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Numero 4 - Settembre 2016
Numero 4 Settembre 2016

Formazione: diritto, dovere o incubo?

Un modello di formazione che aggredisce la libertà di insegnamento e che si trasformerà nel solito mercato dei titoli che serve ad arricchire i formatori.


23 Agosto 2016 | di Fabrizio Reberschegg

Formazione: diritto, dovere o incubo? La legge 107/2015 prevede al comma 124 che la formazione dei docenti di ruolo sia obbligatoria, permanente e strutturale ed sia compresa nell'ambito degli adempimenti connessi alla funzione docente. Il vigente Contratto Collettivo Nazionale Scuola riferendosi alla formazione parla di diritto/dovere (vedi artt. 29, 63 e 64) senza definire gli obblighi di servizio in termini quantitativi. L'unica formazione obbligatoria imposta ai docenti, come a tutti i lavoratori, è stata in questi anni quella prevista dal D.Lgs 81 del 2008 (ex Legge 626/96). Il comma 124, se applicato letteralmente, determinerebbe un obbligo inquantificabile di formazione per i docenti al di là dell'orario di lavoro stabilito dal contratto di lavoro senza alcun riconoscimento economico aggiuntivo poiché la formazione rientrerebbe nella "funzione docente". Ma andiamo con ordine.
Già con la nota n.35 del 7 gennaio 2016 il MIUR aveva introdotto nella stesura del PTOF la necessità di prevedere un piano di formazione dei docenti identificando alcune aree di intervento prioritario (competenze digitali e innovazione didattica e metodologica; competenze linguistiche; inclusione; bes; disabilità; potenziamento delle competenze nella lettura e comprensione del testo e delle competenze dell'area matematica).
Con un ritardo di quasi un anno arriva in settembre 2016 il Piano Nazionale di Formazione che doveva precedere la nota sulla stesura del PTOF creando non poca confusione e difficoltà alle scuole. Ma bisogna sempre leggere il Piano Nazionale di Formazione e tutto il sistema della formazione nella logica sistemica della legge 107/15.
Il Dirigente Scolastico (DS) definisce gli indirizzi del PTOF per le attività della scuola. Il PTOF viene "elaborato" dal Collegio dei Docenti e approvato dal Consiglio di Istituto. Ciò significa che il DS può stabilire anche gli indirizzi generali su cui organizzare la formazione dei docenti sulla base del RAV (Rapporto di Autovalutazione) e dei conseguenti Piani di Miglioramento. Il Collegio dei Docenti verrebbe chiamato a convertire le scelte di fondo e gli indirizzi "politici" del DS (anche sulla formazione) in organizzazione e pratica concreta. Il DS deve però attenersi alle linee guida previste dal Piano Nazionale di Formazione che prevede che la formazione sia orientata su:
- esigenze nazionali (es. gestione della classe, competenze linguistiche, digitali, ecc. come stabilite nella nota n. 35 del gennaio 2016):
- esigenze della scuola legate al piano di miglioramento con la costruzione di un percorso individualizzato di sviluppo professionale del docente (costituito da un "portfolio personale del docente"). Vi potranno essere due livelli di intervento: una dimensione classica (es. competenze digitali e lingue straniere, temi emergenti quali l'emarginazione giovanile, ecc.), e una dimensione legata alle competenze di sistema (progettazione nell'ambito dell'autonomia anche in senso gestionale) con percorsi formativi congiunti con i dirigenti. Un capitolo fondamentale è relativo alla questione governance del processo di formazione. Essa sarebbe organizzata a livello regionale con una task force per poi applicarsi a livello di ambiti con un monitoraggio degli interventi formativi. Ad ogni singola scuola viene infine riconosciuto il piano di formazione dell’istituto con risorse certe entro l’anno solare.
- i temi della valorizzazione delle risorse della scuola, della valorizzazione dei formatori e della trasferibilità delle esperienze anche su reti di scuola o mediante la costituzione di accordi tra scuole ed enti di formazione o con l'attivazione di associazione temporanee di scopo.
La formazione avverrà mediante Unità Formative Certificate, composte di con ore in presenza e, la maggior parte, di lavoro laboratoriale e/o on line. Saranno predisposte tipologie di unità formative che potranno essere attivate anche con l’uso della carta del docenti. Il numero minimo delle unità formative è ancora da verificare e dovrebbe essere spalmato sul triennio partendo da una fase sperimentale a partire da settembre 2016.
La formazione dovrebbe essere finanziata annualmente con 40 milioni di euro da distribuire agli uffici regionali e poi alle scuole, ma dovrebbe essere attivato un portale per consentire la trasparenza nazionale sui veri finanziamenti, spesso occulti, legati all'utilizzo dei PON, dei POR, del FSE, ecc. Ricordiamo che i fondi PON assommano a varie centinaia di milioni di euro.
In verità, lo scopo vero del Piano di Formazione è quello di dare piena legittimazione alle scelte forti della "buona scuola". Infatti: a) il bonus per i docenti meritevoli parte da elementi di certificazione delle competenze che saranno formalizzate attraverso il piano di formazione della scuola; b) applicando il principio della "chiamata diretta", le certificazioni di competenze professionali saranno essenziali per sperare di ottenere il trasferimento, c) i 500 € della carta elettronica per l'aggiornamento e la formazione del docente (comma 121) saranno sempre più finalizzati a pagare individualmente i percorsi formativi necessari per costruire il "portfolio personale del docente".
E’ molto probabile anche che la formazione sarà probabilmente la chiave di volta per legittimare, sempre nell'astratta logica meritocratica dell'ideologia governativa, le eventuali progressioni di carriera nel prossimo contratto scuola che la Funzione Pubblica e il MIUR vorrebbe riaprire entro l'anno 2016. Ricordiamo il patetico tentativo di obbligo alla formazione del periodo berlingueriano, quando, per passare di gradone, bisognava dimostrare di aver partecipato ad almeno 100 ore di aggiornamento. Gli esiti sono stati pessimi con centinaia di migliaia di docenti costretti a subire ore e ore di corsi spesso inutili o addirittura truffaldini.
La legge 107/15 riprende molte logiche berlingueriane, convogliando i temi dell'aggiornamento verso ambiti predefiniti senza che vi sia alcun riconoscimento economico e contrattuale per i docenti partecipanti e con il rischio che nel prossimo contratto scompaiano addirittura i gradoni. Ma è chiaro che le finalità dell'aggiornamento, e basta scorrere velocemente gli ambiti previsti dalle linee guida e dalla nota del gennaio 2016, dovranno essere totalmente curvate sulla metodologia, sull'inclusione, sull'uso delle lingue come generico veicolo comunicativo, sulla creazione di competenze gestionali necessarie ai dirigenti scolastici per creare il proprio "staff".
Mancano riferimenti precisi all'importanza dell'aggiornamento disciplinare, alla riflessione sui contenuti dell'insegnamento. La scelta ideologica di passare dal "programma" alle "competenze" sta infatti portando gradualmente allo svilimento dell'autorevolezza del docente in quanto professionista, relegandolo al ruolo di utilizzatore conformista di tecniche didattiche proposte/imposte da chi solitamente in classe non ci va mai o addirittura non c'è mai stato da quando ha finito la "sua" scuola. Serve quindi non aggiornarsi sulla propria disciplina (si pensi alle discipline più tecniche che avrebbero una necessità vera di continuo aggiornamento), ma formarsi sulle ultime mode pedagogiche dalle quali discendono troppo spesso risultati avvilenti in termini di preparazione degli studenti.
Anche per questo la Gilda ribadisce la sua opposizione alle logiche che sottendono le scelte di fondo della legge n.107/15 e che hanno nelle scelte relativa alla formazione dei docenti uno degli aspetti più inquietanti: perché aggrediscono gli aspetti più legati alla libertà dell'insegnamento costituzionalmente protetta, perché rappresentano di fatto un grave stravolgimento del vigente CCNL e perché, in questo contesto, la formazione si trasformerà nel solito mercato dei titoli che serve ad arricchire i formatori, gli enti e le associazioni legate alla formazione grazie alle risorse che dovrebbero in primis essere dedicate alla valorizzazione economica dei docenti. Nessuno si occupa dei docenti che svolgono bene e con passione il loro lavoro senza andare alla caccia di certificazioni, titoli e riconoscimenti. Su questi docenti si basa ancora la qualità della nostra scuola. La Gilda sarà sempre dalla loro parte.
La formazione e l'aggiornamento sono cose serie. La Gilda da sempre ha proposto periodi sabbatici per consentire una vera formazione, un vero aggiornamento con percorsi seri e qualificati in analogia con le università e con quello che prevedono altri sistemi scolastici. Se si riaprirà il contratto saremo probabilmente gli unici a prospettare ancora sia i periodi sabbatici di formazione, sia una formazione che valorizzi l'esperienza concreta dei docenti con gli stessi docenti come formatori.
Intanto tutti noi rischiamo di dover dimostrare con relazioni, piani individualizzati e altre amenità burocratiche di aver seguito "unità formative" senza alcun riconoscimento economico in sede di contratto, FIS o merito. Su questo chiediamo alla categoria di esprimere una netta opposizione e una rinnovata capacità di riappropriarsi di temi che dovrebbero essere parte integrante della professione docente.







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Direttore Responsabile: FRANCO ROSSO
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