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Numero 4 - Settembre 2020
Numero 4 Settembre 2020

Dopo la crisi, aprire occhi e coscienze

Dopo una crisi può esserci o una rinascita o una messa in discussione dei valori comuni. Troppi segnali indicano, che soprattutto nella scuola, si punti allo snaturamento dei valori comuni, costituzionali, sull’ istruzione.



26 Agosto 2020 | di Rino Di Meglio

Dopo la crisi, aprire occhi e coscienze Quando una grave crisi colpisce uno Stato vi possono essere due effetti opposti: il rafforzamento dei valori condivisi e quindi il verificarsi di una grande tensione verso la rinascita come avvenne nel secondo dopoguerra, oppure la messa in discussione dei valori comuni che, estremizzata, può condurre anche al dissolvimento dello Stato stesso.
 
L’inattesa crisi innescata dalla pandemia del 2020 è sicuramente la più grave mai verificatasi in tempi di pace per lo Stato italiano ed è probabilmente ancora presto per pronosticarne gli esiti, sia in termini economici sia in termini di tenuta delle istituzioni nate dalla Costituzione del 1948. 


Alcuni segnali di carattere generale non possono che destare preoccupazione: la liquidazione dei partiti politici, nella loro forma tradizionale, ha comportato un’innegabile crisi della rappresentanza politica tanto è vero che quasi la metà dei cittadini rinunciano sistematicamente all’espressione del voto.
 
Le riforme susseguitesi nella Pubblica amministrazione hanno sbandierato la sua innovazione e quella della dirigenza pubblica con gli slogan di efficienza, managerialità e trasparenza. In realtà, hanno preso spesso ispirazione dalla “riforma” dell’ imperatore Caligola che nominò senatore il proprio cavallo. Li hanno cioè nominati per chiamata diretta, senza alcun concorso pubblico.
 
La politica si dibatte tra decentramento e centralismo, senza portare a compimento nessuna delle due organizzazioni e generando un’evidente sovrapposizione di competenze, con confusione, incertezza del diritto e palese disorganizzazione. Tutto ciò si è manifestato con evidenza durante l’acme della crisi pandemica, soprattutto per la scuola, come avevamo sottolineato nell’ articolo pubblicato nel numero di maggio del giornale, Il guazzabuglio della co-gestione della Scuola tra Stato e Regioni.
 
La pubblica amministrazione, ed in essa la Scuola statale, non potevano restare indenni da una crisi di tale portata che potrebbe trovare, nella situazione dell’emergenza pandemica, un moltiplicatore devastante.
 
La Scuola è un’istituzione fondamentale, non era mai rimasta completamente chiusa, neppure durante le guerre; la chiusura di qualche mese e lo stato di disagio riversatosi sulle famiglie, non ha indotto la classe politica a capire che era giunta l’ora di risolvere  problemi che ci trasciniamo da anni  (scuole fatiscenti, classi sovraffollate, abnorme numero di precari, stipendi indegni di un paese civile), ma ha innescato uno scarica barile gigantesco sulle scuole: siete autonome ed arrangiatevi, sugli enti locali: avete le competenze, arrangiatevi.
 
Non basta, una parte dei mezzi di informazione, sobillati da politici di evidente estrazione populista, ed alla ricerca di facili consensi, ha aperto la “caccia all’untore” soprattutto fomentando i tanti che, vittime della crisi, si trovano in grandi difficoltà ed allora hanno attaccato gli insegnanti che hanno praticato la DAD a casa propria, come se fosse stata una scelta volontaria, come se spesso non avessero lavorato più che a scuola.
 
Quando i sindacati hanno osato richiedere la riapertura delle scuole in sicurezza, soprattutto per gli alunni, sono stati usati i mezzi della propaganda, a disposizione di chi gestisce il potere, per ribaltare su di loro l’accusa di non volerle riaprire.
 
Ma la cosa peggiore consiste nel vero e proprio attacco che si sta conducendo alla libertà di insegnamento.  E’ ormai molto evidente, come si chiarisce in altri articoli di questo giornale, che è in atto una volontà evidente di sfruttare l’emergenza per modificare la fisionomia della scuola.  L’ obiettivo primario non è quello di rilanciare l’istruzione attraverso nuovi finanziamenti, bensì, quello di introdurre “nuove modalità didattiche” (lesive della libertà d’ insegnamento); nuovi modelli di orario, superando i contratti di lavoro e le rappresentanze dei docenti.
 
Cari colleghi, aprite occhi e coscienze! Finita l’emergenza le cose potrebbero restare così, e magari peggiorare.
 
 
 


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Numero 4 - Settembre 2020
Direttore Responsabile: FRANCO ROSSO
Responsabile di Redazione: RENZA BERTUZZI
Comitato di Redazione:
Vicecaporedattore: Gianluigi Dotti.
Antonio Antonazzo, Piero Morpurgo, Fabrizio Reberschegg, Massimo Quintiliani.
Hanno collaborato a questo numero:
Michele Anelina, Stefano Battilana, Piero Capello, Roberto Casati, Alberto Dainese, Gilda Sardegna, Giulio Ferroni, Maria Alessandra Magali, Elvio Mori, Marco Morini, Fabrizio Tonello, Ester Trevisan.
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