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Numero 1 - Gennaio 2016
Numero 1 Gennaio 2016

1918: sogni di pace, piani per le scuole in tutto il mondo, ma non in Italia dove Gentile chiede tagli alla scuola pubblica

Già allora si lottava per una Scuola di tutti e per tutti ma da allora, in Italia, una lunga serie di emergenze hanno colpito i finanziamenti per la Scuola


28 Dicembre 2015 | di Piero Morpurgo

1918: sogni di pace, piani per le scuole in tutto il mondo, ma non in Italia dove Gentile chiede tagli alla scuola pubblica Nel 1916 l’Inghilterra assegnò a J. H. Lewis di effettuare un’indagine su quali potrebbero essere state le condizioni degli studenti al termine della guerra. Il Lewis report apparve nel marzo del 1917 dopo che furono ascoltati datori di lavoro, insegnanti, sindacati, enti locali. Le conclusioni furono rilevanti: a) la guerra aveva aggravato i problemi relativi al diritto all’istruzione; b) la richiesta di manodopera durante il conflitto aveva influito su un sistema di deroghe dall’obbligo scolastico; c) occorreva costruire un sistema d’istruzione obbligatorio sino a 14 anni; d) dai 14 ai 18 anni sarebbe stata prevista una frequenza di 8 ore a settimana; e) sarebbe stato necessario sviluppare un progetto fondato sull’educazione alla cittadinanza. Le linee del Lewis Report furono inserite nell’Education Act del 1918. La riforma prevedeva un sistema nazionale di istruzione e l’obbligo scolastico, senza deroghe, per tutti i bambini fino all’età di 14 anni. Di conseguenza il lavoro minorile veniva vietato al di sotto dei 12 anni mentre per la fascia di età 12-14 anni era previsto un impegno di non più di 2 ore di lavoro la domenica e, talvolta, di un’ora sia prima sia dopo le lezioni. Inoltre si vietava l’impiego dei bambini nelle miniere nonché il lavoro notturno dei giocolieri di strada. La scuola, pubblica e gratuita per le elementari, iniziava a 5 anni e, in certi casi, i genitori avevano la possibilità di posticipare il percorso scolastico di un anno. Le scuole non dipendenti dal Board of Education erano soggette ad ispezioni prevalentemente svolte dalle Università. Il testo prevedeva che sarebbe entrato in vigore solo alla fine della guerra (1). Il sogno di una scuola per tutti si delineava mentre, nell’aprile del 1918, si svolgeva la quarta battaglia di Ypres e i tedeschi riprendevano la città belga. Gli U.S.A., entrati in guerra, abolivano nelle loro scuole l’insegnamento del tedesco e di molte altre lingue: un patriota parla solo la sua lingua! (2) Nel marzo del 1918, in Argentina, gli studenti occuparono le università e ottennero: la partecipazione studentesca alla vita universitaria, la liberalizzazione degli accessi, la gratuità della frequenza. Ne nacque un moto riformatore che investì tutta l’America latina (3). Sempre nel 1918, in Spagna, Lorenzo Luzuriaga lanciava le “Bases para un programa de instrucción pública” allora già si chiedeva l’organizzazione di una scuola: unica, attiva, laica e pubblica (4).
 
Non altrettanta lungimiranza si manifestava in Italia. Il 4 maggio 1918 Giovanni Gentile pubblicava, sul Resto del Carlino, una lettera aperta al ministro dell’istruzione dal titolo “Esiste una scuola in Italia?” ove si affermava: “la scuola media è diventata una vera baraonda dove alla pletora degli alunni corrisponde uno stuolo sterminato e inorganico di insegnanti” e proseguiva sostenendo che “le Scuole tenute dallo Stato devono essere poche, ma buone” sottolineando come quattro quinti degli studenti siano una zavorra che “non dovrebbero più trovare posto nelle scuole pubbliche tenute dallo Stato /.../ La scuola media deve essere sgombrata da tutta questa folla che vi fa ressa e abbassa ogni giorno di più il livello degli studi deprimendo la cultura nazionale /.../ E così pure vorrei dirle, Eccellenza: troppe università, troppi professori. Anche qui sfrondare, recidere....” (5). Il ministro Berenini rispose il 24 maggio durante le “celebrazioni” dei 3 anni dall’entrata in guerra. Il ministro notava che le affermazioni di Gentile erano apprezzabili, ma “è il vero caso della cultura intensiva ristretta a poche oasi di una vastissima pianura incolta /.../ l’antitesi dovrebbe essere diversa molte scuole e buone. E il problema diventa economico”. Si trattava -sosteneva Berenini- di trovare risorse per rinnovare: la scuola popolare, le scuole professionali, la scuola media classica e quella tecnica allora sarà “chiaro che quello pensato dal prof. Gentile non è che un espediente momentaneo che lascerà insoluto il problema culturale, quando lo si consideri in relazione al vasto e complesso compito sociale della scuola. /.../ Si dice che alla complessa riforma scolastica della quale io ho il senso e la visione occorreranno molti milioni forse un miliardo /.../ e sono convinto che mai danaro sarà speso con maggior fortuna e profitto e anche con maggior rendimento economico. /.../ Ma chi potrebbe, in questa grave ora, chiedere tanto sforzo al tesoro dello Stato?” (6). Era il 1918 e da allora una lunga serie di emergenze hanno colpito i finanziamenti per la Scuola.
 
Già allora si lottava per una Scuola di tutti e per tutti. In Francia un gruppo di giovani insegnanti fondò il movimento dei Compagnons de l’Université Nouvelle (7) con l’obiettivo di abbattere ogni ineguaglianza sociale in tutto il sistema di istruzione perché la patria deve mettere a disposizione di tutti tutte le proprie forze spirituali e favorire la crescita dei talenti sia nei percorsi universitari sia negli indirizzi professionali.
 
L’11 novembre, dopo la resa della Germania, entrò in vigore l’armistizio di Compiègne. La guerra aveva coinvolto 31 paesi e mobilitato 50 milioni di uomini. Su tutti i fronti di guerra e nelle città di mezzo mondo si festeggiò il ritorno di una pace che sembrava essere di lunga durata anche se, dal marzo del 1918, dilagava l’influenza che in Italia avrebbe portato alla chiusura di molte scuole e che provocò circa 500.000 morti. Tuttavia si cominciò a pensare alla ricostruzione: conquistato il confine naturale del Brennero, il Comando della gloriosa Prima Armata dal 8 novembre 1918 al 31 luglio 1919 e il commissariato Generale Civile dal 1 agosto 1919 in poi dettero opera assidua a istituire nell'Alto Adige asili infantili e scuole popolari e medie per i figli delle famiglie italiane che abitano in questo magnifico estremo angolo d’Italia (8). Sono le parole del commissario generale civile Luigi Credaro, ministro, pedagogista e intellettuale liberale che già nel 1909 aveva detto: “Senza educazione popolare, senza cultura seria, universale non può sussistere governo democratico” (9) .
 
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(1) Gli atti sulla scuola del Parlamento inglese si trovano in: http://www.educationengland.org.uk/documents/acts/index.html
(2) https://illinois.edu/blog/view/25/116243
(3) http://fcis.oise.utoronto.ca/~daniel_schugurensky/assignment1/1918cordoba.html
(4) M. Bejarano Franco – J. Rodrigue Torres, Redimensión de las ideas pedagógicas de Lorenzo Luzuriaga desde una visión educativa aplicada, Historia y Comunicación Social, 18 (2013), pp. 489-501
(5) http://memoriadibologna.comune.bologna.it/files/giornali/1918_05_01_carlino.pdf
(6) http://memoriadibologna.comune.bologna.it/files/giornali/1918_05_22_carlino.pdf
(7) Les fondateurs de l’école unique à la fin de la première guerre mondiale https://rfp.revues.org/692?lang=en#ftn2
(8) M. Cossetto, Dalla scuola asburgica alle Katakombenschulen: vita quotidiana a scuola, in “Storia e”, 3 (2003), p. 5; cfr. http://www.comune.bolzano.it/cultura_context04.jsp?ID_LINK=2460&area=48
(9) http://www.corriere.it/romano/08-04-17/01.spm
 
 


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Numero 1 - Gennaio 2016
Direttore Responsabile: FRANCO ROSSO
Responsabile di Redazione: RENZA BERTUZZI
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Vicecaporedattore: Gianluigi Dotti.
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Hanno collaborato a questo numero:
Tommaso de Grandis, Gigi Monello, Raffaele Salomone Megna