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Numero 2 - Marzo 2017
Numero 2 Marzo 2017

1924: la riforma Gentile allontana dalla Scuola i poveri e le ragazze

Finestra sul mondo e nel tempo. La storia della scuola


17 Febbraio 2017 | di Piero Morpurgo

1924: la riforma Gentile allontana dalla Scuola i poveri e le ragazze Il 6 aprile 1924 l’Italia votò con la Legge Acerbo che assicurava i 2/3 degli eletti al partito che avesse conseguito il 25% dei voti; la truffa elettorale fu denunciata da Giacomo Matteotti che aveva anche ripetutamente chiesto, nel 1923, una certezza dei finanziamenti per le università, Matteotti fu rapito e assassinato dai fascisti; scuola e università venivano piegate agli interessi di una parte mentre in Europa e nel mondo si sviluppava la Scuola di tutti i cittadini: negli USA fu pubblicato ‘The Box-Car Children’: l’inizio di una serie che vide protagonisti quattro ragazzi orfani che vivevano in un’auto abbandonata nella foresta (il romanzo, in parte autobiografico, ebbe un grande successo editoriale ed è stato più volte collocato tra i 100 libri da leggere, per il 2017 è prevista una nuova versione cinematografica).
 
Il 1924 fu l’anno della scomparsa del pittore Henry-Jules-Jean Geoffroy che, assieme a Edwin Mulready, Giovanni Costantini, Antonio Mancini, e Giovanni Telemaco Signorini, rappresentarono il secolo dell’infanzia che dalla strada viene accolta nelle scuole come nella ‘Bambina che scrive’.
 
1924: fuga dalla scuola di Gentile
Già nell'anno scolastico 1923-1924, primo anno d'introduzione della Riforma, solo in Piemonte sparirono, a causa della diminuzione del numero delle scuole medie, ben dodicimila ragazzi provenienti dalle elementari; si osservò inoltre un netto rifiuto della scuola complementare, che ebbe 40 mila iscrizioni in meno di quelle avutesi l'anno prima nella vecchia scuola tecnica, e l'anno successivo altri 18 mila studenti in meno.
In secondo luogo, si cominciò a registrare - ma gli effetti saranno ben evidenti a partire dal 1927-1928 - un decremento degli iscritti nelle facoltà universitarie di Scienze Matematiche, Fisiche, Naturali e Ingegneria, alle quali appunto si accedeva tramite la vecchia Scuola Tecnica, di contro a un aumento considerevole degli iscritti nelle facoltà a carattere umanistico, soprattutto nelle facoltà di Magistero e Lettere (1). La denuncia di Umberto Cosmo (socialista, liberale, francescano, antifascista, sospeso dall’insegnamento e inviato al confino) è sferzante: “Ogni albero si conosce dai frutti. (la Riforma Gentile) fu una tempesta che sin dalle radici ha sconquassato in tutti i suoi rami la scuola italiana /.../ scuola elementare, scuola media, università, amministrazione scolastica: tutto fu riformato, tutto fu trasformato” (2). Il dolore per la crisi morale della società dello studioso e del cittadino era immenso: “Mai come oggi il mondo è stato lontano dallo spirito francescano /.../ I cittadini cozzano nelle vie e si scannano per le case per contenzione di partito e nel dilagare della miseria sociale si evidenzia uno scatenamento di passioni sempre più sfrenato” (3)
 
I docenti privi di libertà
E Cosmo denunciava: “Gli insegnanti sono avviliti e depressi /.../ per le soppresse libertà nei programmi, negli stati giuridici, nei consigli accademici, nelle rappresentanze in ogni forma della vista scolastica /.../ Possedevano uno stato giuridico che garantiva la loro libertà, e se lo sono visto sopprimere, con il regalo, per compenso, di restrizione e limitazione d'ogni genere. Erano nella generale estimazione considerati come magistrati e si sono visti, nell'equiparazione delle carriere, promuovere a cancellieri /.../. Insegnavano secondo un metodo formato da una lunga esperienza, ed hanno visto d'un tratto cambiare metodo d'insegnamento, secondo una luce nuova piovuta dall'alto a illuminare il loro capo /.../. Insegnavano in scuole superiori e molti di essi si sono visti per un generale supposto riordinamento sbalzare in scuole inferiori, se non anche in sedi diverse. Tutta una trasformazione e una perdita che imposero loro i più gravi e i più rudi sacrifizi” (4) .
 
La Commissione per i Libri di Testo
Nel frattempo concludeva i suoi lavori la commissione per i libri di testo istituita nel 1923 e presieduta da Giuseppe Lombardo Radice che aveva il compito di selezionare la lista delle opere da adottare nelle scuole elementari (5). Il carattere ideologico di questo gruppo fu evidente ci si schierò; contro il positivismo, contro il realismo, contro il mondo degli orfanelli, contro la durezza del lavoro dei campi; le catastrofi, gli incidenti sul lavoro, il disagio del vivere andavano rimosse dai piani pedagogici. I libri di Storia mancano “di ogni direttiva spirituale” in particolare sul potere temporale dei Papi e sulla rappresentazione della guerra e Prezzolini annoterà: “la guerra nazionale non è apparsa alla Commissione con la serenità e con le convinzioni opportune /.../ Nessuno ha pensato che la guerra recente dava un altro valore a tutto il Risorgimento”; indignava il porre l’accento sull’immane massacro della Grande Guerra inoltre si affermava che “la semplicità di linguaggio necessaria per i bambini diventa pargoleggiamento”. Non mancavano i buoni propositi, ma forte era l’aggressione alla libertà di insegnamento che porterà all’adozione del Libro Unico di Stato nel 1929.
 
In Italia le ragazze confinate al liceo femminile, in Francia ottengono la parità di diritti
Giovanni Gentile in un’intervista al “Corriere Italiano” del 17 gennaio 1924 dichiarava: “Molte fanciulle della borghesia, pur non avendo intenzione di dedicarsi all’insegnamento, frequentavano la scuola normale, che era l’unica scuola per signorine, o si istruivano in istituti privati. Creando lo schema del liceo femminile, abbiamo inteso di determinare il genere di cultura che si doveva dare in questi istituti privati e abbiamo voluto dar posto a quelle fanciulle che venivano escluse dagli istituti magistrali”. L’affollamento delle donne nei licei ne avrebbe diminuito “di fatto la possibilità di essere le palestre severe per i futuri capi /.../ La scelta di questo infelice tipo di scuola inaugurava una costante della politica fascista, il rifiuto di considerare la donna come parte dello stesso mercato del lavoro maschile. C’era la precisa volontà di imprigionarla - elegantemente - nei ruoli di madre e semmai signora, nel senso più piccolo-borghese del termine” (6).
Tale finalità veniva specificata anche nel R.D. del 6 maggio 1923, n. 1054, all’art. 65: “I licei femminili hanno per fine d’impartire un complemento di cultura generale alle giovinette che non aspirino né agli studi superiori né al conseguimento di un diploma professionale”. Il Liceo femminile venne quindi istituito, oltre che per rispondere alla richiesta di istruzione media da parte della popolazione femminile che non aspirava al proseguimento degli studi, allo scopo di preservare dall’affollamento gli istituti magistrali, proteggendo nel contempo dall’ “invasione delle donne” la scuola media pubblica, in particolare il liceo-ginnasio L’istituto, privo di corso inferiore, aveva la durata di tre anni e vi si accedeva dopo quattro anni di scuola media di primo grado, previo esame di ammissione; al termine del triennio non si sosteneva l’esame di Stato come per i licei classico e scientifico, ma si otteneva una licenza inutilizzabile a livello professionale e che non consentiva il passaggio all’Università. Le materie d’insegnamento erano lingue e letteratura italiana e latina, storia e geografia, filosofia, diritto ed economia politica; due lingue straniere, delle quali una obbligatoria e l’altra facoltativa; storia dell’arte; disegno; lavori femminili; musica e canto; uno strumento musicale; danza.
L’istituzione del Liceo femminile ben si accordava con l’immagine che Gentile aveva della donna: spiritualmente - oltre che fisicamente - diversa dall’uomo, e come tale limitata a livello sociale e culturale, destinata a ricoprire il ruolo di vestale del fuoco familiare, madre ed educatrice dei figli; in breve, una deliziosa e angelicata creatura subalterna, incapace di dedicarsi alle attività scientifiche e politiche, che rimanevano il “terreno di battaglia” dell’uomo (7).
 
Le ragazze francesi ottengono di conseguire il ‘baccalaureat’
Mentre in Italia si progettano i corsi di Economia Domestica per le studentesse in Francia Léon Bérard, Ministro dell’Istruzione e delle Belle Arti il 25 marzo del 1924 stabilisce che le ragazze abbiano diritto alla stessa istruzione secondaria dei maschi: il baccalaureato è per tutti (8). L’opposizione ecclesiastica è netta: “dare la stessa educazione a ragazze e ragazzi vuol dire non comprendere quel che la natura, il buon senso, l’ordine della società, la religione, impongono di separare. Così dichiarava Donnet arcivescovo di Bordeaux.
 
La facoltà per i funzionari del fascismo
Nel dicembre 1924 a Padova fu istituita la “Scuola di Scienze politiche e sociali” che solo nel 1933 prese il nome di facoltà di Scienze politiche Nell’atto di nascita dell’istituzione padovana si inseriscono fin dall’inizio personalità illustri come Corrado Gini, Francesco Carnelutti e soprattutto Alfredo Rocco, dal 1910 professore a Padova, a lungo ministro della giustizia e più tardi padre della futura codificazione penale fascista; critico è invece Giulio Alessio, Scienze politiche si pone fin da subito come “la più fascista della facoltà”: un carattere che si consolida con il rafforzarsi del regime. L’ideologia fascista si diffuse negli insegnamenti – con i corsi su ordinamento sindacale e corporativo, diritto coloniale, storia e dottrina del fascismo e studi sulla razza –, nella selezione dei docenti e anche tra gli studenti (9). Scuola e università erano state costruite per il regime.
 
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[1] P. P. Brescacin, La riforma Gentile vista dal contemporaneo Umberto Cosmo: una scuola per chi? , Vittorio Veneto 1991, cfr. http://www.prealpitrevigiane.it/immagini/pubb_flaminio10-8.pdf
[2] Umberto Cosmo, Restaurazione Scolastica, “La Stampa”, 3 luglio 1924, p. 5
[3] Umberto Cosmo,  La forza viva del francescanesimo, “La Stampa”, 9 gennaio 1923, p. 3
[4] Anonimo (Umberto Cosmo), Il sacrificio dei professori, “La Stampa”, 14 maggio 1925, p. 5
[5] A. Ascenzi, R. Sani, edd., Il libro per la scuola tra idealismo e fascismo. L’opera della Commissione centrale per l’esame dei libri di testo da Giuseppe Lombardo Radice ad Alessandro Melchiori (1923-1928), Milano 2005
[6] G. Ricuperati, la scuola italiana e il fascismo, Bologna, Consorzio Provinciale Pubblica Lettura, 1977, p. 11; cfr. http://www.cultureducazione.it/forminform/liceof.htm#_ftn35
[7] G. Gentile, La donna nella coscienza moderna, in La donna e il fanciullo. Due conferenze, Firenze, Sansoni, 1934, pp. 1-28. Lo scritto si apre con l’emblematica famosa affermazione: “Il femminismo è morto”. Del tutto contrario fu Prezzolini che scriveva: “I licei femminili sono un errore da siciliano, che non conosce la vita moderna”. Prezzolini a Casati, 30 giugno 1924, in A. Casati - G. Prezzolini, Carteggio, II, 1911-1944, a cura di D. Continati, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1990, p. 453
[8] Si veda ora il rapporto 2013 del Ministero dell’Educazione Nazionale in http://cache.media.education.gouv.fr/file/2013/14/0/2013-041_egalite_filles-garcons_263140.pdf
[9] G. Simone, Fascismo in cattedra. La Facoltà di scienze politiche di Padova dalle origini alla Liberazione (1924-1945), Padova 2015
 
 


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Direttore Responsabile: FRANCO ROSSO
Responsabile di Redazione: RENZA BERTUZZI
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Vicecaporedattore: Gianluigi Dotti.
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Hanno collaborato a questo numero:
Anna Rita Allegrini, Rosario Cutrupia, Giulio Ferroni, Tomaso Montanari, Mara Passafiume, Fabrizio Tonello, Ester Trevisan