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Numero 3 - Maggio 2016
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Verdetto unanime: modello di scuola non compatibile con la Costituzione

Roma, 16 marzo, Convegno ”La Buona Scuola: profili di incostituzionalità”. Concordi tutti i relatori: la 107/2015 è una cattiva legge che risponde a logiche poco democratiche


17 Aprile 2016 | di Ester Trevisan

Verdetto unanime:  modello di scuola non compatibile con la Costituzione In una sala gremita di insegnanti provenienti da tutta Italia si è svolto a Roma il 16 marzo scorso il convegno “La Buona Scuola: profili di incostituzionalità”, organizzato dalla Gilda degli Insegnanti e dall'Associazione Docenti Articolo 33. L'ampia platea presente al centro congressi Capranichetta ha seguito con grande partecipazione gli interventi dei relatori, dimostrando quanto sia alta l'attenzione del mondo della scuola sulle molteplici criticità della legge 107/2015. Il convegno è stato anche l'occasione per discutere del referendum abrogativo, promosso dalla Gilda degli Insegnanti con Flc Cgil, Cobas e associazioni di insegnanti tra cui la Lip, i cui quattro quesiti sono stati depositati in Cassazione il 17 marzo.
 
Ad aprire i lavori del convegno è stato Antonio D'Andrea, professore ordinario di Istituzioni di diritto pubblico presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell'università degli Studi di Brescia, che ha puntato i riflettori sulla riforma del sistema nazionale di istruzione nel quadro dei cambiamenti strutturali dell'organizzazione repubblicana. “Il referendum – ha spiegato - rappresenta oggettivamente uno strumento utilizzabile per provare a smontare una cattiva legge che risponde a logiche poco democratiche, persino autoritarie, che mortificano il diritto all'istruzione così come configurato dalla Costituzione. E' necessaria una mobilitazione e una rivincita della cultura democratica che forse il referendum potrà sollecitare. Sono in gioco interessi che vanno ben oltre gli insegnanti – ha sottolineato D'Andrea - perché c'è una concezione della scuola pubblica afflittiva nei confronti dell'istruzione, una visione premiale di un leaderismo all'interno della scuola che deve cercare fondi, benefattori. Si tratta di un problema che riguarda non solo gli insegnanti, ma l'intera comunità politica e sociale che spero – ha concluso - possa accogliere il grido di dolore degli insegnanti che sono una componente fondamentale di questo Paese”.
 
Sulla libertà e sul potere discrezionale all'interno dell'istituzione scolastica si è soffermato ampiamente anche Massimo Villone, già professore ordinario di Diritto Costituzionale all'università degli Studi di Napoli “Federico II”, secondo il quale uno dei punti maggiormente discutibili sotto il profilo della costituzionalità è quello dei poteri del dirigente nella chiamata diretta dei docenti. “La scelta degli insegnanti – ha argomentato Villone - non è ancorata a griglie oggettive, a parametri verificabili e certi, come per esempio l'anzianità di servizio e le esperienze maturate, ma viene rimessa al dirigente. Il rischio, dunque, è che se il docente non sia gradito, sia scomodo o non sia sufficientemente allineato, risulti a repentaglio. Si tratta di un condizionamento molto pesante per la libertà dell'insegnamento che è il cardine del servizio scolastico. Anche per il cosiddetto bonus del meritoha aggiunto il costituzionalista - il dirigente decide da solo in un sistema che bypassa la concezione fin qui seguita di una governance partecipata della scuola attraverso gli organi collegiali. La scelta operata dal governo è quella di un verticismo burocratico che pone tutto nelle mani del dirigente in maniera del tutto discrezionale e ritengo che questo sia un modello non compatibile con la Costituzione”.
 
Tommaso De Grandis, responsabile nazionale dell'ufficio legale della Federazione Gilda-Unams, ha centrato il suo intervento sui problemi della governance, “cioè di un sistema che velocizza, che accentra i poteri in capo all'Esecutivo e che, in qualche modo, richiede di semplificare. Ciò comporta una perdita dei luoghi della democrazia – ha rilevato De Grandis - in un sistema marcatamente liberale che, attraverso la riforma del mondo del lavoro, e quindi con il Jobs Act, arriva alla scuola con un cammino iniziato molto tempo fa. I modelli applicati dal governo sono quelli in cui l'economia prende il sopravvento sulla conoscenza, le programmazioni non sono più per conoscenza ma per competenza, per abilità. Contro questa deriva dovremo porre un argine, affinché la scuola recuperi la sua centralità. Ben vengano, quindi, il referendum e le iniziative in cui possono essere coinvolti tutti i soggetti interessati a questa lotta”.
 
Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, ha sottolineato l'importanza del convegno come “strumento culturale che ci aiuterà a proseguire la battaglia: “Come abbiamo promesso alla nostra categoria, noi non demorderemo e ci batteremo con tutti i mezzi che la democrazia ci consente per cancellare questa legge che riteniamo iniqua, incostituzionale e dannosa per la scuola pubblica statale. Il referendum abrogativo rappresenta una delle strade da intraprendere, la raccolta delle firme è un grosso impegno ma siamo fiduciosi e, quando arriverà il momento, - ha assicurato Di Meglio - partiremo con la vera e propria campagna referendaria”.
 
Fiducioso sulla raccolta delle firme si è dichiarato anche Fabrizio Reberschegg, presidente dell'Associazione Docenti Articolo 33, secondo il quale, però, il referendum si vincerà “nella misura in cui saremo in grado di partecipare al dibattito referendario sulle riforme istituzionali e a verificare tutte le possibilità per impugnare a livello giuridico e tecnico la legge 107 laddove ci sono delle lesioni dirette e immediate dei diritti dei docenti. L'unione – ha messo in chiaro Reberschegg - sarà fondamentale: andare al di là del microcosmo della scuola ci farà vincere, mentre confinare la battaglia contro la 107 nel recinto della scuola decreterà la sconfitta. Abbiamo bisogno che 28 milioni di italiani vadano a votare contro la 'Buona Scuola' e perciò invitiamo i colleghi e tutta la popolazione a darci una mano nella costituzione dei comitati referendari per fare fronte comune contro la deriva autoritaria che lo Stato in questo momento sta vivendo”.
 
In platea a seguire i lavori del convegno erano presenti anche Maria Mussini, senatrice del gruppo Misto, e i deputati del Movimento Cinque Stelle Luigi Gallo, Silvia Chimienti e Maria Marzana.





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