perchè non cercare di evitare di ridursi in simili situazioni? Ma è proprio sulle misure preventive che ci si divide fra quelli che vorrebbero che le regole fossero rispettate da tutti e quelli che vorrebbero modificare le regole. Tra chi - tanto per fare un esempio - vorrebbe che fosse combattuta la piaga degli abusi edilizi, specialmente in zone di pregio ambientale, che sono passati dal 9 % del mercato edilizio totale nel 2006 al 16,9 stimato per l'anno in corso, e chi sostiene che la priorità è lasciare mano libera al potere esecutivo. Mentre i politici nostrani duellano su questioni marginali oppure quando dicono cose serie si schierano tra chi invoca l'avvento del leader carismatico e chi più semplicemente vorrebbe il rispetto della legalità, le decisioni politiche vere ci vengono imposte da Bruxelles, decisioni che ora paiono assumere la consistenza di nuovi tagli alla spesa sanitaria ed assistenziale: nulla di nuovo, si direbbe, fin dai tempi del Sacro Romano Impero...

Per esemplificare l'approssimazione con la quale viene affrontato il discorso sui delicati equilibri di potere fra gli organi costituzionali, basta citare a caso uno dei tanti ''cinguettii'' dei nostri rappresentanti: a proposito dell'ipotetica entrata in politica della primogenita Berlusconi, il 26 giu-13 l'onorevole Brunetta ha rilasciato la seguente dichiarazione ''Non mi piacciono le dinastie, nè quelle monarchiche, nè quelle democratiche''. Ora, solo la distrazione può far sì che un professore universitario confonda le forme di governo (monarchia o repubblica) con i regimi politici (democrazia, dittatura). Il guaio è che l'italiano medio non è normalmente in grado di cogliere l'errore. E non è un errore da poco, perchè se con la dinastia Sabauda noi abbiamo avuto la dittatura fascista, dinastie più illuminate - anche se costrette a fronteggiare qualche scandalo di corte - hanno permesso la nascita delle moderne democrazie.

Se allora la situazione politica ed il livello culturale in Italia sono quelli appena descritti ed anche a causa di ciò i nostri creduloni compatrioti - per riprendere il filo del ragionamento sulle Grandi illusioni - sono così propensi a credere a promesse politiche buone per ogni stagione fatte dall'illusionista di turno, la modifica della seconda parte della Costituzione non dovrebbe essere tale da permettere ciò che bene o male è stato garantito in questi 65 anni di Repubblica, ossia la creazione di un unico centro di potere, che riesca a mantenere il consenso politico fingendo di realizzare le promesse fatte per conquistarlo.

Con ciò non si vuole negare che il ''motore'' istituzionale della nostra malandata Repubblica debba passare la ''revisione'' per poter ancora ''circolare'' con sicurezza, ma un conto è ritoccarne alcuni elementi, ad esempio alleggerendo la pesantezza del modello di bicameralismo perfetto e sbrogliando il groviglio di competenze normative fra centro e periferia, un conto è ''truccarlo'' abbandonando definitivamente il principio della centralità parlamentare, magari approfittandone per stravolgere pure l'equilibrio fra potere esecutivo e giudiziario. Il tutto fatto a furia di mercanteggiamenti fra i maggiori ''azionisti'' (e l'analogia non è casuale) della coalizione, dimenticandosi stranamente nella fretta di quella mostruosità di legge elettorale, che tutti a parole condannano, ma che regalando un immenso potere di controllo agli apparati partitici, nessuno ha realmente voglia di cambiare. Il popolo italiano, anche se ormai importa santi e poeti dall'estero e non naviga più da un pezzo, non meriterebbe di veder tradotti da questi sedicenti uomini della provvidenza i propri residui sogni di riscatto in un incubo senza fine.


ALLEGATI


Condividi questo articolo:

Numero 8 - Ottobre 2013
Direttore Responsabile: FRANCO ROSSO
Responsabile di Redazione: RENZA BERTUZZI
Comitato di Redazione:
Vicecaporedattore: Gianluigi Dotti.
Antonio Antonazzo, Piero Morpurgo, Fabrizio Reberschegg, Gina Spadaccino.
Hanno collaborato a questo numero:
Giovanni Cadoni, Tommaso De Grandis,
Antonio Gasperi, Virginia Vecchiato.