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Numero 1 - Gennaio 2016
Numero 1 Gennaio 2016

Dante come elemento unificante nelle nostre scuole. Il suo viaggio ha una valenza universale che permette alle persone di ogni età di identificarsi in personaggi e situazioni

Intervista con Emilio Pasquini*. A cura di Renza Bertuzzi


27 Dicembre 2015 | di Renza Bertuzzi

Dante come elemento unificante nelle nostre scuole. Il suo viaggio ha una valenza universale che permette alle persone di ogni età di identificarsi in personaggi e situazioni 1. Professor Pasquini, un illustre filologo, autore di commenti rigorosi e autorevoli alla Commedia, decide di dedicarsi ad una storia illustrata di questo testo. Che obiettivo si pone con questa operazione?
Lavoro su Dante dal 1963: ho alle spalle due volumi (Dante e le figure del vero, 2001 e Vita di Dante, 2006), più una ventina di saggi, quattro dei quali raccolti nel volume Fra Due e Quattrocento, 2012); ma ho sentito il bisogno di mettere a frutto la mia lunga familiarità con questo autore costruendo uno strumento maneggevole per il grande pubblico. Nel tentativo di restituire a Dante quella popolarità di cui aveva goduto già in vita (ne sono prova, ad esempio, le citazioni di terzine del poema ad opera di notai bolognesi, quando Dante era ancora vivo, nei cosiddetti Memoriali del Comune), mi sono giovato anche di un apparato iconografico simile a quello che fin dai primi manoscritti trecenteschi accompagnava i cento canti: a conferma della definizione, formulata da Gianfranco Contini, uno dei miei maestri, della Commedia come “libro illustrato”. A questo scopo ho fatto ricorso a un manoscritto, quale l’Holkham 514, misc. 48 della Bodleian Library di Oxford, confezionato a Napoli intorno al 1340, che presenta miniature di tipo filmico, capaci di dare il senso dello sviluppo del racconto (una tendenza che culminerà nel grande Botticelli), aderendo ai personaggi e alle situazioni che via via occupano la scena, non senza casi che ricordano gli attuali “fumetti”. E’ evidente quale sia l’obiettivo che mi pongo con questa operazione: avvicinare il testo dantesco alla sensibilità “visiva” dei lettori di oggi, specie i più giovani.
 
2. Non crede che vi sia il rischio di semplificare il pensiero di Dante e quindi di illudere i fruitori che basti leggere questo libro per conoscere il nostro sommo Poeta?
Non m’illudo certo di aver restituito la complessità del pensiero e della lingua di Dante: so benissimo che non basta leggere il mio libretto per conoscere e apprezzare l’universo espressivo e concettuale del poema. Mi sono invece proposto di invogliare, con un agile ma completo resoconto del viaggio, lettori pigri, ma curiosi, anche i più lontani da questo capolavoro universale, ad affrontare la lettura dell’originale. A questo scopo mirano anche le tante citazioni di versi e terzine, introdotte o accompagnate dai chiarimenti necessari, che nel loro insieme compongono una mini-antologia del Dante più memorabile. In ogni caso, chi arriva all’ultima pagina del libretto si troverà almeno nelle stesse condizioni delle generazioni di giovanissimi che nel primo dopoguerra ricorrevano ai volumi della “Scala d’oro” dell’Utet per impadronirsi dell’essenziale dei classici della letteratura universale, dall’Iliade a Guerra e Pace, dal Don Chisciotte ai Viaggi di Gulliver.
 
3. Per quale pubblico, anche scolastico, questo testo è stato pensato? Lo immagina adatto anche nella scuola primaria?
Da quanto sopra detto si evince bene che, scrivendo un libro simile, ho pensato a un pubblico molto vasto, sia quello delle scuole di ogni ordine e grado (persino nella primaria si possono stimolare gli alunni a gareggiare nel disegno con l’anonimo miniatore ), sia la gente comune, affascinata dalla forza pregnante del testo (si pensi alla fortuna delle esecuzioni pubbliche di un Roberto Benigni). La mia scrittura è piana, se non anche affabile, senza compiacimenti eruditi, anche in vista di una possibile traduzione in altra lingua. Le novità o le messe a punto esegetiche restano implicite, e non sono mai esibite: dall’urlo strozzato di Paolo Malatesti nel V dell’Inferno fino all’immagine della ruota dell’orologio nella chiusa del poema, suggerita appena dal termine sincronia.
 
4. Può, il viaggio di Dante, essere inteso come un’ esperienza universale in cui giovani e meno giovani trovino identità e identificazioni?
D’altra parte, forse non esiste altra opera letteraria che meglio della Commedia possa costituire il punto di partenza per un’esperienza di carattere universale, in cui persone di ogni età siano messe in condizione di identificarsi con personaggi o situazioni. Non si dimentichi che, se si tolgono i tanto più circoscritti, se non favolosi, precedenti di Ulisse (nell’Odissea), di Enea (nell’Eneide) e di san Paolo (nella seconda Epistola ai Corinzi), Dante possa configurarsi come una geniale smentita di quanto Shakespeare fa dire ad Amleto nel celebre monologo della prima scena dell’atto III, nella tragedia omonima, circa “il paese inesplorato dalle cui frontiere nessun viaggiatore fa ritorno”. In altre parole, Dante ricerca nel mondo dei morti e nelle voci del passato le risposte (o le verità) che la vita presente e la cronaca quotidiana non possono dare. A Francesca e Paolo Dante chiede non le modalità della morte, che erano note, ma “la prima radice”, cioè il segreto, del loro innamoramento; Pier delle Vigne chiarisce sinteticamente il misterioso meccanismo del suicidio; Ugolino racconta la crudezza della morte per fame, di lui e dei figli e nipoti, nel chiuso della torre; Manfredi rivela il segreto della sua salvezza in extremis (“nel nome di Maria finii...”); Buonconte dipinge la vendetta del diavolo consumata sul suo corpo; Pia de’ Tolomei allude, sia pure oscuramente, alle responsabilità del marito nella sua uccisione. I lettori di questa mia riduzione popolare del poema dantesco imparano così a cercare nel passato le spiegazione del presente e le eventuali previsioni del futuro. Questo, in un mondo, come l’attuale, dominato dall’ossessione del presente, non è insegnamento da poco.
 
5. Dante è considerato il padre della Lingua italiana, studiato da decenni in tutti gli istituti d’ Italia. Uno di quegli autori che hanno permesso a generazioni di studenti di “riconoscersi” culturalmente in ogni parte del nostro Paese. L’ orientamento politico- culturale di questo governo, con la Legge 107 ( La buona scuola), è quello di diversificare al massimo la fisionomia delle singole scuole. Cosa ne pensa in proposito?
Alla luce di quanto già detto, non posso che auspicare che Dante ritorni, sia pure in misura varia, entro ogni ordine scolastico, contro la tendenza attuale, propria della Legge 107, a diversificare il carattere delle singole scuole. La Commedia, per molte ragioni, potrebbe costituire un valido elemento unificante; strumenti come il mio libretto verrebbero così ad assumere la funzione di un primo approccio all’insieme dell’opera, sia pure nei limiti di un racconto di viaggio, attento agli eventi e ai personaggi. Una volta conosciuto l’essenziale dell’insieme, sul piano dei contenuti, il successivo confronto con l’originale, per canti scelti o per campionature di episodi, condurrebbe gradualmente ai livelli più profondi del testo: a cominciare dai possibili affondi circa la struttura dell’universo (penso a certi sviluppi in un fisico come Carlo Rovelli o in un astronomo come Horia-Roman Patapievici) per finire con il settore della sintassi (che rappresenta il vero miracolo espressivo del poema e può costituire lo strumento più idoneo per un approccio globale al pensiero logico) e del lessico (non dimentichiamo che Dante ha fornito all’italiano comune almeno un 16%, in aggiunta al 50 % del Duecento). Il tutto culminerebbe nell’esame dell’universo metaforico, che vede in Dante uno dei protagonisti della letteratura universale (il suo nome non manca mai nei canoni anche più esclusivi, come quello a tre, con Omero e Shakespeare).


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*Emilio Pasquini è un filologo italiano. È professore emerito presso l'Alma Mater Studiorum - Università degli Studi di Bologna, dove ha tenuto l'insegnamento di Letteratura italiana. Allievo di Raffaele Spongano, di Umberto Bosco e di Gianfranco Contini, è fra i maggiori studiosi italiani di Dante, e si è occupato di aspetti rilevanti della cultura tre-quattrocentesca, fornendo importanti contributi filologici. E’ studioso dei primi secoli della Letteratura italiana (specie Dante, Petrarca e i trecentisti minori), ma anche del Cinquecento e dell’Ottocento. Filologo e storico della cultura, è autore di oltre trecento pubblicazioni: tra cui ricordiamo solo: il commento alla Commedia dantesca in collaborazione con A. E. Quaglio (1982-86); varie letture di canti o su temi della Commedia, ivi comprese le tante voci lessicali nell’Enciclopedia dantesca, un ventaglio di indagini confluito nel volume Dante e le figure del vero (Milano, Bruno Mondadori, 2001) e Vita di Dante. I giorni e le opere (Milano, Rizzoli, 2006.)
 
 


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Numero 1 - Gennaio 2016
Direttore Responsabile: FRANCO ROSSO
Responsabile di Redazione: RENZA BERTUZZI
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Hanno collaborato a questo numero:
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