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Numero 1 - Gennaio 2020
Numero 1 Gennaio 2020

Il web e la sfida insidiosa alla storia

Il web è una grande risorsa conoscitiva, consente l’accesso a un corpus smisurato di fonti, si propone come l’ambito di una storia finalmente e compiutamente globale. Si tratta dunque di lavorare a una certificazione delle fonti on line, suggerendo come criterio per valutarne la validità quello dell’esame dei contesti in cui affiora l’informazione in esse racchiusa


29 Dicembre 2019 | di Giovanni De Luna

Il web e la sfida insidiosa alla storia 1. Il termine “sfida” segnala le urgenze con cui oggi dobbiamo confrontarci nel nostro mestiere di insegnanti. Da tempo siamo ormai consapevoli di essere stati scaraventati nella grande arena di quello che viene definito l’”uso pubblico” della storia. Un’arena sempre più affollata di contendenti agguerriti e dove si combatte per una posta in gioco molto alta, la trasmissione della conoscenza storica del passato. Dobbiamo confrontarci con la seduttività e l’efficacia della “narrazioni” dei nuovi mezzi di comunicazione nel costruire sapere storico diffuso, proponendosi come elementi di una vulgata in grado di soddisfare il bisogno di presente, l’ansia di immediatezza, il rifiuto della complessità e tutte le altre caratteristiche di questa specifica congiuntura culturale. Siamo così immersi in un senso comune storiografico affollato di luoghi comuni e di stereotipi difficili da combattere perché fondati sul pregiudizio: non sull’ignoranza a cui si può ovviare studiando e imparando, ma sul pregiudizio che è credere di sapere senza sapere ed è molto più complicato da scalfire. Tutto ci sembra più difficile e gli strumenti tradizionali della nostra didattica ci appaiono francamente inadeguati.
 
Lo spostamento del baricentro della cultura verso l’audiovisione e verso nuove forme di oralità ha cambiato inoltre la funzione sociale svolta dalla scuola; per secoli era stata chiamata a «governare la tradizione», tramandando le opere più significative, selezionando e eliminando quello che non valeva la pena conservare, controllando l’imponente flusso di produzione cartacea avviato grazie all’invenzione di Gutenberg: così, in una fase in cui la stampa e la parola scritta rappresentano ormai solo un segmento minoritario dell’enorme mole di informazioni che passa attraverso i mezzi di comunicazione, la scuola sembra smarrire proprio questa sua funzione strategica. Una statualità sempre più debole, una politica sempre più in difficoltà, hanno fatto il resto. Le convulsioni ministeriali testimoniate dalle varie “riforme” degli ultimi decenni sono i sintomi più evidenti di questo affanno, di come le istituzioni stentino a proporre una visione del passato fondata su valori  condivisi e in grado di indicare con nettezza gli elementi principali del “patto di memoria” su cui si fonda la nostra cittadinanza repubblicana.
 
2.  “ Ogni volta che le nostre tristi società ...prendono a dubitare di se stesse, paiono domandarsi se abbiano avuto ragione di interrogare il loro passato o se l’abbiano interrogato bene...” E’ Marc Bloch a ricordarcelo. Dalla crisi rovinosa che a suo tempo travolse non solo la storia, ma tutto il suo mondo e la sua stessa esistenza, stroncandone la vita nella lotta contro l’invasore nazista, Bloch propose di uscire rilanciando con forza il suo mestiere di storico, scrivendo quella  Apologia della storia che resta uno dei momenti più alti della cultura novecentesca.
 
La storia non è un’esperienza ludica o un’esperienza emotiva, ma è essenzialmente un’esperienza conoscitiva. Nell’insegnarla, non trasmettiamo educazione civica ma la conoscenza del passato. La forza della nostra disciplina sta nelle tre funzioni di ricostruire, raccontare, interpretare il passato; e di farlo attingendo alle risorse di una metodologia affidabile e credibile.  Quando, molto tempo fa, ci siamo confrontati con la prima “invasione di campo” da parte dei mezzi di comunicazione di massa (cinema, televisione, etc.) abbiamo retto l’urto riattraversando con uno sguardo diverso gli stessi capisaldi dello statuto scientifico della nostra disciplina, aprendoci a un nuovo metodo di critica delle fonti e a nuove forme di narrazione, guardando alla storia contemporanea come allo studio di una realtà dilatata in termini quantitativi e geografici, cercando non solo di coglierne gli aspetti politici e istituzionali, ma anche di comprendere i comportamenti collettivi, i sentimenti, le coordinate dell’esperienza quotidiana dei miliardi di uomini che abitano il nostro pianeta, il loro modo di percepire il tempo e lo spazio, il dolore e la morte, i sentimenti, le paure. La concezione dinamica delle fonti – ripresa dalla lezione di Bloch e delle Annales ma adattata alle esigenze della contemporaneità- portò all’elaborazione di un nuovo approccio filologico grazie al quale i media, più che un’insidia, si sono alla fine rivelati una straordinaria risorsa conoscitiva.
 
3. Più insidiosa invece è oggi  la sfida portata dal web. L’immensità della rete, infatti, ha scaraventato lo storico in una dimensione così smisurata da metterne in crisi pure quella onnivoracità di cui si era ampiamente giovato nel confronto con i mezzi di comunicazione di massa. Oggi la stragrande maggioranza degli studenti e dei giovani ricercatori usa la rete: è più agevole da consultare, semplifica l’elaborazione attraverso il copia e incolla, è un mondo più familiare di quello ostico della lettura e del libro. Alla facilità di accesso si è accompagnato però anche un impoverimento dello spessore storico del documento; la sua fruizione immediata ha annebbiato il suo valore di «prova» e, come ha scritto Stefano Vitali, la rete «tende a opacizzare il contesto di origine e di riferimento dell’informazione, riducendolo in genere a una sorta di rumore di fondo» .
 
Credo sia utile partire dalla consapevolezza che il web è comunque una grande risorsa conoscitiva, consente l’accesso a un corpus smisurato di fonti, si propone come l’ambito di una storia finalmente e compiutamente globale. Si tratta quindi di lavorare anzitutto a una certificazione delle fonti on line, suggerendo come criterio per valutarne la validità quello dell’esame dei contesti in cui affiora l’informazione in esse racchiusa. E’ evidente, infatti, come un documento reperito sul sito dei National Archives abbia una un livello di attendibilità diverso da quello del materiale messo in rete da un amatore o da un sito- come quelli negazionisti- ideologicamente schierato. La riflessione sulla distinzione tra il “vero” e il “falso”, quella sull’intenzionalità della fonte, sulla congruenza necessaria tra la stessa fonte e l’oggetto della ricerca, tutti i capisaldi, insomma, della concezione dinamica delle fonti ci tornano  straordinariamente utili per affrontate il nodo del rapporto tra la storia e il web con la consapevolezza critica necessaria.  Così come le narrazioni proposte dalla rete vanno valutate sulla base di criteri che appartengono integralmente alla nostra disciplina: l’ìpotesi storiografica che ne è alla base, la congruenza delle fonti con tale ipotesi, la solidità e la coerenza dell’argomentazione e della interpretazione...
 
E' una partita che si gioca nella scuola e nella  ricerca , ma che riguarda anche una sorta di impegno civile. Il web ha inciso sulla nostra identità collettiva in maniera decisiva, alterando la tradizionale distinzione tra pubblico e privato, incidendo soprattutto sulle forme in cui si organizza l’agire collettivo. Favorire un approccio non subalterno e critico alle sue acquisizioni appare oggi come un’operazione strettamente legata ai valori di una cittadinanza fondata sulla partecipazione e la condivisione.
 
* Parte della relazione presentata al Convegno "Quale futuro senza la storia", del 5 ottobre 2019, organizzato dalla Gilda. (cfr. numero di novembre di questo giornale)
 
 
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Giovanni De Luna ha insegnato Storia contemporanea all'Università di Torino. Autore di fortunate trasmissioni radiofoniche e televisive, collabora alla «Stampa» e a «Tuttolibri». È nella direzione di «Passato e Presente».
Tra i libri piu' recenti :
"La Resistenza perfetta", Feltrinelli 2015; " Una politica senza religione", Einaudi 2013; "La Repubblica del dolore. Le memorie di un'Italia divisa ", Feltrinelli 2011; "Le ragioni di un decennio, 1969-1979. Militanza, violenza, sconfitta ", Feltrinelli, 2009; "Il corpo del nemico ucciso. Violenza e morte nella guerra contemporanea", Einaudi 2006; "Storia del Partito d’Azione", Utet, nuova edizione 2006; "La passione e la ragione. Il mestiere dello storico contemporaneo", Bruno Mondadori, 2004; "Storia fotografica della Repubblica di Salò ", Bollati Boringhieri 1997; "L'occhio e l'orecchio dello storico", La Nuova Italia 1993; "Storia del partito d'azione. La rivoluzione democratica, 1942-47 ", Feltrinelli 1982; "Badoglio, un militare al potere", Bompiani 1974; "Benito Mussolini, soggettività e pratica di una dittatura", Feltrinelli.
 
 
 


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Numero 1 - Gennaio 2020
Direttore Responsabile: FRANCO ROSSO
Responsabile di Redazione: RENZA BERTUZZI
Comitato di Redazione:
Vicecaporedattore: Gianluigi Dotti.
Antonio Antonazzo, Piero Morpurgo, Fabrizio Reberschegg, Massimo Quintiliani.
Hanno collaborato a questo numero:
Valeria Ammenti, Ave Bolletta, Giovanni Carosotti, Rosario Cutrupia, Alberto Dainese, Giovanni De Luna, Danilo Falsoni, Marco Morini, Rocco Antonio Nucera, Adolfo Scotto di Luzio, Fabrizio Tonello, Sergio Torcinovich, Ester Trevisan, Maurizio Viroli.